Ritorna all'indice de La Voce 31 /-/ Ritorna all'indice completo dei numeri de La Voce


Moltiplicare i Comitati di Partito e migliorare il loro lavoro

Il Partito comunista è sostanzialmente costituito dal suo Comitato Centrale e da una rete di Comitati di Partito. Per quanto diffusi e coltivati dalla cultura corrente, restano sogni campati in aria, chiacchiere vuote, divagazioni e diversioni tutti i discorsi e i propositi di farla finita col capitalismo e instaurare il socialismo senza una salda rete di Comitati di Partito costituita dagli operai avanzati e dagli elementi più avanzati delle altre classi delle masse popolari. Una rete che animi e orienti tutta l’opera della massa più o meno organizzata di milioni di operai e di elementi delle altre classi delle masse popolari (che in Italia costituiscono il 90% della popolazione). La costituzione della rete dei Comitati di Partito è il cuore della rinascita del movimento comunista e della creazione del Nuovo Potere che, seguendo la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, deve contrapporsi al potere della borghesia imperialista e del clero.

Proprio perché tale rete non esiste ancora, il Partito oggi non indica l’instaurazione del socialismo come misura che le masse popolari organizzate possono attuare nell’immediato di fronte al precipitare della crisi generale del capitalismo, ma indica la costituzione di un Governo di Blocco Popolare (GBP), un governo costituito dalle organizzazioni operaie e dalle organizzazioni popolari che attui le misure d’emergenza necessarie per far fronte agli effetti più devastanti della crisi. Le organizzazioni operaie e le organizzazioni popolari devono costituire un governo d’emergenza: questa è la nostra principale parola d’ordine d’azione in questa fase: indica alle masse popolari quello che devono fare in questa fase. Invece l’instaurazione del socialismo è oggi la nostra principale parola d’ordine di propaganda: prepara tra le masse popolari il terreno per il passo successivo.

Moltiplicare il numero dei Comitati di Partito e migliorare il loro lavoro è un passaggio imprescindibile per instaurare il socialismo nel nostro paese e contribuire così alla nuova ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.

Il nuovo Partito comunista finora 1. ha definito il bilancio dell’esperienza storica del movimento comunista (dei 160 anni tra il 1848 e il 2008) e la concezione del mondo che noi comunisti deriviamo da essa, 2. ha elaborato dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria la strategia per instaurare il socialismo nel nostro paese (un paese imperialista) e marciare verso il comunismo, 3. ha tracciato a grandi linee la tattica che i comunisti devono seguire stante il corso degli avvenimenti (interni e internazionali). Tutto questo è esposto nel Manifesto Programma del Partito. Il suo studio è uno strumento importante per chiunque vuole diventare comunista.

 

Il consolidamento e il rafforzamento del Comitato Centrale e la creazione della rete dei Comitati di Partito è l’opera che ora ci attende.

Abbiamo posto buone basi per compiere quest’opera. Il (n)PCI e la sua carovana sono di gran lunga la più forte e più avanzata organizzazione di comunisti esistente nel nostro paese. Il prestigio di cui gode già nel movimento comunista internazionale è una conferma che abbiamo fatto un buon lavoro. La persecuzione accanita e molteplice e l’ostracismo con cui la borghesia imperialista, le sue Autorità e i personaggi, le organizzazioni e gli ambienti succubi della cultura borghese ostacolano il nostro lavoro è un’altra conferma. Le difficoltà che ognuno di noi incontra, lungi dallo scoraggiarci, ci confermano che siamo sulla buona strada. Mao ci ha insegnato: “Se il nemico ci attacca è un buon segno. Sarebbe un cattivo segno il contrario”. Lo stesso vale per le difficoltà che incontriamo: l’opera che i comunisti stanno introducendo nella storia dell’umanità è un salto tale, che è irragionevole pensare di poterla compiere senza difficoltà a livello personale e senza rovesci e sconfitte temporanee nel nostro lavoro.

