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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Sette risposte a sette domande più un appello
Comunicato CC - 27 settembre 2012

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Comunicato CC 35/12 - 10 ottobre 2012

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Che la manifestazione del 27 ottobre segni un passo avanti verso la costituzione del Comitato di Salvezza Nazionale!

Da quando ha indetto per il 27 ottobre la manifestazione nazionale a Roma contro la giunta Monti-Napolitano, il Comitato No Debito (CND) ha già raggiunto un primo importante successo. Ha costretto la CGIL, persino la sua ala destra impersonata da Susanna Camusso, a indire una manifestazione: non una manifestazione contro la giunta Monti-Napolitano, per carità! Ma almeno un manifestazione di protesta contro le misure antipopolari della giunta Monti-Napolitano, una manifestazione per invocare pietà dalla giunta. La destra della CGIL recalcitrava di fronte alle sollecitazioni che da tempo le giungevano da più parti a indire una manifestazione di piazza contro le misure antipopolari della giunta Monti-Napolitano. Di fronte alla decisione presa dal CND lo scorso 12 settembre, anche la destra della CGIL ha dovuto decidersi perché ne andava del suo prestigio presso le masse popolari e quindi del suo ruolo nella Repubblica Pontificia. I segretari generali della CGIL e della FIOM hanno dunque indetto una loro manifestazione nazionale a Roma per il 20 ottobre. Perché la loro manifestazione avesse un maggiore sapore di sinistra l’ha annunciata il 4 ottobre Maurizio Landini a Taranto e Susanna Camusso ha subito reso pubblica l’adesione dell’intera CGIL. Personalizzando e sintetizzando all’estremo, Cremaschi con la decisione del CND ha preso la direzione dell’intera CGIL.

Quanto accaduto conferma due verità molto importanti per noi comunisti e per tutti quelli che vogliono farla finita con il marasma in cui la borghesia e il clero ogni giorno un po’ più affondano il nostro paese.

1. La prima è che nella situazione attuale se un centro già abbastanza autorevole presso le masse popolari prende l’iniziativa di chiamare le masse popolari alla lotta e di organizzarla, esso con la sua iniziativa costringe a muoversi anche quelli il cui ruolo nella Repubblica Pontificia dipende dalla fiducia di cui godono presso le masse popolari, fiducia di cui normalmente abusano per tenerle legate e sottomesse alla borghesia imperialista e al clero. Esso assume la direzione dell’intero movimento delle masse popolari.

2. La seconda riguarda la combattività delle masse popolari. Alcuni dirigenti di Organizzazioni Operaie e di Organizzazioni Popolari e molti degli esponenti dei tre vivai (dirigenti della sinistra sindacale, personaggi progressisti della società civile, esponenti della sinistra borghese) si schermiscono dal prendere l’iniziativa di costituire il Governo di Blocco Popolare e persino il Comitato si Salvezza Nazionale, adducendo “la scarsa combattività delle masse”. A parte il numero imponente e crescente delle lotte particolari e in gran parte isolate (i mezzi di informazione di regime tacciono accuratamente e ancora non esiste alcuna organizzazione generale autonoma dal regime) e la determinazione con cui i protagonisti di alcune di esse si battono, cosa dice su questa questione la decisione Camusso-Landini? Il fatto che di fronte all’iniziativa del CND la destra sindacale, per mantenere prestigio e fiducia presso i suoi iscritti che costituiscono la base della sua forza e del suo ruolo nefasto nella lotta di classe, deve far finta di lottare, dice chiaramente che le masse popolari sono più a sinistra dei loro  dirigenti, che il limite della combattività delle masse è dovuto alla mancanza di una direzione che orienti, mobiliti e organizzi per la lotta, all’esitazione dei gruppi in qualche misura autorevoli, alla subdola azione disfattista di contenimento, di diversione e di confusione svolta dai gruppi e personaggi che a causa della storia di ieri godono ancora di fiducia e prestigio. Oggi il movimento delle masse popolari è frenato dai dirigenti che esso eredita dalla storia, dirigenti che appartengono o alla corrente dei revisionisti moderni che hanno presieduto alla liquidazione del vecchio PCI o alla sinistra borghese, comunque sono persone largamente soggette all’influenza della borghesia e del clero. Del resto perfino uno di loro, Nicola Nicolosi, già alcuni mesi fa si è lasciato andare a dire pubblicamente che la massa degli iscritti alla CGIL era contro le misure governative che la segreteria CGIL invece approvava, minimizzava e comunque ingoiava. Questo ovviamente non vuol dire che le masse popolari sono, tutte o anche solo in larga misura, un esercito mobilitato che preme per scendere in lotta. Ma vuol dire che il terreno è fertile per chi lo vuole e sa coltivare. Vuol dire che chi, per le vicende del passato, gode già presso le masse popolari di qualche autorità e prestigio, ha la possibilità di chiamarle alla lotta e quindi ha la responsabilità del marasma attuale se non lo fa. Vuol dire che noi comunisti, che oggi non godiamo ancora tra le masse popolari della fiducia e del prestigio necessari per chiamarle a raccolta su grande scala, se lavoriamo alla rinascita del movimento comunista secondo la linea tracciata abbiamo ampie possibilità di sviluppo e quindi in definitiva di vittoria.

