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   Lotta contro la repressione

Crescono tra le masse popolari il malcontento e la resistenza di fronte alla deriva (guerra, distruzione della coesione sociale, eliminazione delle conquiste, riarmo, precarietà, carovita, arbitrio delle polizie, della magistratura e degli altri corpi della Pubblica Amministrazione, razzismo, emarginazione, malavita, arroganza, imbrogli) in cui la borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti ci stanno sospingendo. La borghesia ricorre sempre più alla repressione: si tratta ancora sostanzialmente di repressione mirata ma il ventaglio dei bersagli politici si allarga e una parte importante della popolazione, gli immigrati e i giovani, sono già di per sé, per la razza gli uni e per l’età gli altri, trattati dallo Stato come popolazione sospetta, inaffidabile. Il regime di controrivoluzione preventiva regge sempre meno, scricchiola. Lo Stato permissivo dell’impunità per i ricchi e i potenti (da Berlusconi a Prodi a Tronchetti Provera) e dell’immunità per il Vaticano e i funzionari della sua Chiesa, diventa lo Stato della tolleranza zero per immigrati e giovani. Un regime di controrivoluzione preventiva poggia su 5 pilastri e perché sia efficace occorre che ognuno dei cinque sia in condizione di fare la sua parte, mentre in Italia alcuni di essi già scricchiolano assai. (1) Quindi la repressione si allarga e assieme si allargano anche la resistenza alla repressione, la lotta contro la repressione e la solidarietà.

Partiamo dalla persecuzione della “carovana” del (n)PCI. In primavera abbiamo conseguito una vittoria: abbiamo impedito l’estradizione dalla Francia in Italia e la “caccia grossa” in Italia (per i dettagli rimando a La Voce n. 26). Ma le condanne sono state pesanti e platealmente esagerate. Il 21 e 22 novembre al Tribunale di Parigi ci sarà l’Appello. Obiettivo: ridimensionare le pene. Obiettivo realistico data la mobilitazione contro il “processo iniquo” che si è creata in Francia e in Italia contro la montatura del terrorismo (durata 3 anni) e poi contro il processo-vendetta per documenti falsi. Intanto in Italia è sempre sospeso l’Ottavo Procedimento per associazione sovversiva (art. 270), anch’esso come il procedimento francese fomentato dall’illegale e ancora misterioso (quanto ai nomi dei componenti) “Gruppo franco-italiano sulle minacce gravi” costituito a Roma il 4 marzo 2004. Da marzo 2007 Giovagnoli ha passato il suo procedimento (aperto nel settembre 2003) al GUP Rita Zaccariello e ne ha aperto un altro (n. 1430/05). Sarà il Nono Procedimento Giudiziario per associazione sovversiva dal 1981 contro la “carovana” del (n)PCI. Di esso per ora si sa solo che parte dalle carte che il ROS di Napoli nel 2001 ha rifilato al PM Stefania Castaldi e su cui inutilmente questa fino al 2005 ha cercato di costruire un suo procedimento.

Su La Voce siamo ritornati ripetutamente su questi procedimenti a carico del Partito. Non per informare i lettori, che sono certamente già informati tramite i sistematici comunicati del CAP(n)PCI e del P-CARC. Ma per illustrare la linea seguita. Una linea basata sistematicamente su “due gambe”: la mobilitazione delle masse popolari in proteste contro la repressione e in azioni di solidarietà con i compagni e l’organizzazione presi di mira da una parte e dall’altra la massima valorizzazione della contraddizione che la repressione crea in seno alla stessa borghesia. Il risultato doveva essere ed è stato un processo d’attacco, mettere la borghesia sotto processo. Partiamo dal fatto che in un regime di controrivoluzione preventiva le masse popolari, l’acquiescenza delle masse, il basso livello di coscienza e mobilitazione politica e di organizzazione, il controllo che la borghesia esercita sulle masse tramite proprie organizzazioni, partiti e personaggi sono il punto debole del suo sistema di potere. La borghesia ne ha bisogno e quindi deve tenerle buone. La crisi generale e l’azione dei comunisti congiurano a rendere difficile la cosa.

Si comprendono e si promuovono da comunisti la lotta contro la repressione e la solidarietà con i colpiti dalla repressione come componenti della mobilitazione della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari ad abbattere il capitalismo e instaurare il socialismo, se si ha una comprensione abbastanza giusta del regime di controrivoluzione preventiva. In questo regime la repressione non è lo strumento principale di preservazione della sottomissione delle masse popolari. Ben inteso, come ogni Stato anche lo Stato della controrivoluzione preventiva reprime; contro le classi oppresse si serve di armi, polizia, forze armate, violenza e carceri. Ma la sua particolarità è che cerca di usare questi strumenti il meno possibile, nel modo più discreto possibile, il più segretamente possibile, il più lontano possibile dagli occhi delle masse popolari, nel modo più selettivo possibile. Cerca di evitare di dover ricorrere a questi strumenti. Cerca di “non svegliare il can che dorme”. Il “can che dorme” sono le masse popolari. E qui sta il suo punto debole, su cui noi comunisti lo attacchiamo. Questa è la base della linea che il (n)PCI segue nella lotta contro la repressione.

