Torna all'indice del La Voce 10 - marzo 2002

L’ottava discriminante

- Sulla questione del maoismo terza superiore tappa del

pensiero comunista, dopo il marxismo e il leninismo

- Sulla necessità che i nuovi partiti comunisti siano marxisti-leninisti-maoisti e non solo marxisti-leninisti

(seconda puntata, segue da La Voce n. 9)

(prima puntata, La Voce n.9)

indice della seconda puntata

 

1. La guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata

Quale strada dobbiamo seguire noi comunisti dei paesi imperialisti per portare la classe operaia a instaurare la dittatura del proletariato, dare inizio alla fase socialista di trasformazione della società e contribuire alla seconda ondata della rivoluzione proletaria mondiale?

 

2. Le rivoluzioni di nuova democrazia

La strategia dei comunisti nei paesi coloniali e semicoloniali oppressi dall'imperialismo

 

3. La lotta di classe nella società socialista

Il contributo storico dei paesi socialisti costruiti durante la prima ondata della rivoluzione proletaria e gli insegnamenti della loro esperienza

 

4. La linea di massa

La linea di massa come principale metodo di lavoro e di direzione di ogni partito comunista

 

5. La lotta tra le due linee nel partito

La lotta tra le due linee nel partito come principio per lo sviluppo del partito comunista e la sua difesa dall’influenza della borghesia

 

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3. La lotta di classe nella società socialista

Il contributo storico dei paesi socialisti costruiti durante la prima ondata della rivoluzione proletaria e gli insegnamenti della loro esperienza

 

È impossibile sviluppare oltre un livello elementare e spontaneo la rinascita del movimento comunista senza un bilancio dell’esperienza dei paesi socialisti. L’Unione Sovietica, la Repubblica popolare cinese e il campo socialista avevano assunto un ruolo molto importante nella rivoluzione proletaria mondiale. La degenerazione prima e poi il crollo del campo socialista hanno prodotto e producono effetti negativi su tutto il movimento comunista mondiale e su ogni sua parte. Nel 1926 Stalin aveva detto: “Cosa succederebbe se il capitalismo riuscisse a soffocare ed annientare la repubblica dei soviet? Subentrerebbe l’epoca della più nera reazione in tutti i paesi capitalisti e coloniali, verrebbero soffocati la classe operaia e i popoli oppressi, sarebbero perdute le posizioni del comunismo internazionale”.(17) Ciò che egli aveva detto nel lontano 1926 è arrivato a compimento un po' più di 60 anni dopo e ancora pesa su di noi.

La borghesia diffonde ancora oggi la favola che Reagan e la sua lotta contro “l’impero del Male” e Woityla con la Madonna di Fatima avrebbero fatto crollare il campo socialista. Ogni comunista deve avere una comprensione chiara dei motivi della degenerazione e del crollo del campo socialista e in particolare dell’Unione Sovietica. È un elemento indispensabile sia per la saldezza ideologica nella lotta che dobbiamo condurre sia per evitare di ripetere gli errori già commessi. Inoltre la storia seppur breve dei primi paesi socialisti illumina di nuova e feconda luce tutta la dottrina e l’esperienza del movimento comunista: come in generale un’esperienza più avanzata permette di meglio comprendere anche il passato e le esperienze più arretrate.

Mao Tse-tung ha sviluppato un bilancio sistematico e relativamente completo del tratto di transizione dal capitalismo al comunismo compiuto nei primi paesi socialisti. In particolare egli ha illustrato le leggi della transizione sulla base dell’esperienza compiuta in URSS e nella RPC.(18)

Era già dottrina acquisita del movimento comunista e ripetutamente illustrata da Marx, da Engels, da Lenin e anche da Stalin (sia pure con qualche contraddizione circa il livello a cui era giunta in URSS l'estinzione degli antagonismi di classe), 1. che il socialismo era la fase di transizione dal capitalismo al comunismo, della trasformazione dei rapporti di produzione, degli altri rapporti sociali e delle idee, concezioni e sentimenti che ad essi corrispondevano, fino a eliminare le fondamenta e le manifestazioni della società capitalista e instaurare rapporti sociali basati sul principio “da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni” e le concezioni corrispondenti; 2. che questa transizione avrebbe occupato un intero periodo storico e che si sarebbe completata a livello mondiale con la conseguente estinzione degli Stati, delle barriere di razza e di nazione che dividono ancora gli uomini e di ogni forma di oppressione sulle donne, 3. che, finché questo processo non era compiuto, sopravvivevano, sia pure in misura decrescente e specifica, gli Stati e le divisioni in classi sfruttate e classi sfruttatrici e la lotta di classe restava il motore della trasformazione della società.

