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Avanti, per consolidare e rafforzare il (nuovo)Partito comunista italiano!


 

Elevare la qualità del nostro Partito

per porre le basi del suo sano sviluppo quantitativo

 

Il nostro Partito è un piccolo partito comunista. Oggi è l’embrione del futuro partito comunista. Certo, è un embrione sano e vispo, capace di crescere. Ma comunque per ora è ancora soltanto un embrione. Rispetto a cosa è piccolo? Rispetto alle dimensioni che il Partito deve raggiungere e che raggiungerà per essere effettivamente, e non solo nelle aspirazioni dei suoi membri, quello Stato maggiore e corpo di ufficiali di cui la classe operaia ha bisogno.

In Italia gli operai, intesi nel senso indicato nel capitolo 3.2 del Progetto di Manifesto Programma, sono circa 7 milioni. Per orientare, organizzare e dirigere 7 milioni di operai occorrono dai 70 ai 300 mila comunisti. Il resto delle masse popolari ( circa 7 milioni di proletari non operai, 8 milioni di lavoratori autonomi e svariati milioni di studenti, casalinghe e pensionati) il partito comunista li orienterà, organizzerà e dirigerà principalmente attraverso la classe operaia, il suo esempio e le sue organizzazioni di massa. Basta studiare l’una o l’altra delle lotte rivendicative della classe operaia, ad esempio lo sciopero degli operai FIAT di Termini Imerese del 2002, per vedere questa azione della classe operaia sul resto delle masse popolari.

Quindi un corpo di comunisti, un minimo compreso tra 70 e 300 mila, di cui una buona parte operai in forza nelle aziende capitaliste: ecco le dimensioni con cui il nostro attuale Partito deve confrontarsi. E’ questo che ci porta a dire che noi oggi siamo l’embrione del futuro partito comunista.

Ovviamente i ragionamenti fatti e i numeri che ne derivano sono solo orientativi, vengono dalla riflessione sull’esperienza passata e sui rapporti tra le classi nella situazione attuale. Servono a darci un’idea delle dimensioni delle cose. Servono anche a definire realisticamente i nostri obiettivi fase per fase e a delimitare realisticamente le nostre attese. Finché siamo molto al di qua del minimo indicato, è dannoso sognare che il Partito possa effettivamente dirigere la classe operaia, che possa indurla ad adottare nel suo movimento pratico le parole d’ordine generali del Partito (come “fare dell’Italia un paese socialista”) e a seguire le sue iniziative, in particolare quando un brusco cambiamento della situazione esigerebbe un rapido cambiamento degli obiettivi e delle forme di lotta. Oggi il Partito può solo influenzare in una certa misura l’attività pratica e lo stato d’animo della classe operaia; essi però principalmente evolvono ancora in modo spontaneo: cioè sono determinati da fattori diversi dalla coscienza che il Partito ha della via che per la classe operaia sarebbe più vantaggioso seguire. Finché siamo molto al di qua del minimo indicato, l’obiettivo principale che il Partito deve perseguire è la crescita del numero dei suoi membri e delle sue organizzazioni, fermo restando la qualità e le caratteristiche che gli uni e le altre devono avere. Si tratta, attraverso le più varie vicende della lotta di classe e l’attiva azione delle attuali forze del Partito in ognuna di esse, di elevare al livello di membri del Partito il numero maggiore principalmente di operai e in secondo luogo di elementi delle altre classi delle masse popolari: organizzandoli, formandoli e mettendoli contemporaneamente all’opera. Noi non aspettiamo di essere in tanti per fare la rivoluzione. Noi costruiamo oggi quello che saremo domani. Noi manovriamo costantemente sul terreno della lotta di classe con le forze oggi disponibili dandoci obiettivi di crescita delle nostre forze ( di reclutamento) proporzionali alle nostre forze attuali. Essendo ben coscienti e tenendo sempre nella pratica il debito conto che le nostre forze crescono solo se si allarga e approfondisce la lotta della classe operaia e del resto delle masse popolari contro la borghesia imperialista. E’ una legge della lotta di classe: il partito comunista è solo la punta dell’iceberg.

