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Secondo fronte


La situazione politica italiana

Per l’autonomia della mobilitazione popolare

Contro l’unione nazionale degli sfruttatori e degli aggressori imperialisti

 

Nel campo borghese, il tema centrale dell’attività politica per l’Italia in questo periodo è la successione alla banda Berlusconi. Nel campo della borghesia imperialista si stanno preparando le vere elezioni primarie. I “grandi elettori” sono all’opera. È in corso la definizione della squadra del futuro governo che, una volta raccolta la convergenza del grosso della borghesia su di essa, prima o poi verrà sottoposta all’approvazione della massa degli elettori: un passaggio obbligato, forche caudine a cui i loro prescelti non possono sottrarsi, che richiederanno un lavoro a parte, nel “teatrino della politica” borghese.

Mantenere al potere la banda Berlusconi o sostituirla? E in questo caso, chi mettere al suo posto? Questa questione preoccupa gli esponenti dei gruppi imperialisti italiani e stranieri che hanno voce in capitolo nella formazione del governo italiano e i personaggi più o meno autorevoli che li circondano, assistono, consolano, condizionano e consigliano.

Nelle moderne democrazie borghesi, i governi sono fatti dal consesso degli esponenti dei grandi gruppi imperialisti. I loro traffici fanno di essi un’associazione, una rete informale ma reale, benché senza partiti, senza tessere di iscrizione, senza assemblee regolarmente convocate e senza dibattiti pubblici. I più autorevoli e attivi di essi sono i grandi elettori che fanno e disfanno i governi. Non sono designati da elezioni popolari di primo livello, ma dalla rete di relazioni quotidiane e reali che unisce gli esponenti della borghesia. Ad essi spetta il compito di mettere assieme una soluzione e una squadra di governo. I partiti e gli uomini politici non sono i protagonisti, i soggetti in questa operazione. Sono piuttosto uno dei materiali con cui i grandi elettori devono comporre la loro soluzione e la loro squadra di governo. (1) Prodi, ex boiardo di Stato del regime DC, si è candidato a succedere a Berlusconi. Sta trattando a destra e a manca con gli altri grandi elettori della borghesia imperialista per comporre una squadra di governo di ricambio a Berlusconi: la chiamiamo circo Prodi, per caratterizzare le sue differenze dalla banda Berlusconi. Berlusconi, ex padrino di Craxi per conto della Mafia, sta facendo di tutto pur di succedere a se stesso, a capo della sua banda più o meno rinnovata. Ciampi, ex governatore della Banca d’Italia, nasconde il potere di cui dispone oltre ogni previsione costituzionale, sotto il manto di arbitro super partes nelle grandi manovre politiche in corso tra gli esponenti del grande capitale. (2)

Cinque anni fa il grosso della borghesia era convinto di aver trovato in Berlusconi il suo nuovo “uomo della Provvidenza”. (3) Ma si è accorta di aver sbagliato a lasciarsi incantare dalle promesse del Cavaliere e di essersi messa in un grosso guaio da cui non ha ancora trovato come uscire. Gran parte della borghesia italiana (il Vaticano, gli Agnelli, la Confindustria, la Mafia e le altre associazioni della grande criminalità organizzata) è da tempo delusa e preoccupata dei risultati del governo della banda Berlusconi. Berlusconi non è riuscito a mantenere l’impegno di realizzare “al cento per cento, d’un colpo solo e senza negoziare con l’aristocrazia operaia la sua collaborazione”, il “programma comune”, l’aspirazione di tutta la borghesia imperialista che i precedenti governi realizzavano gradualmente: “Eliminare le conquiste che le masse popolari hanno strappato alla borghesia durante la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e conquistare un posto di primo piano negli affari mondiali, nella spartizione internazionale del profitto estorto ai lavoratori e ai popoli oppressi, nel saccheggio dei paesi oppressi e degli ex paesi socialisti”. La sua politica ha invece suscitato una maggiore mobilitazione operaia e popolare contro la borghesia, ha dato impulso alla rinascita del movimento comunista, ha favorito il legame dei comunisti con i lavoratori avanzati, ha indotto l’aristocrazia operaia (della FIOM, della CGIL, delle cooperative, ecc.), per difendersi, ad accettare relazioni con il movimento comunista. Inoltre non ha procurato alla borghesia né in patria né all’estero più affari e profitti di quanti ne avrebbe avuto con un qualsiasi governo di centro-sinistra. Al contrario ha legato mani e piedi, ben oltre quanto strettamente inevitabile, l’Italia alla politica mediorientale del gruppi imperialisti USA che l’hanno trascinata nel pantano iracheno e l’ha isolata dai gruppi imperialisti franco-tedeschi che dettano legge nell’Unione Europea. Oggi l’Italia è meno governabile di cinque anni fa. Il suo ordinamento politico è più precario. Non partecipa al consorzio franco-tedesco e i gruppi imperialisti USA oramai agli “alleati” chiedono molto e danno poco o nulla. Tutto è più incerto. Anziché un paese che attira investimenti stranieri, l’Italia è diventata un paese da cui i capitali fuggono e che riceve poca o nessuna assistenza dagli organismi finanziari internazionali: le vicende FIAT-GM, Parmalat, Argentina sono emblematiche.

Ma ora non è facile disfarsi di Berlusconi. Costui ha abilmente approfittato del governo per allargare le sue relazioni e per rafforzare in Italia e all’estero il suo personale impero finanziario e mediatico. Oggi il suo proconsole in Spagna, Paolo Vasili, amministratore delegato di Telecinco, si permette di attaccare apertamente il governo spagnolo e il suo capo, Zapatero, che ha tradito l’alleanza con gli USA. Ovviamente il resto della borghesia neanche sogna di confiscare l’impero finanziario di Berlusconi. Benché tutti sappiano che è stato costruito con i soldi della Mafia, con la corruzione, i favori statali e l’evasione fiscale, confiscarlo sarebbe comunque una violazione della sacra proprietà dei capitalisti, creerebbe un pericoloso precedente. Non a caso anche i governi di centro-sinistra degli anni 1995-2001, presieduti da Dini, Prodi, D’Alema e Amato, lo hanno favorito in ogni modo, benché la stella di Craxi fosse oramai tramontata. Berlusconi ha perciò i mezzi per tenere assieme la sua banda, comperare nuovi gregari come la coppia Pannella-Bonino ed eventualmente l’Alessandra Mussolini e altri, (4) come cinque anni fa comprò Bossi e altri (“Certe cose mica si fanno in pubblico”, sogghignò l’Umberto fregandosi le mani a contratto concluso).

