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Un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate!
È il momento giusto

Comunicato CC - 20 marzo 2013

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Comunicato CC 14/2013 - 4 aprile 2013

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Il colpo di Stato dei vertici della Repubblica Pontificia e cosa la vicenda di Cipro insegna a noi comunisti italiani

 

Le masse popolari organizzate possono porre fine alla crisi del capitalismo!
 
Moltiplicare il numero delle Organizzazioni Operaie e Popolari, promuovere la costituzione di reti di OO e OP, rafforzarle politicamente perché ogni OO e OP si ponga come suo obiettivo la costituzione del Governo di Blocco Popolare!
 
Adottare ad ogni costo dovunque le misure anche solo provvisorie per far fronte subito almeno agli effetti economici, ecologici, sanitari, morali e intellettuali più devastanti della crisi generale del capitalismo!
 
Diffondere e rafforzare ogni iniziativa adatta a tenere aperte le aziende che i capitalisti vogliono chiudere, a riaprire quelle che hanno chiuso, a crearne di nuove in modo da realizzare la parola d’ordine: a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso!
 
Le OO e OP devono prendere in mano le aziende: dalla FIAT di Termini Imerese, all’Irisbus di Avellino, all’Ilva di Taranto, alla FIAT di Pomigliano, alle aziende partecipate di Napoli e della Campania, alla Ginori di Firenze, alla Maflow di Milano: nessuna azienda deve essere chiusa!
 
Prendere in mano il sistema produttivo convertendo le produzioni nocive agli uomini o all’ambiente nella produzione di merci e servizi utili in misura adeguata a soddisfare i bisogni interni e le relazioni internazionali!
 
Rafforzare i movimenti per la difesa dell’ambiente e della salute e contro il riarmo e la guerra: dal NOTAV della Val di Susa al NOMUOS di Niscemi!
 
Far ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia la costituzione del Governo di Blocco Popolare!
 
I Parlamentari del M5S devono costituirsi in Governo Ombra!
In tutto il paese e a ogni livello le persone autorevoli e gli organismi che godono di qualche prestigio tra le masse popolari devono costituirsi in Comitati di Salvezza Nazionale!

 

La triste agenda di Giorgio Napolitano si è arricchita di un nuovo capitolo. Aveva già commissariato il governo creando nel novembre 2011 la giunta Monti-Napolitano con persone di buona famiglia ma raccogliticce messe assieme in ottobre dal cardinal Bagnasco al convegno di Todi. In un anno di governo tutti quelli che seguono gli avvenimenti hanno apprezzato l’alta competenza tecnica di ognuno dei lugubri figuri (alla Fornero e alla Terzi) nei campi a cui è stato preposto e il boicottaggio loro offerto dagli alti papaveri dei Ministeri e della Pubblica Amministrazione che della situazione “da fine regime” approfittano ognuno per fare gli affari suoi.

Le elezioni dello scorso febbraio hanno confermato il segnale delle elezioni amministrative del 2011 e 2012 e del referendum del 2011: il prestigio dei partiti del regime, ridotti ad accozzaglie di gruppi clientelari, è sceso ai minimi termini. La stessa criminalità organizzata (mafia, camorra, ‘ndrangheta), la Chiesa Cattolica Romana e i media di distrazione, disinformazione e intossicazione, pur mobilitandosi su grande scala, controllano e orientano un numero calante di voti (a dispetto di quelli che si lamentano, deplorano e spiegano il corso delle cose con l’onnipotente  controllo che questi tre centri di potere eserciterebbero sulle masse popolari).

Ora Napolitano ha commissariato anche il nuovo Parlamento, gli ha tolto il potere di decidere del governo del paese col voto di fiducia o sfiducia. Ma sarebbe da sciocchi o da imbroglioni attribuire simili misfatti alle qualità personali di Napolitano, alle sue note relazioni con la criminalità organizzata e con la Corte Pontificia, alla sua sperimentata capacità di intrigare, alla sua personale indifferenza criminale verso la Costituzione nata dalla Resistenza e le leggi che ufficialmente la Repubblica Pontificia si è data.