Mao ha mostrato che per comprendere la lotta di classe nei paesi socialisti occorre considerare chiaramente tre distinti aspetti dei rapporti di produzione: 1. la proprietà dei mezzi e delle condizioni della produzione, 2. le divisioni tra gli uomini nella produttiva (divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, divisione tra dirigenti e diretti, divisione tra uomini e donne, divisione tra città e campagna, divisione tra zone e settori avanzati e zone e settori arretrati, ecc.), 3. i rapporti di distribuzione del prodotto. Considerando tutti questi tre aspetti era possibile cogliere con sicurezza dove era la borghesia nei paesi socialisti (essa era costituita dai dirigenti del partito, dello Stato e delle altre istituzioni sociali che patrocinavano la via verso il capitalismo) e fare un'analisi completa di classe delle società socialiste e quindi dirigere la lotta delle classi oppresse nell’ambito delle nuove condizioni politiche e culturali specifiche della società socialista. La Rivoluzione culturale proletaria fu una manifestazione pratica della forza che la lotta di classe poteva sprigionare a favore del comunismo nella società socialista.

Egli ha mostrato che la trasformazione dei rapporti sociali e delle concezioni e sentimenti connessi avveniva per tappe (ognuna delle quali alternava evoluzioni graduali e salti). La trasformazione poteva quindi essere studiata con precisione ("con la precisione di una scienza sperimentale") e in una certa misura diretta in conformità alle sue proprie leggi che andavano ricercate, scoperte e applicate.(19) Era possibile sia avanzare nella trasformazione sia retrocedere. Nella società socialista si presentavano due vie (andare avanti verso il comunismo o andare indietro verso il sistema capitalista), combattevano tra loro due classi (la borghesia e la classe operaia) e quindi due linee si contendevano la direzione del partito comunista, dello Stato e delle altre istituzioni della società. Ciò offriva anche le basi per affrontare la lotta contro la restaurazione dopo che i revisionisti moderni avevano preso la direzione.(20) Nessuna analisi dei paesi socialisti al di fuori del maoismo permette di valorizzare la loro esperienza, mettere in luce i limiti e i problemi reali e indicare una via di avanzamento. Tutte cercano di leggere i paesi socialisti con le lenti deformanti delle categorie di società più arretrate (capitalismo di Stato, modo di produzione asiatico, sistema burocratico, ecc.). Anche se la Repubblica popolare cinese, stante la sua arretratezza complessiva, non ha potuto sostituire l'Unione Sovietica come base della rivoluzione proletaria mondiale ed è caduta nelle mani dei revisionisti moderni (Teng Hsiao-ping e i suoi successori), il maoismo permette ai comunisti di tutto il mondo di comprendere l'esperienza dei paesi socialisti e di trarne lezioni costruttive.

La profondità e giustezza del bilancio fatto da Mao Tse-tung sulla società socialista sono confermate anche dal fatto che egli, che pure aveva diretto la Rivoluzione culturale proletaria e la lotta per cacciare i dirigenti del partito e dello Stato che patrocinavano la via capitalista, indicò tuttavia che i risultati raggiunti nella Repubblica popolare cinese erano precari ed era elevata la probabilità che i revisionisti moderni riuscissero a impadronirsi della direzione del PCC e a far regredire la RPC dalle posizioni raggiunte, se non ci fosse stato un rivolgimento comunista in Unione Sovietica.(21)

 

4. La linea di massa

La linea di massa come principale metodo di lavoro e di direzione di ogni partito comunista

 

Ogni partito comunista si è trovato e si troverà ancora ad affrontare l’antinomia tra l’autonomia ideologica e organizzativa del partito e lo stretto legame del partito con le masse. La prima è la condizione necessaria perché il partito possa “elaborare” una linea giusta. Il secondo è la condizione necessaria perché il partito possa “scoprire” e “attuare” la linea giusta. Ogni partito comunista si è trovato e si troverà ancora ad affrontare l’antinomia tra gli obiettivi immediati, l’obiettivo della fase e l’obiettivo finale. Ogni partito comunista si è trovato spesso e si troverà a lottare contro due opposte deviazioni: l’avventurismo di chi si stacca dalle masse convinto di poter andare più rapidamente verso l’obiettivo e il codismo di chi si confonde tra le masse e si riduce a illustrare quello che già le masse fanno, riflette lo stato medio, generale, comune, diffuso delle masse.

