Ritorna all'indice de La Voce 27 /-/ Ritorna all'indice completo dei numeri de La Voce


La situazione politica

Il “referendum del TFR” ha mostrato che la larga maggioranza dei lavoratori non è disposta a scommettere neanche un euro sulle promesse della borghesia, di destra o di sinistra che sia, anche se sostenuta dalla garanzia dei sindacalisti di regime!

Il referendum sul “Protocollo del 23 luglio” ha mostrato che una parte importante della classe operaia, la parte più avanzata della classe operaia, quella politicamente decisiva, è apertamente schierata contro il Programma Comune della borghesia.

La manifestazione del 20 ottobre ha dato forza a quelli che vogliono lottare e vincere e ha messo con le spalle al muro i cocci della sinistra borghese. È stata la dimostrazione che i disfattisti e i pessimisti hanno torto, è stata la dimostrazione che il movimento comunista ha radici profonde negli operai e nelle altre classi delle masse popolari.

La lotta vittoriosa contro la banda Berlusconi e il suo governo BBF ha rafforzato gli operai e le masse popolari: ha creato condizioni per cui ora la parte più avanzata di essi, istruita dalla vittoria, rifiuta di continuare a fare da massa di manovra della sinistra borghese e di conseguenza la sinistra borghese è entrata in una crisi profonda.

Come legare la parte più avanzata degli operai alla rinascita del movimento comunista?

I comunisti devono parlare agli operai avanzati di quello di cui gli operai avanzati devono interessarsi, di quello di cui hanno bisogno per avanzare (mobilitarsi e mobilitare, organizzarsi e organizzare), lottare e vincere. Sta ai comunisti trovare i modi e le forme per farsi ascoltare.

Questo articolo del compagno Nicola P. riprende molti temi del Comunicato 8 settembre 2007 della CP. Lo pubblichiamo sia per gli spunti originali che contiene sia per ribadire i temi di quel comunicato della CP, importanti per il lavoro che il Partito deve sviluppare nei prossimi mesi. La manifestazione del 20 ottobre ha confermato il risultato dei due referendum.

Il terreno è favorevole alla rinascita del movimento comunista



 

È necessario che noi comunisti ci poniamo la domanda: perché la rinascita del movimento comunista procede così lentamente?

Se il terreno tra i lavoratori è favorevole alla rinascita del movimento comunista come tanti sintomi pratici, controllabili, inoppugnabili danno a vedere, perché la rinascita del movimento comunista è difficile e lenta come ben sa ogni compagno che vi dedica le sue energie?

La nostra risposta

In cosa consiste precisamente l’arretratezza dei comunisti nella fase attuale?

Cosa si intende per analisi materialista dialettica della situazione?

Conclusioni



 

I comunisti devono superare i loro limiti ideologici e politici, dotarsi degli strumenti organizzativi necessari e mobilitare e organizzare le forze già disponibili


Il “referendum del TFR” (gennaio-giugno ’07) e il referendum sul “Protocollo del 23 luglio” (8-10 ottobre ‘07) sono venuti in questi ultimi mesi a confermare, in modo incontrovertibile, un dato molto importante per noi comunisti. Una parte importante della classe operaia oramai rifiuta di seguire le indicazioni politiche e sindacali non solo della borghesia in generale, ma in particolare della sinistra borghese. Per i termini quantitativi e altri dettagli delle due manifestazioni rimando ai Comunicati della CP (datati rispettivamente 8 settembre e 12 ottobre ’07, entrambi disponibili sul sito internet http://lavoce-npci.samizdat.net).

Alcuni esponenti della sinistra borghese cercano ancora, disperatamente, di farsi portavoce di questi operai. Consideriamo pure tra essi i “più colti” (alla Rossana Rossanda) e i “più ottimisti” (alla Pierluigi Sullo). Essi gettano l’allarme sul “disagio sociale” e la “disaffezione politica” che le due manifestazioni rivelerebbero. “Amici dei lavoratori”, ma chiusi nell’orizzonte dell’ordinamento sociale borghese (non hanno mai conosciuto o hanno rinnegato il socialismo e quindi per loro non è pensabile e tanto meno possibile altro ordinamento sociale che quello borghese) e della concezione elitaria della politica (la storia la fanno le autorità e i grandi personaggi, le masse popolari sono solo il necessario supporto dell’azione degli “uomini politici”), in quelle manifestazioni vedono malcontento, sofferenza e distacco dalla politica. È l’atteggiamento, la concezione e lo stato d’animo della sinistra borghese, a cui non sfuggono nemmeno i migliori esponenti della sinistra borghese. In realtà i due referendum e la manifestazione del 20 ottobre indicano la forza e la risorsa su cui poggia il futuro del nostro paese e, più dappresso, la rinascita del movimento comunista nel nostro paese. Confermano in realtà quello che risulta da altre fonti: tra i lavoratori esiste un terreno favorevole alla rinascita del movimento comunista. Neanche nella parte più arretrata delle masse popolari c’è fiducia nei padroni, nei loro portavoce politici e sindacali, nel clero. Il referendum del TFR indica in modo incontrovertibile che la soggezione ideologica, intellettuale, morale e politica delle masse popolari alla borghesia, al clero, alle altre classi dominanti è solo passività, rassegnazione, mancanza di alternative convincenti, disperazione, ignoranza, abbrutimento. Anche quella parte delle masse popolari che subisce è fatta di individui disorganizzati che subiscono, ma non hanno fiducia, non sono d’accordo, partecipano sempre meno a fare da claque e da supporto alle operazioni dei politicanti borghesi. Il referendum sul “Protocollo del 23 luglio” indica qualcosa di più, di più preciso e di più avanzato. Indica che tra la classe operaia e in particolare nelle grandi fabbriche, dove il dibattito politico e culturale è più vivace e tra le categorie con maggiori tradizioni ed esperienza nella lotta di classe, come i metalmeccanici, centinaia di migliaia di operai disobbediscono alle ingiunzioni della destra dell’aristocrazia operaia (al cui vertice stanno Epifani, Bonanni e Angeletti), non cedono al ricatto del “ritorno di Berlusconi” agitato da gran parte della sinistra borghese e si schierano contro il Programma Comune della borghesia. La manifestazione del 20 ottobre ha dimostrato ai cocci della sinistra borghese che la massa dei loro elettori non accetta lo spauracchio Berlusconi, l’unica arma con cui Giordano, Diliberto, Mussi, Pecoraro giustificano la loro politica.