 

È ovvio che con la manifestazione del 20 ottobre i due segretari generali della CGIL e della FIOM mirano a depotenziare la manifestazione del 27 ottobre. Mirano a deviare le masse popolari dalla lotta per eliminare la giunta Monti-Napolitano e costituire il GBP, verso la pressione e le suppliche alla giunta Monti-Napolitano perché prenda misure meno antipopolari. In concreto mirano a ridurre la partecipazione alla manifestazione indetta dal CND e la crescita di consenso e di prestigio dei suoi promotori. Ma una cosa sono le loro intenzioni, un’altra il risultato che effettivamente ne verrà, il ruolo che di fatto l’iniziativa Camusso-Landini avrà nel movimento del nostro paese. Questo ruolo non dipende solo dalle loro intenzioni. Dipende, oltre che dal livello già esistente di coscienza e di organizzazione delle masse popolari, in particolare dei lavoratori, anche da come il CND, gli altri organismi aderenti al Comitato Promotore della manifestazione del 27 ottobre e i sostenitori attivi della manifestazione del 27 ottobre, e noi comunisti siamo tra questi, condurranno la mobilitazione.

I fattori positivi su cui possiamo e dobbiamo far leva sono sostanzialmente due.

 

1. In vista della manifestazione del 27 ottobre condurre una campagna offensiva, coinvolgente, non settaria tra le larghe masse, in primo luogo tra i lavoratori dipendenti dalle aziende capitaliste e dalla Pubblica Amministrazione. I nostri nemici non sono gli esponenti della destra CGIL, i dirigenti della CGIL o della FIOM. I nemici del lavoratori, aderenti e non aderenti alla manifestazione del 27 ottobre, sono la borghesia imperialista e il clero, i vertici della Repubblica Pontificia, i capi delle istituzioni del sistema imperialista europeo e americano. I dirigenti della FIOM e gli esponenti della destra CGIL sono responsabili di essere, consapevolmente o meno, con maggiore o minore cinismo e determinazione, al loro servizio. Sono responsabili del fatto che pur avendo prestigio e autorità presso le masse popolari, non li usano con efficacia a favore delle masse popolari o addirittura li usano contro le masse popolari. Ma la loro forza, a differenza ad esempio della forza della polizia, deriva principalmente dal prestigio di cui ancora godono tra le masse popolari: è quindi sulle masse popolari, su quelli che devono diventare nostri compagni di lotta, che dobbiamo agire, per incrinare e distruggere la forza dei  dirigenti indolenti o complici dei padroni. Dobbiamo quindi spingere tutti i lavoratori, tutte le masse popolari (studenti, pensionati, casalinghe, disoccupati, precari, immigrati, emarginati) a protestare contro la giunta Monti-Napolitano e le altre autorità della Repubblica Pontificia, a richiedere dai loro dirigenti che si mettano alla testa della protesta e della lotta, a vagliare i loro dirigenti sulla base dei risultati della loro direzione. Dobbiamo spiegare che le piaghe che ci affliggono non sono fatali: sono l’effetto delle misure prese dalla borghesia e dal clero per prolungare l’esistenza del loro sistema di relazioni sociali nonostante la crisi del capitalismo. Dobbiamo spiegare con pazienza e convinzione che le masse popolari organizzate sono in grado di rovesciare la giunta Monti-Napolitano, di darsi un proprio governo d’emergenza e con esso imboccare la via d’uscita dalla crisi, la via d’uscita dal capitalismo grazie alla propria iniziativa nazionale combinata con l’iniziativa in corso degli altri popoli e paesi. Susanna Camusso e i suoi già non hanno vita facile: essi giocano a nascondere la realtà e il loro operato, a confondere le carte in tavola, a mentire e camuffarsi. Maurizio Landini fa fatica a mantenere l’ordine nelle file della FIOM, si barcamena tra la SEL di Vendola che è alla rincorsa di Bersani e del PD e una parte importante degli stessi dirigenti della FIOM che scalpitano, perché la FIAT, l’ALCOA, l’ILVA e le altre mille aziende in fase di riduzione, di delocalizzazione o di chiusura non lasciano spazi di manovra e loro non sanno cosa fare. Quanti più saranno i manifestanti che il 20 ottobre a Roma, alla manifestazione indetta dalla CGIL e dalla FIOM protesteranno contro le misure antipopolari della giunta Monti-Napolitano e contro la collaborazione o la debolezza e l’inconcludenza dell’opposizione CGIL-FIOM, tanto più avanzeremo verso la costituzione del Governo di Blocco Popolare (GBP). Probabilmente parteciperanno alla manifestazione anche lavoratori iscritti alla CISL, alla UIL, alla UGL e ad altri sindacati collaborazionisti e complici dei padroni e a nessun sindacato, altri esponenti delle masse popolari. Più saranno, tanto meglio. La scusa della scarsa combattività delle masse popolari avrà minor corso. Più alta sarà la loro protesta, tanto più avanzerà la nostra causa.