La linea di massa è il superamento di quelle antinomie e il criterio per sfuggire ad entrambe le deviazioni.

Essa consiste nel raccogliere gli elementi di conoscenza sparsi e confusi che esistono tra le masse e le loro aspirazioni, elaborarli e ricavarne obiettivi, linee, metodi e criteri e portarli tra le masse fino a che queste li fanno propri e li attuano. Quindi tornare nella nuova situazione a raccogliere gli elementi sparsi e confusi dell'esperienza delle masse nella nuova situazione e le loro aspirazioni, elaborarli e ricavarne nuovi obiettivi, linee, metodi e criteri e portarli tra le masse fino a che queste li fanno propri e li attuano. Ripetendo questo processo più e più volte, ogni volta le concezioni dei comunisti diventano più ricche e più concrete e il processo rivoluzionario procede verso la vittoria.

Vista da un altro lato, la linea di massa consiste nell’individuare in ogni gruppo la sinistra (cioè quella parte le cui tensioni, se attuate, porteranno il gruppo a confluire nell'alveo della rivoluzione socialista), il centro e la destra, nel mobilitare e organizzare la sinistra perché unisca a sé il centro e isoli la destra.

Per praticare la linea di massa il partito deve quindi avere assimilato abbastanza bene il materialismo dialettico ("senza teoria i fatti sono ciechi"), fare buone inchieste ("senza fatti la teoria è vuota"), avere una buona comprensione d'assieme del processo rivoluzionario in corso e del ruolo delle varie classi in esso.

A queste condizioni il partito va verso il suo obiettivo finale (la rivoluzione socialista) non puntando direttamente e in ogni circostanza concreta al suo obiettivo finale, ma puntando in ogni fase e in ogni circostanza concreta a quell'obiettivo che le masse popolari possono realizzare e la cui realizzazione avvicina le masse all'obiettivo finale del partito. La linea di massa guida il partito a riunire in ogni fase della lotta il più ampio fronte possibile di classi, di forze e di personalità per realizzare l’obiettivo di quella fase. Essa implica nel partito la massima autonomia ideologica e politica, una grande capacità di comprensione delle contraddizioni reali e del movimento in corso, lungimiranza, libertà di manovra: se il partito si stacca dalle masse, non è perché è troppo avanzato rispetto ad esse, ma perché non è capace di capire la situazione concreta, è arretrato. Un buon medico o un buon insegnante sono tanto più avanzati e tanto più “autonomi” quanto meglio sanno comprendere la situazione effettiva dell'ammalato o dell'allievo: non si attengono a quello che l'ammalato o l'allievo dice, non fanno quello che l'ammalato o l'allievo suggerisce, ma comprendono quello che egli è e lo mobilitano a raggiungere l'obiettivo che anch'egli vuole raggiungere. La linea di massa permette al partito sia di avere in mano l’iniziativa sia di restare strettamente legato alle masse e di rafforzare continuamente il legame con le masse. Il legame con le masse diventa tanto più stretto quanto più alta è la qualità del partito, quanto più forte è la sua autonomia ideologica e politica. La linea di massa è anche la sintesi tra partito di massa e partito di quadri: il partito di quadri che dirige le masse. È la sintesi tra direzione del partito e autonomia delle masse, tra politica dall’alto e politica dal basso.

