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Sulla mobilitazione delle masse popolari

La strategia che il (nuovo)PCI segue per fare dell’Italia un nuovo paese socialista è la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. Questa strategia, che il bilancio scientifico della prima ondata della rivoluzione proletaria evidenzia essere di carattere universale, può essere sintetizzata con la formula “mobilitazione e organizzazione delle masse popolari sotto la direzione del partito comunista contro la borghesia imperialista”. Questa strategia fa tabula rasa di tutti i soggettivismi che pongono i piccoli gruppi o addirittura l’individuo al di sopra delle masse nell’azione rivoluzionaria. La guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata costituisce infatti l’elaborazione più alta prodotta dal movimento comunista per quanto concerne la via al socialismo: essa poggia sulla consapevolezza che sono le masse, e non l’individuo, a fare la storia e, allo stesso tempo, non tralascia la necessità di fondere, dialettizzare l’azione di direzione sviluppata dell’avanguardia del proletariato, il partito comunista, sul movimento delle masse in rivolta. La guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata è la sintesi dialettica del movimento spontaneo delle masse con l’azione cosciente dell’avan-guardia del proletariato, il partito comunista.

L’accumulazione di forze rivoluzionarie intorno al partito comunista contro la borghesia imperialista è il cuore della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. Emerge con chiarezza che per poter condurre con efficacia la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata il partito comunista deve studiare, elaborare, assimilare e usare le leggi che regolano il movimento delle masse popolari. L’esperienza fin qui accumulata nella lotta che il (nuovo)PCI conduce contro il sistematico lavoro di contro-rivoluzione preventiva sviluppato dalla borghesia imperialista contro la costruzione del partito, fornisce del materiale prezioso per ricavare e elaborare leggi generali sulla mobilitazione delle masse popolari. Questo materiale viene sprecato se passiamo da lotta a lotta senza fare ogni volta un accurato bilancio dell’esperienza.

Di particolare rilievo si pone l’esperienza della lotta condotta nella zona di Priverno (LT) contro l’arresto del compagno Angelo D’Arcangeli, simpatizzante del (n)PCI e collaboratore della Delegazione della CP. Qui di seguito ripercorreremo i vari stadi della mobilitazione, evidenziandone le caratteristiche e mettendo in luce gli elementi che hanno permesso alla lotta di evolversi e vincere. In altre parole, studieremo come l’intervento dei comunisti ha permesso di strappare di mano le redini alla borghesia imperialista, creando nella zona di Priverno una combinazione di forze che ha trasformato la repressione in un contributo alla lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

In seguito all’arresto del compagno, condotto dalle Autorità Francesi su richiesta delle Autorità Italiane il 19 luglio 2005, nel suo paese di origine, Priverno (LT), è stato costituito il Comitato di Solidarietà per la Liberazione di Angelo D’Arcangeli (CSLAD). Questo comitato ha condotto inizialmente un lavoro di informazione sulla persecuzione del (n)PCI, persecuzione in cui il compagno è coinvolto, e successivamente di mobilitazione delle masse popolari del posto. Ci troviamo davanti quindi a due differenti momenti che presentano caratteristiche specifiche e che quindi è bene analizzare in maniera separata.

1. Il lavoro di informazione sulla persecuzione del (n)PCI.

Il CSLAD inizialmente si è attivato per far chiarezza sulla vicenda. Contrastando i tentativi condotti dalla borghesia imperialista, soprattutto attraverso la stampa locale, per infangare il compagno e isolarlo dalle masse popolari del suo paese di origine, il CSLAD ha condotto un lavoro di informazione, attraverso conferenze stampa e assemblee pubbliche, finalizzato a mostrare alle masse popolari del posto la vera natura della vicenda: colpire un compagno per intimidirne cento, con lo scopo di ostacolare il più possibile il lavoro condotto dal (n)PCI per porre fine al marasma materiale e spirituale prodotto dalla borghesia imperialista e per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Nel condurre questo lavoro di informazione, il CSLAD ha evidenziato in maniera chiara e tagliente come la persecuzione del (n)PCI e dei suoi simpatizzanti costituisse una vera e propria violazione dei più elementari diritti politici. Cosi facendo, il CSLAD ha: a) legato l’operato di A. alla lotta che le masse popolari conducono, seppur in maniera ancora istintiva, spontanea e disorganizzata, contro l’attacco ai diritti di civiltà e benessere, contro le continue guerre di rapina, per la costruzione di un mondo migliore; b) mostrato come la lotta per la liberazione di A. costituisse una lotta che toccava tutti perchè metteva in discussione i diritti politici di tutti.