Le decisioni di Napolitano vengono attuate perché sono le decisioni dei vertici della Repubblica Pontificia e godono almeno del consenso, entusiasta o rassegnato, di tutti i vertici, cioè di quelli che oggi hanno potere nel nostro paese. Chiamateli “poteri forti” o come volete se la loro denominazione esatta, vertici della Repubblica Pontificia, urta la vostra ipocrisia e disturba la vostra volontà di non vedere. Ma chi vuole capire cosa succede nel nostro paese, deve aver chiaro che dietro le quinte del “teatrino della politica” borghese (dove si recita a soggetto, come a gran voce ha dichiarato proprio Berlusconi, uno dei principali attori), esiste un consesso (un “salotto buono”) di capitalisti, banchieri e uomini della finanza, cardinali e altri dignitari della Corte Pontificia, alti funzionari civili e militari e rinomati intellettuali. In questo “salotto buono”, con l’assistenza dei plenipotenziari delle istituzioni politiche, militari e finanziarie americane, delle istituzioni europee e dei gruppi sionisti, si litiga per i contrastanti particolari interessi e ci si mette d’accordo contro le masse popolari: come i famosi “ladri di Pisa” che di giorno litigavano tra loro (sulla spartizione del bottino) e di notte andavano assieme a rubare.

Questo è quello che avviene al piano alto del nostro paese, contro la stragrande maggioranza della popolazione, costituita da quelli che riescono a vivere solo se hanno un lavoro: le masse popolari.

Solo chi ha chiaro questo, capisce gli altrimenti incomprensibili decreti emessi dal Palazzo e universalmente accettati da tutti i centri del potere economico, finanziario, politico, militare, culturale e sindacale della Repubblica Pontificia.

Al di là della recita a soggetto che fanno nel “teatrino della politica” borghese, Giorgio Napolitano, Pierluigi Bersani, Silvio Berlusconi, Mario Monti, Nichi Vendola, Piero Grasso, Laura Boldrini e tutte le loro compagnie sono complici (attivi o passivi) del colpo di Stato di Napolitano e responsabili delle politiche che i governi dei vertici della Repubblica Pontificia hanno condotto, conducono e condurranno (con il “pilota automatico” o con il Bersani, Prodi o Amato di turno) contro le masse popolari. Essi presso le masse popolari mascherano le loro responsabilità (e lo devono fare finché per regolare i conti tra loro fanno ancora qualche riferimento a quanto voto popolare ognuno di essi può vantare) facendosi mandare lettere, ordini e messaggi dalle autorità europee e americane, dal governo della Merkel, dalla Bundesbank, dai “mercati”, dalla Unione Europea, dalla Banca Centrale Europea (Mario Draghi) e dal Fondo Monetario Internazionale di cui in realtà sono complici, agenti e in alcuni casi mandanti.

E Beppe Grillo?

Beppe Grillo ha il grande merito di aver impiegato la fama e l’ascendente conquistati come comico, con le relazioni e i soldi conseguenti, per dare voce all’indignazione, al rancore e alla protesta che si sono accumulati nelle masse popolari per il corso che i vertici della Repubblica Pontificia hanno impresso alle cose, in particolare da quando nel 2008 la crisi generale del capitalismo è entrata nella sua fase acuta e terminale. Dato il declino da cui il movimento comunista cosciente e organizzato non si è ancora risollevato, le masse popolari non avevano più neanche voce nelle istituzioni della Repubblica Pontificia e anche nel paese, alla base, si disperdevano (e ancora si disperdono) in mille lotte, a volte anche eroiche ma in larga misura inconcludenti (la raccolta e la formazione delle forze rivoluzionarie e il consolidamento del Partito comunista sono ancora in una fase embrionale). Con il risultato delle elezioni del 24 e 25 febbraio il M5S ha ora 163 Parlamentari nelle istituzioni della Repubblica Pontificia. Ma essi sono dove sono perché si sono impegnati ad essere la voce delle masse popolari indignate e insofferenti. Ora anche loro e Beppe Grillo non saranno più dalle masse popolari apprezzati solo per le denunce e le promesse, ma principalmente per quello che  effettivamente combineranno. Per questo sono l’unica formazione che ha interesse a rifare le elezioni subito: ma proprio subito, perché tra qualche mese saranno apprezzati principalmente per i risultati.