 

2. Fare in ogni campo il meglio di cui siamo capaci per spostare la lotta dei partecipanti e dei promotori della manifestazione del 27 ottobre dalla protesta contro la giunta Monti-Napolitano alla volontà di eliminarla e costituire il GBP, quindi nell’immediato alla volontà di costituire il Comitato di Salvezza Nazionale.

Questa volontà non è ancora generale neanche tra quelli che hanno indetto la manifestazione del 27 ottobre e tanto meno tra quelli che la preparano e che vi parteciperanno. Non solo non è volontà generale ma tanto meno è una volontà pratica, cioè non aspirazione ma volontà che si traduce posto per posto e situazione per situazione in iniziative concrete di organizzazione, di coordinamento tra organizzazioni su base territoriale o tematica, di movimenti e operazioni che rendono il paese ingovernabile per la giunta Monti-Napolitano.

 

Tutti i dubbi e tutte le obiezioni sulla possibilità di vincere, anche quelli che frullano nella nostra testa, sono frutto

o della rassegnazione e del fatalismo prodotti dall’atavica condizione si soggezione in cui le classi dominanti hanno relegato le masse popolari,

o del bilancio sbagliato della sconfitta subita dal movimento comunista nella seconda parte del secolo scorso, bilancio sbagliato che si riassume nella formula “il comunismo non è possibile”,

o dell’interessata influenza disfattista, diversiva o confusionaria della borghesia e del clero, in breve delle classi dominanti e dei loro accoliti e agenti.

Ma noi dobbiamo prendere in seria considerazione ogni dubbio e ogni obiezione, dipanarlo, venirne a capo anzitutto noi (usando la concezione comunista del mondo e giovandoci del legame di partito siamo certamente in  grado di farlo) e poi spiegare. Dobbiamo lanciare iniziative pratiche mirate, facendo di ognuna di esse una scuola di comunismo: ancora oggi la maggior parte delle masse popolari imparano principalmente dalla loro esperienza diretta, quindi spiegare è necessario ma non basta.

Alcune obiezioni sono diffuse e ne abbiamo già trattato espressamente e diffusamente nei Comunicati, nella rivista La Voce o addirittura nel Manifesto Programma del Partito. Alcune meritano chiarimenti ulteriori.

 

La composizione di classe del nostro paese è complicata solo per chi intende per classe l’insieme delle persone che hanno comportamenti simili, che hanno lo stesso reddito, che vivono in condizioni simili o che la pensano alla stessa maniera: in sintesi, per chi concepisce le classi nel senso delle dottrine della sociologia corrente che è principalmente finalizzata alla concorrenza commerciale e alle manovre di manipolazione della classi dominanti. Ma il marxismo ha insegnato che le classi di cui strategicamente bisogna tener conto ai fini del “fare la storia” e del “trasformare il mondo”, sono composte dalle “persone che svolgono lo stesso ruolo nel meccanismo sociale della produzione”. Se si intendono le classi in questo senso, la composizione di classe del nostro paese è molto semplice: lo schema base è chiaramente indicato nel capitolo 2.2 del nostro Manifesto Programma. Ed è di queste classi che bisogna tener conto oggi. I comportamenti, le idee, gli stati d’animo, i redditi derivano attraverso vari passaggi e con varie interferenze dai ruoli dettati dal modo di produzione e comunque cambiano più facilmente di questi. La crisi in corso è la crisi del modo di produzione capitalista. Quindi nel corso della crisi, ai fini del suo superamento, diventano sempre più determinanti le classi delimitate dai differenti ruoli propri del modo di produzione. La complessità del sistema sociale che compare nei discorsi di vari compagni, è solo il caos che domina nella loro testa, la combinazione di idee e teorie mal digerite, il tentativo di usare le categorie della sociologia borghese in un terreno in cui servono poco o niente. Per questo i corsi MP sono un rimedio importante.