Quanto a noi comunisti, la nostra opera di instaurare il socialismo in Italia e di eliminare a beneficio di tutta l’umanità il Papato e la struttura monarchico-feudale della sua Chiesa, nei prossimi mesi la porteremo avanti nel fuoco della lotta condotta per creare le tre condizioni necessarie perché gli operai e le masse popolari organizzate costituiscano il governo d’emergenza (il GBP) e pongano in opera le misure d’emergenza necessarie per evitare gli effetti più gravi della crisi.

 

Costruire la rete dei CdP è un’impresa importante, è possibile ma difficile. Quindi dobbiamo non scoraggiarci per le difficoltà che incontriamo e per gli errori che commettiamo nella costruzione di un CdP degno del suo nome e ancora più nella costruzione di una rete degna di questo nome, saldata attorno al Comitato Centrale del Partito. Per ogni compagno, costituire un CdP o diventarne membro non è qualcosa in più che fa nella sua vita. È una trasformazione radicale di se stesso: delle sue idee, dei suoi comportamenti e della sua personalità. Solo provando e riprovando verremo a capo della nostra opera.

Ogni CdP è costituito da operai avanzati e da elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari che vogliono diventare comunisti, che sono decisi a tutto per diventare comunisti, che mettono questo obiettivo al centro delle loro aspirazioni, che attorno ad esso organizzano tutti gli altri aspetti della loro vita e ad esso li subordinano. Senza questo, l’adesione al partito e l’accettazione della strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata e della settima discriminante (il carattere clandestino del Partito) restano vuote dichiarazioni di principio. La situazione che si è creata nei paesi imperialisti impone ai pionieri della nuova società una tale determinazione. Selezionare e formare una simile avanguardia è una condizione indispensabile per vincere. Senza una simile avanguardia ogni tentativo sarebbe timidamente condotto, quindi fallirebbe e diventerebbe un argomento in più per “terzomondisti” (quelli che sostengono che la rivoluzione la devono fare nei paesi arretrati), rassegnati, disfattisti e veri e propri nemici della rivoluzione socialista. Esempio e punto di riferimento per noi è la determinazione con cui hanno combattuto i comunisti nostri predecessori nella guerra di Spagna, nella lotta contro il fascismo e nella Resistenza e la determinazione con cui combattono oggi i rivoluzionari di altri paesi, in particolare i comunisti già impegnati nella seconda fase della guerra popolare rivoluzionaria in Nepal, nelle Filippine, in India, in Perù, in Turchia e in altri paesi e i protagonisti della rivoluzione democratica dei popoli arabi e musulmani della Palestina, del Libano, dell’Iraq, dell’Afghanistan e di altri paesi arabi e musulmani che resistono all’aggressione imperialista.

Nel nostro paese ci sono molti operai avanzati, uomini e donne, probabilmente alcune centinaia di migliaia. È principalmente grazie a loro che nel nostro paese la classe operaia ha continuato e continua ad avere un ruolo importante nella via politica e culturale, nonostante l’opera disfattista e corruttrice dei revisionisti moderni supportata dalla borghesia imperialista e dal clero. Da tempo il Partito ha individuato quattro grandi categorie di operai avanzati e per ogni categoria ha indicato su quale aspetto noi comunisti dobbiamo far leva per conquistarli al comunismo o almeno per mostrare a ognuno di loro che egli può svolgere meglio e con maggiore successo l’opera che già lo appassiona, grazie alla concezione comunista del mondo, alla linea generale del partito e alla forza della coesione organizzativa propria del partito che lega la sua opera a quella degli altri operai avanzati del nostro paese e del resto del mondo.

Ma non tutti gli operai avanzati di oggi diventeranno membri del partito comunista. Sarebbe sbagliato pensare che la differenza tra loro e i comunisti è solo una questione organizzativa o di adesione di principio al comunismo. La trasformazione di un operaio avanzato in comunista presenta tre aspetti distinti seppure collegati.

