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Moltiplicare i Comitati di Partito e
migliorare il loro lavoro
Il Partito
comunista è sostanzialmente costituito dal suo Comitato
Centrale e da una rete di Comitati di Partito. Per quanto diffusi e
coltivati
dalla cultura corrente, restano sogni campati in aria, chiacchiere
vuote,
divagazioni e diversioni tutti i discorsi e i propositi di farla finita
col
capitalismo e instaurare il socialismo senza una salda rete di Comitati
di
Partito costituita dagli operai avanzati e dagli elementi più
avanzati delle
altre classi delle masse popolari. Una rete che animi e orienti tutta
l’opera
della massa più o meno organizzata di milioni di operai e di
elementi delle
altre classi delle masse popolari (che in Italia costituiscono il 90%
della
popolazione). La costituzione della rete dei Comitati di Partito
è il cuore
della rinascita del movimento comunista e della creazione del Nuovo
Potere che,
seguendo la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga
durata,
deve contrapporsi al potere della borghesia imperialista e del clero.
Proprio
perché tale rete non esiste ancora, il Partito oggi non indica
l’instaurazione del socialismo come misura che le masse popolari
organizzate
possono attuare nell’immediato di fronte al precipitare della crisi
generale
del capitalismo, ma indica la costituzione di un Governo di Blocco
Popolare
(GBP), un governo costituito dalle organizzazioni operaie e dalle
organizzazioni popolari che attui le misure d’emergenza necessarie per
far
fronte agli effetti più devastanti della crisi. Le
organizzazioni operaie e le
organizzazioni popolari devono costituire un governo d’emergenza:
questa è la
nostra principale parola d’ordine d’azione in questa fase: indica alle
masse
popolari quello che devono fare in questa fase. Invece l’instaurazione
del
socialismo è oggi la nostra principale parola d’ordine di
propaganda: prepara
tra le masse popolari il terreno per il passo successivo.
Moltiplicare il
numero dei Comitati di Partito e migliorare il loro
lavoro è un passaggio imprescindibile per instaurare il
socialismo nel nostro
paese e contribuire così alla nuova ondata della rivoluzione
proletaria che
avanza in tutto il mondo.
Il nuovo Partito
comunista finora 1. ha definito il bilancio
dell’esperienza storica del movimento comunista (dei 160 anni tra il
1848 e il
2008) e la concezione del mondo che noi comunisti deriviamo da essa, 2.
ha
elaborato dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione
proletaria la
strategia per instaurare il socialismo nel nostro paese (un paese
imperialista)
e marciare verso il comunismo, 3. ha tracciato a grandi linee la
tattica che i
comunisti devono seguire stante il corso degli avvenimenti (interni e
internazionali). Tutto questo è esposto nel Manifesto Programma
del Partito. Il suo studio è uno strumento importante per
chiunque vuole
diventare comunista.
Il
consolidamento e il rafforzamento del Comitato Centrale e la creazione
della rete dei Comitati di Partito è l’opera che ora ci attende.
Abbiamo posto
buone basi per compiere quest’opera. Il (n)PCI e la sua
carovana sono di gran lunga la più forte e più avanzata
organizzazione di
comunisti esistente nel nostro paese. Il prestigio di cui gode
già nel
movimento comunista internazionale è una conferma che abbiamo
fatto un buon lavoro.
La persecuzione accanita e molteplice e l’ostracismo con cui la
borghesia
imperialista, le sue Autorità e i personaggi, le organizzazioni
e gli ambienti
succubi della cultura borghese ostacolano il nostro lavoro è
un’altra conferma.
Le difficoltà che ognuno di noi incontra, lungi dallo
scoraggiarci, ci
confermano che siamo sulla buona strada. Mao ci ha insegnato: “Se il
nemico ci
attacca è un buon segno. Sarebbe un cattivo segno il contrario”.
Lo stesso vale
per le difficoltà che incontriamo: l’opera che i comunisti
stanno introducendo
nella storia dell’umanità è un salto tale, che è
irragionevole pensare di
poterla compiere senza difficoltà a livello personale e senza
rovesci e
sconfitte temporanee nel nostro lavoro.