2. Il lavoro di mobilitazione delle masse popolari.

L’operato del CSLAD nel campo dell’in-formazione, ha costruito una barricata contro i tentativi della borghesia imperialista di denigrare e isolare il compagno A. dalle masse popolari del posto e ha trasformato questo infame attacco repressivo sferrato contro il (n)PCI e i suoi simpatizzanti in un elemento per elevare la coscienza di classe delle masse popolari di Priverno e, quindi, in un elemento per rafforzare il rapporto esistente tra le masse popolari del posto con il compagno e tramite lui, con il Partito. L’arresto del compagno è divenuto un problema che toccava tutte le masse popolari di Priverno. E la risposta delle masse popolari del paese non si è fatta attendere: nell’arco di qualche settimana, sono state raccolte dal CSLAD ben 5.000 firme per la liberazione del compagno; artisti locali (gruppi musicali, pittori, ecc.) si sono attivati per contribuire alla mobilitazione delle masse popolari del posto; si è convogliato il movimento popolare che si era prodotto verso forme incisive di mobilitazione (come ad esempio il sit-in davanti al consolato francese con sede a Roma).

Questo fermento delle masse popolari, sotto la direzione del CSLAD, ha aperto delle contraddizioni nei partiti borghesi, nel-l’aristocrazia operaia (sindacati di regime e “partiti amici del popolo”) e istituzioni del posto, anche nell’ambito del clero e delle forze armate. La spinta delle masse popolari, sotto la direzione del CSLAD, ha obbligato tutti i partiti, sindacati e figure istituzionali “progressiste” a prendere posizione per la liberazione di A. Anche la stampa locale, che inizialmente non aveva esitato a colpire con ferocia il compagno, non può fare a meno di allinearsi con il sentimento popolare e gridare all’“ingiustizia”.

Questo fermento inizia a dilagare. Tutti i partiti “amici del popolo” dei paesi dei Monti Lepini (area geografica dove si colloca Priverno) iniziano a prendere posizione con mozioni comunali di solidarietà. Il proliferare di queste mozioni comunali, costringe anche la Provincia di Latina (provincia storicamente fascista) a prendere posizione, all’unanimità, contro la detenzione di A. Tutto questo torrente arriva ad investire addirittura alcuni deputati, i quali si trovano a dover presentare interpellanze parlamentari sull’arresto del compagno.

Per una serie di fattori che non staremo qui ad analizzare perchè sono di importanza secondaria, un deputato francese che si trovava nella zona di Priverno nel periodo della mobilitazione è stato coinvolto, trascinato dal fermento delle masse popolari del posto nella lotta per la liberazione di A., spinto a prendere posizione e a impegnarsi in Francia per far uscire dalla gabbia il compagno.

Emerge chiaramente che ad un certo livello del suo sviluppo, la mobilitazione diretta dal CSLAD ha prodotto una situazione qualitativa superiore.

Il fermento delle masse popolari del posto ha aperto contraddizioni in seno alla classe dominante, irrompendo nel disfacimento prodotto in essa dalla crisi economica e politica che attraversa il sistema capitalista e che fa basculare le istituzioni con cui finora la classe dominante ha governato. Ciò ha aperto la strada alla creazione di un fronte unitario per la liberazione del compagno, che raccogliesse comunisti, sinceri democratici, partiti borghesi, sindacati di regime, partiti “amici del popolo”, preti e anche esponenti delle forze armate. Nello stesso tempo, il fronte unitario ha permesso alla mobilitazione di estendersi, di raggiungere, di coinvolgere, di toccare strati più ampi delle masse popolari. In sintesi, la mobilitazione delle masse popolari ha spinto verso la creazione del fronte unitario e la creazione del fronte unitario ha a sua volta permesso alla mobilitazione di estendersi.

