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Guerra popolare rivoluzionaria in Nepal e in Italia
Anche la più lunga marcia è fatta di singoli passi
 

 Prosegue in Nepal la rivoluzione democratica, antifeudale e antimperialista, diretta dal Partito comunista del Nepal (maoista) Unificato. Forte dei risultati ottenuti nei dieci anni (1996-2006) di guerra nelle campagne, dopo l’accordo fatto nel 2006 con i “sette partiti” del vecchio regime per eliminare la monarchia di diritto divino e convocare un’Assemblea Costituente, il PCN(m)U ha preso saldamente in mano la direzione delle masse popolari anche nelle città. Lo scontro è tra il movimento democratico delle campagne e delle città da una parte e dall’altra le residue forze feudali, la borghesia compradora e la borghesia burocratica. La posta in palio è l’instaurazione di un regime di nuova democrazia.

La reazione si oppone accanitamente, ma non è riuscita ad avere il sopravvento nonostante disponga ancora di grandi forze nelle vecchie Forze Armate (Reali ribattezzate Nazionali), nella Pubblica Amministrazione, nella Magistratura, ma soprattutto sia sostenuta e sospinta dalle classi dominanti dell’India e dai gruppi imperialisti USA. Il PCN(m)U dispone dell’Esercito Popolare e della Milizia e ha saputo muovere con successo le forze rivoluzionarie e proseguire nelle nuove condizioni la Guerra Popolare Rivoluzionaria. Con questo ha confermato

1. che un partito comunista è in grado, anche nell’attuale contesto mondiale, di fare la rivoluzione perfino in un paese piccolo (25 milioni di abitanti e 140 mila kmq) e accerchiato,

2. che il maoismo è la teoria guida della seconda ondata della rivoluzione proletaria.

La linea “fermezza nella strategia e flessibilità nella tattica” seguita del PCN(m)U ha suscitato l’indignazione dei dogmatici del movimento comunista, in particolare del PCR-USA e del suo presidente Bob Avakian, che non capiscono in cosa consiste la strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. In realtà il PCN(m)U dà grandi insegnamenti a noi comunisti maoisti che conduciamo la GPRdiLD per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Vediamo alcuni di questi insegnamenti.

 

 

Trasportata nei paesi imperialisti, la guerra popolare rivoluzionaria è “la rivoluzione che il Partito organizza e costruisce, campagna dopo campagna, combinando battaglie e operazioni tattiche”. La guerra popolare rivoluzionaria è il Partito che costruisce il Nuovo Potere. Questo è una struttura che dirige il movimento della classe operaia e delle masse popolari. Quindi combina organismi che dirigono e masse organizzate che ne riconoscono e comunque ne seguono le direttive nel loro comportamento faccia alla borghesia, al clero e alle altre classi dominanti.

Nelle lotte rivendicative non ancora dirette dal partito e quindi non ancora inserite nella guerra popolare rivoluzionaria come sue componenti, è la borghesia che ha l’iniziativa: è essa che guida la danza. Le masse reagiscono, sulla base della mentalità che si ritrovano e delle relazioni esistenti e dei mezzi di cui dispongono (in questo consiste la spontaneità), alle azioni della borghesia, per necessità, per bisogno, perché i prezzi aumentano, perché i salari diminuiscono, perché la borghesia rende più difficile la vita delle masse popolari, perché la borghesia aumenta la propria pressione sulle masse. L’azione delle masse popolari è una reazione alle azioni della borghesia, è una risposta per la quale bastano una concezione e una mentalità borghese: una concezione da venditore che vende cara la sua forza-lavoro. Per questo diciamo che l’economicismo è una forma arretrata, ancora primitiva di lotta di classe. Non richiede che la concezione comunista del mondo sia alla guida, non richiede la guida del partito comunista. L’azione spontanea delle masse popolari è l’azione che esse compiono in base alla concezione del mondo, alla visione delle cose, ai sentimenti, alle opinioni, alla mentalità che si ritrovano (vedi Gramsci, Introduzione alla filosofia).