Questa nostra concezione implica sia che noi possiamo crescere (contro ogni forma di disfattismo e di rassegnazione), sia le condizioni e i tempi della nostra crescita (contro ogni forma di avventurismo e ogni fantasticheria). Implica sia il ruolo indispensabile della nostra attività oggi ( contro ogni forma di passività e di attendismo), sia il ruolo invalicabile delle condizioni oggettive dello sviluppo della lotta di classe ( contro ogni atteggiamento da “quanto peggio, tanto meglio”).

Questa nostra concezione ci premunisce da attese miracolistiche e da delusioni disfattiste. Noi cresceremo grazie alla combinazione della giusta applicazione della nostra linea giusta con le vicende e i tempi della lotta di classe, cioè con l’esperienza diretta delle masse popolari nella ribellione alla borghesia imperialista. A questa condizione, qualunque azione della borghesia imperialista, le sue contraddizioni intestine e le sue iniziative forsennate e disperate e insensate o astute, consapevoli o spontanee contro le masse popolari e contro di noi, possono essere da noi trasformate in un fattore della nostra crescita e di rafforzamento del movimento comunista.

Quello che dipende invece interamente da noi e che può condizionare anch’esso i tempi della nostra crescita, è la qualità delle nostre forze. Da esse dipende la giusta applicazione della nostra linea giusta. La qualità delle nostre forze oggi consiste principalmente di tre elementi.

1. La dedizione di ognuno di noi alla causa del comunismo, la capacità di sacrificio e lo slancio rivoluzionario di ogni membro del Partito. La borghesia conduce una sistematica e subdola campagna contro questi valori. La borghesia imperialista esalta e promuove l’individualismo, il merito individuale e il ruolo dell’individuo finché si tratta di rompere la solidarietà operaia e popolare (“ognuno per sé”), di spingere l’individuo a far carriera, a fare soldi, a fare le scarpe agli altri e a sfruttarli, a fare lo spione. Ma contemporaneamente divide e denigra in mille modi l’impegno e lo spirito di sacrificio dell’individuo nella lotta di classe. Non vi sono più le basi perché essa possa suscitare e usare a favore della sua causa queste attitudini umane e cosicché cerca in mille modi di impedire od ostacolare il loro sviluppo a favore della causa del comunismo. Essa insulta e deride l’impegno a lottare per costruire un nuovo mondo come sciocco e giovanile idealismo. In realtà la causa del comunismo verrà a capo dei suoi nemici, la borghesia imperialista e i suoi accoliti e succubi, grazie a comunisti personalmente disposti a ogni sacrificio e capaci di suscitare, in primo luogo con l’esempio, un simile slancio in migliaia e milioni di uomini e donne. I comunisti individualmente sono gli esponenti più generosi ed energici della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari. L’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria non lascia dubbi in proposito. Opere come “Lettere dei condannati a morte della Resistenza”, le memorie di tanti compagni protagonisti della rivoluzione danno larga testimonianza e conferma. La borghesia imperialista denigra in ogni modo i miracoli di eroismo e i sublimi esempi di dedizione personale fino al sacrificio della propria vita che in questi giorni tanti combattenti del popolo palestinese e iracheno danno a tutto il mondo e scoraggia per mille vie dall’imparare da essi. Ma a noi comunisti questi eroi della rivoluzione democratica dei popoli arabi ci ricordano il comportamento di tanti comunisti e semplici lavoratori che hanno reso il movimento comunista invincibile finché ha avuto una linea giusta e per alcuni decenni hanno riempito d’angoscia e di terrore la borghesia imperialista, il clero e tutte le altre classi sfruttatrici.

2. La capacità di orientarsi, di comprendere le condizioni, le prospettive e i risultati della lotta di classe e di tracciare in ogni circostanza una linea giusta. Questa capacità non è né una dote naturale né un dono divino. Concretamente essa oggi proviene dallo studio della concezione comunista del mondo esposta nella rivista e nei comunicati del Partito, dallo studio e dall’applicazione delle linee generali dell’esperienza compiuto da ogni organizzazione e da ogni compagno alla luce della concezione del mondo e della linea del Partito. Dei tre elementi di cui sto parlando, questo secondo è quello il cui sviluppo oggi condiziona lo sviluppo degli altri: è l’elemento principale.

