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Il governo di blocco popolare, l’instaurazione del socialismo e la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata
 

Di fronte allo scoppiare della fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo il nostro Partito ha modificato il suo piano tattico.

Il piano tattico indica le grandi linee, le principali linee direttrici dell’azione che il Partito conduce per raggiungere l’obiettivo della prima fase della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, la fase strategicamente difensiva. L’obiettivo di questa fase è l’accumulazione delle forze rivoluzionarie per passare in condizioni favorevoli alla seconda fase, quella dell’equilibrio strategico, in sostanza ad affrontare con prospettive di vittoria la guerra civile che la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti imporranno alle masse popolari quando noi comunisti avremo sviluppato la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari al punto che le classi dominanti non vedranno altro modo per mantenersi al potere, che d’altra parte vogliono mantenere ad ogni costo.

Prima che esplodesse la fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo, il nostro piano tattico era il Piano Generale di Lavoro (PGL, Manifesto Programma, pag. 221). La fase terminale della seconda crisi generale è esplosa prima che il Partito comunista avesse raggiunto un certo grado di consolidamento e rafforzamento. Questo ha in parte modificato le condizioni in cui si svolge la prima fase della guerra popolare rivoluzionaria. Di conseguenza abbiamo dovuto modificare il nostro piano tattico.

Da qui la linea del governo di blocco popolare (GBP), un governo d’emergenza formato dalle Organizzazioni Operaie (OO) e dalle Organizzazioni Popolari (OP), un governo che gode della loro fiducia e da esse sostenuto, un governo che ha il compito di far fronte agli effetti più gravi per le masse popolari della fase terminale della crisi generale e così sbarrare la strada alla mobilitazione reazionaria delle masse popolari. Da qui la mobilitazione delle organizzazioni del Partito e delle organizzazioni vicine al Partito per creare tra le masse popolari le tre condizioni favorevoli alla costituzione di un governo di blocco popolare.

La linea del governo di blocco popolare incontra varie obiezioni tra compagni vicini a noi e anche nelle nostre file. Purtroppo finora nessuno degli obiettori ha formulato organicamente le sue obiezioni, mostrando che la nostra linea contrasterebbe con la concezione comunista, con la strategia per instaurare il socialismo o con la situazione che la fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo combinata con la crisi ambientale sta creando. Per quanto io ne so, tutti gli obiettori si limitano a dichiarare che la linea del governo di blocco popolare sarebbe una deviazione di destra, una linea di rinuncia al compito di instaurare il socialismo. Anche i transfughi della terza LIA (Lotta Ideologica Attiva) cercano di nascondersi dietro questa affermazione generica, senza dettagliare ulteriormente. Insinuano, ma non osano dichiarare apertamente, argomentare, formulare un piano tattico che prescinda dalla linea del governo di blocco popolare.

È vero che alcuni dei sostenitori della linea del GBP ne danno un’interpretazione di destra: staccano la linea del GBP dalla lotta per instaurare il socialismo e dalla guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. Propagandano la costituzione del GBP e non l’instaurazione del socialismo. Attribuiscono al GBP risultati che esso non può dare. Affermano che il GBP risolverà i problemi delle masse popolari e porrà fine alla crisi. Seminano illusioni. Presentano la costituzione del GBP come una terza via, tra la situazione presente e l’instaurazione del socialismo. Mettono da parte instaurazione del socialismo, guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, Nuovo Potere e il nuovo Partito comunista italiano. Indicano cioè la costituzione del GBP come se fosse nella pratica il coronamento delle piattaforme rivendicative e lo sbocco delle lotte rivendicative e con essa si chiudesse per un tempo indeterminato una fase della lotta di classe. Insomma fanno della costituzione del GBP un obiettivo intermedio, una specie di terza via, come spesso ne indicano o erano soliti indicarne i trotzkisti quando non si erano ancora ridotti a organizzazioni economiciste (cioè a organizzazioni che escogitano, elaborano e propagandano rivendicazioni o piattaforme rivendicative e organizzano e sostengono lotte rivendicative). La costituzione del GBP è invece solo una forma di avvicinamento alla instaurazione del socialismo nella situazione creata dal precipitare della fase terminale della crisi generale; un passaggio della prima fase della guerra popolare rivoluzionaria. Per sua natura crea una situazione instabile. Vi confluiscono forze che puntano su un rapido ritorno alla “normalità”, cioè ad un normale governo borghese e forze che vogliono a tutti i costi uscire dalla crisi: per queste la costituzione del GBP e la sua attività saranno una scuola di comunismo.

La nostra linea del GBP non è la proposta di un governo che meglio dell’attuale soddisfa le masse popolari. È un’indicazione che inquadra le diverse e a volte contrastanti rivendicazioni e aspirazioni delle masse popolari, che si esprimono nelle richieste e rivendicazioni delle OO e delle OP, in un obiettivo che le rende compatibili e realistiche: un governo costituito dalle Organizzazioni Operaie e dalle Organizzazioni Popolari, che goda della loro fiducia e che imponga come misure d’emergenza le loro rivendicazioni (No ai licenziamenti! No alla chiusura delle aziende! ecc.) che altrimenti restano ognuna per conto suo e tutte più o meno campate in aria.

La costituzione di un governo di blocco popolare non chiuderà la fase attuale della lotta di classe. Tanto meno è un programma elettorale. Non è lo sbocco e il risultato di una campagna di lotte rivendicative al termine della quale la Repubblica Pontificia si dà un governo più di sinistra (grosso modo come successe nel 1960, di fronte alle rivolte popolari contro il governo clerico-fascista di Tambroni) e le masse popolari ritornano alle loro occupazioni normali fiduciose che il nuovo governo darà una soluzione accettabile alle loro difficoltà. Al contrario è un’indicazione di lotta delle masse popolari contro le classi dominanti, un’indicazione di organizzazione e di mobilitazione per le masse popolari, per condurre la lotta in condizioni più avanzate e più favorevoli delle attuali per le masse popolari. Non è l’illusione di un periodo pacifico e di collaborazione di classe, ma la proposta di isolare la destra borghese e legare finché possibile la sinistra borghese a un corso delle cose diretto dalla sinistra delle Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni Popolari.

 

La fase terminale della crisi generale getta le masse popolari in gravi difficoltà per la loro sopravvivenza e provoca tormenti insopportabili. Esse devono trovare delle soluzioni. Noi comunisti dobbiamo indicare come possono risolvere le loro difficoltà di oggi, cosa devono fare oggi per risolverle facendo un passo avanti vero la loro emancipazione definitiva dalla borghesia e dal suo sistema di oppressione e sfruttamento. Una soluzione che affronta le difficoltà immediate, sbarra la strada alla mobilitazione reazionaria delle masse popolari, porta la lotta di classe a un livello superiore e crea condizioni più favorevoli alla lotta e alla vittoria delle masse popolari.

Chi si lava le mani delle difficoltà immediate delle masse popolari e rimanda all’instaurazione del socialismo la soluzione delle difficoltà e dei tormenti attuali, è fuori gioco anche se si dichiara e proclama comunista. Fa un cattivo servizio alla nostra causa. Svolge una parte analoga a quella svolta da quei bordighisti e da quei trotzkisti che non partecipavano alla lotta contro il fascismo con la scusa dottrinaria che loro erano anticapitalisti, non gli bastava la lotta contro il fascismo (e negli anni successivi alla seconda guerra mondiale trovarono nell’avvento dei revisionisti alla direzione del movimento comunista, nell’abbandono dell’obiettivo di fare dell’Italia un paese socialista e nell’instaurazione della Repubblica Pontificia argomento per sostenere che avevano avuto ragione loro a non partecipare alla Resistenza: neanche chi l’aveva fatta aveva instaurato il socialismo. Come se la sconfitta dei comunisti desse ragione ai trotzkisti e ai bordighisti che nemmeno ci avevano provato. A questi, stante la loro mentalità bastava di “aver ragione”. Non gli importava di non aver combinato nulla e aver lasciato instaurare la Repubblica Pontificia - insomma, “male comune, mezzo gaudio”: anche gli altri avevano fallito, quindi di che preoccuparsi?).