Quali saranno i risultati del M5S?

Uno dei motivi del successo del M5S e di Beppe Grillo sta nel fatto che i mali che denunciano e i rimedi che agitano corrispondono al senso comune, alla mentalità corrente e alle relazioni abituali, a differenza del programma di noi comunisti: questo contempla un rivolgimento generale del sistema di relazioni sociali perché, proprio nei paesi imperialisti, l’instaurazione del socialismo corrisponde non a quello che l’umanità è già, ma a quello che deve diventare per uscire dal marasma attuale e che può diventare perché ha in sé i presupposti per diventarlo, ma solo i presupposti: la mentalità e le relazioni corrispondenti sono tutte da inventare e verificare.

Il motivo del successo è però anche la debolezza di Beppe Grillo e del M5S. I rimedi che propongono sono inconsistenti. Alcuni perché riguardano aspetti del tutto superficiali o luoghi comuni: come ad esempio abolire i sindacati di regime, che sono solo l’ultima ruota del carro della corruzione e degli sprechi del regime e che sono in via di liquidazione da parte del regime stesso per il pericolo che rivestono come potenziali centri di mobilitazione delle masse popolari. Altri perché ognuno di essi avrebbe qualche senso solo se attuato contemporaneamente a tutti gli altri e ad altre misure (del tipo delle Sei Grandi Misure che compongono il programma del GBP) che Beppe Grillo e il M5S non considerano. Ma questo non può essere attuato da un governo: richiede come fattore determinante non solo l’adesione, ma il concorso attivo e organizzato, da protagonisti, almeno di una parte importante delle masse popolari. E Beppe Grillo e il M5S ancora non si sono messi a promuovere la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari.

In definitiva i rimedi proposti da Beppe Grillo e dal M5S sono inattuabili. Quindi essi faranno cose diverse da quelle che hanno dichiarato finora. Che cosa faranno in realtà?

È quello che, lo vogliano o no, lo capiscano o no, di fatto decidono con il comportamento che avranno in questi mesi a partire dalla posizione in cui il successo elettorale li ha messi.

Il fattore decisivo per mettere fine al corso rovinoso delle cose e impostare la risalita dalla catastrofe in cui il clero e la borghesia imperialista italiana e internazionale ci hanno precipitato, non sta ai vertici della Repubblica Pontificia, ma è nelle mani delle masse popolari. Solo le masse popolari organizzate possono cambiare la condizione delle masse popolari italiane e dell’intero paese e in questo modo innescherebbero anche un processo di rinascita a livello internazionale di cui anche il nostro paese stesso ha bisogno per portare a compimento la sua propria rinascita. Con i mezzi e le risorse che la loro nuova posizione nel regime dà loro, Beppe Grillo e il M5S possono dare un grande contributo alla mobilitazione, all’organizzazione e all’orientamento necessari perché le masse popolari organizzate prendano in mano a ogni livello il loro destino, rendano ingovernabile il paese da parte dei governi tecnici o non tecnici dei vertici della Repubblica Pontificia e facciano ingoiare a questi un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate, il governo delle OO e OP: il Governo di Blocco Popolare. Se non faranno questo, Beppe Grillo e il M5S, che lo vogliano o no, diventeranno anch’essi complici dei vertici della Repubblica Pontificia e subiranno la sorte dei tanto denunciati partiti del regime. Non a caso questi li sollecitano e allettano perché si mischino e confondano con loro.

