La Voce n. 12


La Rivoluzione d'Ottobre e il 50° anniversario della morte di Stalin

 

A poco più di dieci anni dalla scomparsa dell'Unione Sovietica, mentre celebriamo l'85° anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, non è vi più traccia dell'euforia con cui la borghesia aveva festeggiato la sua vittoria. Il bollettino della guerra di sterminio che la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari spaventa anche vari esponenti della borghesia. I discorsi nazisti di Bush e dei suoi generali, luogotenenti e ispiratori suscitano inquietudine persino nei ranghi della sua classe. Quando vuole distrarre l'attenzione e allentare la preoccupazione delle masse per il malandare economico e politico, la borghesia non ha altra risorsa che mettere in primo piano la cronaca nera (Chieri-TO, Cogne-AO, Albinea-RE, i "riti satanici" di Pescara, il cecchino di Washington, ecc.), come se questi macabri avvenimenti non fossero anch'essi un prodotto del marasma materiale e spirituale in cui l'attuale classe dominante ha precipitato le masse popolari. Come se non fosse responsabilità della classe dirigente se le risorse materiali e spirituali di cui disponiamo non vengono impiegate per creare una società serena, attiva e felice, ma disperse per soddisfare i vizi, i capricci e la sete di lusso e di potere dei ricchi. Delinquenza, fame, prostituzione, miseria, abbrutimento, violenze su donne e bambini, emarginazione, droga, precarietà e guerra: questo è il bilancio della sua direzione economica, politica e culturale dopo la "fine del comunismo". Nessuno dei miracoli che la borghesia aveva fatto balenare dieci anni fa si è realizzato. Il capitalismo libero dal pericolo comunista ha invece mostrato meglio il suo volto naturale e miliardi di uomini e di donne in ogni angolo del mondo vedono quanto sia repellente. E hanno bisogno di un orientamento, di un'organizzazione, di una direzione per liberarsene.

La Rivoluzione d'Ottobre è di nuovo diventata fonte di riflessione e di ispirazione per comunisti e lavoratori avanzati di ogni parte del mondo. I fallimenti di tutti i governi riformatori hanno confermato che non è possibile pulire il capitalismo dei tratti macabri e vergognosi che neanche i borghesi osano difendere: per liberarsi di questi tratti, bisogna liberarsi del capitalismo. E la borghesia, anche questo è evidente e anche i suoi caporioni da Berlusconi a Bush per spaventare lo fanno ben capire, non permetterà che ci liberiamo dal capitalismo facilmente, senza una lotta accanita e della massima violenza, senza una rivoluzione che stronchi radicalmente il potere della borghesia. In nessun paese è possibile migliorare le condizioni materiali e spirituali delle masse popolari con semplici misure governative finché la borghesia ha in mano l'economia del paese. Gli avvenimenti di paesi come il Sudafrica, il Venezuela, il Brasile e simili, dove partiti e personaggi progressisti sono finiti o stanno per finire a capo del governo, lo confermeranno, come nel passato lo hanno confermato la Francia e la Spagna del Fronte Popolare e il Cile di Allende. Se non è soddisfatta dell'azione del governo, la borghesia sabota l'economia finché le masse popolari abbandonano in gran parte al suo destino un governo che non è neanche capace di imporre la sua volontà alla borghesia. Inoltre la borghesia, come ogni classe dominante, ha un suo prestigio e un'influenza morale importante sulle masse popolari. Contro un governo progressista la borghesia internazionale viene in aiuto ai suoi caporioni locali, con denaro, con misure economiche, diplomatiche e politiche e con minacce e aggressioni militari. Senza umiliare la borghesia e almeno in una certa misura ridurre il suo prestigio e la sua influenza morale, senza toglierle i mezzi economici e organizzativi che usa per tradurre la sua influenza morale in mobilitazione politica, è impossibile che un governo possa attuare una politica favorevole alle masse popolari. Per questo Cofferati è o un imbroglione o un avventuriero. Se gli uomini di governo non accettano di venir meno alle promesse che hanno fatto alle masse, di attuare un programma di governo contrario alle misure favorevoli alle masse a cui si erano impegnati e per le quali le masse li hanno votati, insomma se gli esponenti di governi progressisti non accettano di tradire i loro impegni e di collaborare con la borghesia, la borghesia li rovescerà perché essi non sono fatti per mobilitare le masse a schiacciare la borghesia.

Per questo la via della Rivoluzione d'Ottobre si conferma essere l'unica via realistica, non facile ma possibile, per porre fine alla condizione atroce che la borghesia fa su-bire a miliardi di uomini e di donne. È la via che prima o poi le masse popolari imboccheranno nuovamente. È la via per percorrere la quale noi comunisti stiamo costruendo l'attrezzatura indispensabile.

Proprio per questo è della massima attualità capire perché l'opera nata dalla Rivoluzione d'Ottobre, il primo Stato socialista, i partiti comunisti che avevano seguito la strada indicata dalla Rivoluzione d'Ottobre e avevano costituito la prima Internazionale Comunista, gli altri Stati del campo socialista sorti sulla scia della Rivoluzione d'Ottobre sono quasi tutti crollati. Si tratta di capire cosa dovremo fare per non incorrere nuovamente nello stesso esito.

Il movimento comunista ha già dato una risposta esauriente a questa questione. La borghesia la nasconde e ha tutto l'interesse a farlo. Gli opportunisti di ogni risma ci girano attorno fingendo di essere ancora alla ricerca, molti semplicemente non la conoscono.