Noi comunisti dobbiamo accompagnare le masse popolari nel loro cammino di emancipazione, passo dopo passo. Ad ogni passo, per compierlo facciamo leva sulla sinistra delle masse popolari e sulla nostra più avanzata comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e la spingiamo in avanti. Fa parte della nostra concezione del mondo e del nostro ruolo. Noi non siamo parte della classe dominante, siamo l’avanguardia delle masse popolari. Quindi non possiamo fare promesse. Non diciamo che noi risolveremo le difficoltà della situazione. Ma indichiamo alle masse popolari cosa esse oggi devono fare per risolvere la situazione, tra le cose che esse possono effettivamente fare per le condizioni generali, soggettive e oggettive, in cui si trovano oggi, per i presupposti soggettivi e oggettivi già esistenti. Indichiamo alle masse popolari cosa devono fare invece di seguire la linea proclamata da Epifani: “far cambiare politica economica al governo Berlusconi”. Non è né quello che stanno già facendo (proteste e rivendicazioni), né quello che saranno in grado di fare domani. È il passo tra l’oggi e il domani.

 

La fase terminale della crisi generale crea problemi anche alla borghesia, al clero e al resto delle classi dominanti. Anche loro sono alla ricerca di soluzioni nuove, adeguate alla situazione nuova. Devono decidere cosa fare per mantenere il potere e salvaguardare il loro sistema di relazioni sociali.

Dirigere una società borghese non è come dirigere le società del passato. Non è solo riscuotere imposte e rapinare ai lavoratori il prodotto del loro lavoro. Questo andava bene nella società feudale. Nella società feudale, nel suo periodo migliore, le classi dominanti si occupavano i nobili della protezione militare della società, il clero di produrre e riprodurre le condizioni intellettuali e morali dell’esistenza della società. Non organizzavano né dirigevano le attività economiche delle masse popolari. In questo campo esse prelevavano e basta. È la mentalità che si è per l’essenziale conservata nel clero, nella Chiesa Cattolica e nel Vaticano e che li distingue dalla borghesia. Loro non sono organizzatori e dirigenti dell’attività economica delle masse popolari. Sono solo quelli che incamerano una parte dei risultati, la parte più grossa che i rapporti di forza consentono, come facevano i nobili e il clero con i contadini dell’epoca feudale.

Invece la borghesia in definitiva trova la legittimità dei suoi privilegi nel suo ruolo di organizzatrice e dirigente dell’attività economica delle masse popolari. Riesce a conservare il potere perché adempie a questo ruolo. La paralisi dell’attività economica, che è la sostanza della fase terminale della crisi generale, mette in questione questo ruolo e quindi anche il suo potere.

Ovviamente la crisi politica e culturale della borghesia coinvolge anche il clero e il resto delle classi dominanti, perché nella società borghese il loro ruolo particolare è ausiliario, appendice, puntello del ruolo della borghesia. Sono legati tra loro, si influenzano a vicenda e la rovina dell’uno rischia di essere anche la rovina dell’altro. La borghesia, il clero e il resto delle classi dominanti devono trovare una via d’uscita dalla paralisi dell’attività economica: una via d’uscita tormentosa, distruttiva, bestiale, barbarica quanto si vuole, ma in definitiva deve essere una via d’uscita. La paralisi dell’attività economica non può protrarsi indefinitamente.

Questa questione determina nella borghesia, nel clero e nel resto delle classi dominanti una divisione diversa da quella degli anni che abbiamo alle spalle. Fa passare in secondo piano vecchie divisioni e crea una nuova divisione. Determina due schieramenti, destra e sinistra, che non sono gli stessi degli anni scorsi, quando i finanzieri, gli speculatori e i loro seguaci sembravano avere in tasca l’elisir di lunga vita per il capitalismo e il suo sistema di relazioni sociali e tutte le classi dominanti, destra e sinistra, banda Berlusconi e circo Prodi, si raccoglievano attorno a loro, al loro servizio.

 

La linea del governo di blocco popolare è la risposta che noi comunisti diamo a questa nuova situazione. È la continuazione della lotta per instaurare il socialismo tenendo conto della nuova situazione. È la continuazione della guerra popolare rivoluzionaria nella contingenza attuale, nelle condizioni che l’esplosione della fase terminale della seconda crisi generale ha generato e genererà nei prossimi mesi. La costituzione del governo di blocco popolare è un passo in avanti delle masse popolari verso l’instaurazione del socialismo.

I sostenitori della linea del GBP che danno un’interpretazione di destra della linea del governo di blocco popolare si combinano con quelli che obiettano che la linea del GBP è una deviazione di destra. Questi obiettori sono gli oppositori “di sinistra” alla nostra linea. Quelli che danno un’interpretazione di destra della nostra linea del GBP (come fosse un obiettivo intermedio al modo dei vecchi trotzkisti) sono in realtà gli oppositori di destra della nostra linea, i fautori della conciliazione tra le classi, quelli che non vorrebbero la guerra civile e quindi non si preparano a farci fronte vittoriosamente, come se le loro aspirazioni bastassero a determinare la realtà: come gli struzzi che nascondono la testa sotto la sabbia, i bambini che chiudono gli occhi per non essere visti. In realtà oggi confondono le acque, perché non sempre è chiaro se gli obiettori obiettano alla nostra linea o obiettano alla interpretazione di destra che ne danno i sostenitori di destra della nostra linea.

Quello che è chiaro è che noi dobbiamo soffermarci ulteriormente sulla linea, spiegarne meglio la natura e gli obiettivi e i motivi per cui l’abbiamo adottata e riteniamo necessario adottarla.

 

In che senso l’esplosione della fase terminale della seconda crisi generale ha modificato le condizioni oggettive?

Nel nostro paese, come nel resto del mondo in condizioni specifiche a ogni paese, la borghesia, il clero, il resto delle classi dominanti e le loro autorità obbedendo ai propri interessi e alle leggi del loro sistema di relazioni sociali gettano sul lastrico milioni di lavoratori dipendenti e autonomi e nel migliore dei casi li costringono a vivere di sussidi e di espedienti. I licenziamenti, le casse integrazioni e i fallimenti d’aziende artigiane e familiari degli ultimi dieci mesi sono solo l’inizio. Se la nostra proposta non avesse successo e salvo i paesi dove la mobilitazione reazionaria porterà rapidamente a una generale mobilitazione per la guerra (dopo la loro ascesa al potere nel 1933, Hitler e i nazisti realizzarono rapidamente il pieno impiego, beninteso imponendo ai lavoratori le loro condizioni), il loro numero aumenterà. Tra le masse popolari aumenteranno anche la disperazione, il tormento e le azioni inconsulte, delle quali la destra borghese approfitterà per far accettare più repressione e più controllo da parte sua, da parte della fonte della situazione che genera le azioni inconsulte. Peggioreranno le condizioni sociali generali: divisione tra le masse popolari, conflittualità, insicurezza, sopraffazione, criminalità, razzismo, abbrutimento, ecc.

Per capire il corso delle cose, per immaginare giustamente le condizioni sociali che la fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo sta creando nel nostro paese, dobbiamo tener conto delle grandi trasformazioni avvenute nella composizione di classe del nostro paese illustrate nel Manifesto Programma del Partito (pag. 137 e segg.).

A differenza di quanto successo durante la prima crisi generale del capitalismo, ora la stragrande maggioranza delle masse popolari del nostro paese è popolazione urbana, completamente dipendente dall’economia mercantile (compera tutti i beni e i servizi che entrano nel suo consumo e trova il denaro necessario vendendo forza-lavoro o altre merci), direttamente o indirettamente dipendente dall’economia capitalista (le attività produttive che il padrone fa svolgere a lavoratori salariati per valorizzare il suo capitale producendo merci) e in larga misura dipendente dal sistema mondiale dell’economia capitalista. La parte della masse popolari che può ancora “arrangiarsi” riducendo il proprio tenore di vita e dedicando più tempo e risorse a lavori di autosussistenza (coltivazione in proprio di prodotti alimentari, lavori domestici, economia locale, ecc.), si è enormemente ridotta. La seconda crisi generale del capitalismo colpirà le masse popolari del nostro paese in modo molto più grave di quanto avvenuto durante la prima crisi generale. La fase terminale della seconda crisi generale getta una parte importante e crescente delle masse popolari in condizioni intollerabili, crea condizioni economiche, sociali e culturali tormentose per milioni di uomini e donne. Essi dovranno trovare e troveranno una soluzione per sfuggire a quelle condizioni.