Questo lo capisce bene chi fa una politica di principio, cioè chi non affronta i singoli problemi uno a uno e solo dal punto di vista della sua “attualità”, ma affronta ognuno di essi come aspetto particolare della questione generale, chi rivolge il suo sguardo allo sfondo generale di quel quadro su cui dobbiamo tracciare le linee dei singoli provvedimenti pratici, chi affronta la situazione non come un insieme di punti (un male e il suo rimedio) sconnessi, ma come una questione generale e di principio, composta di vari aspetti. In una parola, chi ha una visione scientifica e quindi dialettica della situazione.

Essere dialettici vuol dire considerare in ogni cosa la trasformazione in corso, quindi la sua storia e le relazioni che la legano al resto. Quindi vuol dire fare una politica di principio, invece che navigare a vista, invece che limitarsi ad  approfittare delle opportunità che via via si presentano e trovare a naso soluzioni per tirare in lungo. Dopo che le elezioni di febbraio hanno confermato l’estromissione dal parlamento della Repubblica Pontificia (e dai suoi pingui benefici) di gran parte dei personaggi [dico gran parte perché ne restano alcuni in SEL e forse perfino nel PD] che si reclamavano alla sinistra borghese e perfino (udite, udite!) al comunismo, nei gruppi della sinistra borghese e sedicenti comunisti, tra i residuati del revisionismo moderno di togliattiana o berlingueriana memoria, in Rete dei Comunisti, Sinistra Popolare, Comunisti Uniti e altri, si è innescato un dibattito sul che fare e forse anche sul bilancio del movimento comunista. È un dibattito ancora disordinato e non può che essere così, visto da dove partono e che ancora si ostinano a non tener conto del bilancio e dell’elaborazione che il nostro Partito ha fatto e che è riassunto nel suo Manifesto Programma. Ma è un dibattito proficuo, che può dare grandi frutti. Infatti si capisce cosa fare, solo se si affronta l’esame delle situazione come una questione generale di principio, con una concezione dialettica del mondo.

Quando negli anni ’70 nel sistema imperialista mondiale iniziarono a manifestarsi in misura crescente i sintomi della nuova crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, in tutti i paesi imperialisti i capitalisti, i loro governi e le loro autorità ricorsero su grande scala 1. alla separazione delle banche centrali e in generale del sistema bancario (che col credito crea nuovo denaro) dai governi i quali almeno in una qualche misura rispondevano del loro operato ad elettori che grazie alla prima ondata della rivoluzione proletaria avevano fatto grandi progressi economici, morali e intellettuali, 2. alla liberalizzazione della circolazione internazionale dei capitali d’investimento e delle merci, 3. alla liberalizzazione della creazione e della circolazione internazionale del capitale finanziario. Le nuove tecniche bancarie e di comunicazione principalmente derivanti sull’informatica davano un efficace supporto alle nuove libertà dei capitalisti. I governi e in generale le autorità della Pubblica Amministrazione nazionale e locale divennero in ogni paese imperialista clienti del sistema finanziario: per finanziare le spesa pubblica eccedente le loro entrate (il gettito fiscale di tasse e imposte, le tariffe dei servizi pubblici, i profitti delle imprese pubbliche, le rendite dei beni demaniali), emettevano titoli di debito pubblico che vendevano alle banche e tramite queste al pubblico, privatizzavano imprese e servizi pubblici e vendevano beni demaniali. Erano altrettanti campi di investimento per i capitalisti. Per queste vie passo dopo passo cresceva la massa del capitale finanziario e le istituzioni finanziarie risucchiavano denaro dall’economia reale (che è monetaria e capitalista) e aprivano ai capitali terreni più ampi d’investimento (reale e finanziario) nei singoli paesi e nel mondo. L’economia finanziaria offriva uno sbocco alla sovrapproduzione di capitale assorbendo denaro e capitale dall’economia reale, ma anche alimentava l’economia reale con iniziative speculative (speculazione sulle materie prime, sulle derrate alimentari, sulle grandi opere, ecc.) e bolle di vario genere (bolle nel settore immobiliare, bolle nell’innovazione informatica, bolle nel commercio, ecc.).