Quanto a noi
comunisti, la nostra opera di instaurare il socialismo in
Italia e di eliminare a beneficio di tutta l’umanità il Papato e
la struttura
monarchico-feudale della sua Chiesa, nei prossimi mesi la porteremo
avanti nel
fuoco della lotta condotta per creare le tre condizioni necessarie
perché gli
operai e le masse popolari organizzate costituiscano il governo
d’emergenza (il
GBP) e pongano in opera le misure d’emergenza necessarie per evitare
gli
effetti più gravi della crisi.
Costruire la
rete dei CdP è un’impresa importante, è possibile ma
difficile. Quindi dobbiamo non scoraggiarci per le difficoltà
che incontriamo e
per gli errori che commettiamo nella costruzione di un CdP degno del
suo nome e
ancora più nella costruzione di una rete degna di questo nome,
saldata attorno
al Comitato Centrale del Partito. Per ogni compagno, costituire un CdP
o
diventarne membro non è qualcosa in più che fa nella sua
vita. È una
trasformazione radicale di se stesso: delle sue idee, dei suoi
comportamenti e
della sua personalità. Solo provando e riprovando verremo a capo
della nostra
opera.
Ogni CdP
è costituito da operai avanzati e da elementi avanzati delle
altre classi delle masse popolari che vogliono diventare comunisti, che
sono
decisi a tutto per diventare comunisti, che mettono questo obiettivo al
centro
delle loro aspirazioni, che attorno ad esso organizzano tutti gli altri
aspetti
della loro vita e ad esso li subordinano. Senza questo, l’adesione al
partito e
l’accettazione della strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di
Lunga Durata
e della settima discriminante (il carattere clandestino del Partito)
restano
vuote dichiarazioni di principio. La situazione che si è creata
nei paesi
imperialisti impone ai pionieri della nuova società una tale
determinazione.
Selezionare e formare una simile avanguardia è una condizione
indispensabile
per vincere. Senza una simile avanguardia ogni tentativo sarebbe
timidamente
condotto, quindi fallirebbe e diventerebbe un argomento in più
per
“terzomondisti” (quelli che sostengono che la rivoluzione la devono
fare nei
paesi arretrati), rassegnati, disfattisti e veri e propri nemici della
rivoluzione socialista. Esempio e punto di riferimento per noi è
la
determinazione con cui hanno combattuto i comunisti nostri predecessori
nella
guerra di Spagna, nella lotta contro il fascismo e nella Resistenza e
la
determinazione con cui combattono oggi i rivoluzionari di altri paesi,
in
particolare i comunisti già impegnati nella seconda fase della
guerra popolare
rivoluzionaria in Nepal, nelle Filippine, in India, in Perù, in
Turchia e in
altri paesi e i protagonisti della rivoluzione democratica dei popoli
arabi e
musulmani della Palestina, del Libano, dell’Iraq, dell’Afghanistan e di
altri
paesi arabi e musulmani che resistono all’aggressione imperialista.
Nel nostro paese
ci sono molti operai avanzati, uomini e donne,
probabilmente alcune centinaia di migliaia. È principalmente
grazie a loro che
nel nostro paese la classe operaia ha continuato e continua ad avere un
ruolo
importante nella via politica e culturale, nonostante l’opera
disfattista e
corruttrice dei revisionisti moderni supportata dalla borghesia
imperialista e
dal clero. Da tempo il Partito ha individuato quattro grandi categorie
di
operai avanzati e per ogni categoria ha indicato su quale aspetto noi
comunisti
dobbiamo far leva per conquistarli al comunismo o almeno per mostrare a
ognuno
di loro che egli può svolgere meglio e con maggiore successo
l’opera che già lo
appassiona, grazie alla concezione comunista del mondo, alla linea
generale del
partito e alla forza della coesione organizzativa propria del partito
che lega
la sua opera a quella degli altri operai avanzati del nostro paese e
del resto
del mondo.