A tutti quelli che si dicono e si credono comunisti, che sono enormemente di più dei membri del (nuovo)PCI, di cui noi siamo a tutt’oggi solo un’infima parte, il segnale dato dai due referendum e in particolare quello del referendum di ottobre e dalla manifestazione del 20 ottobre pone due questioni.

1. perché noi comunisti non abbiamo approfittato finora più ampiamente della favorevole situazione passata?

2. cosa dobbiamo fare per approfittare della nuova più favorevole situazione?


È necessario che noi comunisti ci poniamo la domanda: perché la rinascita del movimento comunista procede così lentamente?

Cosa vuol dire concretamente rinascita del movimento comunista come movimento cosciente e organizzato? Rinascita del movimento comunista significa ricostruire quel tessuto di organizzazioni di massa anticapitaliste che rendevano forti i lavoratori e le altre classi delle masse popolari. Che contrapponevano la rete di solidarietà dei lavoratori alla forza economica, politica e culturale dei padroni e del clero. Che costituivano il veicolo e lo strumento per la crescita culturale delle masse popolari, per la loro emancipazione ideologica dalle classi dominanti, per la loro liberazione dall’oscurantismo clericale, per la formazione di una coscienza politica più avanzata. Quel tessuto di organizzazioni di massa che costituiva il terreno in cui si diffondevano l’influenza e la direzione dell’avanguardia della classe operaia, del partito comunista e da cui esso attingeva la sua forza, le sue risorse, le sue reclute. Insomma quel tessuto di organizzazioni che costituiva il sistema nervoso del nuovo potere dei lavoratori nato dalla Resistenza antifascista e che per anni ha innervato il complesso delle masse popolari e in qualche misura si contrapponeva al potere dei capitalisti, del clero e delle altre classi dominanti. Questo tessuto di organizzazioni popolari nel nostro paese ha raggiunto la sua massima espansione negli anni ’60 e ’70, per poi declinare nell’ambito della crisi generale del movimento comunista. Il (n)PCI afferma che la strategia della rivoluzione socialista nel nostro paese è la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata e sostiene che occorre creare nel paese un nuovo potere che si contrapponga al potere delle attuali classi dominanti. Alcuni che si dicono comunisti e che non sanno che strada prendere, rifuggono dalla nostra tesi. Cosa è mai questo nuovo potere?

Ebbene il (n)PCI non fa che vedere con una coscienza nuova, sotto una nuova luce e in una nuova prospettiva un potere che in qualche misura nel nostro paese per due volte si è già formato fino a un certo livello di forza. La prima all’inizio del secolo scorso (Biennio Rosso: 1919-1920): ma i suoi dirigenti non avevano una coscienza adeguata delle condizioni e delle forme del suo sviluppo. Per questo non riuscì a passare dalla prima alla seconda fase della guerra popolare rivoluzionaria quando esso stesso ne aveva creato le condizioni. Quindi la borghesia, il clero e le altre classi reazionarie lo stroncarono tramite il fascismo. La seconda a metà del secolo scorso, alla conclusione vittoriosa della lotta contro il fascismo (1945): questa volta fu corroso e corrotto dall’interno dai revisionisti moderni fino a dissolversi. Rinascita del movimento comunista vuol dire ricostruire quel potere, ovviamente però con il proposito che questa volta, a differenza di quello che avvenne nelle due volte precedenti, questo nuovo potere 1. sia pienamente animato dalla volontà di soppiantare completamente il potere della borghesia imperialista e di imporsi come unico potere in tutto il paese e 2. sia fin da oggi guidato da una linea adeguata a questo obiettivo. Rinascita del movimento comunista vuole quindi dire una cosa chiara e semplice, pratica e del tutto possibile: ricostruire qualcosa che abbiamo già costruito due volte e della cui necessità ognuno può facilmente convincersi, ricostruirlo armati degli insegnamenti delle due sconfitte che abbiamo subito: un esercito che impara dalle sue sconfitte è destinato a vincere.


Se il terreno tra i lavoratori è favorevole alla rinascita del movimento comunista come tanti sintomi pratici, controllabili, inoppugnabili danno a vedere, perché la rinascita del movimento comunista è difficile e lenta come ben sa ogni compagno che vi dedica le sue energie?

I rivoluzionari si distinguono dai politicanti da una parte e dagli ingenui dall’altra perché non eludono le domande difficili che la vita e l’esperienza pongono. “I comunisti si chiedono il perché delle cose”, ripeteva Mao. Affrontano le domande difficili e imbarazzanti e trovando la risposta giusta scoprono la via per superare gli ostacoli e avanzare. Chiunque di noi cerca di evitare domande e questioni imbarazzanti o nasconde a sé e ai suoi compagni dubbi, è fuori strada. Crea in sé e tra di noi un punto debole. Crea in sé e tra di noi un punto favorevole alla penetrazione della borghesia nel nostro campo. Noi per una serie di ben fondate considerazioni abbiamo fiducia piena nella nostra causa. Siamo quindi sicuri che ogni ostacolo può essere rimosso, che ogni obiezione difficile nasconde una verità la cui scoperta ci permetterà di avanzare meglio. Tutti i sinceri rivoluzionari devono quindi porsi la domanda sopra formulata e cercare la risposta. Lasciamo che i politicanti della sinistra borghese si cullino dietro ovvietà borghesi e banalità alla Marcuse, alla Negri, alla Revelli e compagnia, banalità che costituiscono lo stato d’animo della sinistra borghese, del tipo: “le masse popolari sono arretrate”, “solo gli intellettuali capiscono la verità”, “la storia la fanno le elite, le masse popolari servono solo da massa di manovra e da claque per le elite”, “il capitalismo non c’è più”, “la classe operaia non c’è più”, ecc., ecc.