Finché si limitano alle lotte rivendicative, le masse sono in realtà ancora a rimorchio della borghesia, quali che siano la violenza e l’eroismo della rivolta. I borghesi hanno strategie (beninteso nei limiti della loro condizione di classe, strategie che non vanno oltre l’orizzonte dell’attuale sistema di relazioni sociali, del capitalismo: e questo è un punto debole che non possono eliminare). Le masse e quelli che le dirigono non hanno strategia. Marchionne ha un piano e cerca di attuarlo. Epifani non lo ha. Tanto meno lo hanno Angeletti e Bonanni. E sono questi avventurieri vanesi che oggi ancora dirigono le masse popolari, nella misura in cui vi è una direzione unica dell’agitarsi di individui e organismi delle masse popolari. I sindacati alternativi non hanno neanche essi un piano. Hanno rivendicazioni. Vogliono questo o quello più sinceramente dei sindacati di regime, con più determinazione e con un po’ più di coerenza, con meno concertazione con la borghesia e con meno rassegnazione alla sua “onnipotenza”. E la parte migliore di essi avverte già il limite (si vedano in proposito, ad esempio, le Tesi del VI Congresso dello Slai Cobas, - Milano 16-18 aprile 09; il resoconto di Contropiano sul congresso di Riccione (23 e 24 maggio 09) della CUB (Rappresentanze di Base), la Piattaforma con cui lo Slai Cobas ha convocato la riunione del 16 giugno 09 a Milano). I sindacati alternativi gridano obiettivi più avanzati (nessun licenziamento, nessuna chiusura di aziende), mentre Epifani, Bonanni, Angeletti e complici si accontentano di nessuna chiusura di aziende, meno licenziamenti possibile, più ammortizzatori sociali possibile, gradualità ed equa distribuzione dei sacrifici, ecc. Questo gridano oggi Epifani, Bonanni, Angeletti e complici, per arrivare alla chiusura di meno aziende possibile e a “quello che sarà possibile ottenere”.

Le masse popolari nella lotta di classe hanno l’iniziativa in mano solo quando il loro attivismo è inserito in un piano di azione rivoluzionaria, cioè tesa ad instaurare un nuovo sistema di relazioni sociali: il socialismo per andare verso il comunismo. Quando il loro movimento è (di fatto, anche se ancora non formalmente) diretto dal partito comunista.

 

Nella rivoluzione condotta con la strategia della guerra popolare rivoluzionaria, l’iniziativa invece è del Partito. Esso muove le masse. Certo lo fa, lo deve fare, lo riesce a fare solo tenendo conto delle condizioni materiali, spirituali, sentimentali, ecc. delle masse (come del resto fa anche quando organizza un semplice sciopero, una semplice manifestazione, una protesta, ogni volta che prende l’iniziativa). Certo lo fa, lo deve fare, lo riesce a fare solo grazie a una rete di organismi e di relazioni (il movimento comunista) che ha tessuto e continua a tessere, a consolidare e a rafforzare. Il Partito e il Nuovo Potere usano una campagna per creare le condizioni favorevoli per la campagna successiva, che persegue obiettivi superiori. È l’opposto di quello che fanno gli avventurieri e carrieristi borghesi alla Cofferati, alla Bertinotti e alla Epifani. Per loro ogni campagna si esaurisce nell’accordo che concludono con la controparte. Sotto la loro direzione, con la fine della campagna, tutto rientra nell’ordine; le forze si sciolgono e finisce la lotta: chi ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato.

Invece il Partito e il Nuovo Potere danno continuità alla lotta di classe. Ogni campagna crea le condizioni per la successiva, anche se tra le due campagne ci può essere una tregua per consolidare le forze.

Il Partito e il Nuovo Potere con le operazioni che essi promuovono, portano la lotta di classe fino al “color rosso”, fino a un livello di combattività, di contestazione e di scontro che rende impossibile la vita alla borghesia. Allora per conservare il suo potere, i suoi privilegi, la sua “civiltà” essa farà mosse sconsiderate e disperate il cui culmine è scatenare la guerra civile. Allora si passa alla seconda fase della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata.