Oggi nel nostro pur piccolo Partito vi sono compagni che non studiano La Voce e i Comunicati della CP come testi che espongono la nostra concezione del mondo, come testi di scienze politiche che educano i lettori a comprendere e decidere con autonomia nelle situazioni concrete in cui essi operano. Al contrario, li leggono in fretta, come articoli di commento a fatti di cronaca o direttive per l’azione, attenti solo a vedere se su quel preciso fatto “dicono qualcosa di nuovo” o “assumono una posizione diversa da quella che essi hanno”. In una simile frettolosa lettura essi colgono solo o principalmente la conferma delle loro credenze e continuano quindi a fare grossomodo quello che hanno sempre fatto. Questi compagni non esigono nulla per sé dalla rivista e dai Comunicati del Partito. Come se non fossero fatti per loro! Essi non mettono quasi mai a confronto il generale, l’universale che è detto nella rivista e nei Comunicati (ovviamente gli scritti dicono sempre il generale e l’universale, a meno che non siano racconti o rapporti che trattano proprio e solo di un caso particolare), con le situazioni particolari e concrete con cui essi hanno avuto o hanno a che fare. Quindi né traggono dalla loro esperienza concreta degli insegnamenti generali e universali che essa contiene e che un accurato e giusto bilancio dell’esperienza mostrerebbe, né traggono dalla lettura della rivista e dei Comunicati la luce che essi gettano e che rischiarerebbe la loro pratica volenterosa ma cieca. Quante volte lo stupore o il dolore colgono noi redattori quando nei contatti diretti e personali alcuni compagni ci pongono apertamente o i loro racconti  e discorsi pongono implicitamente come oscuri problemi che sono stati più e più volte illustrati nella letteratura del Partito. Evidentemente si è trattato di scritti che sono scivolati sui nostri compagni come acqua sulla pietra, senza lasciare traccia! Capita spesso di vedere compagni affrontare isolatamente e artigianalmente, con scarsità di mezzi, di risorse e di tempo, analisi dell’esperienza storica e internazionale del movimento comunista, problemi che nella letteratura del Partito sono stati già affrontati con abbondanza di argomenti e di esempi, professionalmente, basandosi sull’esperienza compiuta dal movimento comunista nella sua storia di oramai 160 anni e da un capo all’altro del mondo. Di conseguenza ci si imbatte nelle affermazioni più strampalate. Difficilmente incontrerete qualcuno che ha studiato l’elettricità e si occupa di elettricità, che afferma che due cariche elettriche dello stesso segno si attirano. Facilmente invece sentirete compagni, che pur si dicono d’accordo con noi, affermare che la borghesia riesce ad impedire ogni ribellione della classe operaia. Eppure la nostra scienza comunista ha mostrato e dimostrato al di là di ogni dubbio che dove c’è oppressione c’è ribellione, con la stessa forza con cui gli scienziati hanno nel campo della fisica mostrato e dimostrato la repulsione tra cariche di segno opposto. Ovviamente però nella realtà ogni legge si combina con altre. Solo nella nostra testa una legge esiste da sola. Se nella realtà vigesse solo la legge dell’attrazione delle cariche di segno opposto e della repulsione delle cariche di segno eguale, tutto sarebbe da tempo immemorabile neutro. Parimenti la legge della ribellione degli oppressi agli oppressori nella realtà si combina con altre leggi. La classe dominante ad esempio incarna e personifica la coesione sociale, senza cui nessuna società e nessuna vita umana oggi può esistere. Per cui non è possibile semplicemente eliminare la classe dominante ( lo sciocco sogno degli anarchici) senza creare un tipo diverso di coesione sociale, senza la quale nessuna nuova società può nascere. Non è possibile eliminare la borghesia senza creare l’associazione dei lavoratori. Ragione per cui la ribellione degli oppressi non si sviluppa oltre un livello elementare o non si sviluppa affatto senza la lotta per instaurare il socialismo. Il compagno che ha compreso l’una o l’altra legge, dalla mancanza di ribellione non è spinto alla rassegnazione e non ne vede la causa nella soddisfazione degli oppressi. Ma vede in essa la conferma della necessità della lotta per instaurare il socialismo, della necessità di andare oltre la lotta rivendicativa.