Sarebbe però un errore grave di analisi della realtà pensare che tutto ciò si sia prodotto “spontaneamente”. Gli architetti e i costruttori di tutto questo processo sono stati infatti i comunisti. Senza la direzione dei comunisti, innanzitutto il CSLAD non si sarebbe mai creato. Il movimento spontaneo delle masse popolari sarebbe stato diretto dalla borghesia imperialista contro il compagno e contro il (n)PCI. I partiti borghesi e tutta la ciurma di cui abbiamo finora parlato si sarebbe ben guardata dal creare un fronte comune per la liberazione del compagno. In sintesi, anziché di una mobilitazione rivoluzionaria (ossia una mobilitazione delle masse popolari che costituisce un contributo alla lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista), le masse popolari sarebbero state protagoniste di una mobilitazione diretta dalla borghesia imperialista, di una mobilitazione reazionaria (dunque una mobilitazione finalizzata a conservare il sistema economico, politico e sociale vigente, attraverso la contrapposizione di masse contro masse - che in questo caso avrebbe significato contrapposizione dei comunisti al resto delle masse popolari).

Ma quali sono stati gli strumenti adottati dai comunisti nel condurre questa lotta? Ritengo che gli strumenti siano stati essenzialmente due: 1) la linea di massa; 2) la lotta tra le due linee.

Attraverso la linea di massa, i comunisti hanno raccolto dalle masse popolari i sentimenti più avanzati che esse esprimevano (indignazione e ribellione contro l’arresto di A.), l’hanno sostenuta e rafforzata con contenuti ideologici e politici (l’arresto di A. era una violazione dei più elementari diritti politici e metteva in discussione i diritti politici di tutti; l’operato di A. è al servizio delle masse popolari, perchè è finalizzato alla costruzione dell’unico mondo migliore: il socialismo) e, inoltre, hanno convogliato questa spinta proveniente dagli elementi più avanzati delle masse popolari verso forme organizzative e iniziative adeguate (CSLAD, conferenze stampa, assemblee pubbliche, raccolte firme, concerti, sit-in). Cosi facendo, hanno tolto il terreno da sotto i piedi alla borghesia imperialista, la quale, al contrario, cercava di mobilitare la parte più arretrata delle masse popolari per far prevalere il sentimento di sfiducia verso il possibile cambiamento della società, il sentimento di paura verso il cambiamento e, quindi, il sentimento di astio verso coloro che si pongono alla testa del cambiamento: i comunisti.

Attraverso la lotta tra le due linee, i comunisti hanno tenuto in mano le redini della lotta per la liberazione del compagno A., lottando al loro interno contro le tendenze che, se si fossero affermate, avrebbero permesso alla borghesia imperialista, con tutta la sua ciurma di partiti, sindacati, istituzioni, preti e sbirri, di prendere la direzione della mobilitazione e portarla allo spegnimento (per fare un esempio che, con le dovute proporzioni, può risultare calzante, la borghesia avrebbe fatto quello che il PRC e Bertinotti hanno fatto dopo l’assassinio del compagno Carlo Giuliani, caduto con onore a Genova: allontanare la mobilitazione dalle piazze e spostarla in Parlamento, dove, tra i labirinti burocratici e i tempi anestetizzanti delle Commissioni di Inchiesta, la protesta si sarebbe dispersa e sarebbe stata risucchiata dall’inconcludenza).

A loro volta, l’utilizzo della linea di massa come principale metodo di direzione e l’utilizzo della lotta tra le due linee come principale strumento dei comunisti per mantenere in mano la direzione e non cederla alla borghesia imperialista, sono state combinate nel giusto modo attraverso l’utilizzo 1) dello strumento dell’inchiesta; 2) del sistematico bilancio dell’esperienza. È bene non sorvolare su questi due elementi che costituiscono parte delle fondamenta su cui si regge il metodo di lavoro dei comunisti.