 

Proprio perché ciò che è importante, ciò che è decisivo è il fine, noi che seguiamo la strategia della GPRdiLD possiamo e dobbiamo fare cose che quelli che non hanno la nostra strategia non fanno e se le fanno, in quelli che le fanno, sono cedimenti alla borghesia, arretratezze. In Le stagioni di Giacomo, Rigoni Stern racconta che nel suo villaggio i contadini e il resto delle masse popolari una volta misero in grave imbarazzo i fascisti. Le autorità fasciste avevano proibito la monta delle vacche con i tori di razza tarina, che erano abitualmente usati nella regione. Vi furono infrazioni alla disposizione, repressione, manifestazioni, arresti. Infine contadini e donne manifestarono in gran massa contro la legge e la repressione, al grido di “Viva Mussolini e i tori di razza tarina!”. Come potevano i carabinieri reprimere una manifestazione contro la legge fascista fatta inneggiando a Mussolini? Frenetiche consultazioni, finché da Roma arrivò l’ordine di lasciar correre, di liberare gli arrestati e sospendere l’applicazione della legge sul miglioramento della razza bovina. Rigoni Stern racconta un fatto: ma che effetto ebbe quel fatto sull’evoluzione della coscienza politica e dell’organizzazione delle masse popolari della zona? Dipese da quelli che nella zona avevano una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e che su quella base la spingevano avanti. Secondo il modo di ragionare di Bob Avakian (il presidente del RCP-USA) non c’è dubbio: era una manifestazione semifascista, una contraddizione all’interno del fascismo. Per chi, nell’ambito di un piano tattico rientrante nella guerra popolare rivoluzionaria contro il regime, lavorava a mobilitare, organizzare e orientare le masse popolari della zona, era stata una sua ottima iniziativa tattica, per allargare una crepa e rafforzare il suo ruolo: porre basi di lancio per la mossa successiva.

La critica che Avakian, il RCP-USA e altri dogmatici (che pur si dichiarano maoisti) fanno al Partito comunista del Nepal (maoista) Unificato (vedansi le Cinque lettere e affini prese di posizione) rientra in questo contesto. Avakian non capisce quello che fa il PCN(m)U, perché non capisce la sostanza della strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Ogni mossa del PCN(m)U ha dei limiti: secondo Avakian quindi è un cedimento. Per chi conduce la GPRdiLD ogni mossa è solo un gradino su cui sale e da esso poi salirà sul successivo, oppure una componente il cui significato è definito dal contesto a cui nel suo piano di operazioni è legato. Avakian ogni volta che uno sale un gradino grida alla rinuncia a salire la scala. Può succedere che il PCN(m)U ad un certo punto si fermi e che di conseguenza tutto quello che fino a quel punto ha costruito incominci a imputridire e frani, dato che in una lotta è impossibile fermarsi quando si vuole? Può succedere che la via che il PCN(m)U segue, in concreto conduca la rivoluzione nepalese in un vicolo cieco? Ambedue le cose possono succedere. Sono già successe cose analoghe in altri casi. Ma solo chi assume la strategia della GPRdiLD ed è in condizione o si mette in condizione di fare analisi concreta delle situazioni concrete, può impedire che ciò avvenga, contribuendo a che il PCN(m)U elabori la linea giusta e facendola valere con la lotta tra due linee.

 

Ritorniamo alla nostra situazione e a quello che noi dobbiamo fare. È importante che noi promuoviamo un processo, che facciamo compiere alla masse popolari, a partire da quella parte che già si muove e che già siamo capaci di muovere e orientare, un processo di campagne, battaglie e operazioni tale da portare la borghesia a non poter più tollerare la strada su cui l’avremo costretta a camminare per far fronte al processo di campagne, battaglie e operazioni compiuto dalle masse popolari grazie alla nostra opera, da portare la borghesia a sentirsi soffocare dalla rete in cui l’avremo costretta a impigliarsi. Allora essa, se si ostinerà (come è abitudine delle classi sfruttatrici) a conservare a tutti i costi il suo sistema di relazioni sociali, a mantenersi al potere e a perpetuare i suoi privilegi, scatenerà la guerra civile. Quanto a noi, è importante che conduciamo la borghesia a questo passaggio della rivoluzione socialista (non ci facciamo illusioni circa un eventuale passaggio pacifico, ma comunque lavorando come indichiamo saremmo pronti a coglierlo se per inaspettati e insospettati motivi si presentasse) in condizioni per noi favorevoli, avendo noi l’iniziativa in mano, anche se sarà la borghesia imperialista a scatenare la guerra civile e noi saremo alla testa di quelli che si difendono dal suo colpo di mano, dalla sua mossa avventata, disperata e criminale. Noi sceglieremo il momento e il terreno della mossa della borghesia imperialista, in modo che si determini il più ampio schieramento possibile di forze e classi a nostro favore e il massimo isolamento possibile degli iniziatori della guerra civile.