Ma non tutti gli
operai avanzati di oggi diventeranno membri del partito
comunista. Sarebbe sbagliato pensare che la differenza tra loro e i
comunisti è
solo una questione organizzativa o di adesione di principio al
comunismo. La
trasformazione di un operaio avanzato in comunista presenta tre aspetti
distinti seppure collegati.
1. L’operaio
avanzato diventa comunista perché trasforma la sua
concezione del mondo. Rende sistematico e organico quello che oggi
esiste in
lui solo come insieme di elementi dispersi e sconnessi. Seleziona gli
elementi
che si ritrova, ne scarta alcuni, ne rafforza altri, ne acquisisce
altri ancora
e alla fine si trova con una concezione qualitativamente nuova: la
concezione
comunista del mondo.
2. L’operaio
avanzato diventa comunista perché impara a lavorare in un
collettivo, ad agire sempre più come membro responsabile di un
gruppo che anima
un movimento, a educare e a farsi educare, a ripartire il lavoro, a
condurre la
critica, l’autocritica e la trasformazione (CAT), a fare e condividere
progetti
e piani, a fare il bilancio, a lavorare con lungimiranza e
continuità, ad avere
fiducia nelle masse lavorando alla loro trasformazione, per far
diventare reale
quello che oggi nelle masse è solo potenziale, perché
mettano al servizio della
causa del comunismo quello che oggi spesso è ancora
strumentalizzato
addirittura dalla borghesia o dal clero.
3. L’operaio
avanzato diventa comunista perché impara a svolgere
professionalmente compiti e funzioni che esulano dal mestiere per cui
è pagato.
Compiti, funzioni e mestieri necessari al funzionamento del Partito, al
funzionamento delle organizzazioni di massa, alla mobilitazione delle
masse.
Compiti, funzioni e mestieri da cui normalmente la borghesia, il clero
e le
altre classi dominanti escludono accuratamente gli operai.
Posti di fronte
alla necessità di diventare comunisti, gli operai
avanzati (e il fenomeno è evidente se esaminiamo a fondo le FSRS
e le altre
organizzazioni in cui oggi molti degli operai avanzati lavorano e
l’evoluzione
che esse hanno compiuto in questi anni nella resistenza alla crisi del
capitalismo) si dividono e si stanno dividendo in due correnti:
1. quelli che
sono consapevoli che si diventa comunisti e sono disposti a
diventarlo, a trasformarsi, a dividere in due quello che sono, la
natura che
ognuno di noi ha ricevuto dalla sua storia e a contrapporre le due
parti e
sviluppare una nuova personalità. Questi non hanno paura di
riconoscere i
propri errori, di riconoscere i propri limiti, sono alla ricerca
continua (e
per sua natura dolorosa) della individuazione e della comprensione dei
propri
limiti e di cosa fare per superarli, sono grati a tutti quelli che con
le loro
critiche e con la loro condotta li aiutano a capire e a trasformarsi;
2. quelli che
pensano di poter fare il comunista restando come sono,
mantenendo integralmente le loro abitudini e le loro idee, di essere
già
comunisti, di essere soggetto e non anche oggetto della rivoluzione.
Sono
ancorati al loro passato e non vogliono dividerlo in due e mollare una
parte
per sviluppare l’altra. Usano gli errori e i limiti degli altri per
giustificare la loro resistenza a trasformarsi e progredire. Usano le
loro
buone azioni per giustificare e difendere i loro limiti di fronte ai
compiti
attuali. Usano i loro pregi e il loro ruolo sociale per difendere i
loro
limiti. Sono ancorati al passato, sono sulla difensiva, si sentono
oppressi
dalle critiche e dai compiti.
Quanto tempo ci
vorrà per creare una rete di Comitati di Partito tale
(per quantità e qualità) da diventare se non ancora
l’unica, almeno una
importante, decisiva forza dirigente degli operai? Noi non siamo in
grado di
dirlo. Dipenderà da vari fattori: dalla capacità di noi
che siamo già membri
del Partito, dalla forza del lascito della prima ondata della
rivoluzione
proletaria, dal corso e dall’impatto degli eventi. Ma sarà a
quel punto che il
metodo delle leve (1) che ora possiamo e dobbiamo seguire per
influenzare o
determinare il comportamento delle masse popolari incomincerà a
diventare
secondario e sempre più il Partito dirigerà in prima
persona gli operai e
attraverso loro il resto delle masse popolari nella lotta per fare del
nostro
paese un nuovo paese socialista e contribuire così alla seconda
ondata della
rivoluzione proletaria mondiale.