Era dottrina acquisita del movimento comunista che le idee venivano dalla pratica, dall’esperienza. Che nella pratica delle masse vi erano in germe, in forma confusa e dispersi, gli elementi di ogni conoscenza superiore. Si possono citare innumerevoli passi di Marx, Engels, Lenin e Stalin che illustrano e ribadiscono questa concezione del rapporto tra idee e sensazioni, tra coscienza ed esperienza e i suoi riflessi nell’attività politica. Mao Tse-tung ha espresso in maniera sistematica e organica questa concezione e ha indicato la linea di massa come il principale metodo di lavoro e di direzione del partito comunista.(22)

 

5. La lotta tra le due linee nel partito

La lotta tra le due linee nel partito come principio per lo sviluppo del partito comunista e la sua difesa dall’influenza della borghesia

 

Ogni partito comunista si è spesso trovato e si troverà ad affrontare l’antinomia tra “coesione ideologica e politica” e “disciplina organizzativa”. La prima richiede uno sforzo sistematico e organizzato (con istituzioni e istanze appositamente dedicate) per promuovere il libero sviluppo di ogni membro e la massima valorizzazione della sua esperienza e che in tutto il partito regni un clima di dibattito libero e di franca discussione delle idee. La seconda implica unità di indirizzo nell'azione e applicazione leale, attiva e fedele delle direttive adottate dal partito e subordinazione dell'individuo al collettivo, delle istanze inferiori alle istanze superiori, della parte al tutto. I partiti comunisti creati dalla IC hanno affrontato questa antinomia riconoscendo l'unità dei contrari che essa racchiude e adottando il centralismo democratico come principio organizzativo. Lenin è stato il nostro maestro in questo campo.

L'esperienza ha però mostrato che la lotta per la coesione ideologica e politica del partito pone problemi per la cui soluzione i partiti comunisti della IC non avevano una linea chiaramente definita. Anche questo ha offerto una breccia all'azione dei revisionisti moderni.

Ogni partito affronta frequentemente situazioni nuove e deve risolvere nuovi problemi. Tutto muta e mutano anche i compiti che il partito deve affrontare. È inevitabile che nel partito nascano divergenze ed esse sono anzi un fattore di sviluppo del partito. Anche le idee si sviluppano con lente evoluzioni e salti, tramite il contrasto, per divisione dell’uno in due. Anche le idee hanno una storia: nascono in pochi uomini e acquistano consenso e seguaci man mano che dimostrano nella pratica la loro validità. Il borghese che ha una nuova idea, la pone in atto: se gli va bene, peggio per i suoi concorrenti; se gli va male, fallisce (e in ambedue i casi i lavoratori pagano le spese). Tra i comunisti (e nella società socialista) le cose vanno diversamente. Il compagno che ha un'idea la sottopone al collettivo. Bisogna che il collettivo gli dia modo di illustrarla, difenderla e verificarla. Le nuove idee sono un bene prezioso. Concezioni e linee contrastanti derivano dal contrasto tra vero e falso, tra nuovo e vecchio, tra avanzato e arretrato: aspetti inseparabili da ogni sviluppo. Un partito in cui non vi fossero divergenze di vedute, sarebbe un partito morto ("senza contraddizione non c'è vita"). Di fronte a divergenze di concezioni, bisogna sviluppare il dibattito, la ricerca e la verifica per arrivare all'unità. Non c'è altro modo per arrivare alla verità. Se noi proibiamo a chi ha un’idea diversa da quella già acquisita e comune di esprimerla e di metterla alla prova, intralciamo lo sviluppo del pensiero nel partito e costringiamo il pensiero a trovare vie traverse per affermarsi. Miniamo la coesione ideologica e politica del partito e questa è in definitiva condizione necessaria perché la disciplina organizzativa si mantenga nel tempo e sia un elemento di forza e di vittoria del partito.

Noi comunisti siamo per la libertà di critica. Mentre siamo contrari a che convivano e coesistano nel partito concezioni e linee contrastanti. Quindi non coesistenza di concezioni divergenti, non indifferenza alle concezioni: se “ognuno pensa quello che vuole”, farà anche quello che vuole e non ci sarà disciplina organizzativa. Al contrario lotta aperta tra concezioni divergenti per arrivare all'unità sulle posizioni rivoluzionarie più avanzate e più giuste. Il partito deve promuovere il confronto, il dibattito e la verifica. Una direzione che soffoca i contrasti, che li teme, che non promuove il dibattito e la verifica non è una buona direzione.