Fu un rimedio efficace alla sovrapproduzione assoluta di capitale dell’economia reale (monetaria capitalista) dei paesi imperialisti?

Lo fu come sarebbe un rimedio efficace alla fatiscenza d’un edificio nei cui muri del piano terra si formano grandi crepe e cedimenti nelle fondamenta, costruire piani superiori e via via spostarsi a vivere in questi.

Fuor di metafora, i capitalisti approfittarono della libertà data dai loro governi alle loro banche, istituzioni finanziarie e fondi d’investimento, moltiplicarono il denaro, sia nella forma diretta di contanti e conti correnti bancari sia nella forma mediata di titoli finanziari che venduti assorbivano denaro (risparmi e capitali) dall’economia reale dei paesi imperialisti, inondarono di capitali d’investimento e finanziari i paesi neocoloniali a cui si aggiunsero gran parte dei primi paesi socialisti: quelli i cui sistemi sociali crollavano corrosi dal revisionismo moderno (Unione Sovietica e democrazie popolari dell’Europa Orientale) e quelli che in varie forme e misure si riconciliavano col sistema imperialista mondiale (in primo luogo la Repubblica Popolare Cinese). In tutti questi paesi si ebbe (sebbene in misure diverse) una crescita enorme dell’economia capitalista e più in generale delle transazioni monetarie commerciali e no, quindi del PIL [Il PIL di un paese è un indice, grossolano ma pur sempre significativo, del volume delle transazioni commerciali (degli scambi, degli atti di compra-vendita) che si fanno in un anno nel paese, ottenuto sommando  l’importo in denaro di ogni transazione]. Una piccola parte della popolazione entrava a far parte della borghesia capitalista o professionale (ceto medio), mentre l’enorme maggioranza era privata delle precedenti forme di sussistenza (quelle primitive nei paesi neocoloniali e quelle collettive nei primi paesi socialisti) e gettata nell’economia commerciale, nell’economia capitalista, nell’emarginazione sociale, nelle attività criminali o nell’emigrazione, accrescendo in ogni caso il PIL del paese e il PIL mondiale.

Per queste vie si è formata nel mondo una massa enorme di capitale finanziario, la borghesia imperialista ha costituito le istituzioni che lo manovrano e alimentano e ha creato e consolidato relazioni nazionali e internazionali conseguenti.

L’insieme delle istituzioni finanziarie, delle banche e dei fondi d’investimento (principalmente americani ed europei) gestiscono attualmente un ammasso di denaro e titoli finanziari di vario genere ammontante a circa 100 volte il PIL mondiale.

Il PIL annuo mondiale attualmente ammonta a circa 100 mila miliardi di dollari (ai cambi correnti). Quindi le istituzioni finanziarie e le banche gestiscono qualcosa come 10 milioni di miliardi di dollari. Essi sono proprietà di alcuni milioni di persone fisiche o giuridiche (che fanno comunque capo a persone fisiche che le amministrano), che costituiscono una rete di istituzioni e centri di potere che si contrappongono l’uno all’altro e contemporaneamente collaborano. Ognuno dei possessori (dei titolari e degli amministratori) considera la sua parte come capitale che vuole e deve valorizzare. Complessivamente quindi i titolari e amministratori vorrebbero valorizzare 10 milioni di miliardi di dollari. Per valorizzare tutto il capitale finanziario, anche solo al 2% all’anno, servirebbero 200 mila miliardi di dollari, il doppio del PIL mondiale. È quindi ovvio che la valorizzazione di questa enorme massa di capitale finanziario nata dall’economia reale e che grava su di questa come una sua enorme escrescenza, dà luogo a difficoltà, contrasti, manovre e operazioni di vario genere. La valorizzazione avviene spremendo denaro dall’economia reale fino a soffocarla, creando legalmente e illegalmente nuovo denaro e cannibalizzando una parte del capitale finanziario stesso (ogni circostanza è buona per far fuori concorrenti: così nel 2008 Goldman Sachs eliminò Lehman Brothers), tra contrasti crescenti e laceranti.

