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Lettere alla redazione

Compagni che “scoppiano”

Cari compagni della Redazione,

vi scrivo per chiedere il vostro parere sulla questione del compagni che “scoppiano”. Ci sono effettivamente compagni che si trovano in difficoltà ad assumere i compiti che la situazione pone, a trasformarsi per elevare la qualità del proprio lavoro e adempiere ai compiti posti dalla linea della costruzione del Governo di Blocco Popolare, della creazione delle tre condizioni necessarie perché le organizzazioni operaie e popolari possano costituire un governo d’emergenza.

Questi compagni arrancano e affermano che questo loro malessere e momento di difficoltà (il fatto che “scoppiano”) è frutto principalmente delle “troppe cose da fare”. A mio avviso però le cose non stanno così. Il nocciolo della questione è l’adozione del Nuovo Metodo di Lavoro frutto della campagna per una superiore assimilazione del Materialismo Dialettico: imparare a fare analisi concreta della situazione concreta, imparare a tradurre la linea generale del Partito nella situazione particolare in cui si opera (unità generale/particolare)  e nel concreto di luogo e di tempo, fare piani di lavoro che tengano conto delle proprie forze (contrastando così l’idealismo) e che poggino sul principio “ogni cosa ne contiene una seconda, una terza e a volte una quarta: suoniamo il pianoforte con dieci dita!”, far seguire all’azione il bilancio dell’esperienza e su questa base fare la CAT. Alcuni compagni restano ancora ancorati al vecchio metodo che abbiamo cercato di superare con la campagna di assimilazione del Materialismo Dialettico. Non a caso di regola si tratta di compagni che hanno incontrato particolare difficoltà nel corso di questa campagna.

In altre parole, il problema principale che in questa fase si trova alla base del fatto che alcuni compagni “scoppiano” non sono le “troppe cose da fare”, ma la concezione con cui si fanno le cose: il problema è ideologico. Per essere più preciso, a mio avviso il problema poggia sulla contraddizione Teoria/Pratica: non tradurre la teoria nella pratica, non applicare la teoria nella pratica.

La soluzione decisiva non sta quindi nel ridurre gli impegni ai compagni che “scoppiano” e dare loro meno cose da fare. Il problema di fondo, di tipo ideologico, infatti resta e prima o poi tornerà a farsi vivo, magari ad un livello superiore (quello che non viene trattato nel modo opportuno e per tempo, si sviluppa negativamente: niente resta fermo!). Pensare di risolvere il problema “riducendo gli impegni”, significa voler affrontare un problema ideologico con una misura organizzativa. Questa è una linea sbagliata e arretrata, frutto di un’errata e arretrata comprensione della questione. La CAT, finalizzata all’adozione del Nuovo Metodo, è la strada per “prendere per le corna” il problema dei compagni che “scoppiano”.

A mio avviso, se mettiamo in relazione con la linea della costruzione del GBP l’errata posizione “il problema dei compagni che ‘scoppiano’ è frutto delle troppe cose da fare e, quindi, la soluzione sta nel togliere impegni ai compagni”, arriviamo alla negazione della linea della costruzione del GBP: “teoricamente la linea è giusta, ma praticamente ci sono troppe cose da fare e noi non ce la facciamo”. Bisogna sempre mettere in relazione una posizione con i compiti che la situazione pone, per capire cosa realmente significa, vedere “dove va a parare”. Come emerge, la linea arretrata sui compagni che “scoppiano” porta alla negazione della linea del GBP: in altre parole, questa posizione porta a “conservarsi” come FSRS, anziché trasformarsi in comunisti, in agenti trasformatori della realtà assumendosi i compiti che la situazione pone. Voi cosa ne pensate su tutta questa questione?

Saluti comunisti.

Giacomo di Livorno