Decisamente a favore della riconferma di Berlusconi sono ancora oggi i gruppi imperialisti USA (che hanno personalmente in pugno Berlusconi grazie ai suoi trascorsi criminali) e i sionisti. (5) Lo sostengono a spada tratta come la migliore garanzia dell’asservimento dell’Italia alla loro politica. Sono decisi a non tollerare in Italia un rovesciamento di alleanze come quello avvenuto nella primavera del 2004 in Spagna e hanno i mezzi (relazioni politiche, insediamenti militari, mezzi di ricatto e di destabilizzazione) per imporre il rispetto dei loro interessi. Che sia Prodi o un altro, chiunque darà il cambio a Berlusconi dovrà aver superato il diritto di veto sul governo italiano di cui da decenni godono i gruppi imperialisti USA. Se la borghesia opterà perché il circo Prodi prenda il potere a Roma, vorrà dire che ha concordato con gli USA e i sionisti l’appoggio che questi vogliono alla loro politica mediorientale. Il passaggio di poteri dalla DC al PCI era bloccato dagli USA perché avrebbe messo in dubbio il loro potere sull’Italia. Il passaggio di poteri dalla banda Berlusconi al circo Prodi è subordinato ad un accordo con gli USA almeno sulla politica mediorientale.

Il sostegno dei gruppi imperialisti franco-tedeschi non basta per formare il governo in Italia: sono ancora troppo deboli per proteggere un eventuale governo italiano dalle pressioni dei gruppi imperialisti USA né la borghesia italiana ha il fegato di prestarsi a una sfida del genere. Sarebbe un’impresa incomparabilmente più grande e pericolosa dell’avventura di Sigonella, (6) più grave della rottura della Francia con la NATO alla fine degli anni ’50, ai tempi di De Gaulle. I gruppi imperialisti franco-tedeschi sono spinti da tutto il corso delle cose ad affrancarsi dai gruppi imperialisti USA. Questi hanno pretese economiche e politiche crescenti. Vogliono la precedenza in ogni campo di affari. Per assicurare la stabilità del loro potere negli USA governano le relazioni monetarie, finanziarie e commerciali internazionali a danno degli altri gruppi imperialisti. (7) Usano la loro potenza politica e militare per ostacolare negli affari i gruppi imperialisti rivali. Si ingeriscono in misura crescente nell’attività politica dei grandi paesi europei. Pretendono che le loro leggi prevalgano sulle legislazioni degli altri paesi e che la loro volontà prevalga su ogni legge, accordo e patto. Impongono la giurisdizione dei loro magistrati su tutto il mondo. Non hanno alcuna remora ad usare i mille mezzi di pressione, ricatto e destabilizzazione politica di cui dispongono in ogni paese come eredità del passato. Mantengono basi e altri insediamenti militari in quasi tutti i paesi e li usano per le loro attività internazionali senza riguardi per le autorità locali, i loro interessi e le loro leggi. (8) I gruppi imperialisti europei non hanno alcuna speranza di far uscire l’economia dei paesi europei dalla stagnazione senza arrivare a una prova di forza con i gruppi imperialisti USA. La stabilità del loro potere nei loro paesi è messa sempre più a dura prova dalla loro subordinazione ai gruppi imperialisti USA. D’altra parte mettersi sulla strada dell’indipendenza dai gruppi imperialisti USA significa mettersi sulla strada del confronto e dello scontro con loro. È una strada rischiosa per chiunque vi si mette, soprattutto agli inizi, quando si tratterebbe di costruire uno schieramento che ancora non c’è contro un nemico che vigila a prevenirne la formazione. A questo si aggiunge l’incognita delle masse popolari europee che occorrerebbe mobilitare perché contribuiscano allo sforzo necessario per creare un simile schieramento. È inevitabile che i gruppi imperialisti franco-tedeschi esitino e oscillino, aspettino che i gruppi imperialisti USA siano logorati dalla resistenza che incontrano nei paesi oppressi – benché nello stesso tempo temano anch’essi la ribellione dei paesi oppressi. Quindi non solo oggi non sognano di scavalcare il veto USA a proposito del governo italiano, ma anche il loro ruolo nella contrattazione con i gruppi imperialisti USA e con i sionisti sul futuro governo è debole e incerto. Da qui l’affannoso agitarsi, tra i gruppi imperialisti USA, i sionisti e i gruppi imperialisti franco-tedeschi, di tutti i grandi elettori che cercano un accordo sul futuro governo italiano, di Berlusconi, di Prodi e dei suoi soci e padrini. Prodi e i suoi soci ripongono le loro speranze in un periodo di pacificazione tra le due sponde dell’Atlantico, in un accordo anche solo temporaneo di Parigi e Berlino con Washington a partire dalla collaborazione di Parigi e Berlino ai piani aggressivi di Washington, sia pure moderati, diluiti nel tempo e mascherati con le bandiere dell’ONU, che i gruppi imperialisti USA stanno riducendo alla stretta obbedienza con le campagne sollevate al momento giusto sulla corruzione connessa al programma Oil for Food (vendita del petrolio iracheno durante il decennale assedio anglo-americano dell’Iraq prima dell’invasione del 2003) e sulle violenze compiute dalle “truppe di pace” dell’ONU contro la popolazione civile e in particolare contro le donne in vari teatri di intervento. (9) Nel quadro di un accordo anche solo temporaneo tra i governi di Parigi, Berlino e Washington, i gruppi imperialisti USA potrebbero accettare la sostituzione di Berlusconi nel governo di Roma. Da parte sua il nuovo governo (che potrebbe essere il circo Prodi) si impegnerebbe a continuare, meno platealmente ma con maggiore efficacia, sulla strada tracciata da Berlusconi e a sostenere con uomini, mezzi, danaro e basi l’occupazione USA dell’Iraq, il tentativo USA di imporre ai palestinesi la fine della resistenza e le pressioni che gli USA stanno facendo sugli altri paesi arabi e musulmani (Siria, Iran, ecc.). Le prove di unità nazionale a legittimazione dell’aggressione USA (con la scusa del sequestro delle due Simone, di Giuliana Sgrena, dei caduti italiani in Iraq, delle “elezioni irachene”) e il sostegno alla manovra israeliana di eliminare Arafat e liquidare la resistenza palestinese sono già messaggi lanciati dal circo Prodi in direzione degli americani e dei sionisti.