 

Nel nostro paese, per avanzare verso l’instaurazione del socialismo, occorre inizialmente un’azione combinata tra le masse popolari organizzate (OO e OP) da una parte e dall’altra personaggi e associazioni dei tre vivai (dirigenti della sinistra sindacale, personaggi progressisti della società civile, esponenti della sinistra borghese) che in legame con le OO e OP devono costituire il GBP. Le due parti si condizionano a vicenda e, a secondo del momento e del posto, è su una delle due che dobbiamo concentrarci per muovere anche l’altra.

In linea di massima la sintesi dell’azione a cui in questa fase dobbiamo mobilitare le masse popolari organizzate (OO e OP) per far avanzare la rivoluzione socialista è l’attuazione della parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”. Dobbiamo farlo caso per caso seguendo una delle tre vie:

1. prendere in mano la gestitone delle aziende che i padroni vogliono ridimensionare, delocalizzare, chiudere;

2. far funzionare aziende, enti, agenzie della Pubblica Amministrazione come centri di progettazione, organizzazione, mobilitazione e direzione dei disoccupati anche in campi diversi da quelli in cui quelle aziende attualmente lavorano;

3. creare nuove aziende che producano beni e servizi di cui le masse popolari hanno bisogno.

Allo sviluppo delle iniziative lungo queste tre vie vengono mosse diffusamente tre obiezioni.

 

1. Come finanziare le attività, dove prendere il denaro per pagare fornitori e salari?

È un’obiezione a cui si attaccano le classi dominanti, facendo leva sull’esperienza pratica e diffusa delle masse popolari. Per ognuno di noi il denaro è una quantità ben definita: o ne abbiamo abbastanza o non ne abbiamo  abbastanza. Ma se consideriamo le cose a livello dell’intera società e dell’attività economica dei suoi membri, il denaro è solo credito che le banche concedono o non concedono a chi lo chiede. Quando vi dicono “non ci sono soldi per fare questo”, in realtà significa “io e i miei soci della comunità politico-finanziaria non vogliamo che voi facciate questo”. Quindi chiedetegli perché non vogliono: se li costringete a rispondervi, ne verranno fuori delle belle!

