La Voce n. 12


Versión en lengua española curada por el  Eile


Che i comunisti dei paesi imperialisti

uniscano le loro forze per la rinascita

del movimento comunista!


    Risoluzione approvata dalla quarta riunione della CP allargata ad alcuni fiduciari

 

    La crisi del capitalismo e la resistenza delle masse popolari

 

    Errori di dialettica

        1. Le formazioni economico-sociali imperialiste

        2. Le crisi generali del capitalismo

        3. Il bilancio del movimento comunista

        4. La lotta tra le due linee nel partito

        5. Il bilancio dei paesi socialisti

        6. La rivoluzione socialista nei paesi imperialisti

        7. Il metodo della linea di massa

 

    Conclusione

 


 

 

Errori di dialettica

 

* Alcuni rispondono che queste difficoltà provengono dalla forza economica, politica e culturale della borghesia imperialista e dalla ferocia e mancanza di scrupoli dei sistemi di controrivoluzione preventiva che essa ha elaborato e perfezionato prima, durante e dopo la prima ondata della rivoluzione proletaria (1900-1950). Ma è evidente che questi fattori esistono e continueranno ad esistere finché non prevarranno le forze rivoluzionarie. Essi non sono quindi l'ostacolo allo sviluppo delle forze rivoluzionarie, ma il bersaglio che le forze rivoluzionarie devono abbattere. Quando e dove mai i comunisti sono riusciti ad accumulare forze rivoluzionarie perché la classe dominante ha ceduto loro facilmente il terreno? Quale sarebbe il compito dei comunisti se la classe dominante non opponesse la più accanita, cinica e feroce resistenza all'avanzata del socialismo? Il fondatore del movimento comunista ci ha al contrario insegnato che la rivoluzione si fa strada facendo sorgere una controrivoluzione potente solo combattendo la quale il partito della rivoluzione raggiunge la maturità di un vero partito rivoluzionario (K. Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850). Alcuni decenni dopo, Stalin ci ha indicato che l'esperienza confermava l'insegnamento di Marx: la lotta di classe diventa più acuta man mano che la rivoluzione proletaria si espande. La forza, il cinismo e la ferocia della controrivoluzione sono solo un segnale che la borghesia imperialista ha sempre più difficoltà a far sopravvivere il suo potere e quindi sono un segnale e una conferma delle grandi potenzialità di sviluppo e di successo per il movimento comunista.

 

* Altri rispondono che le difficoltà che il movimento comunista incontra attualmente nei paesi imperialisti provengono dalla diffusione dell'opportunismo. L'opportunismo è rassegnazione al dominio della borghesia, accordo con la borghesia e assoggettamento ad essa perché soddisfi le necessità immediate individuali o di piccoli gruppi o di alcune categorie, trovare con la borghesia accomodamenti che preservano il suo potere, nutrire illusioni nella borghesia, esitare e tentennare nella lotta contro la borghesia. Ma noi potremo eliminare l'opportunismo solo nel corso dello sviluppo della rivoluzione, non come premessa della rivoluzione. Infatti l'opportunismo è alimentato principalmente da due fonti. Una fonte è l'influenza (l'influenza ideologica, i ricatti e la corruzione) che la borghesia imperialista esercita nelle fila dei rivoluzionari: un'influenza che possiamo contenere ma che non potremo eliminare completamente finché non avremo eliminato la borghesia stessa. L'altra fonte è l'influenza che la borghesia, come vecchia classe dominante, ha strutturalmente sulle masse popolari non ancora mobilitate o solo in piccola misura mobilitate alla lotta rivoluzionaria: un'influenza che eliminiamo man mano che il movimento comunista coinvolge le masse popolari. È quindi evidente che la diffusione dell'opportunismo non è la fonte delle nostre difficoltà: essa è invece la manifestazione delle nostre difficoltà, un aspetto di esse.

 

* L'ostacolo principale alla rinascita del movimento comunista nei paesi imperialisti è interno ad esso e quindi la sua rimozione è interamente nelle mani di noi comunisti dei paesi imperialisti. L'ostacolo principale è il dogmatismo di coloro che si dichiarano comunisti e che sinceramente cercano di operare da comunisti, è la concezione poco dialettica che li guida e il metodo poco dialettico con cui conoscono il mondo e cercano di trasformarlo. Il dogmatismo ostacola sia la costruzione dei partiti comunisti sia il loro rafforzamento.