Come avviene di fatto la valorizzazione del capitale finanziario?

L’economia reale, quella che produce beni e servizi, è in larga misura economia monetaria. Essa è costretta dalle leggi e dalle relazioni di proprietà e creditizie a contribuire a valorizzare il capitale finanziario pagando ogni anno profitti, interessi sul credito corrente e sul debito pubblico e privato, affitti, imposte e restituendo quote del debito pubblico e privato in scadenza. Il capitale impiegato nella produzione di beni e servizi è schiacciato, in particolare nei paesi imperialisti, gli operai sono spremuti (Marchionne ha rubato perfino i dieci minuti di pausa), le masse popolari sono via via immiserite: ma non basta. Le vie principali per valorizzare il capitale finanziario sono infatti cinque:

1. spremere le masse popolari (riducendo salari e pensioni, aumentando tariffe e prezzi),

2. spogliare con procedure legali (fiscali e altre) e illegali (investimenti fallimentari e crolli di borsa) i proprietari di risparmi (il ceto medio),

3. buttare a mare (far fallire) una parte dei possessori (le vittime sacrificali, i calimeri) di capitale finanziario (crolli di borsa, fallimenti),

4. creare nuovo denaro (FED, BCE, le banche centrali di altri paesi imperialisti: Giappone in testa),

5. creare nuovi titoli finanziari (finanza creativa).

Se qualcuno non sta al gioco, bisogna rifare tutto e decidere chi soccombe. A lungo andare ... “non preoccupatevi, noi saremo tutti morti”, diceva Keynes ai capitalisti del suo tempo. Ma intanto le masse popolari ci vanno di mezzo, le aziende capitaliste chiudono, riducono o delocalizzano, l’economia reale va a pezzi, la società si disgrega e l’abbrutimento cresce in proporzione inversa allo sviluppo della mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari.

 Il processo di valorizzazione del capitale finanziario sta comunque in piedi finché i paesi sono governati da autorità ligie alle istituzioni (in sostanza americane ed europee) del sistema finanziario mondiale. I paesi che si sottraggono al gioco (dal Venezuela alla Corea del Nord, dall’Argentina alla Siria, da Cuba all’Iran, dalla Libia alla Bolivia, ecc., ecc.), sono messi al bando della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti come “paesi canaglia”, sono colpiti da sanzioni economiche (commerciali e finanziarie), da manovre di destabilizzazione politica, da aggressioni camuffate da guerre civili (colpi di Stato, rivolte, “rivoluzioni”, ecc.) e da aggressioni aperte da parte degli Stati imperialisti o per l’interposta persona di Stati loro amici e clienti. Ma le manovre delle istituzioni e dei governi della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti diventano tanto più difficili quanto più il sistema economico del “paese canaglia” è intrecciato (soprattutto per le forniture di materie prime) con il sistema economico della sopraddetta Comunità Internazionale; ancora più difficili se sono il sistema monetario e il sistema finanziario del “paese canaglia” a essere intrecciati con quelli della Comunità Internazionale.

Cipro ha dimostrato, su scala minuscola (neanche un milione di abitanti) che la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti ha una gran paura che qualcuno non stia al gioco e si rifiuti di pagare e sottostare alle sentenze a cui i caporioni sono arrivati e che aggravi per questa via i contrasti tra loro. Se qualcuno dei paesi soci non stesse al gioco, tutta la baracca finanziaria mondiale sarebbe sottoposta a scombussolamenti ancora più gravi, perché aumenterebbero i fallimenti di istituzioni finanziarie e di banche e nessuno vuole essere lui a fallire. Fin che possono si tengono in piedi e fanno fallire i calimeri (i Lehman Brothers) della situazione.