Ma i contrasti di idee non sono solo un mezzo per ricercare la verità, sono anche espressioni di interessi contrastanti. Le divergenze di concezioni e di linee nel partito non sono solo il risultato del procedere delle conoscenze (contrasto tra verità ed errore) e del presentarsi di nuove situazioni (contrasto tra nuovo e vecchio, tra avanzato e arretrato). Esse sono anche il risultato della lotta tra la classe operaia che avanza verso il socialismo e la borghesia che cerca di perpetuare più a lungo possibile il vecchio mondo, sono il riflesso degli interessi antagonisti delle due classi in lotta per il potere. Le idee sono un'arma nella lotta. Una volta diventate patrimonio delle masse, le idee sono una forza materiale che trasforma il mondo. Un orientamento sbagliato porta il partito comunista alla sconfitta, un orientamento giusto lo porta alla vittoria. Quindi la concezione e l'orientamento del partito comunista sono un campo della lotta tra le due classi, un terreno conteso: proprio perché un partito comunista con un orientamento sufficientemente giusto è invincibile, come l'esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ha dimostrato. Per sconfiggere la rivoluzione, la borghesia deve anzitutto impadronirsi del partito comunista e deviarlo. Per impedire la rivoluzione, la borghesia deve impedire la formazione di un partito comunista capace di darsi un orientamento sufficientemente giusto. Per questo concezioni già battute teoricamente, si ripresentano ripetutamente nel partito, sotto forme appena mutate e a volte nelle stesse vecchie forme. Per questo la borghesia cerca con ogni mezzo di influenzare le idee dei membri del partito. La borghesia imperialista cerca con ogni mezzo e in ogni modo di approfittare di ogni divergenza che inevitabilmente si sviluppa nelle fila del partito, di contattare i dissidenti, di sostenerli in ogni modo (il fascismo pubblicò l'opera di Trotski, Storia della rivoluzione russa), anche solo strumentalmente (cioè senza condividere le loro tesi, ma per rendere antagoniste le divergenze nel nostro partito), fa leva sull’individualismo (sul carrierismo, sulla presunzione, sulla ricerca di gloria e di danaro, sul desiderio di rivalsa) approfittando del fatto che nella società borghese l’individuo può avere in tutti questi terreni uno sviluppo che nel partito non ha. La borghesia fa leva sulle divergenze che è fisiologico si sviluppino nel partito. Inoltre la borghesia fa leva su ogni arretratezza delle masse popolari che ovviamente in parte si prolunga nel partito. La soggezione ideologica e morale delle classi oppresse alla classe dominante è connaturata alla società di classe ("la cultura dominante è la cultura della classe dominante"): quindi, finché esisterà, la borghesia avrà una certa influenza sulle masse popolari e attraverso esse nel partito. Non esistono “muraglie cinesi” tra le classi e l'influenza attraversa ogni barriera.

I tentativi di impedire l'influenza della borghesia unicamente o principalmente con misure disciplinari, soffocando le divergenze, mantenendo le divergenze entro cerchie ristrette dei dirigenti del partito e mostrando all'esterno un muro compatto, con le commissioni di controllo, alla lunga si sono dimostrati fallimentari. I tentativi di assicurare la coesione ideologica e politica del partito tramite la disciplina organizzativa o falliscono o portano il partito alla sclerosi e prima o poi alla disintegrazione. La borghesia ha individuato e sfruttato le divergenze nel partito anche quando queste erano vietate e quindi segrete (la storia del PCI e di altri partiti comunisti presenta molti casi del genere). Il divieto ha favorito la trasformazione delle divergenze in cospirazione. Nella maggior parte dei partiti comunisti della prima Internazionale Comunista la borghesia si è impadronita della direzione del partito e a quel punto ha avuto il gioco facilitato dall'abitudine invalsa nel partito di soffocare le divergenze o mantenerle in cerchie ristrette di dirigenti e ha imposto con misure disciplinari la sua linea al partito fino a corromperlo e provocarne la disgregazione. La sinistra è stata paralizzata dal rifiuto dogmatico della lotta tra le due linee nel partito.

È inevitabile che nel partito comunista la contraddizione di classe (l'influenza della borghesia e la lotta contro di essa) si combini con la contraddizione tra il vero e il falso e con la contraddizione tra l'avanzato e l'arretrato (il nuovo e il vecchio). Ma non c'è altro modo per trattare queste contraddizioni che il dibattito aperto, la lotta ideologica attiva, la ricerca e la verifica nella pratica. Agire altrimenti vuol dire impedire lo sviluppo del partito, impedire che svolga il suo compito e aprire canali maggiori all'influenza della borghesia.