Noi comunisti non aderiamo sufficientemente alle leggi proprie del movimento pratico che trasforma lo stato presente delle cose, cioè alle leggi del comunismo come già lo definivano Marx ed Engels in L'ideologia tedesca (1846). Per questo non riusciamo a dirigerlo. Alcuni negano addirittura che esista un movimento pratico che trasforma lo stato presente delle cose e lo riducono a quello che essi determinano, riducono il movimento pratico al movimento cosciente e organizzato. È una posizione idealista secondo cui è il movimento cosciente e organizzato che crea il movimento pratico. Sviluppata con coerenza porta alla conclusione che per essere comunisti non v'è più nulla da conoscere e ciò conforta l'indifferenza per l'inchiesta e l'elaborazione dell'esperienza che effettivamente permea tanti comunisti. In realtà esiste un movimento pratico che trasforma lo stato presente delle cose: compito di noi comunisti è comprenderne le leggi per dirigerlo. È forse codismo aderire alle leggi proprie del movimento pratico che trasforma il mondo? No! Codismo è andar dietro alle masse popolari ancora influenzate dalla borghesia, cioè indirettamente subire l'influenza della borghesia. Il movimento pratico trasforma la società attuale, la sospinge verso il comunismo.

Noi comunisti dobbiamo comprendere le leggi di questa trasformazione, diventare coscienti della necessità insita nelle cose e diventare promotori attivi e coscienti della trasformazione. La trasformazione della società capitalista in società comunista per sua natura è passaggio da un movimento che gli uomini subiscono per necessità e che compiono senza esserne consapevoli a un movimento consapevole e pianificato. Già nel Manifesto del partito comunista del 1848 Marx ed Engels ci hanno insegnato che il ruolo dei comunisti rispetto alla restante massa dei lavoratori consiste nel conoscere le condizioni, l'andamento e i risultati generali del movimento proletario e nell'essere la parte più risoluta del proletariato, quella che spinge sempre in avanti (cap. 2). La trasformazione della società capitalista in società comunista è un movimento oggettivo e necessario che può compiersi solo diventando anche movimento soggettivo e consapevole. Senza coscienza e direzione si disperde in mille direzioni, ristagna e alcune volte e per un certo tempo si trasforma persino nel suo contrario. Senza teoria rivoluzionaria il movimento rivoluzionario non può svilupparsi oltre un livello elementare e spontaneo ed è in mille forme esposto alle manovre della sperimentata classe dominante che lo influenza, lo infiltra, lo devia, lo distoglie dal suo percorso, lo avviluppa in contraddizioni inestricabili, lo estenua, lo frammenta, lo disperde e contrappone una parte del movimento pratico all'altra. La borghesia imperialista in particolare trasforma sistematicamente, persino spontaneamente oltre che consapevolmente, le contraddizioni tra se stessa e le masse popolari in contraddizioni tra parti delle masse popolari e in questo modo prolunga la sua esistenza, rende miserabile la sorte delle masse popolari e le abbrutisce moralmente e intellettualmente. Così la mobilitazione delle masse popolari contro il procedere della crisi generale del capitalismo non diventa mobilitazione rivoluzionaria, ma diventa mobilitazione reazionaria, mobilitazione diretta da gruppi della borghesia imperialista.

L'ostacolo principale alla rinascita del movimento comunista consiste nel fatto che i comunisti sinceramente dediti alla causa della rivoluzione hanno una concezione del mondo e un metodo di lavoro che non tengono sufficientemente conto né delle trasformazioni che la società borghese ha avuto né dell'esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria. Stando ai programmi della maggior parte dei partiti e gruppi comunisti dei paesi imperialisti, quando analizzano il movimento economico, politico e culturale della società attuale, è come se la prima ondata della rivoluzione proletaria, che ha sconvolto il mondo intero da cima a fondo, fosse passata senza lasciare traccia, solo perché sono crollati gli Stati, i partiti e le organizzazioni di massa che essa aveva creato. Il comunismo è veramente morto e cancellato dalla storia, mai esistito, anche in questi programmi! Questa è ancora influenza ideologica della borghesia, illusioni e scongiuri della borghesia. La realtà è ben diversa.