Il malcontento creato dalla crisi e l’esperienza di organizzazione e di lotta porta spontaneamente (cioè indipendentemente dall’azione svolta dal Partito comunista) alla creazione di organismi di lotta, di protesta, di autosussistenza. Questo è un avvenimento importante ai fini della nostra lotta per instaurare il socialismo. Sta a noi valorizzarlo prima che la mobilitazione reazionaria delle masse popolari prevalga, li svuoti e li travolga.

La destra borghese trova nelle condizioni della crisi il terreno per intensificare la mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

Come soluzione alle difficoltà immediate e improrogabili, essa promuove su grande scala la persecuzione razzista e lo sfruttamento degli immigrati, delle categorie meno organizzate di lavoratori salariati e di lavoratori autonomi, la caccia ai marginali e alla piccola criminalità, la politica di sfruttamento e di aggressione nei confronti dei paesi oppressi e degli ex paesi socialisti, le politiche protezionistiche e la difesa dalle politiche protezionistiche promosse dai gruppi borghesi degli altri paesi imperialisti, l’abbrutimento e l’oscurantismo religioso. Il respingimento e l’annegamento in mare degli immigrati (contrabbandati come lotta contro i trafficanti di emigranti) non sono che l’inizio, un’accentuazione in un settore particolare della guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia imperialista conduce da decenni contro le masse popolari in ogni angolo del mondo. La crisi politica e la crisi culturale (intellettuale e morale) avranno sviluppi quali difficilmente oggi la maggior parte di noi immagina. Le generazioni attuali dei paesi imperialisti non hanno mai visto niente di simile a quello che la borghesia, il clero e le altre classi dominanti ci stanno creando. Tutto ciò avverrà grosso modo anche negli altri paesi imperialisti. La situazione in Italia avrà come carattere specifico che la Corte Pontificia, che nel nostro paese è il governo di ultima istanza per la borghesia e le altre classi dominanti, per la sua natura di istituzione feudale riciclata nella società borghese ma non assimilata ad essa, non ha una sua linea di politica economica. Le basta che il governo corrente del paese sia capace di assicurare la continuità del suo potere (non generi con la sua azione instabilità sociale) e la sua parte del bottino. Questo lascia spazio per contrasti più acuti e difficilmente risolvibili in seno alle classi dominanti del nostro paese. L’ascesa al potere della banda di avventurieri, criminali, fascisti, razzisti, clericali e mafiosi raccolta da Berlusconi per i propri interessi, è solo una manifestazione di questo corso delle cose.

 

La sinistra borghese e in particolare la destra dell’aristocrazia operaia che dirige i sindacati di regime, senza l’azione di noi comunisti, per sua natura e stante la situazione, continuerebbe nel suo ruolo ausiliario rispetto alla destra borghese. Per sua natura cercherà di cavalcare i movimenti di protesta contro gli effetti della fase terminale della crisi generale del capitalismo. Con quale linea?

Essa cercherà di mantenerli al livello di movimenti rivendicativi. Di mantenerli e di ridurli al livello di movimenti il cui obiettivo è avanzare richieste al governo e alle altre autorità della Repubblica Pontificia e ai capitalisti: cioè mantenere le masse popolari in una prospettiva di subordinazione alle classi dominanti. Epifani ha enunciato chiaramente la linea della destra sindacale durante la grande manifestazione del 4 aprile a Roma: “Uno sciopero dopo l’altro, noi indurremo il governo Berlusconi a cambiare politica economica”.

È una linea di conciliazione con la borghesia, una linea di sottomissione di classe, una linea che non ha prospettive di durata e di sviluppo progressivo. È una linea a termine, perché sfianca, demoralizza ed esaurisce i lavoratori e la loro capacità di lottare e li induce a mettersi nelle mani della banda Berlusconi o di qualunque altro governo la Repubblica Pontificia si darà. In definitiva apre la strada, lascia spazio libero alla mobilitazione reazionaria.

Quando di lotta in lotta i lavoratori e le masse popolari avranno constatato che ottengono poco o nulla, che la borghesia e le sue autorità si rimangiano con la destra quello che mollano con la sinistra e che la situazione continua a peggiorare, la partecipazione alle lotte diminuirà. Chi persisterà accuserà chi non partecipa degli scarsi successi e delle sconfitte, dell’inutilità degli sforzi e dei sacrifici fatti. Chi abbandonerà, in forza della logica della scelta compiuta, arretrerà sempre più su posizioni individualiste, rinunciatarie e vigliacche.

Prima ancora si creeranno e accentueranno divisioni tra le masse popolari sulle stesse rivendicazioni, sulla loro natura, sulla loro utilità, sul loro “realismo”. In un sistema economico altamente collettivo come quello in cui oramai siamo, finché gli interessi individuali e di gruppo restano antagonisti (cioè finché restiamo in un’economia mercantile e capitalista e nel sistema di relazioni sociali che ne derivano), ogni conquista strappata da una parte delle masse popolari (quindi potenzialmente ogni rivendicazione) lede gli interessi di un’altra parte. Se diminuite lo spreco di materiale e di risorse fatto nella pubblicità, lasciate senza lavoro migliaia di persone addette alla preparazione, alla produzione e alla distribuzione del materiale pubblicitario e alla raccolta di rifiuti. Se riducete il lusso e gli sprechi delle classi dominanti, gettate sul lastrico migliaia di lavoratori che lavorano al servizio di quel lusso e di quegli sprechi. Ogni lettore può continuare la lista.

Se non altro il padrone dirà che chiude l’azienda perché le richieste dei lavoratori sono esorbitanti, i salari sono troppo alti rispetto a quelli praticati in altri paesi, le proteste rovinano la competitività delle imprese italiane sul mercato internazionale, il disordine impedisce lo svolgimento regolare delle attività, ecc. ecc.

E tutti questi contrasti logorano i lavoratori e spingono ora alcuni ora altri ad abbandonare la lotta o almeno a diminuire l’impegno. E ci sono sempre, specie nella sinistra borghese e tra i codisti, avvoltoi pronti a giustificare la propria voglia di mollare, denunciando lo “stato di depressione”, la stanchezza di questo o quello strato di proletari. Uno stato che è generato, certamente alimentato proprio dalla mancanza nelle lotte rivendicative di prospettive di vittoria, di prospettive di progressione. Infatti le lotte vengono ripetute e ripetute sempre eguali a se stesse, senza che una campagna di lotte crei le condizioni per una campagna di lotte di livello superiore. Gli stati d’animo rinunciatari e inconcludenti dei dirigenti distolgono questi dal loro compito di elaborare strategie, di valorizzare ogni campagna di lotte per i risultati e le premesse di lotte di livello superiore che essa contiene. E proprio questo logora la partecipazione e la capacità di lotta delle masse. E da questo quei dirigenti traggono nuove giustificazioni per la propria voglia di rinunciare, per la propria vigliaccheria, per il proprio tradimento.

Questa è la via su cui sono avviate le lotte, le proteste e la resistenza delle masse popolari, se restano sotto l’egemonia della sinistra borghese e della destra dell’aristocrazia operaia.

Quindi per sua natura la linea perseguita dalla destra sindacale e dalla sinistra borghese apre la strada alla divisione tra le masse popolari, alla sfiducia, all’esaurimento delle capacità di lotta. È una via a perdere. In definitiva sgombera il terreno perché la mobilitazione reazionaria delle masse popolari si sviluppi su larga scala.