Esempi di questo genere ogni compagno ne può proporre a volontà.

Il nostro Partito deve diventare una scuola, una istituzione di formazione permanente per i suoi membri. Con iniziative collettive e con iniziative individuali dobbiamo promuovere lo studio di La Voce e dei Comunicati della CP come testi di scienze politiche che, pur trattando ognuno di casi particolari ( ad esempio dell’opera di Papa Woityla), insegnano questioni generali ( ad esempio i criteri materialistici dialettici di valutazione di un personaggio), che insegnano a comprendere le classi e i gruppi sociali e i loro comportamenti, a distinguere e a far risaltare differenze su cui la cultura corrente sorvola o che addirittura nasconde, a vedere leggi laddove in apparenza si combinano caoticamente comportamenti e avvenimenti arbitrari di individui ognuno agente in libertà. Insomma trasmettono una concezione del mondo, un metodo per conoscere e un metodo per agire. L’Università Popolare che la Delegazione della CP ha organizzato nel 2004 è stata un esempio particolare del tipo di scuola di cui abbiamo bisogno. Antonio Gramsci, il reale fondatore del primo PCI, quando alla fine del 1923 per incarico dell’Internazionale Comunista assunse la direzione del Partito, subito avviò negli anni 1924-25 una “scuola di Partito” che fu il primo passo per la bolscevizzazione del Pci. Nella raccolta dei suoi scritti del periodo (“La costruzione del Partito 1923-26”, Einaudi editore) si può leggere il programma che Gramsci diede a quella scuola.

L’indifferenza per lo studio e l’acquisizione della concezione comunista del mondo ( il materialismo dialettico e storico) e del patrimonio teorico del movimento comunista, che alcuni compagni e varie FSRS ostentano (Rossoperaio-Proletari Comunisti valga come esempio per tutte), è di fatto rassegnazione alla soggezione ideologica della borghesia. Ognuno di noi ha e segue una concezione del mondo, un metodo di pensare e un metodo di agire. Dove non è la concezione e il metodo comunisti che predominano ( e predominano solo se sono acquisiti con uno sforzo apposito, consapevole e sistematico: non sono acquisiti spontaneamente), predomina una delle concezioni e dei metodi borghesi, predominano le idee e i metodi che le classi degli oppressori hanno messo a punto lungo i millenni di oppressione di classe per la classe dominante e per le classi oppresse.

Il buon senso comune con cui alcuni compagni affrontano la loro pratica di lotta di classe, molte volte non è che una delle varianti della concezione della classe dominante, che grazie alla sua lunga vigenza ha acquisito la solidità e l’evidenza di un pregiudizio, di una cosa così ovvia che non occorre neanche dimostrarla e che solo la teoria rivoluzionaria dei comunisti scuote e mette in discussione. Certo nel buon senso elementare del semplice proletario si riflette sempre e comunque anche l’esperienza pratica di oppressione e di ribellione all’op-pressione a cui nessun proletario sfugge e la cui influenza la borghesia non può in nessun caso eliminare completamente e in modo permanente. Ma quanto più questo buon senso comune è colto, deve affrontare problemi complessi come l’organizzazione e la direzione sociale, problemi dai quali normalmente la borghesia esclude la massa della popolazione, tanto più esso è influenzato dalla classe dominante, partecipa della sua cultura. Gli operai avanzati e i dirigenti o seguono la concezione comunista del mondo o seguono la concezione borghese del mondo. Più si sale nella gerarchia del movimento delle masse popolari, più netta si fa la distinzione tra comunisti da una parte e portavoce della borghesia dall’altra. Le teorie elaborate, necessarie per trattare problemi complessi, sono solo due: la nostra e quella della borghesia. Questo lo si è visto in modo particolarmente chiaro nei primi paesi socialisti. Grazie alla loro concezione del mondo rivoluzionaria i comunisti hanno da dire la loro e da orientare le masse su ogni problema e alla conservazione del presente e alla restaurazione del passato contrappongono la mobilitazione delle masse popolari per costruire un mondo nuovo, a misura delle conquiste materiali e spirituali che gli uomini hanno raggiunto, in primo luogo senza più divisioni in classi di sfruttati e sfruttatori.