Ma Berlusconi per conservare il potere fa leva anche su alcune debolezze di quelli che lo vorrebbero licenziare. Anzitutto sulle difficoltà del Vaticano che nella scelta del governo italiano ha un peso decisivo. Il Vaticano in questo periodo non può avere un ruolo molto attivo. Il suo monarca assoluto, che ancora vanta un “diritto divino”, è paralizzato ed esposto alle sollecitazioni contrastanti di tutti i gruppi di pressione. Più grave ancora, gli interessi oggettivi del Vaticano oramai mal si combinano con quelli dei gruppi imperialisti franco-tedeschi. L’ulteriore rafforzamento della coesione politica e finanziaria dell’Unione Europea non consentirebbe più al Vaticano di godere dei privilegi e delle immunità di cui gode a livello italiano. Le contese a proposito dell’assetto delle banche, della vigilanza sul settore creditizio, dell’operato e del ruolo di Antonio Fazio (creatura del Vaticano) e della laicità (le “radici cristiane dell’Europa”) indicano i problemi che il rafforzamento della coesione dell’UE crea al Vaticano. Per di più Berlusconi, pur di avere il sostegno del Vaticano per la sua banda, è disposto a spregiudicate concessioni in ogni campo (da quello fiscale a quello della scuola, dalla sanità all’assistenza, dall’assetto bancario (Antonio Fazio) alla legislazione morale: tema questo particolarmente importante per il Vaticano che da tempo basa la sua influenza sulle masse popolari sulla loro diffidenza di fronte al “progresso” borghese). (10) Inoltre il Vaticano è indebolito dalle stesse difficoltà in cui i gruppi imperialisti USA sono impantanati in Medio Oriente. Un conto è guadagnare influenza e prestigio presso le masse popolari facendo la fronda ai gruppi imperialisti USA quando questi sono comunque sulla cresta dell’onda, minacciosi e arroganti (“fare il cappellano consolatore a fianco del boia in azione”). Altra cosa è continuare a opporsi a loro ora che in Medio Oriente hanno suscitato una resistenza potente a cui non sanno più come far fronte se non forse allargando ulteriormente la guerra (“sostenere, moralmente s’intende, i rivoltosi che assediano il boia”). I gruppi imperialisti USA, da parte loro, hanno già provveduto per tempo a neutralizzare le velleità del Vaticano di agire sulla borghesia USA per linee interne: hanno sollevato al momento giusto la questione morale e finanziaria della pedofilia del clero cattolico americano. Queste opposte considerazioni rendono il Vaticano diviso e incerto.

La Mafia e le altre associazioni della grande criminalità organizzata sono tutto sommato indifferenti rispetto alla successione. Hanno buone entrature in tutti gli schieramenti politici possibili (a parte i veri comunisti: a ragion veduta la Mafia è sempre stata anticomunista) e per loro natura non possono aspirare ad un ruolo politico di prima fila. Il clamore suscitato dalla banda Berlusconi sul fronte della magistratura non giova loro e la riabilitazione di Craxi al recente congresso dei Democratici di Sinistra (3 – 5 febbraio) è un segnale di pace lanciato dal circo Prodi verso la Mafia e le altre associazioni della grande criminalità organizzata che con Craxi avevano sognato di svolgere un ruolo più diretto nella politica del paese. Ma non potrebbero avere dal circo Prodi più di quello che hanno con la banda Berlusconi.

Ovviamente sulla scelta dei grandi elettori borghesi pesa anche lo scoglio delle elezioni. Il fiasco del 27 marzo 1994 è ancora oggi un brutto ricordo. (11) Prima o poi, l’eventuale accordo dei gruppi borghesi sul futuro governo del paese dovrà ricevere l’approvazione delle urne. Alcune teste d’uovo molto “di sinistra” sostengono che la borghesia è in grado di manipolare a suo piacimento le elezioni. Ma in realtà le elezioni restano uno scoglio per la borghesia. L’esito dipende da vari fattori che la borghesia imperialista non controlla al cento per cento. Dipende anche dall’attività dei comunisti, delle FSRS e dei lavoratori avanzati: chi vuole sottrarsi ai propri compiti e doveri lo nasconde, ma la borghesia sa che esiste anche questo fattore e la sua influenza sui comunisti è limitata. (12) Per di più con la “strategia della tensione” la borghesia ha oramai introdotto un altro strumento di lotta politica che rende l’esito delle elezioni ancora più incerto. Le elezioni del marzo 2004 in Spagna lo hanno confermato. E Beirut non è molto lontana da Roma. (13) La borghesia può in parte eludere il risultato delle elezioni (come ha fatto col risultato di alcuni referendum: chi ricorda più ad es. che un referendum aveva vietato il finanziamento pubblico dei partiti, un altro aveva soppresso il Ministero dell’Agricoltura?), ma difficilmente ne predetermina l’esito su grande scala in tutto il paese. Quindi l’accordo tra i gruppi borghesi per il futuro governo dovrà essere tanto più gestibile tra le masse popolari, tanto meno cattivo per le masse popolari, quanto più essi pensano sarà difficile farlo approvare nelle urne, quanto maggiore è la mobilitazione delle masse popolari e indipendente dalla borghesia l’attività dei comunisti.