1. L’operaio avanzato diventa comunista perché trasforma la sua concezione del mondo. Rende sistematico e organico quello che oggi esiste in lui solo come insieme di elementi dispersi e sconnessi. Seleziona gli elementi che si ritrova, ne scarta alcuni, ne rafforza altri, ne acquisisce altri ancora e alla fine si trova con una concezione qualitativamente nuova: la concezione comunista del mondo.

2. L’operaio avanzato diventa comunista perché impara a lavorare in un collettivo, ad agire sempre più come membro responsabile di un gruppo che anima un movimento, a educare e a farsi educare, a ripartire il lavoro, a condurre la critica, l’autocritica e la trasformazione (CAT), a fare e condividere progetti e piani, a fare il bilancio, a lavorare con lungimiranza e continuità, ad avere fiducia nelle masse lavorando alla loro trasformazione, per far diventare reale quello che oggi nelle masse è solo potenziale, perché mettano al servizio della causa del comunismo quello che oggi spesso è ancora strumentalizzato addirittura dalla borghesia o dal clero.

3. L’operaio avanzato diventa comunista perché impara a svolgere professionalmente compiti e funzioni che esulano dal mestiere per cui è pagato. Compiti, funzioni e mestieri necessari al funzionamento del Partito, al funzionamento delle organizzazioni di massa, alla mobilitazione delle masse. Compiti, funzioni e mestieri da cui normalmente la borghesia, il clero e le altre classi dominanti escludono accuratamente gli operai.

Posti di fronte alla necessità di diventare comunisti, gli operai avanzati (e il fenomeno è evidente se esaminiamo a fondo le FSRS e le altre organizzazioni in cui oggi molti degli operai avanzati lavorano e l’evoluzione che esse hanno compiuto in questi anni nella resistenza alla crisi del capitalismo) si dividono e si stanno dividendo in due correnti:

1. quelli che sono consapevoli che si diventa comunisti e sono disposti a diventarlo, a trasformarsi, a dividere in due quello che sono, la natura che ognuno di noi ha ricevuto dalla sua storia e a contrapporre le due parti e sviluppare una nuova personalità. Questi non hanno paura di riconoscere i propri errori, di riconoscere i propri limiti, sono alla ricerca continua (e per sua natura dolorosa) della individuazione e della comprensione dei propri limiti e di cosa fare per superarli, sono grati a tutti quelli che con le loro critiche e con la loro condotta li aiutano a capire e a trasformarsi;

2. quelli che pensano di poter fare il comunista restando come sono, mantenendo integralmente le loro abitudini e le loro idee, di essere già comunisti, di essere soggetto e non anche oggetto della rivoluzione. Sono ancorati al loro passato e non vogliono dividerlo in due e mollare una parte per sviluppare l’altra. Usano gli errori e i limiti degli altri per giustificare la loro resistenza a trasformarsi e progredire. Usano le loro buone azioni per giustificare e difendere i loro limiti di fronte ai compiti attuali. Usano i loro pregi e il loro ruolo sociale per difendere i loro limiti. Sono ancorati al passato, sono sulla difensiva, si sentono oppressi dalle critiche e dai compiti.

Quanto tempo ci vorrà per creare una rete di Comitati di Partito tale (per quantità e qualità) da diventare se non ancora l’unica, almeno una importante, decisiva forza dirigente degli operai? Noi non siamo in grado di dirlo. Dipenderà da vari fattori: dalla capacità di noi che siamo già membri del Partito, dalla forza del lascito della prima ondata della rivoluzione proletaria, dal corso e dall’impatto degli eventi. Ma sarà a quel punto che il metodo delle leve (1) che ora possiamo e dobbiamo seguire per influenzare o determinare il comportamento delle masse popolari incomincerà a diventare secondario e sempre più il Partito dirigerà in prima persona gli operai e attraverso loro il resto delle masse popolari nella lotta per fare del nostro paese un nuovo paese socialista e contribuire così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria mondiale.