Già oggi vediamo diffondersi tra le masse popolari dei paesi imperialisti, Italia compresa, l’apatia, l’indifferenza, la rassegnazione e la vigliaccheria razzista. Ma nelle masse popolari queste sono solo manifestazioni superficiali dell’impotenza sociale, della condizione in cui si trovano di non riuscire ad avere un ruolo sociale, di essere una potenza sociale (infatti neanche le classi dominanti possono prescindere da esse, le devono chiamare in campo) ma ancora senza la possibilità di esplicare il proprio potere autonomamente dalle classi dominanti, a meno che abbiano la direzione del partito comunista. Sono solo reazioni epidermiche alla mancanza di una avanguardia capace, alla mancanza di un partito comunista già capace di sfruttare su larga scala le debolezze del regime e di usare ogni lotta e conquista delle masse popolari per portare a un livello superiore la lotta delle masse popolari contro la Repubblica Pontificia e per instaurare il socialismo: è quello che noi dobbiamo diventare, quello che noi stiamo diventando. Per questo dobbiamo però dare indicazioni precise in ogni circostanza che le masse popolari devono affrontare, a cui non si possono sottrarre, in cui sono comunque coinvolte. Indicazioni precise e giuste: giuste in questo caso vuol dire indicazioni che portano le masse popolari a compiere un passo che apre la via al passo successivo e più avanzato sulla via dell’instaurazione del socialismo, che portano ad accumulare forze (anziché a esaurire le proprie forze), che creano condizioni favorevoli per il passo successivo. Giusto non è quello che già c’è, quello che già si fa, come dicono a volte i codisti e gli opportunisti. Giusto è ciò che è un passo sulla via dell’instaurazione del socialismo e per il cui compimento oggi esistono le condizioni soggettive e oggettive, i presupposti necessari; il passo che se compiuto contiene in sé e porta con sé i presupposti necessari per compiere il passo successivo sulla via dell’instaurazione del socialismo, ammesso che ci siano forze che consapevolmente se ne vogliono servire. Queste forze ci sono: siamo noi comunisti!

 

Questa è la situazione creata dalla fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo. Questa è la situazione che noi comunisti dobbiamo affrontare oggi. In questo contesto noi comunisti dobbiamo costruire la nostra strada verso l’instaurazione del socialismo. Dobbiamo in concreto portare avanti la nostra opera per accumulare forze rivoluzionarie e per arrivare in condizioni per noi favorevoli alla seconda fase della guerra popolare rivoluzionaria. Questa è la concezione del mondo con cui affrontiamo il presente.

Alle Organizzazioni Operaie (OO) e alle Organizzazioni Popolari (OP) che lottano contro gli effetti più tormentosi e più gravi della crisi per le masse popolari, che rivendicano dalle classi dominanti e dalle loro autorità misure per alleviarli, che prendono esse stesse direttamente iniziative per alleviarli, indichiamo l’obiettivo di formare esse stesse un governo di emergenza che prenda le misure necessarie per alleviare gli effetti della crisi del capitalismo. Abbiamo riassunto quelle misure necessarie in sei punti (Manchette a lato).

Ad esse spieghiamo, mostriamo e dimostriamo che mai e poi mai un governo benedetto dal Vaticano, scelto dalla Confindustria e dalle altre organizzazioni padronali, formato da loro esponenti, che sta in piedi e opera grazie alla loro collaborazione e perché sostenuto dalla forza degli imperialisti USA e UE, dei gruppi sionisti e delle Organizzazioni Criminali metterà in opera un programma sistematico e organico di misure che alleviano le difficoltà delle masse popolari. Al massimo soddisferà oggi una rivendicazione, per avvalersi domani contro le masse popolari delle difficoltà che proprio le misure prese per soddisfarla, non accompagnate da adeguate altre misure, generano. Le rivendicazioni presentate alle autorità borghesi sono necessarie e utili, ma sono un aspetto ausiliario e secondario della lotta delle masse popolari. Questa deve avere al suo centro la costituzione di un governo di blocco popolare, deve essere animata e mirata alla costituzione di un governo di blocco popolare.

 

Questo obiettivo per sua natura fa leva sulla sinistra delle OO e delle OP: sulla parte più combattiva, più determinata, più onesta, più radicale di ognuna di esse. Sulla parte che oggi, ancora raccolta in organizzazioni e in movimenti egemonizzati, influenzati, ispirati dalla sinistra borghese e dalla destra sindacale che dirige i sindacati di regime, ma già insofferente di questa egemonia, formula obiettivi quantitativamente più radicali e propone e pratica forme di lotta più energiche, ma non ha ancora una prospettiva diversa da quella della sinistra borghese e della destra sindacale, resta chiusa nell’orizzonte di chiedere alle classi dominanti e alle loro autorità di fare questo o quello: nel vicolo cieco che, come ho mostrato sopra, porta le masse popolari all’esaurimento e al successo della mobilitazione reazionaria. Quindi è debole proprio perché anch’essa ha una prospettiva fallimentare, nonostante le intenzioni e i propositi radicali e la determinazione a lottare.

 

Solo un governo di emergenza costituito dalle Organizzazioni Operaie e dalle Organizzazioni Popolari può prendere le misure più ovvie e più urgenti per far fronte alla crisi del sistema capitalista.

Le masse popolari organizzate possono fin da subito prendere alcune misure d’emergenza per far fronte agli effetti più devastanti della crisi. Queste misure si riassumono in:

1.       assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa);

2.       distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi;

3.       assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato);

4.       eliminare attività e produzioni inutili e dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti;

5.       avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva;

6.       stabilire relazioni di collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.

 

Pensate ai comitati di lotta, agli organismi di resistenza, ai sindacati alternativi, alla sinistra dei sindacati di regime. Oggi la loro attività non ha prospettiva. Rivendicano, protestano e basta. Invece con la linea del GBP noi comunisti diamo una prospettiva alla lotta che i comitati popolari e la base rossa conducono già.

“Dare una prospettiva”, vuol dire insegnare alle OO e alle OP (e ai loro seguaci, al loro pubblico, ai loro sostenitori) che perché le loro rivendicazioni e aspirazioni diventino realtà, bisogna che si decidano a costituire un governo che non sarà benedetto dal Vaticano, scelto dalla Confindustria e dalle altre organizzazioni padronali, che non starà in piedi perché sostenuto dalla forza degli imperialisti USA ed UE e dei gruppi sionisti, ma che sarà nominato e sostenuto dalle stesse OO e OP. Senza simile governo, le loro rivendicazioni restano campate in aria, pie aspirazioni, slegate l’una dall’altra. Anzi possono e sono usate dalla destra per mettere una parte delle masse contro altre parti delle masse. Infatti ogni rivendicazione di una parte (non costruire la nuova base militare) contiene aspetti negativi per un’altra parte (i dipendenti delle imprese di costruzione e del loro indotto) e solo se presa nell’ambito dell’azione di un governo come quello che noi indichiamo (nessun lavoratore deve essere licenziato, nessuna impresa deve essere chiusa) tali aspetti negativi possono essere neutralizzati.

La linea del governo di blocco popolare indica una prospettiva di sviluppo, una prospettiva in cui la sinistra attuale delle OO e delle OP prende in mano la situazione, prende la direzione del centro, obbliga la destra delle OO e delle OP a seguirla e si tira dietro anche la sinistra borghese. E certamente, mentre la mancanza di prospettive porta alla dissoluzione delle forze, l’esistenza di una prospettiva, vedere una prospettiva animerà alla lotta, sarà un potente incentivo alla lotta, susciterà nuove schiere di combattenti che cambieranno i rapporti di forza in campo.

La linea del governo di blocco popolare rafforza la sinistra, la fa uscire dalla sensazione di girare a vuoto, di doversi in definiva o accodare a Epifani e al resto della destra sindacale o, per isolarsi da loro, isolarsi dal grosso delle masse popolari. La linea del governo di blocco popolare è al contrario per questa sinistra una linea di attacco, di egemonia, di legame con le larghe masse popolari, di direzione della lotta contro la destra borghese e la mobilitazione reazionaria a cui taglia l’erba sotto i piedi. Essa in ogni Organizzazione Operaia e in ogni Organizzazione Popolare dà alla sinistra una linea per rafforzarsi e conquistare il centro, isolando la destra che insiste unilateralmente e ostinatamente sull’obiettivo specifico, quindi su una linea che in un modo o nell’altro oppone una parte al resto delle masse popolari a beneficio della loro mobilitazione reazionaria.

 

La linea del governo di blocco popolare per sua natura educa le masse popolari all’organizzazione e alla lotta per il potere e alla lotta politica rivoluzionaria. Quindi fa delle lotte delle OO e delle OP una scuola di comunismo.