In conclusione la borghesia non ha ancora raggiunto una larga convergenza sull’eventuale governo di ricambio a Berlusconi. Sul “programma comune” tutta la borghesia è d’accordo: non si tratta di scelte, ma di necessità. Tutti quelli che per interesse o per grettezza mentale non vanno oltre l’orizzonte della società borghese, non possono avere altro programma. “Le masse popolari devono restituire una parte di quello che hanno strappato durante la prima ondata della rivoluzione proletaria”: disse già anni fa Giorgio Benvenuto, allora segretario generale della UIL e oggi esponente del centro-sinistra. Che la borghesia italiana debba avere una parte maggiore negli affari mondiali, nessun borghese ne dubita, benché la popolazione italiana sia meno dell’un per cento della popolazione mondiale e la stessa borghesia voglia ridurne le condizioni di vita, le conquiste appunto. Le divergenze nella borghesia riguardano la misura in cui attuare il “programma comune”, i tempi e i modi di attuazione. Neanche Berlusconi è riuscito a realizzarlo nella misura, nei tempi e nei modi che aveva promesso: la mobilitazione degli operai e delle masse popolari è stata tale da dissuaderlo. Tra i grandi elettori della borghesia e in generale tra gli esponenti dei gruppi imperialisti ci sono già aperti fautori di una prova di forza con la classe operaia e con le masse popolari, fautori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari. È la borghesia di destra. Oggi il suo più qualificato campione politico è Berlusconi. Ci sono però anche i fautori di accomodamenti, di tempi lunghi, dell’azione per linee interne alle masse popolari, puntando sulla divisione delle masse popolari e sulla collaborazione dell’aristocrazia operaia. È la borghesia di sinistra. Oggi il suo più quotato campione politico è Prodi. La borghesia di sinistra ritiene che i metodi della destra hanno fallito, che insistere sarebbe pericoloso, che i fautori irriducibili di una prova di forza sono degli stupidi. Le prove di forza del 17 marzo e del 20 luglio 2001, fatte dalle stesse forze repressive ma una volta agli ordini del governo di centro-sinistra a Napoli e l’altra agli ordini del governo di centro-destra a Genova, hanno indotto la borghesia imperialista a lasciar perdere. La repressione anziché incutere paura e sciogliere le manifestazioni, eccitava gli animi e moltiplicava le proteste. Bisogna quindi cambiare metodi e squadra. Nelle relazioni internazionali bisogna viaggiare più in sintonia con Parigi e Berlino, fare l’ala filoamericana dello schieramento franco-tedesco anziché l’ascaro degli USA contro lo schieramento franco-tedesco. La borghesia di destra non ha fiducia nei metodi della borghesia di sinistra, vuole insistere con la stessa squadra, adattare i metodi alla situazione, guadagnare tempo e far avanzare la mobilitazione reazionaria: riabilitazione del fascismo, squadrismo, denigrazione del comunismo, soppressione del diritto di sciopero e di associazione, attacco agli interessi economici e finanziari delle cooperative e dei sindacati di regime, ecc.

Questo è a grandi linee il quadro dei contrasti e delle convergenze di interessi nel campo della borghesia imperialista. Due linee divergenti quanto alla misura, ai tempi e ai modi di attuazione del “programma comune” si contendono il campo.

In questo contesto, due sono le direttrici dell’attività che meglio corrisponde agli interessi immediati (l’eliminazione della banda Berlusconi dal governo) e agli interessi strategici (la rinascita del movimento comunista) della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari:

1. la mobilitazione delle masse popolari deve essere rivolta contro il “programma comune” di tutta la borghesia ed essere la più vasta possibile;

2. l’intervento dei comunisti, delle FSRS e dei lavoratori avanzati nella politica borghese deve essere indipendente dalla borghesia di sinistra.

La linea dell’attenuazione del conflitto sociale (del Grande Accordo con la Confindustria di Montezemolo lanciato il 15 febbraio da Assago da CGIL-CISL-UIL) e della collaborazione o addirittura confluenza con il circo Prodi, la linea del vertice del PRC (Bertinotti) e del vertice dei grandi sindacati di regime (Epifani, Pezzotta, Angeletti), lede non solo gli interessi strategici degli operai e del resto delle masse popolari, ma anche gli interessi immediati. Il futuro governo che la borghesia imperialista metterà in campo sarà tanto più spostato a destra quanto meno autonoma dalla borghesia sarà in questi mesi la mobilitazione delle masse popolari, quanto più largo seguito la borghesia di sinistra (il circo Prodi) riuscirà a raccogliere tra le masse popolari. Nessuno oggi è in grado di dire su quali condizioni si accorderanno i portavoce dei diversi gruppi imperialisti, in che cosa precisamente il programma effettivo, la linea effettiva del futuro governo, il suo effettivo metodo d’azione differiranno da quelli del governo attuale. (14) Quando l’accordo sarà fatto, bisognerà regolare la nostra azione tenendone conto. Ma lo potremo fare tanto meglio quanto più usciremo forti dalla fase attuale. Quindi l’essenziale nella fase attuale è non fare il tifo per l’una o l’altra scelta della borghesia e svolgere la nostra attività in modo da rendere la mobilitazione delle masse popolari più vasta e più autonoma dalla borghesia imperialista e rafforzare il movimento comunista: cioè il Partito, la sinistra delle FSRS, l’orientamento comunista dei lavoratori avanzati. (15)

Cacciare la banda di razzisti, fascisti, mafiosi, clericali, speculatori e avventurieri che Berlusconi ha raccolto attorno a sé e a cui tutta la borghesia ha affidato il governo del paese: questa è la parola d’ordine che riassume tutte le lotte delle masse popolari in questa fase. Il PRC e alcune FSRS interpretano questa parola d’ordine nel senso di sostenere il circo Prodi contro la banda Berlusconi, fondersi il più possibile col circo Prodi. Bertinotti giustifica la sua collaborazione con Prodi e molti esponenti del PRC si credono obbligati a intrupparsi nel circo Prodi, perché questa sarebbe la condizione necessaria per cacciare la banda Berlusconi dal governo. In realtà con una simile linea si indebolisce la mobilitazione delle masse popolari contro la banda Berlusconi, si attenua la necessità per la borghesia di licenziare la banda Berlusconi, si aumentano le probabilità che questa banda riesca a restare al governo, si indebolisce l’autonomia della mobilitazione delle masse popolari dalla borghesia imperialista, si creano condizioni meno favorevoli per una lotta efficace contro il futuro governo borghese.

