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Nuovo - Partito comunista italiano

Comunicato CC 04/2024
17 febbraio 2024

Estendere la mobilitazione: le manifestazioni di piazza, le proteste davanti alle sedi di ambasciate e consolati di Israele e degli USA, il blocco di porti, aeroporti e centri della logistica dove transitano le armi destinate ai sionisti, i presidi sotto le sedi di radio, televisioni e altri mezzi di comunicazione che si sono distinti per zelo filosionista, le occupazioni delle Università che hanno accordi di cooperazione con centri di ricerca, agenzie, aziende, enti privati e pubblici israeliani, il boicottaggio di prodotti israeliani e di aziende che li commerciano.

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Comunicato CC 5/2024 - 21 febbraio 2024

[Scaricate il testo del comunicato in Open Office / Word ]

Ex Ilva, Stellantis, Wärtsilä, ex GKN, Portovesme, TIM… solo l’azione di un governo d’emergenza popolare può interrompere lo smantellamento del tessuto produttivo del nostro paese!


La classe dominante procede a passo spedito nello smantellamento del tessuto produttivo del nostro paese. La decisione del gruppo Arcelor-Mittal di non investire più nello stabilimento dell’ex Ilva di Taranto, che il ministro delle “Imprese e del Made in Italy” Urso fa passare come decisione del governo di “estromettere” le multinazionali non interessate ad investire in Italia, è la dimostrazione del fatto che i padroni non hanno intenzione di continuare a produrre in Italia tranne alle proprie condizioni: produrre senza vincoli rispetto alla tutela ambientale e dei lavoratori, proprio come da ultimo li si è visti fare il 16 febbraio nel cantiere Esselunga di Firenze. In sostanza, o i governi di turno (di centro-sinistra [Prodi, D’Alema, Letta, Renzi, ecc.] o di centro-destra [Berlusconi, Meloni] che siano, compresi i governi tecnici [Monti, Draghi]) smantellano ciò che resta delle conquiste che i lavoratori avevano strappato fino agli ultimi anni ’70 quando il movimento comunista era forte, oppure i padroni vanno a investire in quei paesi che di fatto, per una ragione o l’altra, garantiscono loro lauti finanziamenti e un costo del lavoro minore. È il ricatto con cui sbattono sul lastrico decine di migliaia di lavoratori. Il governo Meloni cerca di distinguersi con qualche cassa integrazione e promessa di salvaguardare i posti di lavoro e sempre più si distingue per la repressione.

Identico ricatto è quello portato avanti dalla Stellantis per quanto riguarda lo stabilimento di Mirafiori: dopo aver approfittato di cassa integrazione, eco-incentivi e sgravi fiscali per decenni, conviene produrre in Serbia, Polonia e altri paesi in cui i diritti dei lavoratori e i vincoli di produzione hanno maglie più larghe con buona pace dei 12.000 operai di Torino.

Wärtsilä di Trieste, Portovesme nel Sulcis-Iglesiente, TIM, ex Alitalia e tante altre aziende seguono la stessa strada. Finché i capitalisti detteranno legge, la liquidazione della produzione industriale nel nostro paese proseguirà, dosata con l’eliminazione delle conquiste. Quali che siano le motivazioni che caso per caso i capitalisti, le loro autorità e i sindacati complici adducono, questa è la fonte comune di ogni chiusura, delocalizzazione, riduzione di aziende che producono beni e servizi. E qui sta anche la fonte del malandare generale della nostra società: dalla disoccupazione all’inquinamento, dalla miseria all’ignoranza fino alla distruzione della Terra su cui viviamo. L’Italia è uno dei paesi in cui, quando il movimento comunista nel mondo era forte, i lavoratori hanno strappato ai padroni maggiori diritti e conquiste: quanto resta di questi diritti e conquiste basta a rendere l’Italia un paese poco appetibile per i capitalisti industriali e invece appetibile per speculazioni finanziarie e immobiliari, per la gestione su concessione di beni e servizi pubblici, per grandi opere inutili e dannose, per il turismo mordi e fuggi.


Non sarà il governo Meloni a dare una soluzione positiva a decine di migliaia di operai a rischio licenziamento: la strada da percorrere è quella di imporre ai vertici della Repubblica Pontificia un governo d’emergenza popolare!