“Fare scuola di comunismo” vuol dire promuovere l’organizzazione della classe operaia e delle masse popolari (cioè moltiplicare il numero delle OO e delle OP), spingerle in ogni modo a coordinarsi e a darsi obiettivi politici, di potere (cioè consolidare e rafforzare le OO e le OP). “Tutto il potere ai soviet!”, “i soviet devono prendere il potere!” diceva Lenin nella primavera e nell’estate del 1917. “Noi comunisti non ci opporremo e anzi rispetteremo e sosterremo un governo formato dai soviet. Noi comunisti oggi non esigiamo un governo comunista. Riconosciamo che la classe operaia e le masse popolari non sono ancora pronte per un governo comunista. Sono ben lungi dal riconoscere nell’instaurazione del socialismo la loro unica via di salvezza, di

volerla con tutte le loro forze e a ogni costo. È però evidente alle masse popolari e in particolare ai loro elementi più avanzati che solo un governo costituito dai soviet e che quindi goda della fiducia e dell’appoggio della stragrande maggioranza delle masse popolari, della parte più attiva, più onesta, più responsabile e sana delle masse popolari può trarre il paese dal marasma in cui le classi dominanti l’hanno portata”. Ovviamente nel frattempo e contemporaneamente Lenin e i suoi lavoravano per allargare e rafforzare l’influenza del partito comunista tra gli operai, i soldati e i contadini poveri (gli intellettuali sarebbero seguiti) e i suoi legami ideali e organizzativi. La loro propaganda e il resto della loro azione mostravano che essi erano i fautori più decisi e sicuri delle misure di cui le masse popolari avevano bisogno e che il loro programma le inquadrava in un contesto in cui esse diventavano possibili e compatibili.

La nostra propaganda deve fare questo lavoro. Non dire che bisogna fare questo lavoro: questo lo si scrive nelle circolari dirette agli organismi del partito e lo si dice e spiega nelle riunioni di partito, ai militanti, ai propagandisti. Ma nella nostra azione di massa, nel nostro lavoro esterno dobbiamo promuovere esattamente questo. Noi siamo sicuri che l’esperienza del GBP porterà le masse a capire che devono instaurare il socialismo, di cui noi avremo fatto capire meglio che è il contesto necessario per attuare quello che vogliono.

Non siamo noi comunisti che faremo il governo di blocco popolare. Lenin non diceva “costruiamo noi comunisti il potere dei soviet”. Diceva e propagandava che i soviet dovevano prendere il potere, che quella era l’unica via di salvezza, la via meno distruttiva e tormentosa per tirare il paese fuori dal baratro in cui le classi dominanti l’avevano gettato. Che non bastava, che serviva a poco o a nulla che i soviet votassero mozioni e avanzassero richieste al governo borghese, che rivendicassero questa o quella misura. Occorreva che formassero loro stessi il governo. Occorreva il governo dei soviet. I leninisti nei soviet e tra le masse ripetevano le stesse cose e le spiegavano. Spiegavano perché mai nessun governo costituito, sorretto e benedetto dalle classi dominanti poteva adottare le misure necessarie e spiegavano quali erano le misure necessarie. Per questo le masse si aggregavano sempre più attorno a Lenin e ai suoi. Per questo nei soviet cresceva l’influenza di Lenin e dei suoi. Per questo cresceva il numero dei membri del partito di Lenin. Per questo dove c’erano elezioni cresceva il numero dei leninisti che venivano eletti. Per questo in definitiva il governo dei soviet fu il governo del partito comunista.

 

La linea del governo di blocco popolare per sua natura unifica le masse popolari. Infatti rende fra loro compatibili misure che poste come rivendicazioni avanzate alle autorità borghesi sono invece tra loro contraddittorie e quindi dividono le masse popolari. Che si prestano ad essere usate per dividere le masse. Che certamente le autorità borghesi e i capitalisti useranno per dividere le masse. Che attuate una alla volta, di malavoglia da un governo benedetto dal Vaticano e formato da esponenti delle classi dominanti e funzionante grazie al loro appoggio, dividono le masse popolari, favoriscono astutamente la mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

 

Perché non indichiamo alla sinistra di ogni Organizzazione Operaia e di ogni Organizzazione Popolare come obiettivo immediato l’instaurazione del socialismo?

Perché oggi questa sinistra è lontana dalla volontà di instaurare il socialismo e anche dal concepire il socialismo come soluzione e tanto meno come unica soluzione della crisi in corso. Questa sinistra è lontana dall’essere aggregata attorno al Partito comunista, anzi in generale ci è ostile. Per la sua concezione del mondo è anticomunista.

Per capire realisticamente la situazione basta pensare al ruolo che ha avuto il nostro Partito nelle maggiori mobilitazioni di massa che la sinistra di cui parliamo ha promosso nei mesi che abbiamo alle spalle: dalla mobilitazione sindacale del 17 ottobre 2008 alla mobilitazione di solidarietà col popolo palestinese del 17 gennaio 2009. Un ruolo organizzativamente marginale, una presenza osteggiata e boicottata. Ma noi giustamente abbiamo dispiegato le nostre forze per appoggiare quelle iniziative, abbiamo fatto tutto quanto in nostro potere per assicurarne il successo, dopo aver propagandato la necessità, l’opportunità che gli organismi che effettivamente le hanno indette le indicessero. Qualcosa di analogo dobbiamo fare e facciamo anche per la costituzione di un governo di blocco popolare.

È sbagliato presentare la costituzione del governo di Blocco Popolare come un nostro obiettivo (come obiettivo di noi comunisti), come qualcosa che cerchiamo di costruire noi, come un’alternativa sia pure provvisoria dell’instaurazione del socialismo.

Non è principale il ruolo che il Partito avrà direttamente in simile governo. Importante è che le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari, quelle che già oggi godono di qualche sostegno e seguito tra gli operai e le masse popolari, quelle che oggi organizzano effettivamente operai e altre classi delle masse popolari, si convincano di costituire esse il governo e si diano da fare per costituirlo. Noi le appoggeremo e difenderemo con tutte le nostre forze.

L’instaurazione del socialismo diventa una parola d’ordine di azione politica immediata, un obiettivo politico realista per l’immediato, quando la rinascita del movimento comunista è arrivata ad un livello decisamente superiore all’attuale, cioè quando una parte importante delle Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni Popolari vogliono il socialismo, sono convinte che l’instaurazione del socialismo è l’unica via di salvezza e sono raggruppate attorno al Partito comunista. Finché non abbiamo realizzato questa condizione, la parola d’ordine dell’instaurazione del socialismo è una parola d’ordine per educare le masse popolari, in particolare gli elementi più avanzati delle masse popolari.

Beninteso, l’unica via di uscita definitiva dalla crisi generale del capitalismo è l’instaurazione del socialismo. Noi continueremo a dirlo, a proclamarlo e a spiegarlo alle masse popolari, in particolare agli elementi avanzati delle masse popolari. Verremmo meno al nostro compito e diventeremmo dei ciarlatani senza futuro se imbrogliassimo le masse popolari e assicurassimo loro che il governo di Blocco Popolare, un governo formato dalle Organizzazioni Operaie e dalla Organizzazioni Popolari, che gode della loro fiducia ed è sostenuto da esse, metterà definitivamente fine alla crisi generale del capitalismo. Mai avverrà la trasformazione delle OO e delle OP in organizzazioni che vogliono instaurare il socialismo e per questo si aggregano attorno al Partito comunista, se noi non indicassimo con chiarezza, costanza e fermezza che l’instaurazione del socialismo nel nostro paese è l’unica via per porre definitivamente fine alla crisi generale del capitalismo, che essa è possibile nonostante l’attuale coalizione a livello internazionale delle forze reazionarie e perché è possibile.

 

Molte imprese ci sembrano impossibili, non perché non siamo in grado di compierle, ma perché non osiamo pensare che sono possibili, che siamo capaci di compierle.

 

Può aver successo la parola d’ordine dell’instaurazione di un governo di blocco popolare?

Se il Partito conduce con forza e lungimiranza la campagna di creazione delle tre condizioni, impiegando a fondo il Nuovo Metodo di Lavoro, la campagna avrà successo. Se noi agitiamo e propagandiamo la parola d’ordine come si deve, come abbiamo incominciato a saper fare, impiegando le manovre tattiche che abbiamo incominciato a imparare a usare, essa farà la sua strada. Sarà raccolta dalla sinistra delle Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni Popolari. La destra delle OO e delle OP non potrà opporre validi argomenti e raccogliere consenso su di essi. Il successo di questa nostra parola d’ordine dipende in definitiva dal Partito, da noi. D’altra parte il successo di questa campagna sarà un balzo in avanti per il consolidamento e rafforzamento del Partito, per la rinascita del movimento comunista, per la creazione del Nuovo Potere. Creerà i presupposti per il passaggio della lotta di classe a un livello superiore. Avrà un effetto potente sulla rinascita del movimento comunista a livello internazionale.