Il circo Prodi non vuole distruggere la banda Berlusconi, è solo una soluzione di ricambio per compiere lo stesso sporco lavoro. Vuole accordarsi con la banda Berlusconi (e con i padrini USA) per succederle nel governo del paese, stante che essa si è rivelata incapace di realizzare il “programma comune” della borghesia imperialista. Vuole attuare lo stesso programma (chi non è convinto provi ad ascoltare quello che Treu va predicando). Noi vogliamo mobilitare le masse popolari contro la banda Berlusconi per impedire alla borghesia di realizzare il suo “programma comune”. Il circo Prodi è per un accordo sottobanco contro la mobilitazione delle masse popolari (“la piazza”) sanzionato da elezioni. Noi siamo per la mobilitazione delle masse popolari e le elezioni sono un mezzo per allargare la mobilitazione.

Il fatto che la borghesia di sinistra abbia come suo campione, come suo candidato a dirigere il futuro governo, Prodi, un ex boiardo di Stato, ex presidente e liquidatore dell’IRI (affare SME, ecc.), implicato fino al collo nel sistema di corruzione e di tangenti del regime DC, negli affari Parmalat, Argentina e prima ancora negli affari del Banco Ambrosiano di Calvi e della privatizzazione dell’IRI (affare SME, ecc.), ex presidente del Consiglio dal 1996 al 1998, ex presidente della Commissione Europea con tutti i relativi misfatti contro i lavoratori, permette di svolgere bene la propaganda contro ogni governo borghese. (16).

Le FSRS che giocano a fare gli amici degli amici (PRC, PDCI, Verdi, Sinistra DS) degli amici (circo Prodi) della banda Berlusconi, rafforzano la posizione della banda Berlusconi, la aiutano a rimandare o impedire il suo licenziamento o ad ottenere una migliore buonuscita. Per quanto sta il loro, se la loro linea avesse successo, la borghesia godrà di condizioni migliori per realizzare il suo “programma comune”, punterà più alto. Al contrario di quello che propone Bertinotti, per liquidare la banda Berlusconi bisogna allargare e rafforzare la mobilitazione delle masse popolari contro il “programma comune” della borghesia, rafforzare la rinascita del movimento comunista e rifiutare ogni collusione e complicità con qualsiasi soluzione la borghesia proponga. Bisogna presentare dovunque possibile liste elettorali autonome da quelle del circo Prodi e ovunque condurre una campagna elettorale autonoma da quella del circo Prodi: contro il “programma comune” della borghesia imperialista, per la rinascita del movimento comunista, per “fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuire così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria”. Quanto più questa linea avrà successo, tanto più la borghesia sarà indotta a licenziare la banda Berlusconi e a cercare una diversa soluzione di governo e tanto meno la nuova soluzione di governo sarà gravosa per le masse popolari. In questo modo si tutelano nel modo migliore sia gli interessi strategici sia gli interessi immediati della classe operaia e del resto delle masse popolari. In sintesi: alle masse popolari conviene che la borghesia licenzi la banda Berlusconi e che prevalga la borghesia di sinistra. Per ottenere questo risultato, noi dobbiamo mobilitare con quanta più forza possibile le masse popolari contro tutta la borghesia e il suo “programma comune”.

A fondamento della linea Bertinotti sta l’idea che non esiste un “programma comune” antipopolare della borghesia imperialista che la banda Berlusconi e il circo Prodi cercano di attuare sia pure in misura, in tempi e in modi diversi. Berlusconi sarebbe il portatore di un programma e Prodi di un altro sostanzialmente diverso. Il buon senso e la constatazione dei fatti ci danno ragione. Per vedere il “programma comune”, basta confrontare quello che hanno fatto contro i lavoratori i governi di centro-sinistra di Dini, Prodi, D’Alema, Amato e quello che ha fatto il governo Berlusconi; quello che ha fatto il governo Berlusconi con quello che fanno i governi degli altri paesi imperialisti dell’UE. La differenza tra borghesia di destra e borghesia di sinistra sta solo nella misura, nei tempi e nei modi di attuazione. La principale differenza reale sta nel fatto che i governi di centro-sinistra cercano di realizzare il “programma comune” con la collaborazione dell’aristocrazia operaia, dosando le misure e dividendo le masse popolari. Per questo aguzzano l’appetito della borghesia e suscitano la guerra tra le masse popolari. Aprono così la via a chi, come la banda Berlusconi, cerca di attuarlo facendo leva sui fascisti, sui mafiosi, sui razzisti, sulla parte più arretrata, più reazionaria e più abbrutita della società: sulla mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

Quello che spinge la borghesia a disfarsi di Berlusconi è la paura delle proteste degli operai e delle masse popolari. L’allontanamento della banda Berlusconi dal governo è il riconoscimento da parte della borghesia che essa non ha la forza, che non ci sono le condizioni per imporre agli operai e alle altre classi delle masse popolari il suo programma nella misura, nei tempi e nei modi che Berlusconi e la sua banda le avevano fatto credere possibili. È rinunciare a quanto aveva sognato possibile. È ammettere che in fondo aveva almeno qualche ragione il defunto Agnelli che cinicamente diceva che “in Italia per fare un programma di destra ci vuole un governo di sinistra”. Quindi la borghesia è tanto più interessata ad allontanare la banda Berlusconi dal governo, quanto più forti e più vaste sono le dimostrazioni, gli scioperi e le proteste contro la banda Berlusconi, quanto maggiore è la mobilitazione popolare contro la sua politica antipopolare. I gruppi imperialisti si azzufferanno tra loro tanto più, quanto maggiore e più intransigente sarà la mobilitazione delle masse popolari contro la politica antipopolare del governo Berlusconi, contro la incombente liquidazione della FIAT e di tante altre fabbriche, contro la guerra irachena, contro le spese per il riarmo, contro la ricchezza ostentata, contro lo sfascio dei servizi pubblici, contro il disastro ecologico, contro la disoccupazione, contro la discriminazione degli immigrati, contro la repressione, contro la limitazione dei diritto di sciopero e degli altri diritti dei lavoratori, contro l’abolizione strisciante del contratto di lavoro a tempo indeterminato, contro il carovita, per l’aumento dei salari, per la difesa delle conquiste, ecc. Una mobilitazione che le masse popolari svilupperanno tanto più facilmente quanto più diffusa sarà la coscienza che esiste un’alternativa realista benché difficile alle condizioni attuali: fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