Un esempio per capire grosso modo come si potrebbero svolgere le cose è quello che è avvenuto in Nepal nelle ultime settimane. Il 20 aprile 09 il governo Prachanda, a seguito della ennesima infrazione commessa dal generale, ha destituito il gen. Katawal e ha nominato al suo posto come comandante in capo delle Forze Armate Nazionali (ex Reali) il gen. Khadka. Il governo Prachanda aveva buoni motivi per destituire Katawal per insubordinazione già da mesi. In sostanza Bob Avakian (RCP-USA) indicava Prachanda come traditore della rivoluzione perché non faceva cose come destituire Katawal. Prachanda ha destituito Katawal quando ha ritenuto di aver preparato le condizioni necessarie per far fronte con successo alle contromosse che il gen. Katawal, il presidente Yadav e le forze più reazionarie avrebbero certamente fatto per non perdere il loro bastione principale, le Forze Armate Nazionali. Ha il PCN(m)U valutato bene le condizioni create e le contromosse delle forze reazionarie? Certamente noi non siamo in grado di dirlo. Ma questo è il cammino seguito dal PCN(m)U e su questo va valutato. Chi capisce cosa significa GPRdiLD valuta le cose in questa maniera. Finora il PCN(m)U ha mostrato di sapere misurare bene i propri passi e predisporre buone trappole per la reazione, di saper dirigere bene il gioco che il processo rivoluzionario comporta, di riuscire a far credere alla forze reazionarie che esse sono in condizioni di preparare trappole per i maoisti e il movimento rivoluzionario, in modo che le forze reazionarie le preparano e ci cadono regolarmente dentro. Non c’è motivo per pensare a priori che questa volta il PCN(m)U non ci sia riuscito. La pensano a priori così solo persone impregnate e corrotte dalla radicata sfiducia nella possibilità di successo della rivoluzione (cioè che mancano di spirito rivoluzionario e di coraggio), L’obiettivo diretto e immediato che il PCN(m)U ha posto sul tavolo per lo scontro in corso, la supremazia del potere civile sui militari, difficilmente può essere rifiutato da partiti che non vogliono assumersi apertamente la responsabilità della ripresa della guerra civile e di un colpo di Stato dall’esito incerto, grazie ai precedenti.

Gli esempi più calzanti per illustrare quello che diventeremo noi, quando almeno una parte di noi avrà adottato un simile principio di tattica, che costituisce parte del Nuovo Metodo di Lavoro, sono per un verso quello dello scalpellino che è provetto nel vedere la vena delle pietre che deve lavorare e va verso il suo obiettivo sfruttando le venature della pietra (tener conto delle circostanze e delle condizioni) e per un altro verso quello di uno scolaro che “lavora” una scolaresca e la “monta” contro un professore incapace e odioso, fino a rendere impossibile al professore la sua attività didattica (lavorare con continuità, campagna dopo campagna, facendo di ogni lotta una scuola di comunismo e dei suoi risultati la base di lancio della lotta successiva che ha obiettivi superiori, per tappe e stadi).

Molti anni fa, all’inizio degli anni ’70, ho avuto modo di seguire da vicino la lotta di classe che si svolgeva in una grossa fabbrica metalmeccanica. Un gruppo di operai, benché piccolo, riusciva a mobilitare contro i padroni i loro compagni di lavoro, a prevenire e far fronte alle loro mosse e manovre, in modo tanto efficace che la vita per i padroni era diventata impossibile. La fabbrica passò di mano più volte (allora l’idea di chiudere avrebbe scatenato un putiferio generale), finché mutate le condizioni al contorno da cui il gruppo di operaio si alimentava (e che alimentava), una direzione anche più avveduta riuscì a far commettere errori al gruppo di operai fino a portarlo a isolarsi e disgregarsi. Ma a parte questa conclusione che è parte di un’altra storia, tale diventerebbe il nostro lavoro, tale diventerà quando noi avremo assimilato il materialismo dialettico a un livello superiore e lo padroneggeremo con una certa maestria come metodo per conoscere la realtà e per trasformarla. Useremo una concezione del mondo superiore, condurremo la guerra asimmetrica, sul terreno a noi più favorevole, su cui la borghesia non può porsi (come gli imperialisti francesi o americani inutilmente cercavano di imparare e applicare le teorie militari di Mao per fare la guerra controrivoluzionaria).