Dobbiamo combattere l’infiltrazione della borghesia e la sua influenza nelle nostre fila con una serie di strumenti: l’impegno d’onore dei membri del partito e di ogni sua struttura a rispettare e favorire la discussione e la verifica delle idee e a non accettare appoggi (strumentali o no) della borghesia a singoli esponenti o gruppi d'opinione (riviste, circoli, centri di studio, ecc.) del partito; la lotta politica e ideologica aperta; la lotta di massa contro spie, infiltrati, agenti di collegamento, ecc. Ma assolutamente non vietando in generale o anche solo scoraggiando l’espressione delle idee e la loro aperta discussione, che anzi dobbiamo favorire con iniziative e misure appropriate. Il partito ha bisogno di avere una conoscenza molto sviluppata. Se non si pratica una linea consapevolmente e a ragion veduta, si pratica una linea inconsapevolmente e allora sia l'arretratezza sia l'influenza della borghesia hanno un terreno favorevole. La sinistra, se conduce una battaglia giusta, può sempre avvalersi dell'esperienza di classe dei membri del partito e prevalere.

Non ci liberiamo dall'influenza della borghesia eliminando la discussione aperta tra noi e vietando per via di statuto il dissenso. Solo la lotta tra le due linee assicura la coesione ideologica e politica. Quanto più il partito è consapevole che l'influenza della borghesia nelle sue fila è inevitabile, quanto più il partito è allenato a individuare la matrice di classe delle idee e a ricercare per ogni idea di quale classe essa rispecchia gli interessi e il modo di operare, tanto più il partito è in grado di respingere l'influenza della borghesia e in questo modo di rafforzare la sua coesione ideologica e politica. Ogni partito deve quindi combinare il principio della lotta tra le due linee col principio del centralismo democratico.

La lotta tra le due linee è sempre esistita nei partiti comunisti. Se percorriamo la storia della Lega dei comunisti (1847-1850) e della Prima Internazionale (1864-1872), possiamo ricostruire la successione di lotte tra linee che ne hanno segnato lo sviluppo. Nella Seconda Internazionale le lotte tra linee sono state numerose, ma condotte senza coscienza del carattere di classe delle linee in lotta (come se le idee fossero al di sopra delle classi) e con spirito conciliatore. La storia del partito di Lenin è una successione di lotte tra due linee: la Storia del partito comunista (bolscevico) dell'URSS stesa da Stalin (1938) le illustra in maniera brillante. Lenin e Stalin sono stati maestri nel ricercare il significato di classe delle concezioni e delle linee che si scontravano nel partito. Tuttavia nella IC non era riconosciuta la legge dell'inevitabilità della lotta tra due linee nel partito e i tentativi di tenere lontana l'influenza della borghesia con misure disciplinari ebbero largo corso. Essi hanno intralciato lo sviluppo di vari partiti e in definitiva non hanno impedito l'influenza della borghesia. I portatori dell'influenza della borghesia nei partiti comunisti si sono spesso alleati ai dogmatici nel sostenere che nel partito l'influenza della borghesia era stata eliminata al cento per cento e per sempre, definitivamente. Così potevano condurre in condizioni più favorevoli il loro lavoro di distruzione.

Mao Tse-tung ha sviluppato abbastanza dettagliatamente la concezione della lotta tra le due linee nel partito. Anche per questo aspetto è indispensabile che i nuovi partiti comunisti assimilino il maoismo e siano marxisti-leninisti-maoisti.

 

A conclusione di questa illustrazione dei cinque apporti di Mao Tse-tung al pensiero comunista più importanti per il nostro orientamento in questa fase, ritengo utile ricordare, benché sia ovvio, che lo studio del maoismo, e in generale lo studio del marxismo-leninismo-maoismo, non basta di per sé a fare un comunista, come lo studio di un manuale di chimica, anche di un ottimo manuale, non basta a fare un chimico di successo. Lo studio del maoismo servirà a chi cerca una via per la rivoluzione socialista, supponendo la capacità di assimilarlo e di applicarlo alla pratica e alle caratteristiche specifiche del movimento rivoluzionario del nostro paese.

Nicola P.

 

NOTE