La nostra risposta

La risposta che noi diamo è la seguente. Le sconfitte che abbiamo subito hanno rotto il legame che i vecchi comunisti avevano costruito tra il movimento comunista cosciente e organizzato e gli operai e gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari. È stata una gran vittoria per la borghesia, di cui la borghesia sta approfittando in tutti i campi. Noi comunisti siamo sopravvissuti a quelle sconfitte, lo stesso nuovo dispiegamento in libertà della natura del capitalismo ci ha confermato le vecchie ragioni della nostra concezione della storia e del nostro impegno politico. Per questo abbiamo fatto della rinascita del movimento comunista la nostra aspirazione e il nostro obiettivo.

La rinascita del movimento comunista procede però lentamente perché i comunisti sono ancora arretrati, stentano a superare i limiti che hanno determinato la decadenza del movimento comunista, non tirano in termini pratici le lezioni dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria, subiscono ideologicamente l’influenza della borghesia.

Senza comunisti non può esserci rinascita del movimento comunista. L’ostacolo principale alla rinascita del movimento comunista è la nostra arretratezza: quindi la rimozione dell’ostacolo dipende principalmente da noi. La lotta di classe, il contrasto di classe è un dato di fatto. Non siamo noi a crearlo. Ma da esso il movimento comunista, come movimento cosciente e organizzato, si sviluppa solo per l’opera tenace, mirata, coerente con le leggi dello sviluppo sociale e facente leva su di esse: l’opera svolta dai comunisti. Se i comunisti non svolgono quest’opera, non nasce alcun movimento comunista. Il terreno favorevole non dà frutto. I nostri maestri ce lo hanno detto più volte e in diversi modi: “Senza teoria rivoluzionaria, un movimento rivoluzionario non si sviluppa”. La borghesia, per istinto, per esperienza o per scienza, a sua volta lo sa anch’essa. Infatti cerca in ogni modo di impedire che si formino i comunisti, denigra il movimento comunista, distoglie dal comunismo, tra i comunisti favorisce ogni deviazione, tra le masse popolari crea mille diversivi e mille vie di evasione dalla realtà, cerca di corrompere o reprimere, comunque di soffocare ed eliminare i comunisti, di impedire o almeno intralciare il loro lavoro, di isolarli dalla massa: li corrompe ideologicamente e materialmente, li criminalizza (“guerra al terrorismo”), li perseguita (subdolamente, perché ha paura di indicarli alle masse popolari come loro campioni), li espelle dai sindacati di regime come facevano i fascisti che anch’essi come Epifani & C davano la caccia ai comunisti tra i membri dei sindacati di regime, cerca di impedire (con le leggi elettorali, con premi di maggioranza, sbarramenti, soglie-barriera, tributi e depositi finanziari, costi delle campagne elettorali e altri ostacoli) che i comunisti partecipino alle elezioni e alle assemblee elettive, li soffoca con ristrettezze economiche e sociali di ogni genere, ecc. L’essenza della controrivoluzione preventiva consiste nell’impedire lo sviluppo del movimento comunista, prevenire lo sviluppo del movimento comunista, distogliendo, fuorviando, corrompendo, soffocando, reprimendo.

Eppure, nonostante il declino del movimento comunista, nonostante lo scioglimento di tante organizzazioni e partiti comunisti, nonostante la diffusa denigrazione del movimento comunista, nel nostro paese sono ancora centinaia di migliaia gli individui che si proclamano comunisti. Gli elettori di partiti che si dicono comunisti sono ancora alcuni milioni. Un altro sintomo che conferma che il terreno tra le masse popolari ci è favorevole.

La rinascita del movimento comunista procede lentamente e con fatica perché tanti che pur si dicono comunisti non hanno una concezione giusta del loro ruolo, di cosa devono fare o di come lo devono fare e noi stessi, membri del Partito, non abbiamo ancora una linea abbastanza pratica e articolata da valorizzare, per la rinascita del movimento comunista, l’attività che compiono gli altri.

“I comunisti sono quelli che hanno una comprensione più avanzata dei risultati, delle condizioni e delle forme della lotta di classe e che su questa base la spingono sempre in avanti”, ci hanno insegnato Marx ed Engels nel Manifesto del partito comunista (1848). Organismi che non soddisfano a queste due condizioni non sono comunisti.

Ogni trasformazione sociale si svolge secondo sue proprie leggi. Chi vuole promuoverla, accelerarla, dirigerla deve conoscerle e deve svolgere la sua azione secondo le leggi di quella trasformazione. In particolare il movimento comunista si sviluppa solo grazie alla volontà e all’azione dei comunisti che promuovono la formazione di organizzazioni della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari e la crescita della coscienza della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari. Per sua natura esso è un movimento cosciente e organizzato, perché per sua natura è l’assurgere, per la prima volta nella storia dell’umanità, dei lavoratori, vale a dire della stragrande maggioranza degli uomini e delle donne, ad un’azione sociale cosciente e ad un’attività sociale autonoma da classi dominanti, un’opera che le masse possono svolgere solo se sono organizzate. Noi comunisti non siamo che portavoce e portabandiera della massa della popolazione che nell’epoca attuale emerge dalla condizione storica di soggezione, dalla condizione di massa che tutto faceva e niente decideva. Da sempre i lavoratori hanno svolto nella vita sociale il ruolo di massa di manovra di classi dominanti, un ruolo per molti aspetti analogo a quello di animali da lavoro a disposizione delle classi dominanti, diretti da esse. Nella società borghese, e in particolare nell’ambito dei regimi di controrivoluzione preventiva, essi svolgono anche quello di elettori e di claque per gli esponenti


In cosa consiste precisamente l’arretratezza dei comunisti nella fase attuale?

