Una compagna ha protestato presso la redazione di
La Voce . Ci ha fatto notare che il bilancio della lotta contro la repressione pubblicato sul n. 26 (
Un
duro colpo per il “Gruppo franco italiano sulle minacce gravi”: una
vittoria nella lotta contro l’estradizione dei tre militanti del
(nuovo)Partito comunista italiano ) non illustra in modo giusto
il rapporto di appoggio e influenza reciproci (il rapporto dialettico,
la dialettica, per dirla in breve) tra il lavoro condotto dal Partito
clandestino e il lavoro condotto dalle organizzazioni legali per la
difesa degli spazi di agibilità politica. In effetti nell’articolo
questo rapporto viene accennato ma non trattato in misura adeguata
all’importanza che ha. Il modo in cui è accennato e soprattutto il
silenzio che l’articolo mantiene in proposito, lasciano adito a
interpretazioni opportuniste che di tanto in tanto fanno capolino anche
all’interno della “carovana” (fu il caso in primavera dell’ex
segretario della Federazione Toscana del P-CARC): “Spetta al Partito
clandestino difendere l’agibilità politica. Le organizzazioni legali
non possono che cedere alle pressioni e ai ricatti che di fatto le
Autorità esercitano, adottare comportamenti compatibili, limitarsi ai
discorsi tollerati, rinunciare ai diritti politici conquistati con la
Resistenza”. In effetti la lotta di cui tratta il bilancio esposto nel
n. 26 di
La Voce non l’avremmo condotta
vittoriosamente se le organizzazioni legali che compongono la
“carovana” non avessero partecipato senza risparmio di energie, non
avessero difeso l’agibilità politica praticandola, denunciando in
Italia, con una brillante campagna “su due gambe” (cioè rivolta alla
mobilitazione delle masse contro la repressione da un lato e dall’altro
a valorizzare le contraddizioni che a proposito della repressione
esistono in seno alla borghesia) gli sporchi e illegali piani del
“Gruppo franco-italiano sulle minacce gravi”. Il Partito clandestino
non è stato e non doveva essere l’unico soggetto di quella lotta. Per
vincere non può e non deve essere l’unico soggetto della lotta contro
la repressione. Esso è la “base rossa” che da un lato rafforza la lotta
immediata di tutte le organizzazioni legali e dall’altro le dà
prospettiva. Ha il ruolo principale, senza di esso tutto avrebbe un
senso diverso. La capacità del Partito di esistere e di continuare il
suo lavoro, quali che siano gli sforzi e le operazioni della borghesia
imperialista per stroncare il movimento comunista, è la condizione
necessaria perché tutte le altre attività del movimento comunista
assumano il ruolo di singole campagne e operazioni di una guerra che
può concludersi con la vittoria. Senza di quello, tutto il complesso di
lotte della classe operaia e delle masse popolari si trasforma in un
agitarsi più o meno diffuso e in scontri in ordine sparso che non
possono concludersi con l’instaurazione di un nuovo ordinamento
sociale. Ma il Partito non è e non deve mai ridursi a essere, in nessun
campo e Fronte, l’unico combattente. Vale per la lotta condotta sul
primo Fronte quello che vale per tutte le altre lotte, per tutto il
lavoro di massa che si articola nei quattro Fronti indicati dal Piano
Generale di Lavoro. Riservare la lotta contro la repressione
all’organizzazione clandestina è la posizione dei militaristi da un
lato e degli opportunisti dall’altro. È contrario alla nostra
concezione. Il Partito clandestino, attraverso la linea di massa, in
ogni battaglia cerca di mobilitare tutte le forze possibili. Il livello
ideologico di ogni FSRS determina, si riflette nel suo grado di
adesione alle battaglie condotte dal Partito. Di fatto la “carovana” e
in particolare il Partito dei CARC è l’organizzazione legale più
avanzata in Italia. Questo gli ha permesso di partecipare alla lotta
contro l’OPG con creatività, efficacia e lungimiranza. Senza il suo
contributo quella battaglia non l’avremmo vinta. Anche nella difesa
degli spazi di agibilità politica vi è una dialettica tra il Partito
clandestino e le organizzazioni legali e anche in questa lotta la
direzione del Partito si attua tramite la linea di massa, come è
indicato nell’articolo
La resistenza alla repressione e la lotta contro la repressione (nel n. 25 di
La Voce ) che illustra la concezione del Partito circa la lotta che si conduce sul primo Fronte.