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Problemi di strategia

 Scioperi alla riversa

Come potete pensare di copiare da un paese arretrato, contadino, semifeudale, semicoloniale, immenso come era la Cina la strategia delle rivoluzione in Italia?”. È un’obiezione che spesso ci sentiamo fare, in Italia e in sede internazionale. Noi rispondiamo: “Non è dalla rivoluzione in Cina che noi copiamo la strategia che bisogna seguire in Italia. L’abbiamo scoperta studiando l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria nei paesi imperialisti, ivi compresa l’Italia, alla luce della teoria della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata che Mao ha elaborato ed esposto riferendosi alla rivoluzione in Cina. Vi invitiamo a ristudiare quell’esperienza paese imperialista per paese imperialista e a chiedervi cosa ha impedito la vittoria della rivoluzione socialista”. Per questo pubblichiamo particolarmente volentieri la lettera del compagno Roberto.

 

Cari compagni della Redazione,

dopo aver studiato l’articolo Pietro Secchia e due importanti lezioni pubblicato su La Voce n.26 , ho pensato subito ad un momento molto importante per il proletariato della mia zona: gli “scioperi alla riversa”.

Nel 1951 il PCI fece un’inchiesta molto articolata sulle condizioni di vita delle masse popolari della provincia di Latina, in particolare dei paesi situati sulle colline dell’entroterra. Molto alta fu la partecipazione delle masse popolari a questa inchiesta. Su 7.000 schede distribuite ne vennero compilate 5.000. Da questa inchiesta emergeva un profilo drammatico: alta era la miseria e la disoccupazione.

Poiché chi non ha lavoro non può scioperare, il PCI lanciò allora gli “scioperi alla riversa”: si iniziò a protestare lavorando, costruendo opere di pubblica utilità e chiedendo al contempo il finanziamento dei lavori alle istituzioni politiche.

Questa linea permise di sviluppare una mobilitazione di massa nell’entroterra della provincia.

La feroce risposta dello Stato non piegò le masse popolari anzi rafforzò la solidarietà di classe tra i proletari: se in un Comune i carabinieri sequestravano i viveri raccolti nel paese per i manifestanti, dai paesi limitrofi ne giungevano dei nuovi.

Alla fine lo Stato cedette e pagò i proletari per il lavoro svolto (costruzione di strade, ecc.).

Nelle elezioni che si tennero nello stesso anno nei vari Comuni dell’entroterra della provincia di Latina, quasi ovunque il PCI conquistò la maggioranza... per tenerla poi fino agli anni ’90.

Penso che questo esempio particolare confermi la linea generale sviluppata nell’articolo Pietro Secchia e due importanti lezioni : il PCI dopo non aver preso il potere con la Resistenza, quindi dopo essere passato dalla fase della difensiva strategica a quella dell’equilibrio, per accumulare forze per preparare il nuovo cambio di fase doveva mettersi alla testa della ricostruzione del paese.

Questa esperienza dimostra che in alcune zone esisteva questa tendenza. Un direzione maoista sarebbe stata in grado di applicare il principio “dalle masse alle masse” ed elaborare dal particolare una linea generale.

Prima di leggere l’articolo su Secchia mai avevo analizzato gli “scioperi alla riversa” in quest’ottica! È proprio vero: la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata permette di analizzare da un livello superiore sia il presente che il passato! Per convincersi che essa è la strategia della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, bisogna ristudiare alla luce della concezione della GPR di LD l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria nei paesi imperialisti.

Viva il (nuovo)PCI!

Roberto, Latina, 21 settembre 2007