 

Perché la nostra campagna può avere successo se da parte nostra ci impegniamo sfruttando a fondo i risultati della campagna per assimilare a un livello superiore il Materialismo Dialettico come concezione del mondo, come metodo per conoscere la realtà e come guida per trasformarla e i risultati della terza Lotta Ideologica Attiva? Perché le masse popolari hanno bisogno del governo di blocco popolare, non hanno altra alternativa ad esso che la mobilitazione reazionaria; perché le classi dominanti a proposito del governo di blocco popolare si divideranno.

 

1. Consideriamo il campo delle masse popolari. Un simile governo è una necessità per le masse popolari. Per esse è un passo

 avanti nella ricerca di una via per porre fine alla crisi. È la via meno dolorosa, meno distruttiva e più diretta per far fronte alla crisi. Parla ai lati positivi e costruttivi e all’esperienza più avanzata di lotta e di organizzazione della parte più attiva delle masse popolari e in particolare della classe operaia.

È vero, come hanno fatto osservare alcuni compagni, che “i referenti che abbiamo individuato (comitati di lotta e base rossa) in realtà sono economicisti e non hanno nessuna intenzione o possibilità, oggi, di seguirci nella costruzione del GBP”. Se fosse possibile solo quello che già esiste, il discorso sarebbe chiuso. Se la coscienza dell’uomo fosse solo conoscenza di quello che già esiste, l’umanità non potrebbe progredire e non avrebbe progredito.

Se i comitati di lotta e la base rossa avessero già l’intenzione (sulla possibilità ritorno tra un momento) di costituire un GBP, noi saremmo in ritardo, il problema sarebbe già più avanti di come noi lo poniamo oggi. Certamente non ne hanno alcuna intenzione, ma non hanno altra via di crescita. Se non imboccano questa strada, se continuano a fare “la sinistra della destra dell’aristocrazia operaia”, come ho già spiegato vanno ad esaurimento. La maggior parte dei membri e degli esponenti, in ogni caso quelli su cui dobbiamo fare affidamento, non sono aspiranti suicidi. I fatti hanno la testa dura. La nostra campagna per creare le tre condizioni, le nostre operazioni tattiche corroborate dalla loro esperienza diretta, faranno nascere l’intenzione che ancora non c’è. Gli uomini fanno cose che fino a un certo tempo prima neanche immaginavano.

Quanto alla possibilità, vale il detto che “molte imprese ci sembrano impossibili, non perché non siamo in grado di compierle, ma perché non osiamo pensare che sono possibili, che siamo capaci di compierle”. Che cosa potrebbe impedire alle OO e alle OP di instaurare esse un governo d’emergenza del paese, quando la crisi generale lo avrà devastato oltre ogni limite che noi riusciamo oggi a immaginare, ma che possiamo ben pensare, se manteniamo la testa fredda, se abbiamo un po’ di conoscenza storica e un po’ di conoscenza della composizione della società italiana e non ci arruoliamo nel branco di quelli che sono costretti a dire un giorno no e un giorno sì: “Mai avremmo immaginato che ...”? Lo potrebbe impedire solo la mobilitazione reazionaria delle masse popolari, se questa avrà camminato più veloce di noi e avrà svuotato e distrutto OO e OP. Ma non siamo ancora lì.

Quindi la costituzione di un governo d’emergenza da parte di Organizzazioni Operaie e di Organizzazioni Popolari non è affatto impossibile. È nel novero delle cose possibili, addirittura probabili se ci diamo da fare per realizzarla. Nel campo sociale, la coscienza che guida gli uomini, per la natura stessa del processo della trasformazione della società, non è solo coscienza di ciò che già esiste. È anche progetto, coscienza di ciò che può esistere, sogno. Quando si tratta di un sistema di relazioni sociali, la coscienza che guida e deve guidare gli uomini è coscienza di ciò di cui l’umanità intera o una parte di essa ha bisogno che esista, di ciò alla cui creazione quindi prima o poi essa si dedicherà con successo, perché gli uomini fanno la loro storia.

Noi oggi, ovviamente, non possiamo dimostrare che certamente vinceremo. Nelle scienze sociali la dimostrazione a priori non esiste. La domanda che dobbiamo porci per chiudere questo aspetto del discorso e orientarci in modo giusto, è: se la paralisi delle attività produttive persiste e si aggrava, hanno le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari altra strada oltre a quella che noi indichiamo o, in alternativa, sparire? La nostra linea si basa sulla forza della necessità.

 

2. Consideriamo ora il campo della borghesia imperialista. Le classi dominanti sono divise sulla via da prendere per far fronte alla fase terminale della crisi generale del loro sistema di relazioni sociali, in concreto non sanno che via prendere. Speculatori, finanzieri, banchieri e simili caporioni del sistema imperialista mondiale ora, dopo l’esplosione della fase terminale della crisi generale, sono al minimo del loro prestigio. Gli industriali strutturalmente dipendono da essi: ogni società industriale, da quelle di media grandezza in su, era diventata in larga misura dipendente dal suo settore finanziario. Perfino le vendite e il consumo delle masse popolari erano finiti nelle mani degli speculatori e della “finanza creativa” alla Tremonti. La crisi politica è grande, per non parlare della crisi culturale.

Certamente un governo d’emergenza costituito da OO e OP non è la massima aspirazione delle classi dominanti. Ma una parte di esse capisce bene che bisogna fare di necessità virtù. Quali alternative avranno se la paralisi delle attività economiche permane e si aggrava? La mobilitazione reazionaria con le incognite che buona parte delle classi dominanti del nostro paese non sottovaluta, specie dopo l’esperienza disastrosa (per loro) del fascismo. In particolare la mobilitazione reazionaria comporterebbe comunque la fine della Repubblica Pontificia. Il Vaticano e la Corte pontificia non potrebbero mantenere il ruolo che hanno avuto negli ultimi 60 anni. Il maggiore puntello internazionale delle classi dominanti italiane, i gruppi imperialisti USA, sono al tappeto: temibili, criminali, capaci di fare molti danni, ma non di rimettere in moto essi l’attività economica in Italia. Hanno ben altre gatte da pelare, a casa loro e all’estero.

Prima di imboccare con decisione la via della mobilitazione reazionaria per una parte delle classi dominanti, prima di rassegnarsi ad essa per un’altra parte, è certo che almeno una parte di esse giocherà la carta di condizionare dall’interno, strada facendo, un governo di blocco popolare che desse buone prospettive di riuscire a prendere in mano la situazione e sbloccare la paralisi delle attività economiche. Settanta anni fa, quando il fascismo crollò, partecipando alla Resistenza e ai CNL riuscirono a giocare il movimento comunista e a mantenere il potere. Il gioco allora ad esse riuscì nonostante la forza del Partito comunista italiano, del movimento comunista del nostro paese e del movimento comunista internazionale (Unione Sovietica e rivoluzione in corso in Cina). Perché dovrebbero pensare che il gioco non riuscirà un’altra volta? Quanto poi a se riuscirà o meno, questa sarà una partita che anche noi comunisti dovremo ancora giocare. Certo, i nostri dogmatici gridano già alla deviazione di destra: spieghiamo e rispieghiamo e poi lasciamo che gli irriducibili e gli imbecilli gridino! Chi non risica, non rosica. Avremo tante più possibilità di vincere la partita noi domani, quanto meglio giochiamo le nostre carte oggi, nella partita per portare le OO e le OP a costituire un governo d’emergenza.

Come si costituirà, come si imporrà un governo di emergenza formato dalle OO e dalle OP?