Il regime di controrivoluzione preventiva scricchiola e quindi la repressione si allarga: è la dialettica rivoluzione-controrivoluzione. L’obiettivo dei comunisti degni di questo nome è adoperarsi perché la rivoluzione sopravanzi la controrivoluzione. La lotta contro la repressione e la solidarietà aiutano organismi e singoli a resistere alla repressione. Più che la moltiplicazione delle vecchie operazioni repressive, oggi sono la varietà e gli aspetti nuovi dell’attività degli organi repressivi dello Stato e delle classi dominanti (anche nel campo della repressione la privatizzazione - guardie giurate, guardie del corpo, porto d’armi, sistemi di protezione, ecc. - è molto avanzata e il controllo del territorio con lo squadrismo e i sistemi strumentali si allarga) che permettono di capire meglio il corso delle cose. Mi limito a segnalare alcune operazioni-tipo.

Il processo per “concorso morale in devastazione e saccheggio” contro i compagni che l’11 marzo 2006 hanno partecipato alla dimostrazione che doveva impedire ai fascisti di compiere per le vie di Milano pubblica apologia del fascismo, di portare insomma nelle piazze la riabilitazione del fascismo a cui hanno congiuntamente lavorato negli anni passati destra e sinistra borghese: Berlusconi e Violante, Napolitano e Bertinotti.

 

 

Comunicati recenti della CP
sulla lotta sul primo Fronte



-  19 giugno 07 (GIRP) - Difendere l’agibilità politica dei comunisti e di ogni membro e organismo che lotta per trasformare l’attuale società!

-  04 settembre 07 - Libertà per José Maria Sison!

-  16 settembre 07 - José Maria Sison scarcerato in Olanda dopo 15 giorni di detenzione!

 

 

Il processo per “devastazione e saccheggio” contro i manifestanti del 2001 a Genova (luglio) e a Napoli (marzo): si badi bene, contro i manifestanti, non contro i promotori e autori del tentativo golpista, che anzi il governo di centrosinistra ha addirittura promosso Di Gennaro, Manganelli, ecc.

Si allarga la “caccia al terrorista” nei sindacati. Espulsioni dai sindacati di regime di membri del P-CARC e di veri o presunti membri del (n)PCI, espulsioni dei membri o sospetti membri del PCm-l (Partito comunista politico-militare) nel quadro degli arresti del 12 febbraio con tentativi di mobilitare i loro compagni di lavoro a fare le spie e i delatori, il licenziamento e l’espulsione in settembre a Napoli di Ciro Crescentini, funzionario e dirigente provinciale (segreteria) della FILLEA, il controllo combinato carabinieri-sindacato sugli iscritti (nell’ambito del bilancio della Difesa la dotazione dei CC - promossi ad arma autonoma dal governo D’Alema nel 1999, è arrivata a 5.5 miliardi annui, quasi il quarto del totale, missioni all’estero escluse). Cresce nella borghesia l’inquietudine per l’attività dei sindacati alternativi: una trentina di perquisizioni il 16 ottobre a Torino, Milano, Bergamo, Venezia, Melfi, Potenza, Taranto e Palermo a carico di compagni dello Slai Cobas per il sindacato di classe, ordinate dalla Procura di Potenza (Francesco Basentini).

Volendo come il fascismo negare e soffocare la lotta di classe (“concertazione” è la parola d’ordine e la linea che tutti devono condividere, se non la condividono sono “terroristi”) anche oggi nei sindacati di regime si espande la caccia ai comunisti. Negli anni ’30 tra i comunisti arrestati e passati al Tribunale Speciale i membri dei sindacati di regime erano numerosi. Tanto per fare un esempio, nel 1930 68 su 173 comunisti arrestati a Bologna erano attivisti sindacali, 94 su 190 a Ravenna, Forlì e Ferrara, 24 su 38 a Reggio Emilia, 5 su 35 a Parma, 4 su 19 a Livorno (Renzo De Felice, Mussolini il duce , I, pag. 93 nota 3 che cita rapporti di Polizia). Ora Epifani ha eretto a spartiacque tra buoni e cattivi, oltre alla concertazione, anche l’appoggio al governo Prodi: quindi l’area dei sospetti si è di molto allargata (vedi Comitato direttivo nazionale CGIL del 22 e 23 ottobre).

Lo scenario italiano ha le sue particolarità, ma è in linea con la tendenza europea, per non parlare degli USA. Cito alcuni casi esemplari: l’arresto dei 23 dirigenti di Batasuna nei Paesi Baschi il 4 ottobre; l’arresto del dirigente comunista filippino José Maria Sison in Olanda (scarcerato dopo 15 giorni a seguito di diffuse proteste); il fermo a Parigi su richiesta di estradizione delle Autorità Italiane di Marina Petrella (una reduce degli “anni di piombo”: il principio della pena-vendetta premia sempre più sulla finzione della reintegrazione sociale, il comunismo diventa un’aggravante di ogni reato comune ed è punito con una pena che supera quella del reato comune); la generalizzata caccia ai simpatizzanti della Resistenza antimperialista dei popoli arabi-musulmani.

Il Partito comunista italiano chiama tutti i comunisti, i lavoratori avanzati e i progressisti a intensificare e diffondere la lotta contro la repressione e la solidarietà e chiede a tutti i Comitati di Partito di migliorare il livello del loro intervento sul primo Fronte.

 

Note

1. Sul regime di controrivoluzione preventiva, vedere l’articolo a pag. 47 - 53 in questo numero della rivista.