Rompere con il dogmatismo che rende sterili i nostri sforzi, elaborare una teoria rivoluzionaria che rifletta la realtà della trasformazione verso il comunismo che dobbiamo dirigere e dare sulla base di essa soluzioni rivoluzionarie ai compiti della rivoluzione proletaria: tutto ciò si riassume nella tesi che i nuovi partiti comunisti devono essere fondati sul marxismo-leninismo-maoismo. Nei sette punti che seguono illustriamo più in dettaglio questa nostra tesi.

 

1. Le formazioni economico-sociali imperialiste

Quanto al movimento economico e politico delle società imperialiste, la concezione che ne hanno oggi gran parte dei sinceri comunisti è una combinazione 1. di formule del marxismo-leninismo ripetute senza l'arricchimento e senza la specificazione che gli sviluppi della realtà richiedono e quindi trasformate in formule vuote e 2. di analisi arrangiate dai revisionisti sovietici che, asserviti alla borghesia imperialista nel campo della politica, della gestione della società e della cultura, hanno lasciato sopravvivere a lungo un settore mummificato dell'ideologia che ripeteva e adattava in modo opportunista il marxismo-leninismo e tanto bene serviva loro di copertura: i più anziani ricordano bene Suslov e i suoi vuoti discorsi. Per convincersi che questa affermazione è vera basta studiare gli attuali programmi dei partiti comunisti dei paesi imperialisti o studiare la concezione del mondo sottintesa dalle loro analisi politiche.

Le società imperialiste presentano importanti caratteristiche che si sono formate a seguito 1. del progredire del carattere collettivo delle forze produttive, 2. della formazione da parte della stessa borghesia imperialista di una serie di Forme Antitetiche dell'Unità Sociale (FAUS), 3. della prima ondata della rivoluzione proletaria (in cui si sono combinate rivoluzioni socialiste e rivoluzioni di nuova democrazia) con la costituzione dei primi paesi socialisti e la formazione in tutto il mondo di un forte movimento comunista, inteso come movimento cosciente e organizzato.

Nella società borghese si sono formate una serie di FAUS: istituti, procedure e istituzioni con cui la borghesia cerca di far fronte al carattere collettivo assunto dalle forze produttive restando però nell'ambito di rapporti di produzione e di rapporti sociali borghesi che lo negano. Alle FAUS appartengono la moneta fiduciaria di cui da più di 50 anni si serve il movimento economico a livello mondiale e in cui si materializza gran parte del "potere sociale" di ogni individuo, le politiche economiche pubbliche, la contrattazione collettiva a livello di categoria, di paese e mondiale del salario e delle condizioni di lavoro, gli istituti previdenziali e i servizi pubblici, le politiche demografiche e di formazione della forza-lavoro, le reti di comunicazione unificate a livello mondiale, l'edilizia pubblica, le politiche ambientali e delle infrastrutture, gli altri istituti che si riassumono nell'espressione "Stato sociale" e intesi, per usare un'espressione della pubblicistica borghese, a promuovere o mantenere la "coesione sociale" e a evitare la paralisi e il caos a cui "il libero mercato e la smodata ricerca del profitto", cioè il modo di produzione capitalista, condurrebbero rapidamente. Insomma tutti gli istituti, le procedure e le istituzioni con cui la borghesia cerca di governare il movimento economico della società e tutta la vita sociale pur mantenendo rapporti di produzione capitalisti. Certamente la borghesia non arriva con le FAUS a governare il movimento economico e ad indirizzarlo secondo un piano e verso obiettivi predefiniti. I rapporti tra gruppi capitalisti e i rapporti tra la borghesia e la classe operaia e il resto delle masse popolari restano fondamentalmente antagonisti ed escludono che il movimento economico della società sia governabile. Siccome non governa il movimento economico, la borghesia imperialista non governa neanche il movimento politico e culturale della società, "le cose scappano di mano". Ma le forme in cui si sviluppa il movimento economico, politico e culturale non sono neanche comprensibili senza tener conto di quelle trasformazioni.