L’arretratezza dei comunisti nella fase attuale rispetto al compito che abbiamo indicato ha tre forme ben definite.

1.

Gli sfiduciati, i depressi. Sono convinti che il comunismo è una cosa buona, si considerano comunisti e si dichiarano comunisti, ma sono convinti che non ci sia nulla da fare, pensano che non ci sia nulla che essi sono capaci di fare per promuovere la crescita del livello di organizzazione e di coscienza delle masse popolari. Pensano che nel loro ambito non ci sia lotta e che nessuno sia disposto a mobilitarsi. La sfiducia, l’inerzia, il fatalismo, il determinismo economico, l’impressione che la borghesia sia forte fino ad essere invincibile, l’idea che “la rivoluzione deve scoppiare simultaneamente in tutto il mondo” e che i vincoli economici e politici internazionali (la globalizzazione) impediscono che la rivoluzione possa trionfare in un paese, l’influenza della propaganda borghese, le multiformi campagne di intossicazione e di denigrazione dell’esperienza storica del movimento comunista condotte dalle mille scuole borghesi (ivi compresi le varianti bordighiste, trotzkiste, anarchiche, revisioniste, “operaiste” e “autonome”, ecc.), la demoralizzazione per la lunga corruzione e infine il crollo dei primi paesi socialisti, l’esperienza (diretta o indiretta, comunque vicina) della corrosione e infine dissoluzione di gran parte delle organizzazioni e delle istituzioni create durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, la conclusione dell’avventura delle Organizzazioni Comuniste Combattenti (in particolare delle Brigate Rosse e di Prima Linea) nel militarismo, nella disgregazione, nella dissoluzione, nella dissociazione e nel tradimento: tutto questo confluisce, in dosi diverse da individuo a individuo, a formare questo tipo di arretratezza. Sono comunisti che non fanno alcuno sforzo per trasformare i loro sogni, le loro aspirazioni, le loro concezioni in azioni e comportamenti di massa, in influenza sul comportamento delle masse, in organizzazione. Nonostante i mille esempi del passato e del presente, non hanno un’idea realistica e pratica del ruolo che i singoli individui possono e devono svolgere nel promuovere e sviluppare un movimento di massa. Non riescono a vedere cosa essi potrebbero fare, non si decidono a fare subito quello che vedono possibile. In generale non fanno nessuno sforzo sistematico neanche per sottrarsi all’influenza ideologica borghese, si isolano individualmente nelle loro idee e aspirazioni, non sottopongono idee e convinzioni, analisi e aspirazioni alla verifica collettiva. In generale finiscono anche per avere concezioni e idee sbagliate. Finiscono per scoraggiarsi, confondersi e non capirci più niente, disperdersi.

A quelli che sono ancora capaci di ascoltarci e di prendere l’iniziativa, possiamo solo dire: scuotetevi, ascoltate gli echi delle lotte che i comunisti conducono in ogni angolo del mondo, guardate ai comunisti più avanzati, unitevi ad altri comunisti, organizzatevi con altri comunisti, proponetevi di svolgere insieme con loro un’attività politica, mettete in discussione con gli altri comunisti le vostre vedute e aspirazioni. Osate lanciarvi, siate generosi, non abbiate paura!

Niente di quello che avviene nel mondo è fatale. Il marxismo è una guida per l’azione, non la teoria della fatalità. La società umana si sviluppa secondo determinate leggi che il marxismo ha scoperto. Ma la storia la fanno gli uomini con la loro volontà e le loro azioni. Anche le case si costruiscono seguendo determinate leggi, ma sono gli uomini che le costruiscono. Certo però non lo fanno agendo a caso! Il comunismo è il futuro di cui gli uomini di oggi hanno bisogno. Hanno tutti gli strumenti e i presupposti per costruirlo, anche se devono imparare cose che ancora non sanno e fare cose che non hanno mai fatto. Sta a noi guidarli. La conoscenza delle leggi dello sviluppo sociale rende più efficaci le nostre azioni, se le assimiliamo e le impieghiamo. Vale nel nostro lavoro quello che vale in ogni altra professione e attività umana. Non c’è nulla di fatale nella vittoria che la borghesia imperialista ha conseguito in questi anni. Le nostre forze non sono affatto sparite: sono solo indebolite, disorientate e disperse. I disfattisti e i liquidatori ingigantiscono le difficoltà della rinascita del movimento comunista, la borghesia lo fa ad arte. La globalizzazione è una catena che i capitalisti hanno imposto a tutti i paesi approfittando della debolezza del movimento comunista e della sua crisi. Non è più forte della catena che gli imperialisti avevano imposto con il vecchio sistema coloniale che la prima ondata della rivoluzione proletaria ha spezzato. Tutti i popoli ne soffrono e molti dei popoli dei paesi oppressi sono già insorti e resistono. I popoli arabi e musulmani stanno opponendo un’eroica resistenza all’aggressione imperialista e stanno dando un aiuto potente a tutti i popoli oppressi e a tutte le classi sfruttate del mondo, anche a quelle dei paesi imperialisti: il ruolo che le forze feudali hanno nella direzione della loro resistenza non cancella questo innegabile fatto. Bin Laden è stato certamente un agente degli imperialisti americani ed è un fervente cultore di relazioni feudali, ma nella storia futura sarà celebrato come l’“eroe dei due mondi” del nostro tempo: neanche Garibaldi era all’altezza della rivoluzione a cui diede tuttavia un grande apporto. Gli imperialisti americani riescono a reggere la situazione solo ricorrendo negli USA e all’estero a un sistema che ha sempre meno da invidiare a quello con cui Hitler tenne soggetta per alcuni anni l’Europa. I lavoratori precari dei paesi imperialisti sono nuovamente ridotti alla condizione dei lavoratori di cento anni fa e come loro lotteranno contro la borghesia e le sue autorità. La precarietà ha riportato i rapporti tra lavoratori e padroni a cento anni fa. Non più indietro. Anzi i lavoratori precari di oggi mantengono alcuni vantaggi rispetto ai lavoratori di cento anni fa: da una parte sanno che i lavoratori avevano conquistato relazioni di lavoro più favorevoli, dall’altra continuano ad esistere accanto a loro lavoratori che ancora hanno un contratto collettivo nazionale di lavoro, per quanto sempre più minacciati di perderlo anch’essi. Il tentativo della borghesia di legare i pensionati al carro del capitale finanziario è ancora lontano dal prevalere. Nonostante il quotidiano, subdolo e fraudolento sabotaggio della mobilitazione popolare condotto dalla borghesia, dal clero, dalla destra dell’aristocrazia operaia che dirige i sindacati di regime e le altre grandi organizzazioni popolari, la mobilitazione delle masse popolari continua in misura rilevante. La borghesia non ha nulla da offrire alle masse popolari: questo è l’elemento principale di debolezza della borghesia e dei suoi agenti, a cui la borghesia non ha rimedio: è il suo principale “tallone d’Achille”. La borghesia per sopravvivere alla sue stesse contraddizioni ha bisogno del consenso attivo, del concorso almeno di una parte importante delle masse popolari: questo è il suo secondo “tallone d’Achille”. Noi comunisti rappresentiamo il mondo che le masse popolari possono conquistare e che hanno bisogno di conquistare per sfuggire all’inferno in cui la borghesia li sprofonda ogni giorno di più.