Se successione a Berlusconi ci sarà, il nuovo accordo tra i gruppi borghesi italiani e internazionali per la successione sarà tanto meno gravoso per gli operai e le masse popolari quanto più la borghesia agirà in stato di necessità. Rinunciare oggi alla “spallata” contro il governo Berlusconi, astenersi dalla mobilitazione di piazza e nelle aziende contro la politica antipopolare del governo Berlusconi, accordarsi già ora con il circo Prodi, assicurargli l’appoggio elettorale: tutto questo significa contribuire a far sì che l’eventuale accordo per la successione o non si faccia e quindi la banda Berlusconi resti al governo o sia più dannoso per gli operai e per le masse popolari. Chi scambia l’appoggio oggi, in campagna elettorale, al circo Prodi o addirittura la confluenza in esso con un eventuale voto comune dei propri deputati, ad elezioni fatte, in una votazione parlamentare, gioca al parlamentarismo prima ancora di essere in Parlamento. Anziché puntare sulla crescita della coscienza, dell’organizzazione e della mobilitazione degli operai e del resto delle masse popolari contro la borghesia imperialista, lascia carta bianca alla borghesia. È la linea del “meno peggio” che si arrende al peggio. È il cretinismo parlamentare, che riduce tutto lo scontro politico alla conta dei voti che si potranno presumibilmente avere in Parlamento. È la negazione dell’intervento indipendente dai gruppi borghesi dei comunisti nella politica borghese. Berlusconi e Prodi sono due braccia dello stesso corpo, due emissari dello stesso brigante. Il brigante con Berlusconi voleva derubarci di 100 ma è riuscito solo a portarci via 10. Allora per bocca di Prodi promette di accontentarsi di derubarci ancora solo di 10. Se entusiasti ci mettiamo nelle sue mani, perdiamo sicuramente e le sue pretese aumenteranno. La linea del PRC e delle FSRS che lo seguono significa in sostanza mettere la sorte dei lavoratori nelle mani di Prodi, credere che i lavoratori non possono strappare alla borghesia più di quello che Prodi promette, credere che Prodi farà e potrà fare effettivamente quello che promette, metterci nelle mani della borghesia.

Tutti i comunisti sono impegnati a far valere la linea 1. della massima mobilitazione delle masse popolari contro il “programma comune” della borghesia e 2. della rinascita del movimento comunista. La parola d’ordine che sintetizza questi due obiettivi è: “Fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuire così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria mondiale”.

 

 

Rosa L.

Note

 

1. Nella raffigurazione che gli uomini politici e gli ideologi borghesi fanno al pubblico e nella fantasia degli ingenui, il mondo politico appare rovesciato, capovolto. Partiti e uomini politici, ideologie e programmi, aspirazioni e correnti di opinione, ossia i personaggi del “teatrino della politica” borghese, sarebbero all’origine dei governi e della loro condotta. Essi sarebbero i soggetti dalle cui affinità e ostilità, decisioni di aggregarsi o dividersi nascerebbero composizione e linea dei governi. La cieca e ingenua fede che le apparenze della vita politica delle democrazie parlamentari (il “teatrino della politica”) corrispondano al cento per cento o almeno in larga misura alla realtà della vita politica delle società borghesi è chiamata “cretinismo parlamentare”. In effetti nel periodo in cui il movimento comunista era più forte, anche nei paesi imperialisti la borghesia dovette concedere un certo spazio reale a questa fantasia. La fantasia non fu mai al potere (i protagonisti del maggio ’68 francese lo chiedevano perché non lo era), ma ebbe un certo spazio nelle cucine del potere. Col declino del movimento comunista la borghesia l’ha sospinta fuori dal palazzo e ha estromesso gli “uomini di fantasia” dagli spazi che occupavano, mascherati da portavoce degli operai e delle masse popolari. Questo è il significato reale dell’operazione che la borghesia ha condotto negli ultimi trent’anni all’insegna del “declino della forma-partito”, del “ridimensionamento del ruolo dei partiti” a vantaggio della “società civile”. La “società civile” è il tessuto sociale costruito dalle quotidiane relazioni d’affari, con i suoi capi e portavoce per così dire “naturali”: cioè conformi alla natura degli affari e dei traffici della società borghese e non alle “fantasie” di un mondo migliore, di trasformazione dello stato presente delle cose. I capi della “società civile” borghese sono quelli che emergono nelle relazioni d’affari, nelle arti e nelle professioni, che “fanno fortuna”: i dirigenti d’azienda di successo, i professionisti affermati, i finanzieri di punta, gli artisti famosi, gli speculatori fortunati, i notabili, i criminali al di sopra di ogni legge. Il peggior campionario d’umanità: gli individui più vicini per istinti, aspirazioni, sentimenti, egoismo, individualismo, volontà di sopraffazione, agli uomini delle caverne, ma usi a realizzare i loro obiettivi primitivi con gli strumenti più potenti della società moderna. Insomma il campionario da cui vengono gran parte dei sindaci, presidenti regionali, assessori, capi di governo e ministri di centro-sinistra e di centro-desta degli ultimi anni. I partiti di massa sono stati costruiti sulle aspirazioni di individui comuni ma volenterosi, sulla volontà di trasformare e fare, sulla volontà di capire e sulle riunioni politiche, sulla capacità di convincere o imbrogliare, di tessere e mantenere relazioni che non sono quelle dettate dalla vita quotidiana, ma dalla volontà di partecipare alla vita politica del paese, di far esistere qualcosa che ancora non esiste. Sono la forma di partecipare alla politica anche di chi non è in affari, non ha capitali né professione, del proletario che vi porta solo la sua diretta e personale partecipazione all’attività politica e che, se emerge, emerge tramite essa. Il borghese fa politica anche senza partiti. Il proletario fa politica solo se ha un partito. Infatti i moderni partiti di massa dei paesi imperialisti (in particolare europei, nei paesi anglosassoni la borghesia è meglio riuscita a contenere il movimento comunista) sono stati creati dal proletariato nella seconda metà del secolo XIX, quando ispirato dal marxismo impose la sua presenza nella vita politica borghese. La borghesia e il clero dovettero solo adeguarsi e travasarono nelle nuove forme di organizzazione e mobilitazione delle masse popolari l’influenza sociale, l’arte di imbrogliare e manipolare, l’esperienza di potere e la potenza del denaro propri delle loro classi.