La sostanza del modo di produzione capitalista messa in luce da Marx permane lungo tutta l'epoca capitalista, ma essa non è mai esistita allo stato puro. Essa è esistita solo in formazioni economico-sociali concrete che sono cambiate profondamente nel corso dell'epoca capitalista, proprio perché la società capitalista deve sfociare nella società comunista. Questa non sorge di colpo e all'improvviso, ma si forma per decomposizione della società capitalista e ristretta nel suo involucro finché non lo spezza. La sostanza del capitalismo si esprime in forme diverse a secondo del grado di capitalizzazione della società, del livello a cui sono giunte la sussunzione formale e la sussunzione reale delle attività umane nel capitalismo, della sopravvivenza in ogni concreto paese di forme e istituzioni della sua società precapitalista con cui il modo di produzione capitalista si è combinato trasformandole, delle forme e istituzioni in cui si è espresso il movimento comunista in ogni concreto paese, delle FAUS che concretamente la classe dirigente ha messo in campo. Le formazioni economico-sociali dell'epoca imperialista, e in particolare dell'epoca imperialista dopo la prima ondata della rivoluzione proletaria, hanno caratteristiche specifiche di cui dobbiamo tenere conto per dirigere la loro trasformazione.

Il capitalismo ha preso possesso, ha sussunto attività che nel secolo XIX non aveva ancora sussunto. Attività che da sempre ogni individuo o gruppo familiare svolgeva come proprie attività "naturali", spontanee e diffuse, il capitalismo le ha trasformate in attività commerciali: la preparazione del cibo, la confezione e la manutenzione dei vestiti, la cura del proprio corpo e della propria mente, i rapporti sessuali, la procreazione, l'educazione e la custodia dei bambini, l'istruzione, la cura delle malattie, l'assistenza degli anziani, la sepoltura dei morti, le attività ricreative, ecc. Il capitalismo si è impadronito di queste e di altre attività e le ha ripensate e ristrutturate in funzione della sua propria natura.

Il capitalismo ha scorporato alcune vecchie attività in distinte attività produttrici di merci erigendo ognuna di esse in nuovi settori produttivi. Ha profondamente distinto la conoscenza, la progettazione, la previsione, l'organizzazione e la direzione dall'esecuzione, ha fatto di ognuna di queste attività un'attività commerciale a se stante (un distinto settore dell'attività economica) e l'ha profondamente trasformata e arricchita.

Lo sviluppo dell'urbanesimo, delle relazioni sociali e della civiltà ha comportato nuove attività produttrici di merci. Lo stesso funzionamento del capitalismo con le sue attività finanziarie, commerciali, assicurative e pubblicitarie ha generato attività produttive di merci e settori produttivi a se stanti.

Queste tre trasformazioni hanno fatto sorgere una classe operaia enorme per numero, ma con caratteristiche che non sono quelle a cui sono affezionati i dogmatici, le cui analisi di classe sono rimaste ai ricordi di tempi andati. Marx ci ha chiaramente insegnato fin dalle prime pagine di Il capitale che una merce può essere un bene ceduto o un servizio prestato, che la natura del suo valore d'uso è secondaria, benché nella sua esposizione Marx si sia riferito come esempi soprattutto a merci-beni, in conformità alle caratteristiche della società del suo tempo, di 150 anni fa. Ma i dogmatici restano fermi agli esempi storici oramai superati e chiudono gli occhi di fronte al fatto tuttavia evidente che oggi la maggioranza delle merci prodotte dai capitalisti, la cui produzione è veicolo e supporto del processo di valorizzazione del capitale, specie nelle società imperialiste, è costituita da servizi e sarà sempre più così. Essi ignorano gran parte della effettiva classe operaia dei nostri paesi. Ed è esattamente quello che hanno insegnato i revisionisti sovietici che ancora alla fine degli anni '80 contabilizzavano come produzione solo la "produzione materiale".

Solo studiando e comprendendo sufficientemente i meccanismi delle formazioni economico-sociali imperialiste quali esse sono oggi, riusciremo ad aprirci la strada verso la rivoluzione socialista. Si è realizzata una combinazione tra movimento economico e movimento politico della società che da una parte è, come diceva Lenin, l'anticamera del socialismo e dall'altra imprime sia al movimento economico sia al movimento politico, e in generale al movimento della società in ogni campo, caratteristiche di cui devono tener conto i comunisti pena il fallimento dei loro propositi di accumulare forze rivoluzionarie, mobilitare la classe operaia a prendere la direzione della società eliminando la direzione della borghesia imperialista e portare la società a marciare più consapevolmente e direttamente possibile verso il comunismo. Se consideriamo gli scritti programmatici della maggior parte dei partiti e gruppi comunisti dei paesi imperialisti, vediamo che i comunisti oscillano tra 1. caricature del marxismo che pretendono di far discendere ogni iniziativa politica e culturale direttamente dall'interesse economico immediato dei suoi promotori e 2. l'abbandono di fatto del marxismo che si manifesta in una descrizione stereotipata e quindi irreale del movimento economico e in una descrizione del movimento politico e culturale in cui pesa l'influenza delle categorie di moda della cultura borghese.