Dipenderà da come si svilupperà la lotta per costituirlo, dagli schieramenti che nel corso di queste lotte si determineranno nel paese, dalle circostanze economiche e politiche internazionali e da altri fattori. È impossibile fare oggi previsioni. In tempi eccezionali, avvengono cose che non avvengono in tempi normali. Credete che il blocco delle attività produttive, il fermento popolare, la disgregazione della società non abbiano alcun effetto sulle forze armate, sul clero, sull’amministrazione pubblica? Già Berlusconi ci ha fatto il servizio di ridurre il Parlamento a un “aggregato di vecchi e di zoccole”, per dirla con Beppe Grillo e le elezioni a una scelta di accoliti, leccapiedi e veline. Credete proprio che gente che ha accettato tutto questo, farà lo schizzinoso se sarà convinto che non c’è via migliore del governo di blocco popolare? La loro corruzione e il loro abbrutimento diventeranno porta aperta per una soluzione d’emergenza che si imponga con la forza dell’urgenza e della necessità. La paura fa novanta! Di certo che battendoci energicamente per la costituzione di un governo di blocco popolare, chi si batterà energicamente per la costituzione di un governo di blocco popolare, sarà nelle condizioni migliori per approfittare delle vie e delle combinazioni che si presenteranno per arrivare all’obiettivo. Solo dei legalitaristi cretini credono che le soluzioni d’emergenza avvengano secondo canoni e codici prefissati. Se una soluzione è necessaria, si trova sempre il modo di farla passare. Un governo di blocco popolare sarà un governo se le forze armate e la pubblica amministrazione volentieri o malvolentieri obbediranno ai suoi ordini. Poi vedremo!

 

Perché la nostra linea del governo di blocco popolare ha fatto scandalo ed è stata interpretata come linea di destra, come deviazione di destra?

Da una parte perché la proposta che nella situazione creata dall’esplosione della fase terminale della crisi generale le OO e le OP costituiscano un governo d’emergenza è giusta solo nell’ambito della strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata.

Dall’altra perché obbliga chi l’adotta a fare un passo avanti nel legare la pratica con la teoria, a rompere con l’abitudine, la routine, il burocratismo, il liberalismo e il quieto vivere. Non consente di rifugiarsi nel dogmatismo, nell’accettazione formale della nostra concezione e della nostra linea, nella ripetizione di formule ed esortazioni. Non è un caso che i transfughi della terza LIA, che hanno come caratteristica sostanziale il rifiuto del Nuovo Metodo di Lavoro che implica e comporta di legare la pratica con la nostra teoria, si rifugiano dietro la tesi che la linea del GBP sarebbe una linea di destra.

Qui di seguito non ci occuperemo di questo secondo tipo di obiettori. La loro obiezione è strumentale e non vale la pena occuparcene più di tanto. È invece proficuo occuparci del primo tipo di obiettori.

 

Chi, pur dichiarandosi comunista, non opera secondo la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata o comunque non ha capito cosa significa, o non accetta e tanto meno concepisce la nostra parola d’ordine del GBP o, se la accetta, ne dà un’interpretazione di destra.

 

Bisogna sognare!

 

Noi comunisti dobbiamo avere un progetto. Basta con le lotte che si succedono l’una all’altra, ognuna in risposta alle mosse della borghesia, del clero o di altre classi dominanti. L’autonomia della classe operaie e delle masse popolari dalla borghesia implica che esse si muovano in base a un progetto proprio e così obblighino la borghesia, il clero e il resto delle classi dominanti a “correre dietro alla rivoluzione”, a doversene difendere.

Solo il partito comunista può elaborare, mettere in pratica, verificare e portare alla vittoria il progetto dell’emancipazione delle masse popolari dalla borghesia, il progetto della rivoluzione socialista.

La tattica processo, la tattica fatta di campagne, battaglie, operazioni senza legame tra loro, lanciate senza scorgere e far valere consapevolmente un legame tra loro, è la prassi e nei casi peggiori anche la concezione degli spontaneisti e degli opportunisti.

Progettare la rivoluzione, organizzare la rivoluzione, costruire la rivoluzione: questa è la concezione e la linea che già un secolo fa Lenin introdusse nel movimento comunista come elemento consapevole, facendole valere contro spontaneisti e opportunisti, contro i sostenitori della concezione della tattica processo. Secondo loro “la tattica è il processo di sviluppo degli obiettivi che si sviluppano insieme con il partito stesso”.

Noi diciamo oggi: ogni lotta deve raccogliere e valorizzare i presupposti, le condizioni e le forze create dalle lotte già condotte. A sua volta deve creare i presupposti, le condizioni e le forze per una lotta di livello superiore. Questa è la condizione a cui deve soddisfare ogni lotta che vale la pena condurre.

Ecco come Lenin nel 1902 caratterizzava il progetto per la rivoluzione di nuova democrazia in Russia che egli aveva “elaborato a tavolino”, proponeva ai suoi compagni e faceva valere criticando gli oppositori (dal Che fare?, in Opere vol. 5).

 

E se noi riuscissimo ad ottenere che tutti o la maggior parte dei comitati, gruppi e circoli locali si unissero attivamente nell’opera comune, potremmo in breve tempo organizzare un settimanale regolare, diffuso a decine di migliaia di copie in tutta la Russia. Un giornale simile sarebbe una piccola parte di un gigantesco mantice, capace di attizzare ogni scintilla della lotta di classe e dell’indignazione popolare per farne divampare un immenso incendio. Intorno a quest’opera ancora semplice e minuta, ma regolare e veramente collettiva, si recluterebbe sistematicamente e addestrerebbe un esercito permanente di combattenti provati. Sulle impalcature o sui cavalletti di questo cantiere organizzativo comune vedremmo sorgere dalle file dei nostri rivoluzionari dei Geliabov socialdemocratici, dalle file dei nostri operai dei Bebel russi che, alla testa di quell’esercito mobilitato, solleverebbero tutto il popolo contro la vergogna e la maledizione della Russia.

Ecco che cosa bisogna sognare!

 

“Bisogna sognare!”. Scrivendo queste parole sono stato preso dalla paura. Mi è sembrato di trovarmi al Congresso di unificazione e di avere in faccia a me i redattori ed i collaboratori del Raboceie Dielo. Ed ecco il compagno Martynov alzarsi ed esclamare minacciosamente: “Scusate! Una redazione autonoma ha il diritto di ‘sognare’ senza l’autorizzazione preventiva dei comitati del partito?”.

Poi si alza il compagno Kricevski, il quale (approfondendo filosoficamente il compagno Martynov che ha da molto tempo approfondito il compagno Plekhanov) continua ancora più minaccioso:

“Dirò di più. Vi domando: ha un marxista il diritto di sognare se non ha dimenticato che, secondo Marx, l’umanità si pone sempre degli obiettivi realizzabili e che la tattica è il processo di sviluppo degli obiettivi che si sviluppano insieme con il partito stesso?”.

La sola idea di queste domande minacciose mi fa venire la pelle d’oca, e non penso che a trovare un nascondiglio.

Cerchiamo di nasconderci dietro Pisariev (da I luoghi comuni di un pensiero immaturo di Dimitri I. Pisariev 1840 - 1868).

“C’è contrasto e contrasto – scriveva Pisariev a proposito del contrasto fra il sogno e la realtà. – Il mio sogno può precorrere il corso naturale degli avvenimenti, ma anche deviare in una direzione verso la quale il corso naturale degli avvenimenti non può mai condurre. Nella prima ipotesi, non reca alcun danno. Anzi, può incoraggiare e rafforzare l’energia del lavoratore... In quei sogni non c’è nulla che possa pervertire o paralizzare la forza operaia; tutt’al contrario. Se l’uomo fosse completamente sprovvisto della facoltà di sognare in tal maniera, se non sapesse ogni tanto andare oltre il presente e contemplare con l’immaginazione il quadro compiuto dell’opera che è abbozzata dalle sue mani, quale impulso, mi domando, l’indurrebbe a cominciare e a condurre a termine grandi e faticosi lavori nell’arte, nella scienza e nella vita pratica?... Il contrasto tra il sogno e la realtà non è affatto dannoso se chi sogna crede sul serio al suo sogno, se osserva attentamente la realtà, se confronta le sue osservazioni con le sue fantasticherie, se, in una parola, lavora coscienziosamente per attuare il suo sogno. Quando vi è un contatto tra il sogno e la vita, tutto va per il meglio.”

Di sogni di questo genere ve ne sono disgraziatamente troppo pochi nel nostro movimento. E ne hanno colpa soprattutto i rappresentanti della critica legale e del “codismo” illegale, che fanno pompa della loro ponderatezza, del loro “senso del concreto”.”