La rinascita del movimento comunista è una necessità per le masse popolari e ci sono mille aspetti favorevoli al successo dell’opera dei comunisti che vi si dedicheranno con generosità e intelligenza, senza riserve.

2.

Quelli che si occupano solo di quello su cui le masse popolari sono già mobilitate, quelli che alle masse parlano solo di quello di cui già le masse si interessano, quelli che esauriscono i loro sforzi nelle rivendicazioni immediate, disperdono le loro energie limitandosi a rivendicazioni immediate e sono scoraggiati dagli scarsi e precari successi, dal fatto che devono ricominciare sempre da capo, dal fatto che la destra borghese allarga il suo seguito tra le masse popolari (prova ne sono la costituzione del Partito Democratico, le iniziative razziste e antipopolari dei sindaci DS e il favore che i due eventi raccolgono tra la parte più scoraggiata e abbrutita delle masse popolari che per anni hanno sostenuto la sinistra borghese), dal fatto che la divisione e la rassegnazione crescono tra i lavoratori.

Questi comunisti si presentano come promotori di questa o quella riforma particolare, anziché come promotori della coscienza e dell’organizzazione di cui le masse hanno bisogno. Inalberano rivendicazioni economiche e altre rivendicazioni immediate, ma non inalberano l’obiettivo di fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Nascondono alle masse proprio l’obiettivo che le masse hanno bisogno di realizzare, quello che dà senso a ogni altra lotta immediata e diretta, quello che per le masse è più difficile concepire da sole, quello da cui la borghesia le tiene più lontane. Parlano alle masse di quello su cui l’interesse delle masse è già vivace, invece di parlare alle masse di quello che le masse hanno bisogno di comprendere per emanciparsi dalle classi dominanti. Sono come medici che seguono i pregiudizi degli ammalati: non medici ma ciarlatani. Concepiscono le organizzazioni di massa come strumenti per mobilitare le masse popolari a supporto della propria attività e a fare da claque del proprio operato, anziché promuoverle come strumento delle masse popolari con cui esse progrediscono, elevano la loro coscienza politica, si emancipano dalla borghesia e dal clero, compiono la loro scuola di comunismo. Sono per mille aspetti e da mille fili legati alla sinistra borghese, dipendono da essa anziché utilizzarla.

La lotta per questa o quella riforma, la lotta di classe condotta giorno per giorno, anziché essere scuola di comunismo è da essi condotta come se fosse l’obiettivo stesso. Compilano e agitano piattaforme di obiettivi immediati che “tutti dovrebbero condividere”, che “dovrebbero unire tutti” e che non unificano né mobilitano che poche persone e non creano che unità precarie. Obiettivi e piattaforme che spesso addirittura dividono le masse popolari. Infatti la borghesia è diventata maestra nell’usare le difficoltà che essa stessa crea alle masse popolari, per metterne una parte contro un’altra. A chi si oppone alla nuova base USA di Vicenza, la borghesia contrappone quelli che dalla costruzione della base avrebbero lavoro e commerci. È un gioco facile per la borghesia. Il grado di socializzazione a cui è giunta la società borghese è tanto alto che ogni trasformazione compiuta nel suo ambito danneggia qualcuno e avvantaggia altri. Perfino la riduzione degli incidenti stradali o dell’inquinamento danneggerebbe qualcuno.

Le lotte per conquiste immediate e dirette, per questo o quel rimedio immediato a questa o quella piaga della società borghese sono utili e necessarie e la loro vittoria è possibile. Ma queste lotte per rivendicazioni immediate e dirette si sviluppano su grande scala e hanno un ruolo progressista, uniscono ed educano le masse popolari solo se sono sviluppate nell’ambito o sulla scia di un movimento che lotta per instaurare il socialismo, se sono dai comunisti usate e fatte funzionare come scuola di comunismo. È impossibile condurre una cosciente ed efficace attività a favore della rinascita del movimento comunista se non si fa una distinzione netta e di principio tra l’opera volta ad eliminare la produzione capitalista e mercantile (quindi a instaurare il socialismo) da una parte e dall’altra le conquiste che le masse popolari strappano nell’ambito della produzione mercantile e capitalista, limitando la libertà dei capitalisti, impedendo il libero dispiegarsi delle leggi naturali del capitalismo, imponendo ai capitalisti lacci e laccioli che, assieme alle contraddizioni proprie dello stesso modo di produzione capitalista, concorrono a rendere più difficile alla borghesia il governo della società e più precario il suo potere.