 

2. Le crisi generali del capitalismo

Le crisi che hanno sconvolto e sconvolgono la società nell'epoca imperialista sono di natura diversa dalle crisi descritte da Marx con riferimento all'Europa della prima metà del secolo XIX. Nell'epoca imperialista le crisi cicliche descritte da Marx, che avevano caratterizzato la fase preimperialista, sono attenuate e abbreviate dalle misure anticicliche che rientrano tra le FAUS, sono ridotte a cicli espansione-recessione relativamente brevi e dalle oscillazioni contenute rispetto agli sconvolgimenti effettivi delle società attuali. Le vecchie crisi cicliche sopravvivono con le loro caratteristiche descritte da Marx solo nei manuali di economia politica sfornati dai revisionisti sovietici fino alla fine degli anni '80 e dai loro seguaci dogmatici. I revisionisti sovietici hanno continuato a basare la descrizione del movimento economico delle società imperialiste sulle crisi cicliche. I partiti comunisti ancora succubi ideologicamente dei revisionisti sovietici oscillano tra due tesi. Da una parte la tesi che la società borghese è riuscita a guarire dalle crisi: questa tesi di destra oggi è da pochi proclamata ad alta voce, ma nel recente passato ha alimentato molte concezioni soggettiviste del movimento rivoluzionario e oggi è il fondamento logico anche se non dichiarato delle concezioni che escludono che sia possibile accumulare forze rivoluzionarie nei paesi imperialisti e ripongono le loro speranze solo nello sviluppo del movimento rivoluzionario nei paesi oppressi e, genericamente, nello "aggravarsi delle contraddizioni" per effetto della "crisi storica del capitalismo" che è diventata un'attesa messianica, un "deus ex machina" per la soluzione delle contraddizioni logiche in cui i dogmatici si avvitano. Dall'altra l'esagerazione degli effetti economici e politici dei cicli espansione-recessione che si susseguono a breve distanza (tesi di sinistra).

A somiglianza dei loro maestri, i revisionisti sovietici, i dogmatici si mettono in pace la coscienza parlando di una "crisi storica del capitalismo" che procederebbe onnipresente, immutabile, eguale a se stessa lungo tutta l'epoca imperialista, onnicomprensiva e immune da controtendenze. Essa riassumerebbe in sé tutte le manifestazioni delle società. Essi non distinguono e tanto meno spiegano l'origine, il decorso e la fine degli effettivi periodi di crisi che la società ha attraversato dall'inizio dell'epoca imperialista, i periodi di ripresa e sviluppo che li hanno interrotti e la loro successione. Neppure si preoccupano di spiegare come mai questa crisi perenne che sarebbe iniziata più di cento anni fa non è ancora arrivata al compimento della sua opera: come mai siamo ancora nell'epoca imperialista?

In realtà nell'epoca imperialista la società è sconvolta da crisi generali che sono crisi di lungo periodo che iniziano come crisi economiche causate da quella sovrapproduzione assoluta di capitale spiegata teoricamente da Marx nel capitolo 15 del terzo libro di Il capitale. Sovrapproduzione di capitale vuol dire che il capitale accumulato non può essere tutto impiegato a estrarre plusvalore allargando il processo di produzione capitalista vero e proprio fino ad assorbire in esso tutto il proletariato disponibile, perché se la borghesia così facesse produrrebbe una massa di plusvalore decrescente. Nelle condizioni date dalla prima ondata della rivoluzione proletaria e dalle FAUS già sviluppate, se ad esempio a partire dagli anni '70 i capitalisti avessero continuato ad allargare il processo di produzione propriamente capitalista nella misura consentita dal capitale accumulato, essi avrebbero estratto un plusvalore eguale o minore di quello che i capitalisti estraggono impiegando nel processo produttivo solo una parte del capitale accumulato e solo una parte del proletariato disponibile.