Attraverso l’inchiesta, i comunisti hanno compreso quali fossero gli stati d’animo, le idee, le proposte più avanzate espresse dalle masse popolari, valorizzandole e rafforzandole attraverso un arricchimento ideologico e forme organizzative adeguate. Senza inchiesta sulle masse popolari, i comunisti sono navigatori senza bussola. L’inchiesta costituisce infatti la vista, l’olfatto, l’udito, il tatto, il gusto dei comunisti, i cinque sensi con cui i comunisti captano la realtà, raccolgono informazioni dalle masse popolari. Come i cinque sensi legano l’uomo a ciò che lo circonda, l’inchiesta lega i comunisti alla realtà e alle masse popolari.

Attraverso il sistematico bilancio dell’espe-rienza, i comunisti hanno potuto tirare le somme, fase per fase, del loro operato, verificare la loro analisi della realtà, la linea elaborata e attuata, valorizzando gli aspetti positivi e ricavando insegnamenti dagli eventuali errori e facendo leva sui primi per superare i secondi, per trasformarsi ed essere all’altezza della situazione.

L’intervento dei comunisti ha permesso alle masse popolari della zona di Priverno di vivere una vera e propria “scuola di comunismo”. Questa lotta ha scosso e accelerato il processo di elevazione della coscienza delle masse popolari del posto, coscienza che per motivi oggettivi (assenza di grandi complessi industriali nella zona e quindi sostanziale assenza della classe operaia, basso tasso di sindacalizzazione dei lavoratori, dispersione dei lavoratori - elevato numero di pendolari, ditte a gestione familiare, assenza di luoghi di aggregazione per le masse popolari) certo non poteva essere paragonata a quella delle masse popolari dei grandi centri industriali, fulcro del capitalismo e della lotta di classe. Decine e decine di studenti, lavoratori, pensionati e casalinghe hanno infatti vissuto sulla propria pelle che è giusto ribellarsi contro le ingiustizie e le infamie perpetrate dalla borghesia imperialista nei confronti delle masse popolari e, soprattutto, che è possibile vincere: la liberazione dalle gabbie del carcere di Fresnes del compagno A. è una vittoria indiscutibile. La borghesia imperialista è uscita fortemente screditata agli occhi di larghe fasce delle masse popolari della zona. E i comunisti, al contrario, hanno raccolto la stima, il sostegno, la simpatia da parte di studenti, lavoratori, pensionati e casalinghe della zona. Questa lotta, in sintesi, ha contribuito ad approfondire la divisione tra masse popolari e borghesia imperialista, incrementando il sentimento sempre più diffuso che “avanti così non si può più andare” e ponendo le basi per far affermare a livello di massa la lotta per il socialismo come unica via per uscire dal marasma materiale e spirituale prodotto dalla putrefazione del sistema capitalista. Siamo certi che i comunisti che hanno diretto questa lotta sapranno valorizzare al meglio il patrimonio accumulato, attraverso l’applicazione creativa e scientifica del Piano Generale di Lavoro del (n)PCI.

Questa esperienza risulta essere illuminante su come i comunisti devono lavorare per mobilitare le masse popolari esercitando un ruolo di direzione e orientamento. Il presente articolo mostra i caratteri generali del lavoro condotto, per permettere a tutti i compagni e compagne di ricavare dal presente bilancio strumenti utili per verificare e arricchire il proprio operato nel lavoro di massa. La mobilitazione delle masse popolari è un processo che può e deve essere sviluppato ovunque ci sono le masse popolari: luoghi di lavoro, quartieri, associazioni, università, ecc. Ritengo infatti che l’insegnamento più grande fornito da questa esperienza di lotta sia la conferma che non è vero che “le masse sono arretrate”, che non è vero che “non vale la pena perdere tempo nel lavoro di massa”. Questa esperienza di lotta pone infatti noi comunisti davanti ad uno specchio e ci mostra chiaramente che i risultati prodotti nella mobilitazione delle masse popolari sono legati principalmente al nostro metodo di lavoro e alla concezione che ci guida. Che questa esperienza di lotta sia quindi fermento per avanzare nell’accumulazione di forze rivoluzionarie intorno al (nuovo)PCI!

Claudio G.