Finché invece restiamo grosso modo al livello di misurarci con la borghesia, con i revisionisti, con le FSRS sul terreno della quantità, ripercorrendo le mobilitazioni che un tempo sono state efficaci ma che nella situazione attuale sfiancano gli operai, siamo persone che affrontano i propri avversari sul terreno che loro è più favorevole, dove loro sono più forti, dove loro hanno più esperienza.

Un campo in cui questo ragionamento può essere sviluppato per capirlo meglio, è quello della creazione dell’opinione pubblica. Nel regime di controrivoluzione preventiva la borghesia ha sviluppato raffinati sistemi e procedimenti (il pilastro 1 del regime, Manifesto Programma pag. 51) per condizionare, deviare e intossicare l’opinione pubblica. I rivoluzionari sono spesso alle prese con il problema di come fare a far parlare i media (TV, giornali, radio, film, teatro, concerti, ecc.) di avvenimenti, eventi e operazioni relative alla lotta di classe in modo da formare un’opinione pubblica concentrata su questo terreno e di come fare in modo che i media presentino in una luce favorevole le rivendicazioni delle masse e le lotte che le masse conducono per raggiungerle.

Le Brigate Rosse e altre Organizzazioni Comuniste Combattenti (OCC) erano arrivate, quando degenerarono nel militarismo che le portò alla sconfitta, a teorizzare gli attentati come mezzi per far parlare di sé. I borghesi ricorsero al black-out come mossa controrivoluzionaria. Vietato parlare degli attentati. Ad un certo livello dello scontro, gli strateghi borghesi della lotta contro le BR ottennero il consenso dei padroni dei media che fecero il silenzio attorno alle attività delle OCC.

Come possiamo far fronte al compito di creare una opinione pubblica illuminata e favorevole a noi?

Certamente non basandoci principalmente sui media borghesi, neanche basandoci principalmente sui nostri media che sono incomparabilmente deboli rispetto a quelli della borghesia.

I nostri (ancor deboli) media devono creare l’opinione pubblica dei nostri ambienti, degli ambienti a cui essi effettivamente arrivano. E oggi siamo ancora ben lontani dal riuscire, con la nostra propaganda, a dare a quelli che con essa raggiungiamo una coscienza chiara e pratica della realtà. Basta vedere come sono in difficoltà persino nostri compagni quando sono posti di fronte a un problema o avvenimento nuovi, su cui non c’è ancora il Comunicato del Partito.

Noi dobbiamo riuscire (e questo è il compito del settore agitazione e propaganda) a dare a quelli che raggiungiamo con i nostri giornali, comunicati, discorsi, volantini e altri pezzi di propaganda, strumenti intellettuali sufficienti per parlare bene e strumenti intellettuali e morali sufficienti per agire bene. Da qui in poi, sono le loro parole e le loro azioni che formeranno opinione pubblica a raggio più ampio. Lenin diceva che le masse imparano soprattutto per loro esperienza diretta. Bisogna condurle a fare quell’esperienza diretta che le porta a capire meglio la lotta di classe e accompagnare la loro esperienza diretta con la parola, lo scritto, la propaganda che interpreta e fa il bilancio della loro esperienza diretta.

Ovviamente questo corso principale della nostra azione per creare un’opinione pubblica a noi favorevole, non esclude il ricorso a strumenti secondari, ausiliari: come fare trasmissioni pirata inserendoci sui media a grande diffusione, approfittare della campagne elettorali, fare operazioni come quella del sito “caccia allo sbirro”, ecc. L’importante è che si tratti di operazioni di cui abbiamo l’iniziativa e di cui valutiamo giustamente l’effetto, la portata e la durata, tenendo conto delle contromosse dei nostri nemici.

 

Il PCN(m)U sta dando importanti lezioni a tutti i comunisti. La concezione del mondo che lo guida è il più importante fattore di forza della rivoluzione. Noi comunisti maoisti italiani dobbiamo tirare insegnamento dalla sua condotta, ovviamente tenendo conto che noi operiamo in un paese imperialista e in particolare nella Repubblica Pontificia. La comune base del marxismo-leninismo-maoismo ci aiuta a imparare dalla loro esperienza.

Rosa L.