Questa è la fonte sia del rinnovato slancio con cui i gruppi imperialisti si sono gettati come lupi famelici a impadronirsi in modo più profondo del mondo intero, sia della febbre di innovazioni produttive, tecnologiche e finanziarie e di creazione di nuovi settori di attività e campi di investimento, sia delle grandi bolle finanziarie e del rastrellamento e distruzione ad esse connessi di capitali e di risparmi, sia delle migrazioni su grande scala e di molti altri fenomeni degli ultimi 30 anni e degli sconvolgimenti politici e culturali in corso da alcuni decenni e di quelli che stanno sopravvenendo. Questo è quello che spinge gruppi e Stati imperialisti alla guerra tra loro e alla diffusa guerra di sterminio che di fatto la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari. È molto importante comprendere la combinazione di queste due guerre perché solo trasformando la seconda in rivoluzione socialista i comunisti potranno non solo prevenire la guerra interimperialista ma anche incanalare la resistenza delle masse popolari sulla via del socialismo.

Le crisi generali dell'epoca imperialista iniziano come crisi economiche ma si trasformano nel loro progredire in crisi politiche e culturali e trovano soluzione solo in campo politico e culturale: o con le rivoluzioni socialiste o con un nuovo assetto imposto dai più forti gruppi imperialisti che solo tramite la guerra interimperialista impongono la loro preminenza. Una prima crisi del genere subentrò nell'ultimo terzo del secolo XIX e si risolse con la spartizione di tutto il mondo tra le potenze imperialiste e l'ingresso nell'epoca imperialista. La prima crisi generale vera e propria si svolse nella prima metà del secolo XX e si concluse con la formazione del campo socialista e l'imposizione dell'egemonia dei gruppi imperialisti USA su quello che restava del mondo capitalista. Dopo 30 anni circa di ripresa dell'accumulazione capitalista, negli anni '70 è iniziata la seconda crisi generale del capitalismo tuttora in corso. È in queste linee generali che si inseriscono e diventano comprensibili i grandi successi conseguiti dal movimento comunista nella prima parte del secolo XX e la sua successiva sconfitta per uscire dalla quale lottiamo attualmente.

F. Engels continuò fino alla fine della sua vita (1895) a studiare l'evoluzione della società capitalista nei paesi imperialisti e si rese conto della formazione oramai in atto delle FAUS (indicate teoricamente da Marx nei Grundrisse) con cui la borghesia faceva fronte in una certa misura agli effetti più destabilizzanti che conseguono dall'anarchia della produzione capitalista quando questa ha sussunto su larga scala le attività economiche. Egli ripetutamente indicò che entro una certa misura la borghesia aveva trovato rimedi all'anarchia del suo modo di produzione. Engels si rese parimenti conto del sopravvenire di un nuovo tipo di crisi e ne parlò esplicitamente nella prefazione del 1886 all'edizione inglese del primo libro di Il capitale. Lenin con i suoi lavori sull'imperialismo ha dato grandi contributi alla comprensione della più avanzata "sovrastruttura" che il capitalismo si era costruito. Per dirigere il movimento di trasformazione delle società imperialiste è indispensabile che noi comunisti ci appropriamo di questi spunti, li sviluppiamo e colmiamo i limiti che lo sviluppo del movimento comunista durante la prima ondata della rivoluzione proletaria ha messo in luce, fino a comprendere il movimento della società attuale in misura sufficiente per dirigerlo.

 

3. Il bilancio del movimento comunista

Il mondo è andato e sta andando verso il comunismo. Nel senso preciso che sta elaborando, trovando, scoprendo e mettendo alla prova rapporti e istituti sociali adeguati al carattere collettivo assunto dalle sue forze produttive materiali e spirituali, al dominio conquistato dagli uomini sulla natura e sulla propria stessa vita. Il movimento pratico di trasformazione dello stato attuale delle cose non si arresta perché noi non lo comprendiamo. Ma ci sono due vie per andare verso il comunismo.

Una, quella consapevole, la più diretta e la meno tormentosa, passa attraverso l'instaurazione almeno nei maggiori paesi imperialisti del potere della classe operaia che lo toglie alla borghesia imperialista tramite una rivoluzione e guida se stessa e le altre classi delle masse popolari ad acquisire in massa coscienza delle proprie possibilità e dei propri compiti e ad adeguare i rapporti tra gli individui, i gruppi sociali, le nazioni e i paesi al carattere collettivo della attività economica e del complesso delle attività sociali imparando a governare se stesse e le proprie attività.