Da tempo il denaro non è più una merce (oro, argento o altro) che occorre produrre e che di fatto quindi esiste in una quantità definita. Dal 1971 (quando il governo federale USA ha stracciato unilateralmente il Trattato di Bretton Woods che aveva firmato nel 1944), non più solo il denaro usato nei confini di ogni singolo paese sovrano ma anche il denaro usato nei pagamenti internazionali non è più una merce, ma solo credito concesso da banche e altre istituzioni monetarie e finanziarie della comunità imperialista mondiale. Certo, ognuna di queste istituzioni agisce secondo regole, criteri, principi e con obiettivi accettati dal resto dalla comunità imperialista mondiale (anche se truffe e manovre azzardate sono all’ordine del giorno perché fare credito significa poi incassare commissioni e interessi, se le cose vanno bene). Le banche e le altre istituzioni finanziarie che abusano del proprio ruolo vengono in vari modi sanzionate dalle altre. Cosa tanto più facile quanto più chi viola è piccolo. Ma se uno resiste ostinatamente e con procedimenti spregiudicati, cacciarlo è difficile (mentre se si ritira in buon ordine, come propongono alcuni sostenitori della proposta “uscire dall’euro”, la soluzione la si trova sempre e chi si isola sul terreno monetario e finanziario, poi deve arrangiarsi sul terreno commerciale). Fortunatamente l’Italia è membro della zona euro: questo ci permette di farci dare dalle banche, se con le buone o con le cattive siamo capaci di convincere i relativi dirigenti, crediti in una moneta (l’euro) che ha corso non solo in Italia ma in tutta l’Europa e che è largamente accettata in gran parte del mondo. Ovviamente il credito forzoso che imporremo alle singole banche per finanziare le nostre attività produttive di beni e servizi, si scontrerà con la feroce opposizione della comunità imperialista mondiale che non accetta forzature da parte delle masse popolari. La nostra iniziativa quindi non sarà la geniale scoperta di un modo diverso di gestire una società capitalista, ma l’inizio di uno scontro con le istituzioni nazionali ed estere della comunità imperialista mondiale. La linea di condotta che con le buone o le cattive imporremo alle banche sovvertirà l’ordine del sistema monetario e finanziario europeo e mondiale. Scatenerà la rabbiosa reazione della comunità imperialista mondiale. Vero, ma sarà un livello diverso, una fase nuova della lotta di classe che combatteremo con armi per noi migliori di quelle di cui disponiamo oggi, una guerra che siamo in grado di vincere. Ogni OO e OP che si lancerà in iniziative produttive delle tre vie sopra indicate, di fatto lancerà un attacco contro la comunità imperialista mondiale. Sarà soffocata? Non è detto che riescano a soffocarla. Certamente essa riuscirà a condurre fino in fondo con successo il suo attacco se la lotta di classe si sviluppa a un livello generale: gli attacchi si moltiplicano in più punti, si creano ACE/ALE (amministrazioni comunali e in generale locali d’emergenza che rifiutano il patto di stabilità imposto dal governo di Roma), si costituisce il GBP con il suo programma riassunto nelle Sei Misure Generali. Quindi è una via che implica non “ognuno per sé”, ma il contrario: “tutti per uno, uno per tutti”. Tessere relazioni di scambio, di collaborazione e di solidarietà con altri paesi che hanno problemi analoghi ai nostri e hanno la volontà di sottrarsi alle catene della comunità imperialista mondiale è la sostanza della sovranità nazionale all’attuale livello di civiltà ed è una via praticabile. È una via di lotta, certo, ma è una via realista, al contrario di quella proposta da chi vorrebbe un’uscita ordinata e contrattata dall’euro e dall’UE in nome di una “sovranità nazionale” che prescinde dalle relazioni che al livello attuale di civiltà ogni paese deve tenere con altri. Di per sé avere una  propria banca centrale, non permette di risolvere la crisi del capitalismo. Una volta riconquistata la nostra “sovranità nazionale”, ci troveremmo nella condizione della maggior parte dei paesi del mondo, sconvolti anch’essi dalla crisi del capitalismo benché abbiano una propria banca centrale e una propria moneta nazionale, come il Giappone, la Corea del Sud, la Turchia o altri paesi simili, limitati dai vincoli della comunità imperialista mondiale (non citiamo USA, Inghilterra e Svizzera perché sono tre paesi che hanno ognuno una posizione unica nella comunità imperialista mondiale).

 

2. Il tempo di lavoro necessario nel nostro paese per produrre i beni e i servizi necessari perché ogni persona abbia una vita dignitosa e per scambiarli con beni e servizi prodotti in altri paesi parimenti necessari, è minore del tempo di lavoro che oggi leggi e contratti di lavoro prevedono per i circa 20 milioni di lavoratori residenti nel nostro paese. L’eccedenza aumenterà ancora di più attuando la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”. Cosa fare perché tutti abbiano un lavoro utile e dignitoso?

La premessa è giusta, ma proprio quell’eccedenza è la nostra ricchezza! Quanto più il lavoro umano diventa produttivo, tanto più diminuisce il tempo necessario a produrre la quantità di beni e servizi necessaria perché tutti abbiano condizioni di vita dignitose e tanto più aumenta il tempo che ogni individuo può dedicare alla gestione della società, alle relazioni sociali, alla cultura, alla ricerca, alle scienze, alla cura del territorio e dell’ambiente, al riposo, alle arti e ad altre analoghe attività specificamente umane, a condizione che la società non si opponga (con segreti, divieti, discriminazioni, ecc.) alla diffusione di queste attività ma al contrario faciliti l’accesso a tutti ed educhi fin dall’infanzia ogni individuo ad esse.

 

3. Ma come è possibile conciliare libertà individuale e legame sociale? Cosa fare con quelli che non vogliono fare la loro parte di lavoro? Cosa fare con criminali e disadattati?