 

 

La strategia delle GPRdiLD implica che il Partito comunista costruisce la rivoluzione socialista portando le masse popolari a compierla facendo un passo dopo l’altro. È il contrario della concezione secondo cui la rivoluzione socialista è un avvenimento che un giorno o l’altro scoppia. Sulla scorta dell’esperienza dei 160 anni di movimento comunista, noi sosteniamo che la rivoluzione socialista è un processo che le masse popolari compiono un passo dopo l’altro, che ogni passo contiene in sé i presupposti e le premesse e crea le condizioni che rendono possibile e necessario il passo successivo, che il passo successivo le masse popolari lo compiono solo se il Partito comunista continua a guidare e aprire la marcia, che in ogni fase il passo da compiere è quello di cui grazie al passo già compiuto esistono le premesse, le condizioni e la necessità. Ovviamente implica anche che in ogni fase il Partito comunista non si limiti a propagandare il passo, ma anche lo costruisca organizzativamente con le forze che dovranno compierlo.

Si tratta di un processo che come ogni processo non si svolge in modo casuale e arbitrario, ma secondo leggi sue proprie che è compito dei comunisti scoprire e applicare. Una di queste leggi, che l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ha mostrato e confermato, è che, a differenza di altri processi naturali e anche sociali, in generale la rivoluzione socialista gli uomini non possono compierla senza un certo livello di coscienza di quello che stanno facendo. È un processo sociale che gli uomini possono compiere solo sulla base di un progetto che è compito del Partito comunista elaborare e applicare.

“Un progetto?”, diranno scandalizzati alcuni lettori. Certamente! Un progetto, uno di quei famigerati “progetti elaborati a tavolino” che danno tanto fastidio e addirittura fanno venire l’orticaria agli opportunisti e a tutti i fautori del “navigare a vista” e, all’altro estremo (ma, come a volte avviene, gli estremi in questo caso si toccano), ai dogmatici. Certamente non si tratta di un progetto arbitrario, elaborato a caso. È un progetto conforme alle condizioni concrete, elaborato tenendo il conto più accurato di cui si è capaci delle condizioni concrete, ma un progetto.

Oggi da noi solo i reazionari hanno progetti, spesso fallimentari perché per loro natura non possono che elaborare progetti chiusi nell’orizzonte delle condizioni e della mentalità della loro classe che è in decadenza, sulla via del tramonto. Ma essi riescono egualmente a condurre il gioco (la destra borghese dirige e la sinistra borghese è al suo rimorchio), perché dalla parte delle masse popolari finora nessun progetto si è fatto valere. Per responsabilità dei dirigenti delle masse popolari.

Considerate la vicenda FIAT degli ultimi anni. Marchionne ha un progetto. Epifani no. Neanche Rinaldini ha un progetto. Si limitano a opporsi o a fingere di opporsi. Proprio per questo sono a rimorchio di Marchionne o di chi per lui. Per questo le lotte che essi guidano, se restano nelle loro mani, sono rituali e fallimentari, vanno ad esaurimento. “Ma da parte nostra non è possibile avere un progetto per la FIAT. Dovremmo avere un progetto per l’intera società!”. Proprio così, esatto! Marchionne essendo un borghese fa un progetto per la FIAT, per il capitale che egli amministra. E questo è uno dei punti deboli del suo progetto. Da parte delle masse popolari, che non sono un capitalista, un progetto per la FIAT è possibile solo nell’ambito di un progetto per l’intera società. Perché la FIAT è parte dell’intera società, è una componente di un’economia oramai per sua natura collettiva. È proprio quello che sosteniamo e dimostriamo noi comunisti (vedasi il Comunicato CP del 17 maggio 09). Ma senza progetto siete a rimorchio del progetto parziale e fallimentare, cioè borghese, di Marchionne! Ecco perché la concezione comunista è giusta e necessaria.

Ritornando alla rivoluzione socialista, una volta chiarito che è un processo, un cammino che si compie un passo dopo l’altro, in una successione definita dalla natura del processo stesso, è anche chiaro che ogni passo ha i suoi propri limiti, non è anche il passo successivo, tanto meno è l’intero processo. In una scala, un gradino bisogna salirlo per arrivare al successivo, ma non è ancora il successivo. La strategia della GPRdiLD insegna anche questo.

Chi non la condivide o non la capisce, se è di destra scambia ogni singolo passo per la fine del processo. Non vuole andare avanti, non capisce che bisogna andare avanti, che un passo senza il successivo non porta le masse popolari ad andare avanti, che se non passano al gradino superiore rotoleranno ancora in fondo alla scala, perché è una lotta in cui non ci si può fermare quando e dove si vuole. Non predispone le cose in vista del gradino successivo.

Chi non la condivide o non la capisce, se è “di sinistra”, cioè se è un dogmatico, rifiuta di fare il passo all’ordine del giorno, denuncia come rinunciatario e di destra chi compie e incita a compiere e si dà da fare per far compiere quel passo, perché ... si tratta solo di un passo, non è anche i passi successivi, non è tutto il percorso. Chi studia le critiche che negli ultimi mesi il Partito comunista rivoluzionario degli USA (e il suo presidente Bob Avakian in particolare) hanno mosso al Partito comunista del Nepal (maoista) vede esattamente questo: Avakian denuncia il PCN(m) perché ha fatto solo quello che ha fatto e giura che, quindi, il PCN(m) non vuole fare altro, non vuole andare oltre, non andrà oltre.

Avakian non capisce il senso di quello che fa il PCN(m), perché non ha la concezione della GPRdiLD. Avakian vede ogni mossa del PCN(m) come un cedimento, perché ogni mossa ha i suoi propri limiti. Per il PCN(m) ogni mossa è solo un gradino su cui sale per poi raggiungere il successivo. Per Avakian è la rinuncia a salire la scala. Può succedere che il PCN(m) ad un certo punto si fermi e che di conseguenza tutto quello che fino a quel punto ha costruito frani? Può succedere che la via che il PCN(m) segue, in concreto porti il PCN(m) e la rivoluzione in un vicolo cieco? Ambedue le cose possono entrambe succedere. In altri casi sono già successe cose analoghe. Ma non saranno le denunce di Avakian ad eliminare queste possibilità, a impedire che siano già o che diventino realtà. Solo chi assume la strategia della GPRdiLD e fa (è in condizione o si mette in condizione di fare) analisi concreta delle situazioni concrete, può fare ciò, indicando la linea giusta (contribuendo ad elaborare la linea giusta) e facendola valere con la lotta tra due linee.

Un ragionamento analogo vale di fronte alla nostra linea del GBP, come di fronte a ogni nostra singola campagna, battaglia e operazione tattica. I destri scambiano ognuna di esse per il tutto e quindi la deformano. I “sinistri” gridano alla deviazione di destra. È quello che si produce di fronte alla nostra linea di guidare le masse popolari a irrompere nel teatrino della lotta politica borghese (elezioni, campagne elettorali, Comitati Popolari di Controllo (CPC), ecc.: il secondo fronte del nostro Piano Generale di Lavoro). È istruttivo chiedere a questi “sinistri”: perché non dite la stessa cosa di fronte alla partecipazione alle lotte sindacali o alle altre lotte rivendicative? Forse che queste sono “la rivoluzione socialista”? Forse che queste non sono a volte servite alla sinistra borghese e alla destra del campo delle masse popolari per deviare il movimento?

In conclusione, la nostra linea del GBP ha fatto scandalo ed è stata interpretata come linea di destra, come deviazione di destra da chi non ha capito o non condivide la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. È di questo che dobbiamo quindi discutere con i nostri oppositori. Quale è secondo loro la strategia per compiere la rivoluzione socialista nel nostro paese?

 

Sono convinto che i compagni che rifletteranno sugli argomenti qui esposti, non solo concluderanno che abbiamo buone ragioni per sostenere la linea del governo di blocco popolare, ma troveranno nella realtà che conoscono nuovi argomenti e, cosa ancora più importanti, troveranno elementi che li porteranno ad applicare con creatività e iniziativa questa linea alla realtà particolare in cui operano, traducendo anche in questo campo il generale nel particolare e nel concreto di tempo e luogo. Con questo avranno anche elementi per rendere la nostra linea più ricca e più pratica, quindi più giusta e più fruttuosa.

Nicola P.