 

Oggi ogni compagno che aderisce al Partito, che raccoglie l’appello del Partito a formare (da solo o con i migliori compagni che può da subito raccogliere e che sono d’accordo a gettarsi nella stessa impresa) un Comitato di Partito, si trova immediatamente di fronte a due tipi di lavori. Bisogna distinguerli, capirli, pianificarli e attuarli.

1. Da una parte un lavoro interno. Esso è volto a far funzionare il Comitato (collegamento con il Centro, riunioni, risorse, ecc.) e a migliorare la formazione ideologica, politica e professionale dei suoi membri.

2. Dall’altra un lavoro esterno, volto a stabilire e rafforzare l’influenza del Partito nel campo delle masse popolari, ad elevare il loro livello organizzativo e la loro coscienza politica, a orientare la loro lotta contro la borghesia, la sua Repubblica Pontificia e le altre classi dominanti in conformità agli obiettivi della fase e a reclutare nuovi membri.

Lavoro interno e lavoro esterno costituiscono un’unità contraddittoria: due componenti entrambi necessari del lavoro del Partito e di ogni CdP, indispensabili l’uno all’altro e nello stesso tempo l’uno in contraddizione con l’altro: ognuno porta via tempo, energie e risorse all’altro. Tutto ciò che abbiamo capito sulla contraddizione in generale, si applica ed è utile nella gestione consapevole nel concreto della loro particolare unità contraddittoria.(2)

In generale possiamo dire che il lavoro esterno strategicamente è l’elemento dirigente. Il lavoro esterno è in definitiva quello in cui il Partito realizza la sua ragion d’essere, il suo compito sociale. È la misura dei buoni risultati del lavoro interno. Il Partito esiste per condurre la rivoluzione socialista, non è un’associazione di sostegno reciproco né di perfezionamento per i suoi membri. Ma senza lavoro interno, il lavoro esterno è velleitario, è dispersione di forze, è inefficace. Il lavoro interno è in funzione di quello esterno. Il miglioramento della concezione dei singoli membri del CdP e dell’intero CdP, l’elevazione del metodo di lavoro dei singoli membri e dell’intero CdP sono in funzione dell’elevazione dell’attività esterna svolta dal CdP. La formazione e la CAT servono ad elevare la nostra azione come agenti trasformatori della realtà.

 

Quale dei due sia principale e quale sia la relazione che concretamente in un dato CdP bisogna stabilire tra i due (come distribuire tempo, energie e risorse tra i due), dipende dalla fase e dalla situazione concreta del CdP. Imparare a farlo bene è uno degli aspetti del consolidamento e rafforzamento dell’organismo e di chi lo dirige. Ogni CdP deve far tesoro dell’esperienza del Partito e del movimento comunista e il Centro deve dirigere con chiarezza ed energia ogni CdP perché impari a farlo sempre meglio.

 

Sottrarre tempo, energie e risorse al lavoro esterno per dedicarsi al lavoro interno è per molti compagni difficile. Lo spontaneismo e l’attivismo sono atteggiamenti diffusi. Spontaneamente (cioè agendo in base alla mentalità corrente) la generosità e la dedizione alla causa si riversano nel moltiplicare le attività, facendo quello che suggeriscono la pratica e la cultura predominanti (che oggi non emanano dal movimento comunista). A chi non ha chiaro in testa il progetto dell’impresa a cui siamo dediti o non ha abbastanza esperienza, il lavoro interno sembra uno spreco: lavoro a tavolino, teoria, ecc. intesi in termini di cose da perdigiorno. Ma chi non fa e non impara a fare il lavoro interno e non ne capisce l’importanza, non diventerà mai un comunista. Non c’è molto da dire al riguardo.