La restaurazione che ha accompagnato il declino del movimento comunista negli ultimi trent’anni ha estromesso il proletariato anche dalla vita politica borghese. Il mondo politico borghese si è in qualche misura rimesso con i piedi per terra, anche se ha ancora la schiena indolenzita per la lunga innaturale postura che ha dovuto assumere. L’apparenza si è rifatta più simile alla realtà. I grandi elettori borghesi devono comporre la combinazione e la squadra di governo. Certo, nella loro scelta devono tener conto anche del “mondo politico”: i partiti, le correnti e gli uomini politici, il patrimonio di idee, di sentimenti e di aspettative di cui questi sono depositari ed espressione, le relazioni che vi sono tra loro e le rispettive influenze sugli elettori. L’ordinamento costituzionale con la sua prassi elettorale è una camicia di forza che sta sempre più stretta alla borghesia. La stiracchia, rompe ed elude da varie parti, ma non se n’è ancora liberata. Sempre più frequenti sono gli uomini ignoti al pubblico, che “non hanno mai fatto politica” e improvvisamente balzano ai primi posti della politica: i Dini, i Ciampi, i Berlusconi, i Prodi, i Tremonti, i Siniscalco, i Pera, ecc. La prevalenza della “società civile” sui partiti ha voluto dire un indebolimento del peso degli esponenti e delle istituzioni professionalmente dediti alla politica e un aumento del peso degli esponenti del mondo degli affari, dei borghesi “prestati alla politica”. Nell’attività dei grandi elettori, ogni gruppo imperialista conta per il peso che ha nella “società civile”: per la grandezza del capitale di cui dispone, per le relazioni sociali di cui per i suoi affari e le sue attività personali è al centro, per le alleanze che il corso delle sue occupazioni professionali e della sua vita di società gli consente di mobilitare. Per capire la politica borghese e occuparci efficacemente del “teatrino della politica” borghese bisogna abbandonare il pregiudizio che gli uomini e i partiti politici borghesi decidano la condotta dei governi e che gli elettori scelgano i governi (pregiudizio detto anche “cretinismo parlamentare”). Quello che avviene sul palcoscenico, riusciamo a capirlo solo se capiamo quello che avviene dietro le quinte. Impossibile capirlo se ci ostiniamo a partire dagli uomini politici con le loro recite, anziché dai protagonisti con i loro interessi, dagli esponenti dei gruppi imperialisti.

 

2. Uno dei ritornelli del “teatrino della politica” borghese è il ricorso a Ciampi come “garante della Costituzione”. Ultimo episodio, la presentazione al Presidente delle firme raccolte contro la violazione fragrante dell’art. 11 della Costituzione (quello che vieta allo Stato italiano il ricorso alla guerra per regolare contrasti internazionali). A chiunque segue la politica italiana è chiaro che Ciampi opera lui stesso nella prima linea dei violatori della Costituzione. Questa non attribuisce al Presidente della repubblica i poteri che Ciampi esercita, né le ripetute violazioni compiute da altri avrebbero potuto avvenire senza il suo consenso. Il fatto è che egli ha nella borghesia italiana un’autorità che va molto al di là dei limitati poteri che la Costituzione italiana conferisce al Presidente della repubblica.

 

3. Così il Vaticano (papa Pio XI) definì il cavalier Benito Mussolini nel 1929, in occasione della firma dei Patti Lateranensi, che diedero al Papa il suo attuale staterello, un ingente patrimonio finanziario, il diritto di scorrazzare a suo piacimento nella finanza e nel mercato immobiliare e gli assicurarono la protezione dello Stato italiano per far rispettare le sue volontà dal clero e dai parrocchiani in Italia e le sue sopraffazioni (tipo IOR, tipo antenne di Radio Vaticana, ecc.) presso terzi.

 

4. Dopo aver sdoganato Fini e i suoi fascisti di Alleanza Nazionale, Berlusconi si accinge probabilmente a sdoganare Alessandra Mussolini e i suoi squadristi (Forza Nuova e affini) raccolti in Alternativa Sociale. Una formazione “anticomunista e anticapitalista” la proclama Alessandra Mussolini, che non perde occasione per prodursi in pubblici esercizi di adulazione di quel campione di anticapitalismo che è Silvio Berlusconi, il famoso “presidente operaio”.

 

5. L’interminabile sequela di inconcludenti procedimenti giudiziari centellinati con arte contro Berlusconi in Italia e in altri paesi, ultimo quello per appropriazione indebita, frodi fiscali e falso in bilancio aperto a Milano dai PM Robledo e De Pasquale, hanno come pretesto crimini effettivamente commessi dal personaggio. Ma se la magistratura incriminasse tutti i grandi esponenti della politica e dell’economia per le violazioni di legge commesse, pochi si salverebbero. Le attività criminali sono un tratto caratteristico, strutturale della politica e dell’economia imperialista: la borghesia non può legittimare per legge (quindi per “tutti”) alcune sue attività né può fare a meno di esse. Quando tra tanti criminali d’alto bordo uno viene incriminato, a noi comunisti non basta usare le notizie che la borghesia stessa dà in pasto alla cronaca per comprendere e denunciare gli usi, costumi e abusi di tutta la borghesia e comunque quello che “tutti sapevano” (come disse D’Alema delle attività finanziarie di Berlusconi, Craxi e soci) e su cui tutti lor signori tacevano. Bisogna anche chiedersi chi sta conducendo il gioco e perché. Agli inizi degli anni ’90 Berlusconi è sceso direttamente in politica per salvare il suo impero finanziario e se stesso dalla galera. I gruppi imperialisti USA hanno accettato di salvarlo da Mani Pulite e da allora lo tengono in pugno. L’impunità assicurata a Berlusconi vanificherebbe il ricatto con cui i gruppi imperialisti USA lo tengono in pugno. Questo è almeno uno dei motivi che assicurano lunga vita ai suoi apparentemente impotenti ma imperterriti accusatori.

