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Lettere alla redazione

Sull’operazione “Caccia allo sbirro!”
 

 Cari compagni della Redazione,

vi scrivo per rendervi partecipi della mie riflessioni sull’operazione tattica “Caccia allo sbirro!” che il Partito ha condotto attraverso l’omonimo sito. In queste settimane con i compagni e le compagne ne abbiamo discusso molto, in particolare dopo le perquisizioni realizzate dalla DIGOS, su ordine della Procura di Bologna, contro due compagni dell’ASP, uno del P-CARC e uno del Sindacato Lavoratori in Lotta.

A mio avviso, l’operazione “Caccia allo sbirro!” è stata un’operazione tattica di alto livello che costituisce un ricco laboratorio da cui attingere per ricavare criteri e principi da adottare sistematicamente nelle campagne, battaglie e operazioni tattiche necessarie per tradurre nella pratica la strategia della GPRdiLD. È un’operazione preziosa, ricca di insegnamenti per il Partito, per tutte le Organizzazioni Generate (OG) sui quattro fronti di lotta e anche per le Organizzazioni Non Generate (ONG). Illustro quali sono gli aspetti principali (in termini di criteri e principi, ma anche di risultati) che io vedo in questa esperienza.

1. Il Partito ha giocato d’attacco, sfruttando a suo vantaggio l’effetto sorpresa e i punti deboli del nemico, per lanciare su ampia scala, usando un numero estremamente ristretto di forze, il messaggio “è giusto e possibile schedare i poliziotti, gli aguzzini e i loro mandanti!”. Nel regime di controrivoluzione preventiva le masse popolari (“l’opinione pubblica”) sono il “tallone d’Achille” della borghesia: per governare essa ha bisogno del loro sostegno o della loro indifferenza. Il Partito, usando questo punto debole del nemico, ha impostato e condotto un’operazione che, grazie all’effetto sorpresa (e agli strumenti di cui esso si è dotato per condurre questa incursione: il sito e il comunicato), ha costretto la borghesia a parlare dell’iniziativa, a “pubblicizzarla”, per cercare di criminalizzarla, isolarla, schernirla. Così facendo, l’ha fatta conoscere ancor di più, creando il cosiddetto “sistema delle leve” (ne hanno parlato giornali nazionali, esponenti politici e delle forze dell’ordine, ma anche sinceri democratici e compagni su Indymedia e su vari blog). Insomma, giocando d’attacco e sfruttando l’effetto sorpresa, il Partito ha prodotto la dinamica del cane che si morde la coda. Cosi facendo si è avuta un’ampia risonanza e si è posto al centro del dibattito un tema importante come quello della schedatura dei poliziotti e dei loro mandanti. Il tutto impiegando, da parte del Partito, un numero estremamente ristretto di forze!

2. L’iniziativa del Partito ha spinto agenti di polizia a prendere la parola sulla stampa, per condannare l’iniziativa. Ma allo stesso tempo, hanno mostrato quanto essa fosse pericolosa e nociva per la loro attività e per la loro incolumità. Gli aguzzini si sono sentiti indifesi: “Tutti hanno telefonini con cui è possibile fare fotografie, macchine digitali, ecc. Se un’iniziativa del genere prendesse piede non saremmo più al sicuro”, in sostanza ha detto un agente di Bologna durante un’intervista. Questo ha contribuito da un lato ad intaccare l’idea di “onnipotenza” delle forze dell’ordine che viene inculcata dai media e a mostrare la debolezza e l’insicurezza degli sbirri davanti ad una semplice iniziativa del genere. Dall’altro lato ha mostrato che è possibile contrastare la loro azione. Basta poco (una macchina fotografica, un cellulare, una telecamera). Basta organizzarsi.

3. Attraverso questa operazione non solo il Partito ha avuto un’importante visibilità, ma ha aperto, su ampia scala, un filone di lavoro: la schedatura di poliziotti, aguzzini e loro mandanti. Almeno per quanto ne so io, negli ultimi anni nessuno aveva messo in piedi un’operazione di questo tipo, con questa risonanza. È stata un’azione d’avanguardia.

 

Alcuni sostengono che il Partito ha fatto perquisire alcuni compagni della “carovana” per avere dei titoli sui giornali. Altri affermano che un’iniziativa del genere non doveva essere fatta dal Partito ma dall’ASP e che il fatto che l’ASP non abbia pensato di fare una cosa del genere è un errore. Sinceramente non condivido nessuna di queste due posizioni. A mio avviso esse poggiano su un’errata concezione della GPRdiLD e del regime di controrivoluzione preventiva, su una concezione astratta e accademica. Cerco di spiegare il perché.