Quanto al lavoro esterno, la pratica degli anni trascorsi hanno messo in evidenza una serie di questioni su cui non solo la pratica in generale è ancora poco soddisfacente, ma anche la linea e la direzione del Partito sono state e sono tutt’ora incerte, con molte incoerenze, poco chiare. È la ragione principale della lentezza con cui avanza la costruzione (quantità e qualità) della rete dei CdP.

Due questioni emergono sulle altre: 1. quale è il compito principale di un CdP nel suo lavoro esterno? 2. quale è la relazione tra lavoro clandestino e lavoro pubblico?

 

1. Il compito principale di ogni CdP nel suo lavoro esterno consiste 1. nel tradurre la linea generale del Partito nel particolare della sua zona di attività e definirla in modo concreto (cioè in coerenza con le circostanze di tempo e di luogo, con le caratteristiche degli organismi e delle persone con cui momento per momento il CdP lavora), in breve nell’elaborare la linea particolare e concreta e 2. nell’attuarla.

L’elaborazione della linea particolare e concreta costituisce la parte più creativa, intellettualmente e moralmente, del lavoro esterno di un CdP. Quella che chi proviene dalle masse popolari non è abituato a fare. Le classi dominanti hanno tenuto e tengono accuratamente lontano gli oppressi e gli sfruttati dalle conoscenze e dalle abitudini necessarie per compiere questo lavoro, così come per secoli la Chiesa Cattolica ha cercato di impedire che i suoi fedeli sapessero leggere le Divine Scritture: cosa riservata al clero. Per diventare comunisti bisogna fare uno sforzo particolare per imparare a fare quello che le classi dominanti non vogliono che sfruttati e oppressi sappiano fare. Anche perché disponibile e capace di fare questo sforzo particolare, il comunista si distingue dal semplice proletario e proprio per questo è un elemento pericoloso per le classi dominanti. Quelli che si lamentano per lo sforzo che il partito chiede, devono quindi fare una scelta che riguarda il loro diventare o non diventare comunisti.

 

Il Partito ha indicato a grandi linee, in termini validi per tutto il nostro paese, quali sono le classi del campo delle masse popolari e quali sono le classi del campo della borghesia imperialista, quali le parti delle masse popolari sottoposte a doppia o triplice oppressione: donne, giovani, immigrati, minoranze di vario genere. A livello centrale il Partito non ha ancora un piano tattico completo, ma solo elementi di tattica. Tuttavia ha già indicato quali sono le tendenze e i movimenti principali della formazione economico-sociale del nostro paese e della Repubblica Pontificia che circa 60 anni fa ha preso il posto del fascismo. Quali sono le principali forze organizzate dei due campi, quali le caratteristiche e il ruolo sociale e politico di alcune di loro. Il Partito ha definito molte categorie elementari, astratte: destra borghese e sinistra borghese, sinceri democratici, forze intermedie, sindacati di regime, destra sindacale, sinistra sindacale, aristocrazia operaia, sindacati di base (alternativi), Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista, frammenti in libertà della sinistra borghese, base rossa della sinistra borghese, comitati di resistenza, sinistra-centro-destra, operai avanzati, elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari, forze ausiliarie della rivoluzione, forze principali della rivoluzione, Stato, Repubblica Pontificia, istituzioni pubbliche, istituzioni private, forze della repressione ufficiali e no, clero cattolico, altre religioni, associazioni di massa, ecc. Il Partito ha inoltre indicato in termini generali alcuni metodi di azione: linea di massa, metodo delle leve, irruzioni nel teatrino della politica borghese, ecc. Ogni CdP trova quindi un ricco bagaglio di categorie, di analisi e di indicazioni generali di lavoro.(3) Il CdP deve studiare tutto questo nel particolare della sua zona d’azione. Deve tradurre tutto ciò nel particolare e nel concreto della sua zona d’azione.(4)

