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Comitati di Partito
Commenti alle note del Comitato di Partito
“Bandiera Rossa”
Ringraziamo i
compagni del CdP Bandiera Rossa che
hanno centralizzato le loro note di lettura dell’articolo di La Voce n.
30. Proprio per valorizzare le loro note occorrono però
alcuni commenti.
Dalle note del
CdP Bandiera Rossa emerge sfiducia
di fondo non solo nelle masse popolari, ma anche nei comunisti e
confusione sul
ruolo di questi ultimi.
Il CdP presenta
una condizione di “lotta tra poveri”
propria del proletariato precario che indubbiamente è, in varie
situazioni,
reale. Ma vi sono anche tanti altri contesti in cui il proletariato
manifesta
l’esatto contrario dell’arrivismo, dell’individualismo e della
concezione
gretta e meschina indotti dalla borghesia. Sono tutte le situazioni di
mobilitazione e di lotta che vanno sempre più sviluppandosi nel
paese. Noi
comunisti dobbiamo attingere a queste situazioni. Dobbiamo portarle
come
esempio. Dobbiamo farle conoscere a quei proletari che non hanno ancora
trovato
altra via per stare a galla nel marasma in cui la borghesia li confina,
che
quello di farsi largo a gomitate tra altri proletari. Queste sono il
positivo
che va raccolto e usato per contrastare il negativo. Un comunista deve
imparare
a vedere queste situazioni. Deve cercarle e usarle sia per contrastare
la
sfiducia tra le masse popolari sia per rafforzare la sua fiducia nel
nostro
avanzamento. Limitarsi a denunciare l’esistenza delle situazioni
negative senza
indicare, nonostante il Partito lo abbia detto più volte, come e
con cosa esse
vanno contrastate, vuol dire non assumersi il ruolo di avanguardia
delle masse
popolari. Non indicare che i comunisti devono svolgere questo ruolo
è un indice
di sfiducia nel movimento comunista.
Che il CdP non
abbia ancora abbastanza fiducia
nel movimento comunista, emerge anche dove tratta del metodo per
affrontare e
superare le difficoltà e i limiti dei singoli compagni.
Il CdP mette in
luce un problema reale che spesso
dobbiamo affrontare: le resistenze dei compagni a svolgere alcuni
compiti.
Resistenze che non derivano dall’opportunismo, ma che derivano invece
da
difficoltà che sono il prodotto della soggezione alla borghesia
in cui anche i
nostri compagni crescono.
Certamente il
collettivo è un’arma potente per
affrontare queste difficoltà. Dove un compagno non arriva da
sé, il collettivo
lo può aiutare. Da un adeguato sostegno del collettivo deriva
anche un
rafforzamento della fiducia del compagno nel Partito.
Quindi ogni
collettivo del Partito, in particolare
ogni dirigente del Partito, deve proporsi e ha il dovere e il compito
di
formare ogni compagno: cioè di aiutare ogni compagno a superare
comportamenti e
concezioni che gli rendono difficile svolgere un buon lavoro da
comunista.
Però il
Partito chiede anche al compagno in
difficoltà di fare la sua parte nel collettivo.
Il compagno in
difficoltà, se riceve il sostegno
del collettivo, deve attivarsi per fare la sua parte e imparare al
meglio come
si fa. Deve cioè partecipare all’attività che un
giorno potrà svolgere da
solo, ponendosi l’obiettivo non solo di svolgere il compito insieme
agli altri,
ma anche di formarsi, di forzare i propri limiti, di individuare le
ragioni
delle sue difficoltà. Deve portare nel collettivo, in fase di
bilancio, quello
che ha scoperto di sé e della lotta che ha condotto, con
l’obiettivo di aiutare
il collettivo ad accrescere l’autonomia del compagno, la
capacità del compagno
di orientarsi, la sua capacità di cavarsela anche da solo. Deve
cioè evitare di
“sedersi” sul collettivo contando che ad ogni futura occasione il
collettivo
sarà lì a sostenerlo.
È
però inevitabile che ci siano anche casi in cui
un compagno in difficoltà non riceve aiuto dal collettivo. O
perché non esiste
proprio il collettivo. O perché il collettivo è di basso
livello e chi lo
dirige è incapace di migliorarlo.
Nel primo caso
al compagno in difficoltà il
Partito indica la via della costruzione del collettivo basandosi sulle
proprie
forze e sull’aiuto che egli può attingere dal Partito in
generale, dal movimento
comunista in generale, dalla parte avanzata delle masse popolari in
generale.
Nel secondo caso
al compagno in difficoltà il
Partito indica la strada della trasformazione del suo collettivo, fino
a farne
un collettivo capace di svolgere il proprio ruolo.
Se il compagno
in difficoltà non reagisce, non ne
verrà mai fuori. Alla base della storia del movimento comunista
ci sono
compagni in difficoltà che hanno saputo scuotersi di dosso la
pesante eredità
che la borghesia aveva impresso nella loro personalità e sono
diventati
promotori del movimento comunista. Hanno quindi costruito collettivi o
trasformato quelli esistenti. Non si sono fatti bloccare dalla paura di
commettere errori, di incontrare opposizioni e di affrontare i
sacrifici
connessi.
La redazione
Manchette
25 Aprile
La Resistenza partigiana guidata dal
partito comunista vince il nazifascismo!
Compagni
partigiani,
antifascisti: le sorti del nostro paese in mano alla borghesia non
portano che
alla guerra, alla miseria e alla fame. I padroni, i borghesi e il
Vaticano da
anni rivalutano il fascismo e denigrano il movimento comunista. I
fascisti sono
rispuntati dalle fogne e moltiplicano le loro vigliacche imprese contro
immigrati, donne, emarginati e progressisti. Dobbiamo stroncare la loro
attività!
Organizzatevi e
lottate per
formare un governo di emergenza, un governo di Blocco Popolare, per far
fronte
alla crisi in cui la borghesia ci ha cacciato. Non pagheremo noi la
loro crisi!
Con la
Resistenza abbiamo
imparato che nemmeno un nemico potente e ben armato può tenere
testa alla
classe operaia e alle masse popolari organizzate nel partito comunista.
Unitevi nel
(nuovo)Partito
comunista italiano e lottate per fare dell’Italia un nuovo paese
socialista!
Nel caso
il nostro sito http://lavoce-npci.samizdat.net non dovesse
funzionare,
potete trovarne una versione periodicamente aggiornata sul sito: http://www.nuovopci.it
I comunisti sono
dei combattenti
“Colui che non teme
di essere trafitto da mille pugnali, osa disarcionare l’imperatore.”
(Mao Tse-tung)