Oggi ogni
compagno che aderisce al Partito, che raccoglie l’appello del
Partito a formare (da solo o con i migliori compagni che può da
subito
raccogliere e che sono d’accordo a gettarsi nella stessa impresa) un
Comitato
di Partito, si trova immediatamente di fronte a due tipi di lavori.
Bisogna
distinguerli, capirli, pianificarli e attuarli.
1. Da una parte
un lavoro interno. Esso è volto a far funzionare il
Comitato (collegamento con il Centro, riunioni, risorse, ecc.) e a
migliorare
la formazione ideologica, politica e professionale dei suoi membri.
2. Dall’altra un
lavoro esterno, volto a stabilire e rafforzare
l’influenza del Partito nel campo delle masse popolari, ad elevare il
loro
livello organizzativo e la loro coscienza politica, a orientare la loro
lotta
contro la borghesia, la sua Repubblica Pontificia e le altre classi
dominanti
in conformità agli obiettivi della fase e a reclutare nuovi
membri.
Lavoro interno e
lavoro esterno costituiscono un’unità contraddittoria:
due componenti entrambi necessari del lavoro del Partito e di ogni CdP,
indispensabili l’uno all’altro e nello stesso tempo l’uno in
contraddizione con
l’altro: ognuno porta via tempo, energie e risorse all’altro. Tutto
ciò che
abbiamo capito sulla contraddizione in generale, si applica ed è
utile nella
gestione consapevole nel concreto della loro particolare unità
contraddittoria.(2)
In generale
possiamo dire che il lavoro esterno strategicamente è
l’elemento dirigente. Il lavoro esterno è in definitiva quello
in cui il
Partito realizza la sua ragion d’essere, il suo compito sociale.
È la misura
dei buoni risultati del lavoro interno. Il Partito esiste per condurre
la
rivoluzione socialista, non è un’associazione di sostegno
reciproco né di
perfezionamento per i suoi membri. Ma senza lavoro interno, il lavoro
esterno è
velleitario, è dispersione di forze, è inefficace. Il
lavoro interno è in
funzione di quello esterno. Il miglioramento della concezione dei
singoli
membri del CdP e dell’intero CdP, l’elevazione del metodo di lavoro dei
singoli
membri e dell’intero CdP sono in funzione dell’elevazione
dell’attività esterna
svolta dal CdP. La formazione e la CAT servono ad elevare la nostra
azione come
agenti trasformatori della realtà.
Quale dei due
sia principale e quale sia la relazione che concretamente
in un dato CdP bisogna stabilire tra i due (come distribuire tempo,
energie e
risorse tra i due), dipende dalla fase e dalla situazione concreta del
CdP.
Imparare a farlo bene è uno degli aspetti del consolidamento e
rafforzamento
dell’organismo e di chi lo dirige. Ogni CdP deve far tesoro
dell’esperienza del
Partito e del movimento comunista e il Centro deve dirigere con
chiarezza ed
energia ogni CdP perché impari a farlo sempre meglio.
Sottrarre tempo,
energie e risorse al lavoro esterno per dedicarsi al
lavoro interno è per molti compagni difficile. Lo spontaneismo e
l’attivismo
sono atteggiamenti diffusi. Spontaneamente (cioè agendo in base
alla mentalità
corrente) la generosità e la dedizione alla causa si riversano
nel moltiplicare
le attività, facendo quello che suggeriscono la pratica e la
cultura
predominanti (che oggi non emanano dal movimento comunista). A chi non
ha
chiaro in testa il progetto dell’impresa a cui siamo dediti o non ha
abbastanza
esperienza, il lavoro interno sembra uno spreco: lavoro a tavolino,
teoria,
ecc. intesi in termini di cose da perdigiorno. Ma chi non fa e non
impara a
fare il lavoro interno e non ne capisce l’importanza, non
diventerà mai un
comunista. Non c’è molto da dire al riguardo.