1. Innanzitutto ogni compagno e compagna che decide di militare all’interno della “carovana” deve mettere in conto la possibilità di essere perquisito, pedinato, ecc. Forse perché “andiamo a cercarcela, perché provochiamo”, come dicono da un lato le FSRS di destra e dall’altro la Magistratura per cercare di celare la persecuzione che conduce contro di noi su mandato dei “poteri forti”? No, perché la nostra linea è la più avanzata che esiste nel nostro paese e compito della borghesia (siamo o non siamo in guerra?) è cercare in tutti i modi di ostacolare, frenare, arrestare la nostra attività. Di “soffocare il bambino nella culla”, insomma. Chi aderisce alla “carovana” e non mette in conto la possibilità di avere perquisizioni, minacce, pressioni, arresti o è un ingenuo o è un dogmatico, un astratto (se si tratta di una compagno che da tempo milita nella “carovana”) che non cala nella pratica la nostra analisi della situazione. Teoricamente riconosce che siamo in guerra, praticamente si muove come se fossimo in un periodo di pace. Teoricamente riconosce l’esistenza del regime di controrivoluzione preventiva, praticamente si muove come se fossimo in una democrazia (legalitarismo). Bisogna occuparsi della formazione di questi compagni.

2. Il cuore della GPRdiLD (e in particolare della prima fase) è accumulare forze. Il Partito per raggiungere questo obiettivo deve adottare tutti gli strumenti necessari, intervenire in tutti gli ambiti possibili. Quanto un’operazione ha permesso di far conoscere il Partito? Quanto un’operazione ci ha permesso di rafforzare e/o instaurare legami? Quanto un’operazione ha permesso di mettere al centro con forza un aspetto importante per avanzare nella lotta per il socialismo (come in questo caso la lotta contro la polizia politica)? Quanto un’operazione del Partito ha contribuito a screditare il nemico, ad intaccare il suo prestigio? Queste sono le domande da porsi per valutare un’operazione tattica condotta dal Partito e, più in generale, dalla “carovana”. Se il Partito riesce ad avere un vasto eco mediatico con una certa operazione, è un risultato importante! È la famosa “semina”. Poi sta a noi (membri del Partito o di una delle organizzazioni della “carovana”) passare alla “raccolta”. Senza “semina” non c’è “raccolta”, così come senza operazioni tattiche non si sviluppa un lavoro di orientamento delle masse popolari. Perché quindi dire che “a noi non ci interessano gli articoli sui giornali”? A noi ci interessano e come, non siamo mica “duri e puri” (e inconcludenti) come varie FSRS! L’eco mediatico non costituisce l’aspetto determinante nel lavoro di “semina” (oggi infatti la nostra “semina” avviene principalmente attraverso il lavoro che svolgiamo “sul terreno” e non con la visibilità che abbiamo sui giornali: se ci affidassimo principalmente ai giornali non avremmo fatto passi in avanti nell’accumulazione di forze e non andremmo lontano!), ma è uno strumento importante e utile.

3. Rispetto al fatto “questa operazione non avrebbe dovuto farla il Partito, ma l’ASP”, sinceramente mi sembra il discorso del “viene prima l’uovo o la gallina?”. Se l’ASP non ha fatto un’azione di questo genere, evidentemente ancora non ha raggiunto il livello ideologico e politico tale da elaborare e attuare una mossa di questo tipo (lotta al legalitarismo, traduzione della linea generale in campagne, battaglie e operazioni tattiche). Questa operazione condotta dal (n)PCI spinge in avanti tutta la “carovana” (e non solo) in termini di concezione, lotta al legalitarismo e traduzione della linea generale in operazioni tattiche. È una scuola di comunismo, che ci sta permettendo di crescere ideologicamente e politicamente. Questo è l’aspetto principale, altro che “doveva farla prima l’uno anziché l’altro”! Inoltre, il Partito con la sua azione ha aperto un nuovo filone di lavoro: quello della lotta contro la polizia politica. Ora si tratta di estenderla! Come farlo? Questa è la domanda da porsi, anziché mettersi a disquisire se viene prima l’uovo o la gallina!

 

L’unica critica che mi sento di fare al Partito è di non aver programmato fin dall’inizio un secondo sito, tenendo conto che la borghesia avrebbe, in un modo o nell’altro, sabotato il primo. Però questo a mio avviso è un aspetto marginale e secondario: si impara a lottare lottando!

A pugno chiuso!

Gennaro (Bari)