Ogni zona ha una sua propria composizione di classe, ha una sua storia di lotta di classe, ha una sua determinata configurazione politica, culturale e sociale. Questo è particolarmente vero in Italia: un paese che è unito solo da circa 150 anni. All’inizio del suo lavoro, la società della sua zona d’azione appare al CdP come un insieme indistinto e caotico di individui, di aggregati, di idee, di comportamenti e di relazioni. Con l’analisi materialistica dialettica il CdP ricostruirà passo dopo passo la sua zona d’azione come un concreto di pensiero. In questo i vari elementi che compongono la zona appariranno ora ben definiti e legati l’uno all’altro da relazioni anch’esse ben definite.(5)

Questa ricostruzione è un patrimonio di immenso valore per il Partito, la base per un lavoro politico scientifico, fruttuoso. Basti pensare all’importanza che ha avuto per il movimento comunista la ricostruzione che Marx, con l’aiuto in particolare di Engels, ha fatto della società borghese. Quando in una zona si costituisce il CdP, questa ricostruzione è quasi interamente da compiere, il CdP parte quasi da zero, non esiste ancora niente di simile. Per alcuni CdP è un lavoro enorme, specie per alcuni CdP intermedi.

Ovviamente non si tratta di ricostruire prima la propria zona come un concreto di pensiero e poi incominciare il proprio lavoro d’intervento (prima l’inchiesta completa sulla zona e poi l’azione). Con un simile approccio non si arriverebbe mai in porto. Si tratta di far tesoro di quello che i membri del CdP conoscono già, di metterlo insieme e di elaborarlo servendosi della concezione, delle categorie e della linea del Partito fino a fare una ricostruzione parziale e monca della zona, di ricavare da questa inchiesta parziale una linea di intervento e di attuarla con l’obiettivo principale di migliorare l’inchiesta e di arricchire la ricostruzione. L’intervento produrrà nuove conoscenze che permetteranno di fare una ricostruzione più ricca e di ricavare una linea di intervento superiore. Ripetendo più volte il processo, il CdP arriverà al punto che la sua ricostruzione sarà abbastanza ricca da portare ad interventi efficaci. A quel punto sarà avvenuto un salto: l’obiettivo principale dell’intervento non sarà più migliorare l’inchiesta, ma trasformare la zona. Il miglioramento dell’inchiesta sarà diventato un obiettivo secondario.

Quindi all’inizio della sua attività ogni CdP si deve dedicare con molta passione e intelligenza alla ricostruzione della sua zona d’azione e il Centro deve sostenerlo e dirigerlo. Una volta compiuta per l’essenziale questa ricostruzione, poi si tratta di aggiornarla e arricchirla, oltre che usarla: un lavoro di gran lunga più semplice.

In conclusione ogni CdP deve conoscere a fondo la sua zona (inchiesta), definire le caratteristiche (profili) di classi, strati, forze organizzate e personaggi, definire la propria linea d’azione verso ognuno, attuarla, fare il bilancio dei risultati, definire una linea d’azione di livello superiore, attuarla e così via. Deve ripetere questo percorso più volte, ogni volta meglio, ad un livello superiore. Il Centro lo deve guidare in questo, con l’esperienza e gli insegnamenti che derivano dal bilancio dell’esperienza di tutti i CdP e dall’esperienza del movimento comunista.

 