Il crollo del campo socialista all'inizio degli anni '90 del secolo passato non è stato un fulmine a ciel sereno, un avvenimento inatteso. Solo i comunisti dogmatici non lo vedevano. Il più avanzato dei dirigenti del movimento comunista, Mao Tse-tung, aveva chiaramente annunciato la sorte verso cui andava il campo socialista. La denuncia del pericolo non bastò a impedire il crollo perché non c'era la combinazione di condizioni necessaria per invertire il corso delle cose. Da decenni, dalla fine degli anni '50, i revisionisti (Krusciov, Togliatti, Breznev e compagnia), grazie all'incomprensione della realtà da parte dei sinceri comunisti, avevano preso la direzione dei partiti comunisti e stavano dirigendo i paesi socialisti e i partiti comunisti in un modo che li rendeva ogni giorno più deboli di fronte alla borghesia che aveva bisogno di liberarsi del "cattivo esempio" che comunque essi costituivano per le classi e i popoli oppressi, di riconquistare il terreno perso a partire dalla Rivoluzione d'Ottobre e di liberarsi dell'ingombro che comunque il campo socialista costituiva alla sua libertà d'azione. Essi scimmiottavano la borghesia, davano giorno dopo giorno soluzioni borghesi ai problemi dei paesi socialisti e dei partiti comunisti, soffocavano i rapporti sociali comunisti che avevano reso invincibili i paesi socialisti di fronte a tutte le aggressioni e manovre della borghesia internazionale e facevano rivivere, diffondevano e rafforzavano i vecchi rapporti sociali e istituti borghesi. Sotto la loro direzione il movimento comunista un po' alla volta aveva perso l'iniziativa nello scontro con la borghesia: l'ultimo tentativo di riprendere in mano l'iniziativa fu la Rivoluzione Culturale Proletaria in Cina (1966-1976). Venne gradualmente meno la forza propulsiva che il campo socialista esercitava a livello internazionale ed esso venne gradualmente subordinato al campo imperialista sul piano finanziario, economico, tecnologico, culturale, politico. I paesi socialisti in questo modo diventavano un non senso, paesi che nella realtà dei rapporti quotidiani corrispondevano sempre meno alle istituzioni che si erano date e agli obiettivi per cui le masse popolari li avevano costruiti e difesi. La proprietà pubblica diventava sempre più il terreno della corruzione e dell'arricchimento individuale. Le istituzioni socialiste diventavano la scusa e la condizione per ogni arbitrio di quelli che erano preposti a dirigerle. I partiti che si dicevano ancora comunisti pretendevano di dirigere le masse popolari come i capitalisti dirigono i loro dipendenti. Gli ideologi declamavano vuote frasi per coprire in nome del comunismo le malversazioni e le soperchierie dei nuovi padroni come preti che parlano del bene comune e del paradiso per tener buone le vittime dei loro mandanti. Nel giro di 30 anni il campo socialista era ridotto alla mercé della borghesia imperialista. All'inizio degli anni '90 il baraccone è scoppiato. La crisi generale del capitalismo gli aveva dato il colpo di grazia. Essa aveva riversato i suoi effetti anche sul campo socialista e reso impossibile proseguire gradualmente e pacificamente il processo di restaurazione del capitalismo. Da qui quell'accelerazione nella restaurazione che portò al crollo del campo socialista e diede il via al marasma oggi ancora in corso.

Paese per paese le istituzioni socialiste sono state tolte di mezzo, il potere è stato affidato ai gruppi più briganteschi e ai profittatori più cinici cresciuti sotto il mantello dei revisionisti e alle canaglie naziste e fasciste coltivate nell'emigrazione anticomunista che si era rifugiata nei paesi capitalisti man mano che la rivoluzione proletaria aveva vinto. Ai lavoratori hanno detto che la festa era finita, ogni diritto cancellato e che si ritornava ai vecchi sistemi della "sana economia capitalista". Quali fossero i vecchi metodi i lavoratori degli ex paesi socialisti se ne sono accorti presto e da allora assieme alla miseria, alle vergogne e ai crimini che stanno subendo è iniziata anche la risalita lenta e penosa che prima o poi porterà alla rinascita del movimento comunista e a una nuova ondata della rivoluzione socialista.

Questo bilancio dei paesi socialisti è un dato acquisito del nuovo movimento comunista, fondato su un accurato esame dell'esperienza di tutto il campo socialista e delle fasi successive che esso ha attraversato. Esso però deve essere divulgato, arricchito, verificato, assimilato e tradotto in pratica. L'anno prossimo cade il 50° anniversario della morte di Stalin (5 marzo 1953). Certamente in tutto il mondo la borghesia ne prenderà pretesto per vomitare le ingiurie e le menzogne con cui da anni, con la collaborazione dei revisionisti da Krusciov a Gorbaciov che nella seconda metà del secolo scorso hanno condotto il campo socialista alla rovina, cerca di infangare la memoria di colui che fu il dirigente comunista più noto e amato nel mondo perché impersonò la costruzione dell'Unione Sovietica e i grandi successi raggiunti dal movimento comunista nella prima metà del secolo scorso. Noi comunisti dobbiamo approfittare per far conoscere il vero bilancio del paesi socialisti e del vecchio movimento comunista. Questo bilancio è necessario per alimentare la rinascita del movimento comunista, per alimentare il nuovo movimento comunista. Anche l'agitazione creata dalla borghesia ci fornirà circostanze favorevoli ad attirare l'attenzione sul bilancio dei paesi socialisti, perché le lezioni che essi ci danno per la seconda ondata della rivoluzione proletaria siano diffusi e assimilati.

Tonia N.