L'altra, la più tortuosa e tormentosa, si snoda attraverso crisi generali, periodi di ripresa, guerre interimperialiste, ondate successive della rivoluzione proletaria, costruzione di partiti comunisti, organizzazioni di massa e Stati socialisti e la loro corruzione e demolizione, sviluppo di FAUS sempre più avanzate e la loro distruzione. E ciò finché a livello mondiale le condizioni soggettive saranno più avanzate e sorgeranno finalmente paesi socialisti che marceranno con continuità verso il comunismo aprendo la strada anche agli altri.

Durante la prima ondata della rivoluzione proletaria (1900-1950) il movimento comunista ha conquistato grandi successi quali nessun altro movimento mai nella storia aveva conquistato e tantomeno in nemmeno cento anni di vita: un grande campo socialista che raccoglieva un terzo dell'umanità di allora, influenti partiti comunisti praticamente in ogni paese, la dissoluzione del sistema coloniale. Le masse popolari hanno conquistato condizioni di vita e di lavoro prima mai neanche immaginate, la borghesia imperialista ha dovuto elaborare FAUS che hanno spinto avanti la trasformazione della società su grande scala. Ma nella seconda metà del secolo passato il movimento comunista, come movimento cosciente e organizzato, è in gran parte crollato e molte sue conquiste sono state in una certa misura perse. Perché questo grande rovescio? Gli eserciti vittoriosi sono quelli che imparano dalle loro sconfitte. La sconfitta è madre della vittoria per chi, anziché lasciarsi demoralizzare, raccoglie i suoi insegnamenti. Ma quale è stata la causa della nostra sconfitta? Alcuni comunisti sorvolano su questa questione. Per loro la sconfitta è un caso, frutto di cause misteriose o imponderabili e adottano la linea: provandoci ancora, prima o poi arriverà la volta buona. Altri attribuiscono la sconfitta al tradimento di alcuni dirigenti, altri alla protervia della borghesia. Ma queste risposte sono inconsistenti, se appena le esaminiamo criticamente. Se fossero vere ci condannerebbero alla ripetizione delle sconfitte. Infatti cosa mai ci può assicurare che non ci saranno più dirigenti traditori? Chi si può procurare una borghesia bonaria e arrendevole?

Il revisionismo moderno ha preso la direzione del vecchio movimento comunista e lo ha portato alla rovina. Anche se per arrivare a tanto risultato i revisionisti moderni hanno dovuto erodere, corrodere e corrompere per alcuni decenni, tanta era comunque la forza del vecchio movimento comunista. Il revisionismo moderno è il prodotto dell'influenza della borghesia imperialista nel movimento comunista e noi non possiamo in assoluto impedire questa influenza finché esiste la borghesia: la borghesia influenza noi (il revisionismo) e noi influenziamo la borghesia (le FAUS). Ma il revisionismo è riuscito ad avere il sopravvento nel movimento comunista, a prenderne la direzione, a consolidare la sua direzione e a erodere e corrompere come un cancro il movimento comunista fino a farlo crollare perché la sinistra era convinta che le conquiste del movimento comunista fossero irreversibili, perché la sinistra non ha dato risposte rivoluzionarie ai problemi nuovi posti dai successi raggiunti dal movimento comunista, cioè perché la sinistra ha fatto errori di dogmatismo, di mancanza di dialettica: non ha visto il nuovo, non ha compreso in modo giusto le leggi delle formazioni economico-sociali socialiste che aveva creato né quelle delle formazioni economico-sociali imperialiste il cui rivoluzionamento doveva dirigere. Sono i limiti del vecchio movimento comunista che hanno permesso il successo del revisionismo moderno. Questo si è imposto perché, in mancanza di risposte rivoluzionarie, dava alle difficoltà del nuovo mondo vecchie risposte borghesi che passo dopo passo, di regressione in regressione, in alcuni decenni hanno portato il vecchio movimento comunista alla liquidazione.

Solo individuando e superando i limiti del vecchio movimento comunista noi mettiamo la rinascita del movimento comunista su basi che lo porteranno a nuovi e più duraturi successi. I limiti del vecchio movimento comunista riguardavano sia la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti che il vecchio movimento comunista non ha saputo condurre in porto, sia lo sviluppo dei nuovi paesi socialisti che il vecchio movimento comunista aveva instaurato ma non ha saputo far durare e prosperare. È in questi due campi che il nuovo movimento comunista deve dare le risposte elaborando l'esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e comprendendo le leggi delle formazioni economico-sociali attuali.

 

 

4. La lotta tra le due linee nel partito 

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