2. Il nostro Partito è clandestino. La settima discriminante è un aspetto essenziale della strategia per instaurare il socialismo in un paese imperialista.(6) L’appartenenza al Partito, le riunioni delle istanze di Partito, le risorse e le relazioni del Partito devono essere protette dal controllo delle forze della repressione e in generale della borghesia. D’altra parte nel nostro paese oggi le classi oppresse conducono gran parte della lotta di classe con azioni pubbliche (riunioni, assemblee, proteste, manifestazioni, scioperi, elezioni, ecc.). Su ognuno dei 4 fronti di lotta considerati nel Piano Generale di Lavoro del Partito vi sono organizzazioni pubbliche che si giovano, per la loro attività, di quelle libertà conquistate con la Resistenza che la Repubblica Pontificia non ha ancora abolito. Alcune sono addirittura organizzazioni generate dal partito (OG) - come ad esempio quelle che fanno parte della “carovana del (n)PCI”. Una parte del lavoro esterno di ogni CdP, in attuazione della sua linea, consiste nell’orientare, condurre e sviluppare il lavoro di organizzazioni pubbliche. Di regola ogni membro di CdP è anche membro di organizzazioni pubbliche (organizzazioni sindacali, comitati di resistenza, comitati elettorali, ecc.) e ne promuove la costituzione. Il CdP deve fare in modo di aumentare l’influenza del Partito in ogni organizzazione pubblica. In particolare deve fare in modo che i membri del Partito siano elementi d’avanguardia nella definizione della linea dell’organizzazione pubblica di cui fanno parte e nella sua attuazione.

Nell’attuale fase il lavoro pubblico risucchia molti compagni e li porta a trascurare il lavoro clandestino. Cosa che in definitiva va anche a scapito del livello del lavoro pubblico e della sua efficacia. Anche lavoro pubblico e lavoro clandestino costituiscono una unità di opposti. Ogni CdP deve dirigere per ogni suo membro la relazione tra i due. Deve dirigerlo nel distribuire tra i due tempo, energie e risorse, in relazione alle condizioni concrete, in modo da rendere la sua attività più efficace ai fini della rinascita del movimento comunista e degli altri obiettivi del Partito. Imparare a farlo bene è uno degli aspetti del consolidamento e rafforzamento del CdP. Ogni CdP deve far tesoro dell’esperienza del Partito e del movimento comunista e il Centro deve dirigere con chiarezza ed energia ogni CdP perché impari a farlo sempre meglio.

 

Ogni CdP che adotta con dedizione e intelligenza queste indicazioni, certamente avanzerà nella sua costruzione e il Centro imparerà a sostenerlo con sempre maggiore efficacia. Da parte del Centro in questa fase è essenziale che abbia una visione d’assieme della costruzione della rete dei CdP nella situazione concreta del paese e che faccia tesoro dell’esperienza di tutti i CdP per elaborare una linea chiara di costruzione. Ma è necessario che nello stesso tempo diriga ogni CdP adattandosi al livello di costruzione che il Comitato ha raggiunto e tenendo accuratamente conto della situazione particolare e concreta del Comitato.

La nostra impresa è difficile ma possibile. Infatti è un anello indispensabile del percorso che trasformerà la società. Provando e riprovando, con generosità e intelligenza, facendo tesoro dell’esperienza raggiungeremo certamente il nostro obiettivo.

 

Nicola P.

Note

 

1. Il metodo delle leve è illustrato nell’articolo Guerra Popolare di Lunga Durata e Governo di Blocco Popolare di Claudio C. in questo numero della rivista e nell’articolo Il metodo delle leve a pagg. 47-50.

2. Il testo fondamentale è Sulla contraddizione di Mao in Opere vol. 5 e in Problemi di metodo 2 (Edizioni Rapporti Sociali).

 

3. Per trovare in La Voce le categorie indicate, conviene servirsi dell’Indice analitico della rivista (reperibile sul Sito), dell’Indice analitico del Manifesto Programma (allegato al testo del MP) e dell’elenco dei principali articoli che La Voce ha dedicato ai CdP, riportato nella manchette La Voce sui Comitati di Partito di pag. 43 di questo numero della rivista.