Questo conferma che un governo italiano (come il GBP) non succube alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, proprio grazie all’intreccio tra il sistema monetario e finanziario internazionale e quello nazionale avrebbe in mano armi potenti nella sua lotta contro la Comunità Internazionale, come abbiamo già illustrato nel Comunicato CC 10/2013 dello scorso 8 marzo.

Di converso è facile capire che le proposte di creare nuove comunità monetarie e finanziarie come l’area ALIAS dei PIIGS sostenuta dal prof. Luciano Vasapollo (vedi Il risveglio dei maiali, Jaca Book 2012) e da Rete dei Comunisti o di ristabilire l’autonomia monetaria nazionale (come sostenuto dal Movimento Popolare di Liberazione - MPL) sono dettate dall’illusione che la crisi attuale sia una crisi causata dal disordine del mondo finanziario o dalla cattiva gestione del sistema monetario. Infatti l’autonomia della nuova area monetaria e finanziaria (nazionale o internazionale che fosse) non porrebbe fine alla crisi dell’economia reale, sarebbe soggetta alle costrizioni imposte dai più forti sistemi monetari e finanziari del dollaro e dell’euro e nascerebbe gravata dalle condizioni imposte da questi per una separazione consensuale. L’unico vantaggio che comporterebbe per il nostro paese un’area monetaria e finanziaria indipendente dal sistema dell’euro, sarebbe la possibilità di svalutare rispetto all’euro e al dollaro, quindi di accrescere la competitività delle merci italiane rispetto a quelle di altri paesi e quindi di lanciarci in una guerra commerciale (il cui esito dipenderebbe da quello che farebbero i concorrenti dei capitalisti italiani). In sostanza si tratta di proposte basate su una alleanza interclassista e sulla competizione internazionale: “il programma dei Marchionne sia pure adottato e gestito dai Landini”.

La soluzione della crisi che affligge le masse popolari italiane e quelle di tutti gli altri paesi in definitiva sta nel superamento dell’economia capitalista, nel superamento dell’economia monetaria, nel superamento dell’economia commerciale: cioè nell’instaurazione del socialismo. Quello che cambia da paese a paese è la via per arrivarci, cioè le condizioni e le forme della rivoluzione socialista e della lotta di classe.

Nel nostro paese la via è quella della costituzione del governo d’emergenza delle masse popolari organizzate, il Governo di Blocco Popolare. Questo nel nostro paese è la primo passo verso l’instaurazione del socialismo.

Le masse popolari organizzate lo possono fare. Il compito dei comunisti sta nel promuovere la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari.

 I comunisti devono costituirsi in Partito per elaborare le concezioni e i metodi e raccogliere le forze necessarie a svolgere questo compito.

Nessun colpo di Stato di Napolitano e dei vertici della Repubblica Pontificia può distoglierci da questo compito.

La vittoria dipende da noi!

 

Noi possiamo vincere! Noi vinceremo perché noi siamo il futuro dell’umanità!

 

Avanti quindi senza tregua e senza riserve contro il governo e le altre autorità della Repubblica Pontificia!

 

Nessuna collaborazione con i vertici della Repubblica Pontificia e i partiti e personaggi loro accoliti!

 

Promuovere l’organizzazione delle masse popolari, la moltiplicazione di Organizzazioni Operaie e Popolari!

 

Promuovere il coordinamento ad ogni livello delle OO e OP!

 

Rafforzare le OO e OP e promuovere il comune orientamento a costituire un loro governo d’emergenza!

 

Costituire ovunque nella clandestinità Comitati di Partito!

 

Avanti verso il Governo di Blocco Popolare!

 

Avanti verso l’instaurazione del socialismo!

 

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Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere individuati e messi sotto controllo dalla Polizia, una via consiste nell’usare TOR [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html], aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html].