La lotta contro lo smantellamento dell’apparato produttivo pone sempre più apertamente il problema del governo del paese. Emerge chiaramente anche dalla nota che il Collettivo di Fabbrica dei lavoratori ex GKN ha diffuso il 18 febbraio scorso, a seguito dell’assemblea di azionariato popolare nord-ovest di Torino: “Senza intervento pubblico, Gkn non si salva. Da tempo la proprietà della fabbrica si è disconnessa da qualsiasi funzione produttiva. La volontà è la distruzione della capacità produttiva della fabbrica senza alcun altro piano esplicito. La reindustrializzazione dal basso immaginata dai lavoratori e l’azionariato popolare sono elementi di controllo operaio, sociale e di propulsione della creazione di un polo delle energie rinnovabili e della mobilità leggera a Campi Bisenzio. Non vogliono e non possono sostituirsi all’intervento pubblico. (…) Non solo senza intervento pubblico non si salva Gkn. Senza intervento pubblico non c’è nemmeno salvataggio dei posti di lavoro e transizione ecologica nell’automotive. Non c’è in generale transizione ecologica e riconversione delle aziende inquinanti. Né c’è alcuna possibilità di dismettere l’industria bellica e riconvertirla. Con un combinato di meccanismi - di monopolio dei grandi gruppi, inerzia, massimizzazione del profitto, assenza di pianificazione ecc - il mercato è incapace di rispondere a logiche di pubblica utilità e di piano collettivo. Anche laddove sposa meccanismi di riconversione ecologica, lo fa parzialmente, tardivamente, in forma contraddittoria”.


Chi reindustrializza e come? Con quali criteri? Quale governo può garantire effettivamente che vengano tutelati gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari? Che tipo di governo ha la forza per impedire le delocalizzazioni e le chiusure delle aziende? Quale governo può tenere aperte le aziende all’interno di un piano collettivo e che risponde alle logiche di pubblica utilità? Il (nuovo)PCI afferma che ciò è possibile solo attraverso l’azione del Governo di Blocco Popolare, un governo d’emergenza che si impone rendendo ingovernabile il paese ai vertici della Repubblica Pontificia (Vaticano, USA-NATO, UE-BCE, sionisti, Organizzazioni Criminali e Associazioni Padronali) attraverso l’azione degli organismi operai e popolari.

Bisogna unire tutte le mobilitazioni in corso e tutti gli organismi operai e popolari attivi sul territorio nazionale intorno all’obiettivo comune di cacciare il governo Meloni e costituire un proprio governo di emergenza, composto da uomini di loro fiducia, revocabili e disposti e capaci di tradurre in leggi e altre misure politiche le soluzioni indicate da questi organismi, come hanno dimostrato di fare i tecnici, i giuristi, gli economisti e gli ingegneri che proprio gli operai della GKN hanno riunito a Campi Bisenzio per elaborare, su loro indicazione, il decreto legge antidelocalizzazioni e il piano per la mobilità sostenibile. Il Governo di Blocco Popolare avrà la forza di imporre le misure d’emergenza necessarie perché si avvarrà della mobilitazione della classe operaia e delle masse popolari (quello di cui non si sono curati Grillo, Conte e il M5S una volta al governo, incompatibilmente con le loro stesse promesse). È questo l’obiettivo realistico che si deve porre ogni individuo e organismo che ha a cuore il futuro del paese e quindi anche la salvaguardia del tessuto produttivo, l’unico sbocco possibile alle indicazioni e prospettive che lo stesso Collettivo di Fabbrica GKN si assume con ciò che afferma in chiusura della nota del 18 febbraio: “che le assemblee di azionariato popolare e quelle per l’intervento pubblico si moltiplichino. Che lo facciano con l’urgenza di prevenire la sconfitta di Gkn, ma con la consapevolezza di dovere andare oltre.”

La lotta contro lo smantellamento dell’apparato produttivo è uno dei fronti della lotta in corso per creare le condizioni necessarie a costituire il Governo di Blocco Popolare. È il fronte principale perché ne sono protagonisti gli operai e gli altri proletari dipendenti da aziende pubbliche (sanità, scuole, trasporti, altri servizi pubblici in via di riduzione, privatizzazione, aziendalizzazione). Inoltre riorganizzare l’apparato produttivo assegnando un lavoro utile e dignitoso a ogni persona in grado di lavorare e compiti produttivi a ogni azienda per svolgere le tante (piccole e grandi) opere che servono a rimettere in sesto il paese è la base per realizzare tutti gli altri obiettivi della resistenza popolare: dalla tutela e miglioramento dell’ambiente, alla difesa, miglioramento ed estensione della scuola, della sanità e degli altri servizi pubblici, alla fine delle discriminazioni di genere, di nazione e di razza.

Il Governo di Blocco Popolare assegnerà a ogni azienda compiti produttivi secondo un piano nazionale, eliminerà tutte quelle attività e produzioni inutili e dannose per l’uomo e per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti necessari a soddisfare i bisogni delle masse popolari e per le relazioni con gli altri paesi, assegnerà a ogni individuo un lavoro socialmente utile e gli garantirà in cambio le condizioni necessarie per una vita dignitosa.


Nessuna azienda deve essere chiusa!

Basta con gli speculatori e gli squali delle multinazionali che depredano il paese!

Nessun lavoratore deve essere licenziato o emarginato!

Avanti nella lotta per costruire il Governo di Blocco Popolare!

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Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere individuati e messi sotto controllo dalle Forze dell’Ordine borghese, una via consiste nell’usare TOR [vedere https://www.nuovopci.it/contatti/infocont.html], aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere https://www.nuovopci.it/contatti/infocont.html].