 

4. Zona d’azione: ogni CdP deve definire chiaramente la sua zona d’azione, pur non trascurando eventuali occasioni per promuovere la costruzione o l’influenza del Partito, per stabilire relazioni al di là della sua zona. La definizione della zona d’azione è connessa con la distinzione e combinazione di CdP di base (hanno una zona d’azione unitaria, che ai fini dell’azione del Partito non conviene suddividere ulteriormente) e di CdP intermedi (hanno una zona d’azione che ai fini dell’azione del Partito conviene suddividere in zone minori man mano che crescono i membri del Partito, pur mantenendo eventualmente una direzione unitaria dell’azione del Partito relativa alla zona intera).

 

5. Vedasi Cosa intendiamo per analisi materialista dialettica della situazione? di Nicola P. in Problemi di metodo 1 (Edizioni Rapporti Sociali). Vedere anche Il metodo dell’economia politica di Marx (Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica in Opere complete, Editori Riuniti 1986, pagg. 33-41)). L’importanza enorme che ha avuto per il movimento comunista la ricostruzione che Marx con l’aiuto in particolare di Engels ha fatto della società capitalista fa capire quanto sia importante, ai fini politici, la ricostruzione come concreto di pensiero di una società: dei componenti e delle relative relazioni che la costituiscono. Il concreto è concreto perché è sintesi di molte determinazioni, dunque unità di ciò che è molteplice. Per un’azione scientifica di trasformazione è di enorme importanza conoscere le singole determinazioni (le principali) di una concreta zona e le relazioni tra loro.

 

6. Vedasi La Voce n. 1 (marzo 1999), l’articolo Quale partito comunista? pagg. 17-52. Vedasi Manifesto Programma cap. 3.4. pag. 208.


 

 

Manchette

 

 

La Voce sui Comitati di Partito

Elenco dei principali articoli di La Voce dedicati ai CdP

 


La Voce 1riunione

- 1999: quale passo verso il partito pag. 3-15

- CP del congresso di fondazione pag. 5-6

- Che fare? pag. 9

 

La Voce 2

- La preparazione del congresso. pag. 37-38

 

La Voce 3

- Piano in due punti pag. 17

- Sul partito pag. 27-29

 

La Voce 4

- A un anno dalla costituzione della CP pag. 3-4

- Costruire l’organizzazione del partito pag. 5-7

 

La Voce 5

- Intossicazione e politica rivoluzionaria pag. 31-34

 

La Voce 7

- Mobilitare i lavoratori avanzati pag. 3-8

 

La Voce 8

- Il lavoro dei comitati di partito pag. 13-15

- La nuova vita dei membri del partito pag. 16-20

 

La Voce 9

- Un passo avanti verso il congresso pag. 3-11

 

La Voce 10

- Per un vero partito comunista pag. 5-9

 

La Voce 12

- I CdP e gli operai avanzati pag. 3-5

 

La Voce 13

- CdP e centralismo democratico pag. 45-59


La Voce 15

- Trasformiamo gli attacchi ... pag. 3-5

- L’organizzazione del partito comunista pag. 25-29

 

La Voce 16

- Costituire comitati clandestini pag. 7-12

 

La Voce 17

- Ancora sui Comitati di Partito pag. 9-13

 

La Voce 18

- Risoluzione della CP allargata pag. 3-10

 

La Voce 19

- Piccole istruzioni ai Comitati di Partito pag. 7

- Il lavoro pubblico del partito clandestino pag. 22-25

 

La Voce 21

- Trasformare ogni sconfitta in vittoria. pag. 9-20

- Il lavoro del Partito in campo sindacale pag. 32-44

 

La Voce 24

- Ancora sulla costruzione del Partito pag. 19-20

 

La Voce 26

- L’opera che i comunisti italiani ... pag. 3-15

 

La Voce 27

- A tre anni dall’ottobre 2004 pag. 3-9

 

La Voce 28

- Consigli per la stesura dei rapporti pag.20-22

 

La Voce 29

- Il nostro compito principale ... pag. 24-33

- Perché i comunisti devono studiare pag. 40-44

 

La Voce 30

- A quattro anni dall’ottobre 2003 pag. 3-11

- Applicare sistematicamente ... pag. 40-42