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Problemi di metodo

 Consigli per la stesura dei rapporti

Il fattore decisivo del consolidamento e rafforzamento del Partito è un livello superiore di assimilazione del materialismo dialettico come metodo per conoscere il mondo e come guida per trasformarlo

Quando stendiamo un rapporto, dobbiamo anzitutto chiederci a chi è destinato, lo scopo di quello che ci accingiamo a fare. Alcuni rapporti sono diretti ai nostri organismi dirigenti, altri sono rapporti stesi a futura memoria in vista di operazioni analoghe o sullo stesso terreno, altri sono rapporti sulla propria attività che un organismo dirigente fa a chi lo ha eletto (il centralismo democratico richiede che ogni dirigente faccia periodici rapporti sulla propria attività a chi lo ha eletto). Di seguito mi riferisco ai rapporti che un compagno o un gruppo di compagni stende per i propri dirigenti su un avvenimento (assemblea, riunione, manifestazione, sciopero, ecc.) a cui ha direttamente partecipato, perché essi lo usino per la loro analisi della situazione.

Stendere e inviare rapporti è una parte, un aspetto importante dell’attività di ogni compagno e di ogni organismo della periferia, un aspetto in cui si concretizza l’unità del Partito. Un Comitato che non invia rapporti al Centro, non ha il senso dell’unità del Partito e non partecipa alla direzione del Partito.

Ai dirigenti il Partito chiede che dirigano. Dirigere nel movimento comunista significa tracciare la linea, organizzare i compagni e dirigerli nella sua attuazione. Nel movimento comunista formiamo, selezioniamo e nominiamo ai posti di direzione compagni che sono effettivamente capaci (i più capaci tra quelli esistenti o almeno i più capaci di imparare, quindi in definitiva i più capaci) di tracciare la linea e dirigere il lavoro dagli altri, in modo che gli altri compagni riconoscano la direzione del compagno perché egli potenzia e rende fecondo il loro lavoro, li aiuta a migliorare e ad avanzare. Certo, ogni dirigente ha dei difetti, ha dei limiti e in questo o quel campo altri compagni sono più bravi di lui e noi li incitiamo a colmare le sue lacune in modo che il lavoro dell’organismo sia (non solo di più, ma anche) migliore di quello che il dirigente da solo farebbe. Ma in definitiva a un dirigente chiediamo di essere capace e lo nominiamo perché reputiamo che sia il più capace tra i compagni disponibili, di elaborare la linea e dirigere il lavoro degli altri compagni.

Ma i dirigenti possono dirigere giustamente solo se i compagni li informano in maniera giusta sulla situazione. Chi dirige un organismo di grandi dimensioni, comunque un organismo nel quale si pratica già la divisione del lavoro, solo in casi eccezionali può decidere di svolgere personalmente un lavoro “di base”, per conoscere meglio la situazione. Si chiama “compiere un’esperienza-tipo”. [ Alcune questioni riguardanti i metodi di direzione , 1° giugno 1943 in Opere di Mao Tse-tung , vol. 8] Un dirigente deve compiere un’esperienza-tipo quando si trova davanti a problemi nuovi e particolarmente difficili e deve fare personalmente esperienza per conoscere meglio le cose e riuscire a fare un giusto esame (analisi e sintesi) della situazione. Ma normalmente sono i compagni e gli organismi da lui diretti che lo informano. Ad ogni livello, il Centro (i dirigenti) e la periferia (i compagni che il Centro deve dirigere) costituiscono una unità di opposti. Il rapporto che la periferia invia al Centro fa parte della relazione tra i due opposti, come la circolare che il Centro invia alla periferia. Nel testo Alla riunione allargata del centro (30 gennaio 1962 nel vol. 19 delle Opere di Mao Tse-tung ) Mao paragona il Centro a un impianto chimico a cui la periferia fornisce materie prime che l’impianto lavora per produrre prodotti finiti (linee, criteri, regole, direttive, ecc.) che restituisce alla periferia.