 

6. Alla base di Sigonella (Siracusa) negli anni ’80 il governo Craxi osò mandare i Carabinieri a strappare di mano agli agenti USA il comandante palestinese Abu Abbas che aveva diretto il sequestro della nave da crociera Achille Lauro durante il quale era stato ucciso un cittadino americano. Le forze armate USA se ne erano impadroniti dirottando su Sigonella un aereo di linea egiziano.

 

7. Esemplare è la gestione del cambio euro/dollaro fatta dal governo USA. Prima col gioco al ribasso dell’euro ha cercato di stroncare l’affermazione della nuova moneta europea come moneta di riserva internazionale e moneta di denominazione nel mercato delle obbligazioni internazionali. Fallita questa manovra (oggi l’euro predomina nel mercato obbligazionario e copre già il 20% delle riserve monetarie internazionali mentre il dollaro è sceso al 60%), il governo USA ha cercato di ostacolare l’espansione commerciale europea con il gioco al rialzo dell’euro. I gruppi imperialisti europei hanno giocato e giocano in difesa. Non hanno osato ancora dettare essi le relazioni monetarie internazionali, benché la loro forza economica e gli interessi di grandi protagonisti del commercio internazionale (Russia, Cina, Brasile, paesi arabi, Venezuela, ecc.) offrano loro importanti margini di manovra. Persino le società petrolifere europee quotano ancora in dollari il petrolio che pagano a se stesse!

8. Un esempio per tutti è il sequestro compiuto da agenti USA a Milano il 17 febbraio 2003 di Abu Omar, deportato successivamente in Egitto per essere torturato per conto dei servizi USA. In proposito vedasi i Comunicato della CP in data 1° marzo 2003 (Il sequestro Abu Omar sta a Berlusconi come il delitto Matteotti sta a Mussolini: è un salto di qualità nella soppressione degli oppositori), in www.lavoce.freehomepage.com.

 

9. La conclusione non sarà ovviamente che l’ONU non deve più intervenire, ma che deve usare solo truppe e strutture NATO, cioè “civili” ... come quelle che operano a Abu Ghraib, a Bagram o a Guantanamo! Sarà l’ONU a chiedere alla NATO di aggredire l’Iran! Ovviamente la stretta subordinazione dell’ONU ai disegni USA ridurrà ulteriormente l’autorevolezza dell’ONU e amplierà la disgregazione del sistema politico internazionale. Ma i gruppi imperialisti USA non possono evitare tutto questo armeggiare finché non rompono apertamente con le apparenze della legalità: cosa per cui non esistono ancora le condizioni.

 

10. Berlusconi, personalmente indifferente a ogni religione e devoto solo a se stesso e al danaro, non è nuovo ad accordi con il Vaticano e il clero. Non si deve dimenticare che fu il governo Craxi, di cui Berlusconi era il gran padrino, a rinnovare il Concordato col Vaticano negli anni ’80, tamponando, con soddisfazione del Vaticano, il crescente contrasto tra il Vaticano e il clero italiano e l’ancora più acuto contrasto tra i privilegi accordati dallo Stato italiano al Vaticano e al suo clero, gli interessi di altri gruppi di pressione clericali (le sette protestanti USA, il clero ebraico, ecc.), gli ordinamenti legali e le abitudini invalse nel paese.

 

11. Nel 1994 la borghesia italiana aveva puntato sulla vittoria della “meravigliosa macchina da guerra” (elettorale) messa in piedi dall’amico Achille Occhetto, fresco della liquidazione del PCI. Ma l’allora outsider Berlusconi lo superò alle elezioni. Gli Agnelli e la Confindustria ci restarono male. In proposito, vedi Il fiasco del 27 marzo in Rapporti Sociali n. 16 (inverno 1994-1995).

 

12. Il rito elettorale è una costrizione di una certa importanza. Lo confermano la complessità e il costo delle manovre che la borghesia mette in campo per dominarlo. L’insofferenza dei gruppi imperialisti per il rito cresce con l’impopolarità della politica che i loro governi devono fare. Le riforme degli ordinamenti elettorali si moltiplicano, come rimedi a favore della governabilità del paese.

 

13. A Beirut lo scorso 14 febbraio l’ex capo del governo libanese dal 1992 al 2004, Rafic Hariri, è saltato in aria con la sua scorta, a poche settimane dalle elezioni politiche in cui era uno dei candidati meglio piazzati. Forse per non farlo ritornare a capo del governo, forse per poter accusare del delitto i suoi avversari e impedire la loro vittoria elettorale o addirittura ogni elezione, nel quadro delle crescenti pressioni contro il governo siriano.

 

14. Dei programmi elettorali dei due Poli, qui non vale la pena parlare. Solo gli ingenui li prendono sul serio. Chi non è ingenuo e mostra di prenderli sul serio, è un imbroglione. Di fronte a ogni promessa, dobbiamo solo ridere e chiedere: perché non l’avete fatto quando eravate al governo? Perché non l’avete fatto finora? Chi volendo voti, verrebbe a promettere il contrario di quello che voi promettete? Perché fareste domani quello che non avete fatto finora? Quando mai su un melo nascono fichi?

 

15. In proposito vedasi Costituire liste comuniste che partecipino alle elezioni regionali del 2005 e alle elezioni politiche del 2006, in La Voce n. 18 (novembre 2004), pag. 21 e segg.

 

16. È un chiaro indice del grado di degenerazione borghese, di imbroglio elettoralista contro le masse popolari a cui è giunto il PRC, il fatto che voti contro la Costituzione Europea e contro la spedizione in Iraq in Parlamento quando sa che ciò avrà come unico effetto quello di attirargli le simpatie dei lavoratori che detestano la politica antipopolare dell’UE e la guerra, e sostenga il circo Prodi (fin quasi ad identificarsi) come futura soluzione di governo per l’Italia.