Quanto al lavoro
esterno, la pratica degli anni trascorsi hanno messo in
evidenza una serie di questioni su cui non solo la pratica in generale
è ancora
poco soddisfacente, ma anche la linea e la direzione del Partito sono
state e
sono tutt’ora incerte, con molte incoerenze, poco chiare. È la
ragione
principale della lentezza con cui avanza la costruzione
(quantità e qualità)
della rete dei CdP.
Due questioni
emergono sulle altre: 1. quale è il compito principale di
un CdP nel suo lavoro esterno? 2. quale è la relazione tra
lavoro clandestino e
lavoro pubblico?
1. Il compito
principale di ogni CdP nel suo lavoro esterno consiste 1.
nel tradurre la linea generale del Partito nel particolare della sua
zona di
attività e definirla in modo concreto (cioè in coerenza
con le circostanze di
tempo e di luogo, con le caratteristiche degli organismi e delle
persone con
cui momento per momento il CdP lavora), in breve nell’elaborare la
linea
particolare e concreta e 2. nell’attuarla.
L’elaborazione
della linea particolare e concreta costituisce la parte
più creativa, intellettualmente e moralmente, del lavoro esterno
di un CdP.
Quella che chi proviene dalle masse popolari non è abituato a
fare. Le classi
dominanti hanno tenuto e tengono accuratamente lontano gli oppressi e
gli
sfruttati dalle conoscenze e dalle abitudini necessarie per compiere
questo
lavoro, così come per secoli la Chiesa Cattolica ha cercato di
impedire che i
suoi fedeli sapessero leggere le Divine Scritture: cosa riservata al
clero. Per
diventare comunisti bisogna fare uno sforzo particolare per imparare a
fare
quello che le classi dominanti non vogliono che sfruttati e oppressi
sappiano
fare. Anche perché disponibile e capace di fare questo sforzo
particolare, il
comunista si distingue dal semplice proletario e proprio per questo
è un
elemento pericoloso per le classi dominanti. Quelli che si lamentano
per lo
sforzo che il partito chiede, devono quindi fare una scelta che
riguarda il
loro diventare o non diventare comunisti.
Il Partito ha
indicato a grandi linee, in termini validi per tutto il
nostro paese, quali sono le classi del campo delle masse popolari e
quali sono
le classi del campo della borghesia imperialista, quali le parti delle
masse
popolari sottoposte a doppia o triplice oppressione: donne, giovani,
immigrati,
minoranze di vario genere. A livello centrale il Partito non ha ancora
un piano
tattico completo, ma solo elementi di tattica. Tuttavia ha già
indicato quali
sono le tendenze e i movimenti principali della formazione
economico-sociale
del nostro paese e della Repubblica Pontificia che circa 60 anni fa ha
preso il
posto del fascismo. Quali sono le principali forze organizzate dei due
campi,
quali le caratteristiche e il ruolo sociale e politico di alcune di
loro. Il
Partito ha definito molte categorie elementari, astratte: destra
borghese e
sinistra borghese, sinceri democratici, forze intermedie, sindacati di
regime,
destra sindacale, sinistra sindacale, aristocrazia operaia, sindacati
di base
(alternativi), Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista, frammenti
in
libertà della sinistra borghese, base rossa della sinistra
borghese, comitati
di resistenza, sinistra-centro-destra, operai avanzati, elementi
avanzati delle
altre classi delle masse popolari, forze ausiliarie della rivoluzione,
forze
principali della rivoluzione, Stato, Repubblica Pontificia, istituzioni
pubbliche, istituzioni private, forze della repressione ufficiali e no,
clero
cattolico, altre religioni, associazioni di massa, ecc. Il Partito ha
inoltre
indicato in termini generali alcuni metodi di azione: linea di massa,
metodo
delle leve, irruzioni nel teatrino della politica borghese, ecc. Ogni
CdP trova
quindi un ricco bagaglio di categorie, di analisi e di indicazioni
generali di