Di fronte a ogni articolo di La Voce e a ogni Comunicato della CP, ogni compagno deve porsi la questione: quali sono gli insegnamenti principali di questo scritto in relazione con i problemi del consolidamento e del rafforzamento del Partito e dell’attuazione del Piano Generale di Lavoro? Cosa mi insegna in relazione alle mie idee, ai miei metodi, alla mia esperienza? Non sono ammissibili articoli che non dicono niente! Un compagno che trovasse scritti del genere, deve protestare presso il Centro del Partito. D’altra parte un indice del livello dello studio condotto è la quantità di riferimenti alla propria esperienza che il lettore trova nello scritto che ha studiato. Ovviamente uno studio condotto in questo modo porterà ogni compagno a rilevare nella propria esperienza un certo numero di elementi che confermano, chiariscono, arricchiscono, contrastano, apparentemente o effettivamente le affermazioni generali del testo. Tutto questo, trasmesso alla CP anche semplicemente tramite la casella e.mail via Internet, renderebbe più vivo il lavoro della redazione, arricchirebbe di molto la nostra letteratura e la nostra scuola di formazione permanente, accelererebbe il nostro lavoro.

All’inizio uno studio del genere sottrarrà tempo all’attività cosiddetta pratica, istituzionale. Ma in breve questa attività sarà resa da esso tanto più ricca e più feconda, più efficace, che la riduzione del tempo dedicato ad essa sarà più che compensato. Uno studio di questo genere può essere condotto anche individualmente, ma esso sarà ancora più fecondo ovunque è possibile farlo in gruppo di due, tre o al massimo quattro compagni.

3. La capacità di orientare gli altri. La capacità di indicare ad altri la giusta via da seguire e di farla accettare e attuare come propria. Anche questa è una capacità che si acquista gradualmente con la pratica. Facendo pratica e facendo il bilancio dell’esperienza nella forma più collettiva possibile, esaminando, discutendo e sottoponendo i risultati al vaglio di quanti più compagni possibile, senza schivare i loro giudizi ma anche senza sottomettersi ad essi se non si è convinti. La contraddizione è sempre un indizio di qualcosa che occorre capire: se non si riesce a capirlo subito, almeno accantonarla per domani, ma non dimenticarla. La pratica senza bilancio dell’esperienza ha un’efficacia limitata. Vi sono compagni che desistono al primo insuccesso e compagni che persistono a ripetere le stesse azioni anche se non danno alcun risultato: ma né gli uni né gli altri si danno il tempo e compiono lo sforzo di capire perché, di indagare, di fare questa o quella prova per capire meglio la questione. La capacità di mobilitare gli altri è l’indice di quanto praticamente un compagno o un’organizzazione del Partito ha assimilato la concezione comunista del mondo su cui il nostro Partito si basa e deve basarsi per assolvere il suo ruolo storico.

Ho già detto che dei tre elementi sopra indicati che costituiscono la qualità delle nostre organizzazioni, oggi il principale è il secondo. Esso è quello che condiziona lo sviluppo degli altri, oggi. Una campagna di studio di La Voce e dei Comunicati della CP ( tutti ora facilmente reperibili sul Sito Internet www.nuovo-pci.com – che si può anche copiare integralmente in una volta sola) è quello di cui abbiamo bisogno per dare a ogni nostra organizzazione e a ogni membro del Partito la qualità che deve avere. La qualità che ci permetterà di affrontare con sicurezza, con iniziativa e con larghezza di vedute il lavoro sui quattro fronti indicati nel nostro Piano Generale di Lavoro e di superare con successo il rischio che un ampio lavoro di massa, la creazione di organizzazioni di massa e un vasto reclutamento al Partito, dissolvano il Partito nella massa, distolgano il Partito dal suo ruolo di avanguardia cosciente della classe operaia, lo riducano ad essere retroguardia. Non astenendoci o limitandoci nel lavoro di massa, ma elevando il livello, migliorando la qualità dei membri del nostro Partito e delle sue organizzazioni noi ne salvaguardiamo il ruolo d’avanguardia e trasformiamo questo ruolo da giusta aspirazione in un dato di fatto sempre più effettivo e dispiegato su scala sempre più ampia.

Nicola P.