Questi compagni si dicono e si credono comunisti, ma in realtà sono seguaci dell’economicismo, che è il vecchio opportunismo di un secolo fa, solo che oggi non si presenta più col suo nome perché opportunista è diventato un insulto. Gli opportunisti di un secolo fa sostenevano infatti che il fine del movimento comunista (l’instaurazione del socialismo) non aveva alcuna importanza pratica, era qualcosa che si perdeva in un nebuloso futuro. Quello che aveva importanza pratica era strappare le conquiste che la situazione immediata permetteva, cogliere le opportunità che la situazione presentava senza “troppo” occuparsi del fine da raggiungere, senza inquadrare e subordinare la tattica delle azioni quotidiane alla strategia per raggiungere quel fine. “Il movimento è tutto, il fine è nulla” era la sintesi della loro concezione. La storia ha già mostrato che con simile concezione il movimento comunista è finito completamente fuori strada.

Questi compagni profondono grandi sforzi a cui non corrispondono risultati adeguati e alla lunga o si scoraggiano e abbandonano la lotta o finiscono per diventare una semplice appendice della sinistra borghese.

I sindacati (SLAI Cobas, Rappresentanze di base (RdB), Sindacato dei Lavoratori (SdL), CUB, Sindacato Lavoratori in Lotta (SLL), Confederazione Cobas e simili) alternativi ai sindacati di regime (CGIL, CISL, UIL, ecc.) riuniscono già oggi decine di migliaia di lavoratori. Eppure il loro ruolo ai fini del rinnovamento del movimento sindacale e della rinascita del movimento comunista è ancora oggi molto ridotto proprio perché i comunisti che li hanno fondati e li animano sono in realtà degli economicisti, si disperdono in mille rivoli anziché far confluire i mille rivoli nel fiume della rivoluzione socialista. Una considerazione analoga vale per i comunisti che con generosità dedicano i loro sforzi nei mille movimenti particolari (No TAV, No Dal Molin, No VAT, ecc. ecc.) che compongono la lotta di classe e testimoniano della sua forza e della sua estensione.

Noi chiamiamo i comunisti impegnati nei movimenti a fare di ognuno di essi una scuola di comunismo e a portare in ognuno di essi la luce e la forza dell’obiettivo comune che ogni movimento deve perseguire per realizzare il suo obiettivo particolare: fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuire così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.

D’altra parte ci impegniamo a fare sì che la loro opera contribuisca comunque alla rinascita del movimento comunista. Infatti la sorte del movimento comunista non dipende principalmente da chi non se ne fa promotore cosciente e volontario. Dipende principalmente da chi, avendo compreso in misura sufficiente i risultati, le condizioni e le forme della lotta di classe, proprio per questo è in grado di volgere a vantaggio della rivoluzione socialista anche l’opera che compie inconsapevolmente chi non se la propone come obiettivo.

3.

Quelli che non adottano sistematicamente il materialismo dialettico come metodo per conoscere e metodo per trasformare la realtà. Un’arretratezza ancora largamente presente anche tra i membri del (n)PCI.

La trasformazione della società borghese in società comunista avviene secondo determinate leggi. L’autonomia ideologica dei comunisti rispetto alla borghesia, al clero, alle altre classi dominanti consiste nella scoperta e assimilazione di queste leggi. L’autonomia politica consiste nell’impiego di quelle leggi, nella linea che in accordo con quelle leggi guida l’azione che trasforma la realtà. L’autonomia organizzativa consiste nella costruzione degli strumenti organizzativi necessari per farlo.

La fecondità degli sforzi dei comunisti che inalberano l’obiettivo di fare dell’Italia un nuovo paese socialista dipende da quanto applicano il materialismo dialettico come metodo per conoscere la realtà che devono e vogliono trasformare e da quanto applicano il materialismo dialettico come metodo per trasformarla. Molti compagni profondono grandi e generosi sforzi, ma compiono operazioni decise in base all’abitudine, a pregiudizi; imitano quello che fanno organismi e politicanti che dipendono da altre classi e hanno altri obiettivi che la rinascita del movimento comunista e l’instaurazione del socialismo; non rompono con decisione anche nella forma con le regole e gli usi stabiliti dalla borghesia di sinistra. Non riescono quindi a farsi ascoltare dagli operai avanzati e dagli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari.

Alcuni compagni stanno compiendo seri sforzi per passare “dal praticismo alla pianificazione, esecuzione e bilancio”. Ma essi omettono proprio il passaggio decisivo: l’analisi materialista dialettica della situazione concreta in cui operano. Noi comunisti non cambiamo i fatti che tutti conoscono o, più precisamente, che sono sotto il naso di tutti. Ma noi proponiamo una comprensione più profonda e più ampia di essi. Proponiamo di concentrare l’attenzione sulla trasformazione che in ognuno di essi si manifesta, sulle relazioni che legano ognuno di essi agli altri. Proponiamo di usare il materialismo dialettico come metodo per conoscerli, per raggiungere una conoscenza della trasformazione in corso nell’ambiente in cui operiamo, nei gruppi e negli individui che lo compongono: una conoscenza grazie a cui la nostra attività diventa meno cieca, più efficace. Il Partito ha compiuto e propaganda un’analisi della situazione generale del paese. Da essa ha derivato la sua linea e gli obiettivi generali che indica alle sue organizzazioni e ai suoi membri. Ma questo non basta: bisogna che ogni organismo e ogni membro compia l’analisi della particolare situazione concreta in cui lavora. È la premessa per riuscire a realizzare gli obiettivi generali del Partito nella situazione concreta. Per ogni compagno e organismo comunista l’analisi materialista dialettica della situazione concreta in cui opera è oggi l’aspetto principale del progresso che bisogna compiere.


Cosa si intende per analisi materialista dialettica della situazione?