lavoro.(3) Il CdP deve studiare tutto questo nel particolare della sua
zona
d’azione. Deve tradurre tutto ciò nel particolare e nel concreto
della sua zona
d’azione.(4)
Ogni zona ha una
sua propria composizione di classe, ha una sua storia di
lotta di classe, ha una sua determinata configurazione politica,
culturale e
sociale. Questo è particolarmente vero in Italia: un paese che
è unito solo da
circa 150 anni. All’inizio del suo lavoro, la società della sua
zona d’azione
appare al CdP come un insieme indistinto e caotico di individui, di
aggregati,
di idee, di comportamenti e di relazioni. Con l’analisi materialistica
dialettica il CdP ricostruirà passo dopo passo la sua zona
d’azione come un
concreto di pensiero. In questo i vari elementi che compongono la zona
appariranno ora ben definiti e legati l’uno all’altro da relazioni
anch’esse
ben definite.(5)
Questa
ricostruzione è un patrimonio di immenso valore per il Partito,
la
base per un lavoro politico scientifico, fruttuoso. Basti pensare
all’importanza che ha avuto per il movimento comunista la ricostruzione
che
Marx, con l’aiuto in particolare di Engels, ha fatto della
società borghese.
Quando in una zona si costituisce il CdP, questa ricostruzione è
quasi
interamente da compiere, il CdP parte quasi da zero, non esiste ancora
niente
di simile. Per alcuni CdP è un lavoro enorme, specie per alcuni
CdP intermedi.
Ovviamente non
si tratta di ricostruire prima la propria zona come un
concreto di pensiero e poi incominciare il proprio lavoro d’intervento
(prima
l’inchiesta completa sulla zona e poi l’azione). Con un simile
approccio non si
arriverebbe mai in porto. Si tratta di far tesoro di quello che i
membri del
CdP conoscono già, di metterlo insieme e di elaborarlo
servendosi della
concezione, delle categorie e della linea del Partito fino a fare una
ricostruzione parziale e monca della zona, di ricavare da questa
inchiesta
parziale una linea di intervento e di attuarla con l’obiettivo
principale di
migliorare l’inchiesta e di arricchire la ricostruzione. L’intervento
produrrà
nuove conoscenze che permetteranno di fare una ricostruzione più
ricca e di
ricavare una linea di intervento superiore. Ripetendo più volte
il processo, il
CdP arriverà al punto che la sua ricostruzione sarà
abbastanza ricca da portare
ad interventi efficaci. A quel punto sarà avvenuto un salto:
l’obiettivo
principale dell’intervento non sarà più migliorare
l’inchiesta, ma trasformare
la zona. Il miglioramento dell’inchiesta sarà diventato un
obiettivo
secondario.
Quindi
all’inizio della sua attività ogni CdP si deve dedicare con
molta
passione e intelligenza alla ricostruzione della sua zona d’azione e il
Centro
deve sostenerlo e dirigerlo. Una volta compiuta per l’essenziale questa
ricostruzione, poi si tratta di aggiornarla e arricchirla, oltre che
usarla: un
lavoro di gran lunga più semplice.
In conclusione
ogni CdP deve conoscere a fondo la sua zona (inchiesta),
definire le caratteristiche (profili) di classi, strati, forze
organizzate e
personaggi, definire la propria linea d’azione verso ognuno, attuarla,
fare il
bilancio dei risultati, definire una linea d’azione di livello
superiore,
attuarla e così via. Deve ripetere questo percorso più
volte, ogni volta
meglio, ad un livello superiore. Il Centro lo deve guidare in questo,
con
l’esperienza e gli insegnamenti che derivano dal bilancio
dell’esperienza di
tutti i CdP e dall’esperienza del movimento comunista.
2. Il nostro
Partito è clandestino. La settima discriminante è un
aspetto
essenziale della strategia per instaurare il socialismo in un paese
imperialista.(6) L’appartenenza al Partito, le riunioni delle istanze
di
Partito, le risorse e le relazioni del Partito devono essere protette
dal
controllo delle forze della repressione e in generale della borghesia.
