Dal campo delle FSRS


I primi paesi socialisti di Marco Martinengo


Raccomandiamo ai nostri lettori la lettura, anzi lo studio dell’opuscolo di Marco Martinengo 1 primi paesi socialisti recentemente pubblicato dalle Edizioni Rapporti Sociali di Milano (48 pagine, 4 euro). L’opuscolo affronta il bilancio dei paesi socialisti, che la rivista Rapporti Sociali ha già più volte trattato, in particolare nei numeri 0, 5/6, 7, 8, 11 e 22. Ma nell’opuscolo il bilancio è concentrato su due punti e relativamente ad essi è portato ad un livello superiore.

Anzitutto l’autore illustra la realizzazione lungo alcuni decenni nei primi paesi socialisti (in particolare nell’Unione Sovietica) della dittatura del proletariato, non dal punto di vista del modello ideale della democrazia borghese, ma dal punto di vista della realizzazione dei compiti storici propri dei paesi socialisti. Instaurando i primi paesi socialisti, la classe operaia per la prima volta ha instaurato in modo relativamente duraturo la sua direzione sul resto della società. Dopo questa esperienza pluridecennale, non è più lecito a un marxista parlare della dittatura del proletariato limitandosi a quanto ne avevano detto Marx, Engels e Lenin. Questi avevano scoperto la necessita storica della dittatura del proletariato e avevano illustrato a grandi linee la sua natura sulla base dell’esperienza della Comune di Parigi e della Rivoluzione Russa del 1905 e riflettendo sulle caratteristiche dello scontro tra le classi nelle società imperialiste. I primi paesi socialisti hanno fornito in proposito un’esperienza tanto più preziosa perché finora unica che permette a quanti approfittano di essa un notevole progresso nella conoscenza. Martinengo riprende le analisi condotte da Stalin e da Mao e conclude che la dittatura del proletariato ha assunto e doveva assumere la forma di combinazione di due strutture di potere sociale. Da una parte una struttura costituita dal partito comunista con le sue organizzazioni di massa. Una struttura che agisce principalmente mobilitando le masse e coinvolgendole nella comprensione. direzione e gestione della loro vita sociale. Dall’altra lo Stato nel senso stretto del termine, ancora organo separato dal resto della società, depositario in ultima istanza del monopolio della violenza che esercita attraverso propri distaccamenti di uomini armati. Martinengo mostra che nei primi paesi socialisti la dittatura del proletariato si è presentata come combinazione, in un rapporto di unità e lotta, di queste due strutture che si compenetrano a vicenda mentre la prima tende a sostituire la seconda in misura crescente. L’avanzamento verso il comunismo è appunto segnato dalla crescente assunzione di funzioni sociali da parte della prima struttura e dalla parallela restrizione del campo di azione della seconda struttura. M. Martinengo illustra a grandi linee il grado significativo benché modesto di questo avanzamento realizzato nei primi paesi socialisti.

L’esame dell’esperienza della dittatura del proletariato introduce al secondo tema su cui M. Martinengo richiama l’attenzione dei suoi lettori: la natura e il ruolo del partito comunista. Dall’esperienza dei primi paesi socialisti egli conclude che il partito comunista è composto e deve essere composto da una “struttura di base” costituita dai proletari comunisti in produzione e da una “sovrastruttura” di rivoluzionari di professione. Esse sono combinate tra loro nell’unità di concezione del mondo, di metodo di agire e di pensare, di linea e nell’unità organizzativa del partito retto dal centralismo democratico, che si rinnova ed epura tramite la lotta tra le due linee e usa la “linea di massa” come metodo principale di lavoro e di direzione. La “struttura di base” è costituita sostanzialmente da operai che non concepiscono per sé altra emancipazione che non sia l’emancipazione della propria classe. Essi ricevono dalla loro partecipazione alla vita del partito gli strumenti ideologici, politici, morali e tecnici che potenziano la capacità, propria degli operai avanzati, di orientare, mobilitare, organizzare e dirigere la massa dei lavoratori e della altre classi popolari a partecipare al rivoluzionamento della società secondo la linea politica del partito. Nell’avanzamento di questa partecipazione di massa alla gestione e direzione della vita sociale si realizza la transizione dal capitalismo al comunismo. Essi d’altra parte raccolgono e trasferiscono le aspirazioni, gli stati d’animo e la potenzialità di questa massa all’intero partito perché li elabori e li traduca in linea politica. Il partito lega tra di loro i vari reparti della classe operaia e delle masse popolari dell’intero paese e, tramite i rapporti internazionali, del mondo intero. L’esperienza ha mostrato, conclude M. Martinengo, che, per fare parte del partito, non bastano le tre condizioni fissate all’inizio del secolo XX dallo statuto del partito bolscevico e in seguito recepite dagli statuti dei partiti della prima Internazionale Comunista. Ne occorre e di fatto è stata posta, in essere una quarta condizione: la disponibilità ad assimilare e fare propri la concezione materialista-dialettica del mondo e il metodo di agire e di pensare materialista dialettico: il modo di pensare del proletariato rivoluzionario. Questa conclusione coincide per alcuni versi con la concezione sviluppata dal Partito Marxista-Leninista di Germania (MLPD) ed espressa nell’articolo Il ruolo determinante del modo di pensare proletario nella lotta di classe, nella costituzione del partito e nell’edificazione socialista del suo presidente Stefan Engel pubblicato nel n. 33 (aprile 2003) della rivista Rapporti Sociali.

Dall’esperienza dei primi paesi socialisti, che è l’esperienza più avanzata della prima ondata della rivoluzione proletaria, M. Martinengo ricava quindi alcune tesi per il partito comunista di oggi, per la rinascita del movimento comunista in corso, per la seconda ondata della rivoluzione proletaria. Chi accetta le tesi di M. Martinengo, ha una strada chiara da percorrere. Per questo è importante che esse siano studiate e che su di esse si esercitino le migliori “armi della critica” di cui i comunisti dispongono. Perché non si tratta di ipotesi di studio, che condivise o meno, lasciano il tempo che trovano. Si tratta di una linea d’azione da abbracciare o da combattere. Dobbiamo abbracciarla.

Umberto C.





Manchette

Il piano in due punti per la costituzione del partito

Come iniziare simultaneamente da più parti la creazione dell’organizzazione del partito?

1. Elaborare il Manifesto Programma a partire dal Progetto pubblicato nel 1998 dalla Segreteria Nazionale dei CARC.

2. Costituire comitati clandestini del partito che invieranno i loro delegati al congresso di fondazione che approverà il Manifesto Programma del partito e il suo statuto ed eleggerà il suo Comitato Centrale che a sua volta ristrutturerà dall’alto in basso i comitati di partito.