Bisogna quindi che il rapporto sia abbastanza dettagliato, ricco di particolari. Deve riportare in dettaglio i contenuti. Chi stende un rapporto deve essere animato da un sincero spirito di unità con il Centro, un sincero e forte spirito di Partito. Deve supporre che il Centro ha una conoscenza più ampia della situazione, è informato su più cose, ha più esperienza, ha una concezione del mondo più elevata e un’assimilazione maggiore del metodo materialista dialettico. Il Centro è in grado di mettere ciò che è successo in un posto, in relazione con quello di cui è stato informato succedere in altri posti. Questo è particolarmente valido in un Partito che lavora nella clandestinità, dove vige la compartimentazione. Condividere la settima discriminante concretamente vuole anche dire tener conto che il Centro conosce cose che chi stende il rapporto non conosce. Quindi il Centro riuscirà a vedere nei dettagli che egli fornisce, anche cose che lui non vede. L’accumulo quantitativo degli aspetti particolari permette una superiore sintesi dell’esame (analisi e sintesi) generale da parte del Centro. Tanti aspetti che ai compagni immersi nella situazione appaiono secondari, possono essere invece spunto di riflessioni per il Centro. Non bisogna limitare il “materiale grezzo” su cui il Centro, “industria chimica”, lavora. Al contrario bisogna fornire al Centro materiale abbondante. Nel fare i rapporti bisogna essere il più dettagliati e pignoli possibile. I compagni immersi nella situazione sono gli occhi e le orecchie del Centro. Un compagno che parlando del discorso che un oratore ha fatto in un assemblea dice solo che “ha fatto un buon discorso”, dice solo che lui è d’accordo con il discorso dell’oratore, ma non dice cosa l’oratore ha detto, non permette al dirigente di farsi un’opinione, di valutare lui il discorso. Sostituisce il suo giudizio a quello del dirigente, vuole imporsi al suo dirigente (si potrebbe dire che è frazionista, non riconosce l’unità del Partito e la gerarchia che il Partito ha stabilito). Questo è un aspetto dell’unità del Partito.

D’altra parte ogni compagno che stende un rapporto, deve anche cercare di comprendere scientificamente la situazione, deve usare il materialismo dialettico come metodo di conoscenza. Non può “registrare” o “filmare”. È inevitabile che faccia una selezione tra quello che ha visto e sentito. Quindi deve avere un criterio per farla. Se non ha un criterio “dichiarato”, se fa “l’elenco della spesa”, in realtà comunque fa una selezione, ma seleziona a caso, diosacome! L’estensore del rapporto deve esporre apertamente la sua valutazione e la sua comprensione della situazione su cui fa rapporto. Deve “mettersi in gioco”. Stendere un rapporto serve anche a chi lo stende: lo obbliga a elaborare una comprensione della situazione che descrive. Egli deve individuare (estrarre e elaborare dalla realtà) i tratti generali della situazione. In questo modo fornisce uno strumento utile per un’ulteriore e più alta elaborazione da parte del Centro.

In effetti nella stesura di un rapporto vi è una contraddizione che va trattata. Da una parte i compagni che stendono il rapporto devono comprendere il fenomeno che descrivono usando il materialismo dialettico come metodo (questo oggi è l’aspetto principale nella lotta che conduciamo per il consolidamento e rafforzamento del Partito - rafforzare la periferia, elevare il livello del lavoro dei Comitati di Partito). Ma nello stesso tempo il Centro ha bisogno che i compagni mandino rapporti in cui riportano i dettagli, molti dettagli (un rapporto empirico) in modo che il Centro stesso direttamente possa vedere la trama, anche quella che essi non vedono (la capacità del Centro di vedere più a fondo della periferia è per ipotesi la premessa e il fondamento del ruolo dirigente del Centro: se ciò non corrisponde alla realtà, il problema non è più la stesura dei rapporti, ma i criteri di composizione del Centro). La giusta combinazione delle due cose è un punto d’arrivo, frutto dell’esperienza, del bilancio dell’esperienza, della critica e dell’autocritica.

Anna M.

 

Problemi di metodo
Rubrica di La Voce n. 27
novembre 2007