D’altra
parte nel nostro paese oggi le classi oppresse conducono gran parte
della lotta
di classe con azioni pubbliche (riunioni, assemblee, proteste,
manifestazioni,
scioperi, elezioni, ecc.). Su ognuno dei 4 fronti di lotta considerati
nel
Piano Generale di Lavoro del Partito vi sono organizzazioni pubbliche
che si
giovano, per la loro attività, di quelle libertà
conquistate con la Resistenza
che la Repubblica Pontificia non ha ancora abolito. Alcune sono
addirittura
organizzazioni generate dal partito (OG) - come ad esempio quelle che
fanno
parte della “carovana del (n)PCI”. Una parte del lavoro esterno di ogni
CdP, in
attuazione della sua linea, consiste nell’orientare, condurre e
sviluppare il
lavoro di organizzazioni pubbliche. Di regola ogni membro di CdP
è anche membro
di organizzazioni pubbliche (organizzazioni sindacali, comitati di
resistenza,
comitati elettorali, ecc.) e ne promuove la costituzione. Il CdP deve
fare in
modo di aumentare l’influenza del Partito in ogni organizzazione
pubblica. In
particolare deve fare in modo che i membri del Partito siano elementi
d’avanguardia nella definizione della linea dell’organizzazione
pubblica di cui
fanno parte e nella sua attuazione.
Nell’attuale
fase il lavoro pubblico risucchia molti compagni e li porta
a trascurare il lavoro clandestino. Cosa che in definitiva va anche a
scapito
del livello del lavoro pubblico e della sua efficacia. Anche lavoro
pubblico e
lavoro clandestino costituiscono una unità di opposti. Ogni CdP
deve dirigere
per ogni suo membro la relazione tra i due. Deve dirigerlo nel
distribuire tra
i due tempo, energie e risorse, in relazione alle condizioni concrete,
in modo
da rendere la sua attività più efficace ai fini della
rinascita del movimento
comunista e degli altri obiettivi del Partito. Imparare a farlo bene
è uno
degli aspetti del consolidamento e rafforzamento del CdP. Ogni CdP deve
far
tesoro dell’esperienza del Partito e del movimento comunista e il
Centro deve
dirigere con chiarezza ed energia ogni CdP perché impari a farlo
sempre meglio.
Ogni CdP che
adotta con dedizione e intelligenza queste indicazioni,
certamente avanzerà nella sua costruzione e il Centro
imparerà a sostenerlo con
sempre maggiore efficacia. Da parte del Centro in questa fase è
essenziale che
abbia una visione d’assieme della costruzione della rete dei CdP nella
situazione concreta del paese e che faccia tesoro dell’esperienza di
tutti i
CdP per elaborare una linea chiara di costruzione. Ma è
necessario che nello
stesso tempo diriga ogni CdP adattandosi al livello di costruzione che
il
Comitato ha raggiunto e tenendo accuratamente conto della situazione
particolare e concreta del Comitato.
La nostra
impresa è difficile ma possibile. Infatti è un anello
indispensabile del percorso che trasformerà la società.
Provando e riprovando,
con generosità e intelligenza, facendo tesoro dell’esperienza
raggiungeremo
certamente il nostro obiettivo.
Nicola P.
Note
1. Il metodo
delle leve è illustrato nell’articolo Guerra Popolare di
Lunga Durata e Governo di Blocco Popolare di Claudio C. in questo
numero
della rivista e nell’articolo Il metodo delle leve a pagg.
47-50.
2. Il testo
fondamentale è Sulla contraddizione di Mao in Opere
vol. 5 e in Problemi di metodo 2 (Edizioni Rapporti
Sociali).
3. Per trovare
in La Voce le categorie indicate, conviene servirsi
dell’Indice analitico della rivista (reperibile sul Sito), dell’Indice
analitico del Manifesto Programma (allegato al testo
del MP) e dell’elenco
dei principali articoli che La Voce ha dedicato ai CdP,
riportato nella
manchette La Voce sui Comitati di Partito di pag. 43 di questo
numero
della rivista.