Ogni compagno e ogni organismo, dalla CP all’ultimo organismo della carovana del (n)PCI, lavora in una situazione determinata e concreta. Il compagno o organismo che non considera la situazione concreta in cui lavora, che fa lo stesso lavoro indipendentemente dal luogo e dal tempo in cui lavora, è di principio fuori strada. È fortuna se ne imbrocca una giusta. Fortunatamente succede spesso, perché l’istinto, l’esperienza e la pratica sociale aiutano dove non c’è ancora comprensione: ma l’autonomia del compagno e dell’organismo sostanzialmente non esiste ancora e la borghesia, il clero e i revisionisti la fanno da padroni. Che ogni compagno si chieda, ad esempio, in cosa ha cambiato il suo lavoro quando il governo PAB ha preso il posto del governo BBF!

Ogni situazione è determinata per il tempo e per il luogo, sotto l’aspetto sociale (le attività con cui i vari gruppi sociali si procurano da vivere - i rapporti di produzione, le relazioni dei più vari generi tra individui, i raggruppamenti: aziende, famiglie, quartieri, ecc.), politico, culturale, economico, ecc., per gli aspetti quantitativi (estensione, popolazione, ecc.) e qualitativi (classe, genere, età, ecc.), con determinate dinamiche interne e determinate relazioni esterne, con una storia alle spalle che l’ha fatta quella che è, con in sé presupposti e potenzialità positive e negative, ecc. La guida migliore all’analisi materialista dialettica della situazione è lo scritto di Marx Il metodo dell’economia politica (reperibile nella sezione Classici del marxismo del sito Internet del Partito http://lavoce-npci.samizdat.net).

Fare l’analisi materialista dialettica della situazione significa scomporre (analizzare significa dividere) la situazione nei suoi elementi costitutivi: quelli che hanno abbastanza autonomia rispetto agli altri da meritare uno studio del loro movimento (e già qui ci vuole una certa abilità per distinguerli: abilità che si impara, si acquisisce con la pratica e la riflessione sulla pratica, la critica e l’autocritica, la lotta contro il soggettivismo, il dogmatismo, l’eclettismo, l’empirismo, il pragmatismo, l’opportunismo, la superficialità, la presunzione e con l’insegnamento di quelli che ci hanno preceduto in questo lavoro). Ogni componente è in movimento ed è in relazione con gli altri: che movimento sta compiendo? In che relazione è con gli altri? Di ogni componente bisogna studiare la natura: ciò che lo fa muovere, che lo spinge a trasformarsi, le sue contraddizioni e le sue relazioni con gli altri. La guida migliore in questo studio è lo scritto di Mao, Sulla contraddizione (reperibile anch’esso sul Sito Internet del Partito, nel vol. 5 delle Opere di Mao Tse-tung ).

Il passo successivo è la sintesi: ricomporre gli elementi in cui avevamo scomposto la situazione e ricostruire nella nostra testa la realtà come un tutto unico, con tutti i componenti che abbiamo considerato e la cui natura abbiamo compreso, legati tra loro dalle relazioni che abbiamo individuato. A questo punto per noi la situazione è un libro aperto. Possiamo con cognizione di causa stabilire dove intervenire, dove portare i nostri colpi, per far evolvere la trasformazione della situazione e dei suoi componenti nel senso della rinascita del movimento comunista, del consolidamento e rafforzamento del partito, del raggiungimento degli obiettivi generali che ci poniamo come membri di organizzazioni generali (i compiti che sono affidati all’organismo o al compagno). Fin qui ci siamo serviti del materialismo dialettico come metodo per conoscere la realtà (certo, una conoscenza già mirata, motivata, mossa da obiettivi ben definiti, tutt’altro che accademica: proletaria e rivoluzionaria insomma). Da qui in poi il materialismo dialettico ci deve servire principalmente come metodo per trasformare la realtà: linea di massa, individuare, unire e rafforzare la sinistra, ecc. Il compagno e l’organismo elaborano un programma (obiettivi specifici, risorse, ecc. per conseguire gli obiettivi generali affidati al compagno o all’organismo). Dal programma elaborano piani di attività (calendario, tempi, operazioni determinate su aggregati, organismi o individui, forze, ecc. ecc.)

Pianificare, ecc. senza analisi materialista dialettica della situazione non porta a niente di comunista o a poco. Comunque non è il metodo che noi dobbiamo promuovere: nel migliore dei casi è quello che già fanno i compagni che più hanno assorbito dalla borghesia il metodo di lavoro. Ma sono ancora senza autonomia ideologica dalla borghesia. È metodo senza anima, forma senza sostanza, disciplina senza linea. È Liu Shao-chi (Come diventare un buon comunista) invece che Mao. La disciplina senza linea, la disciplina avanti alla linea è metodo borghese. I borghesi industriali, dirigenti, ecc. sono per formazione metodici e disciplinati. Insegnano come lavorare, non perché lavorare. Noi ai nostri compagni spieghiamo in generale perché lavorare (“fare dell’Italia un nuovo paese socialista”). Diciamo anche perché, a livello generale, stante l’analisi materialista dialettica della situazione che facciamo, bisogna fare questo o quello (consolidare e rafforzare il Partito, promuovere la rinascita del movimento comunista, costruire il nuovo potere della classe operaia e delle masse popolari). Ma l’analisi materialista dialettica della particolare situazione concreta in cui il compagno lavora, gli fa vedere perché nella sua particolare concreta situazione deve fare questo e non quello, per contribuire all’obiettivo generale. Se no, cosa pianifica? Se noi trasferiamo il metodo borghese nelle nostre fila, facciamo fallimento, come è successo in URSS e in Cina sotto la direzione dei revisionisti moderni.

Per rendere efficaci gli sforzi che compiamo per la rinascita del movimento comunista ogni compagno e ogni organismo deve incominciare a fare l’analisi materialista dialettica della situazione in cui lavora, applicare il materialismo dialettico come metodo per conoscere la sua particolare realtà, per applicarlo quindi come metodo per trasformare la sua particolare realtà (cioè nel fare un piano, eseguirlo, fare il bilancio).