4. Zona
d’azione: ogni CdP deve definire chiaramente la sua zona
d’azione, pur non trascurando eventuali occasioni per promuovere la
costruzione
o l’influenza del Partito, per stabilire relazioni al di là
della sua zona. La
definizione della zona d’azione è connessa con la distinzione e
combinazione di
CdP di base (hanno una zona d’azione unitaria, che ai fini dell’azione
del
Partito non conviene suddividere ulteriormente) e di CdP intermedi
(hanno una
zona d’azione che ai fini dell’azione del Partito conviene suddividere
in zone
minori man mano che crescono i membri del Partito, pur mantenendo
eventualmente
una direzione unitaria dell’azione del Partito relativa alla zona
intera).
5. Vedasi Cosa
intendiamo per analisi materialista dialettica della
situazione? di Nicola P. in Problemi di metodo 1
(Edizioni
Rapporti Sociali). Vedere anche Il metodo dell’economia politica
di Marx
(Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica in
Opere
complete, Editori Riuniti 1986, pagg. 33-41)). L’importanza enorme
che ha
avuto per il movimento comunista la ricostruzione che Marx con l’aiuto
in
particolare di Engels ha fatto della società capitalista fa
capire quanto sia
importante, ai fini politici, la ricostruzione come concreto di
pensiero di una
società: dei componenti e delle relative relazioni che la
costituiscono. Il
concreto è concreto perché è sintesi di molte
determinazioni, dunque unità di
ciò che è molteplice. Per un’azione scientifica di
trasformazione è di enorme
importanza conoscere le singole determinazioni (le principali) di una
concreta
zona e le relazioni tra loro.
6. Vedasi La
Voce n. 1 (marzo 1999), l’articolo Quale partito
comunista? pagg. 17-52. Vedasi Manifesto
Programma cap. 3.4. pag. 208.
La Voce 1
- 1999: quale passo verso il partito
pag. 3-15
- CP del congresso di fondazione
pag. 5-6
- Che fare? pag. 9
La Voce 2
- La preparazione del congresso.
pag. 37-38
La Voce 3
- Piano in due punti pag. 17
- Sul partito pag. 27-29
La Voce 4
- A un anno dalla costituzione della
CP pag. 3-4
- Costruire l’organizzazione del
partito pag. 5-7
La Voce 5
- Intossicazione e politica
rivoluzionaria pag. 31-34
La Voce 7
- Mobilitare i lavoratori avanzati
pag. 3-8
La Voce 8
- Il lavoro dei comitati di partito
pag. 13-15
- La nuova vita dei membri del
partito pag. 16-20
La Voce 9
- Un passo avanti verso il congresso
pag. 3-11
La Voce 10
- Per un vero partito comunista pag.
5-9
La Voce 12
- I CdP e gli operai avanzati pag.
3-5
La Voce 13
- CdP e centralismo democratico pag.
45-59
La Voce 15
- Trasformiamo gli attacchi ... pag.
3-5
- L’organizzazione del partito
comunista pag. 25-29
La Voce 16
- Costituire comitati clandestini
pag. 7-12
La Voce 17
- Ancora sui Comitati di Partito
pag. 9-13
La Voce 18
- Risoluzione della CP allargata
pag. 3-10
La Voce 19
- Piccole istruzioni ai Comitati di
Partito pag. 7
- Il lavoro pubblico del partito
clandestino pag. 22-25
La Voce 21
- Trasformare ogni sconfitta in
vittoria. pag.
9-20
- Il lavoro del Partito in campo
sindacale pag. 32-44
La Voce 24
- Ancora sulla costruzione del
Partito pag. 19-20
La Voce 26
- L’opera che i comunisti italiani
... pag. 3-15
La Voce 27
- A tre anni dall’ottobre 2004 pag.
3-9
La Voce 28
- Consigli per la stesura dei
rapporti pag.20-22
La Voce 29
- Il nostro compito principale ...
pag. 24-33
- Perché i comunisti devono
studiare pag. 40-44
La Voce 30
- A quattro anni dall’ottobre 2003
pag. 3-11
- Applicare
sistematicamente ... pag. 40-42