La mancanza di abitudine e di capacità di fare l’analisi materialista dialettica della situazione concreta e di elaborare da essa la linea d’azione è il particolare tipo di arretratezza che i comunisti più avanzati devono oggi impegnarsi a superare. Come? Incominciando a fare l’analisi, ricavarne una linea d’azione, metterla in opera, riflettere sui risultati e via via migliorare l’analisi e la linea. Facendo, si impara a fare.


Conclusioni

Il terreno è fertile. La crisi della sinistra borghese offre una grande opportunità per fare un salto nella rinascita del movimento comunista. La crisi del capitalismo sta facendo un grande passo in avanti. Lo scontro tra mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e mobilitazione reazionaria delle masse popolari si fa più vivace. Tutto ciò richiede da noi un grande lavoro e offre grandi prospettive di progresso. Da ognuno di noi dipende quanto progredirà la nostra causa, la rinascita del movimento comunista. Molti lavoratori stanno vivendo un periodo di passaggio. Hanno perso ogni fiducia nella sinistra borghese, si rendono ben conto che le lotte rivendicative da sole non portano da nessuna parte, ma non sanno “a che santo votarsi”. A differenza che prima della Rivoluzione d’Ottobre, il socialismo e il comunismo non sono più una “novità”. Per alcuni sono parole vuote e luoghi comuni; per altri sono spauracchi. A differenza che nel periodo successivo alla Rivoluzione d’Ottobre il movimento comunista non è di per sé un potente polo di attrazione per tutti quelli che vogliono farla finita con lo stato di cose esistente. La rinascita del movimento comunista nella fase attuale richiede che noi comunisti combiniamo un vasto lavoro di propaganda con un paziente lavoro di organizzazione.

Ma la forza delle cose, l’esperienza della lotta di classe lavora a nostro favore. Bisogna che noi facciamo risuonare più largamente possibile alcune fondamentali parole d’ordine. Le principali di esse in questi giorni sono le seguenti.

Non c’è niente di fatale in quello che avviene attorno a noi! È solo il risultato del nuovo dispiegarsi della natura dei capitalisti che sono nuovamente liberi dai lacci e laccioli che il movimento comunista aveva loro imposto!

Bisogna privare i capitalisti della libertà! La libertà dei capitalisti è la schiavitù e la precarietà della stragrande maggioranza dell’umanità, il saccheggio e la devastazione del pianeta!

L’internazionalismo del capitalismo è la guerra di sterminio che la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari in ogni angolo del mondo!

È del tutto possibile porre fine all’attuale corso delle cose e instaurare un nuovo ordinamento sociale basato sulla proprietà comune dei mezzi di produzione e su un’attività economica pianificata e volta al benessere degli uomini!

Le lotte per la difesa delle conquiste, contro la precarietà e la schiavitù salariale, per i diritti e i redditi dei lavoratori, per condizioni di lavoro e di vita dignitose saranno nuovamente vittoriose se avranno nuovamente alla loro testa un movimento comunista che lotta per instaurare il socialismo e che trae profitto e insegnamento dalla prima ondata della rivoluzione proletaria e dall’esperienza dei primi paesi socialisti!

La difesa delle conquiste è possibile!

Nessuna legge naturale ci costringe a subire le angherie dei capitalisti!

Gli operai possono prendere in mano il destino del paese, ma ci riusciranno solo se sono decisi a fare a meno dei capitalisti e di tutti i loro servi e a instaurare nel nostro paese un nuovo più avanzato ordinamento sociale senza capitalisti!

Gli operai avanzati devono nuovamente mobilitarsi attorno al partito comunista e prendere la direzione delle lotte dei loro compagni di lavoro e del resto delle masse popolari, organizzarli e guidarli a lottare efficacemente contro la borghesia imperialista per instaurare il socialismo!

I comunisti devono vincere ogni esitazione, trarre insegnamento dalla vittorie del movimento comunista durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, superare i limiti che hanno impedito la sua vittoria definitiva e soffocato il suo slancio, unirsi a costituire nuovamente un forte partito comunista basato sul marxismo-leninismo-maoismo, mettersi nuovamente alla testa delle lotta degli operai e del resto delle masse popolari per difendere le conquiste, per unirsi con i comunisti degli altri paesi e per fare dell’Italia un nuovo paese socialista!

La denuncia non basta, bisogna passare all’organizzazione e alla mobilitazione! La denuncia da sola, senza prospettiva e proposta, suscita assuefazione, cinismo, rancore, disperazione, individualismo, confusione, sfiducia!

Opporre al potere marcio, corrotto e antipopolare della borghesia imperialista, del clero e della altre classi dominanti, il nuovo potere che la classe operaia e le altre classi delle masse popolari costruiscono organizzandosi e aggregandosi attorno al partito comunista!

La sinistra borghese sta cedendo ogni giorno nuove posizioni alla destra borghese! Essa non fa che consigliare ai nemici del popolo cosa dovrebbero fare per non essere quello che sono, invece che dedicarsi a mobilitare e a organizzare le masse popolari! La direzione della sinistra borghese spinge le masse popolari all’abbandono della lotta e della solidarietà e al cinismo! La sinistra borghese denigra il movimento comunista!

Che ogni comunista, ogni rivoluzionario, ogni anticapitalista moltiplichi le sue forze organizzandosi con quelli che già la pensano come lui o sono più avanti!

Impedire con la mobilitazione delle masse popolari che la borghesia riesca a realizzare con il governo del circo Prodi quello che non è riuscita a realizzare con il governo della banda Berlusconi!

Rafforzare la struttura clandestina centrale del (nuovo) Partito comunista, moltiplicare il numero dei Comitati di Partito e migliorare il loro funzionamento, sviluppare il lavoro sui quattro fronti indicati dal Piano Generale di Lavoro!

Costruire in ogni azienda, in ogni zona d’abitazione, in ogni organizzazione di massa un comitato clandestino del (n)PCI!

Queste devono essere oggi le nostre parole d’ordine, le nostre idee-forza per sfruttare a fondo per la rinascita del movimento comunista la condizione favorevole della lotta di classe e la crisi della sinistra borghese.

Nicola P.