Proprio il divario crescente tra il tempo di lavoro necessario e il tempo di cui gli uomini dispongono apre ampi margini per conciliare e combinare in modo fecondo inclinazioni e doti individuali con gli obblighi sociali di ogni individuo. I modi e le forme del conciliare e del combinare le impareremo concretamente man mano che potremo effettivamente dedicarci a conciliare e combinare: cosa che oggi è impedita principalmente dalle costrizioni proprie del sistema capitalista e dalla mentalità e dalle abitudini che ne derivano. Quanto a disadattati e criminali, lo studio dell’esperienza storica e delle relazioni presenti mostra in modo convincente che il problema si ridurrà fino ad estinguersi se lo affronteremo radicalmente a partire dall’alto. Attualmente i responsabili dei mali peggiori inflitti all’umanità sono al vertice della società, comandano e infettano tutta la società. La repressione e la prevenzione del crimine si applicano solo in basso e ovviamente con risultati dolorosi ma inutili, perché la società stessa genera crimine e disadattamento. Quando da una parte tutti potranno effettivamente vivere in modo dignitoso svolgendo un lavoro utile e dignitoso e sviluppando ognuno le sue doti e dall’altra la formazione fisica, sentimentale e intellettuale degli individui sarà svolta nel modo dettato dalle migliori conoscenze e consentito dalla risorse di cui la società dispone, le fonti oggi straripanti di disadattamento e di criminalità economica e passionale si inaridiranno, i casi di criminali e di disadattati scompariranno del tutto o si ridurranno e saranno trattati dalla società secondo i criteri che la società stessa deciderà.

 

Questi sono i dubbi e le obiezioni principali che dobbiamo dipanare e i principi in base ai quali possiamo dipanarli.

 La crisi che travolge l’umanità, sul piano economico, ambientale, morale, intellettuale e sociale, è insolubile per la borghesia imperialista e il clero, perché sono proprio loro a determinarla con il sistema di relazioni sociali di cui sono espressione e con la direzione che danno alla vita sociale, a livello internazionale e nei singoli paesi, per perpetuare quel sistema. Tutti quelli che con la loro testa non vanno oltre il capitalismo, che propongono e seriamente immaginano una società capitalista senza la crisi e i mali della società capitalista (senza guerre, senza miseria, senza criminalità, senza perdita della sovranità nazionale, senza inquinamento dell’ambiente e devastazione del territorio), tutti quelli che sognano il ritorno al passato (che sia al capitalismo dal volto umano del periodo 1945-1975, alla democrazia borghese instaurata nel nostro paese dalla vittoria della Resistenza al nazifascismo o alle sovranità nazionali come previste in Europa dal Trattato di Westfalia del 1648), sono fuori strada.

Nel nostro paese la borghesia e il clero in questi giorni sono sempre più isolati dalle masse popolari, le liti nelle loro file aumentano e il loro potere traballa. Persino la giunta Monti-Napolitano è passata dalla arroganti dichiarazioni del Monti e della Fornero, ai tentativi maldestri di camuffare le loro misure antipopolari. Monti l’altro ieri ha presentato la sua nuova stangata antipopolare di 11.6 miliardi dicendo che la riduzione dell’1% delle imposte (IRPEF) pagate da quella parte di lavoratori che ha un reddito superiore al minimo non imponibile, compenserebbe l’aumento dell’1% del prezzo (IVA) di tutte le merci e dei servizi in cui i lavoratori peggio pagati trasformano tutto il loro reddito: questo sarebbe l’inizio della riduzione del carico fiscale! Come se a forza del degrado del sistema scolastico la massa della popolazione del nostro paese non sapesse più far di conto!

Quindi è il momento di colpire il cane rabbioso che annaspa.

 

Che operai e lavoratori, studenti e precari, ricercatori e insegnanti, immigrati e disoccupati, casalinghe e pensionati imbocchino ognuno la via della lotta e siano solidali con chi lotta!

Che venerdì 12 ottobre le manifestazioni degli studenti accendano dovunque gli animi alla lotta!

Che la manifestazione del 20 ottobre incautamente indetta dalla destra e dal centro sindacali diffonda largamente tra i lavoratori la fiducia nella propria forza!

Che la manifestazione del 27 ottobre crei e rafforzi il coordinamento e l’unità tra i vari fronti di lotta e apra la via alla costituzione del Comitato di Salvezza Nazionale!

Uniamo le nostre forze a quelle delle classi sfruttate e dei popoli oppressi che in ogni paese si agitano per rompere le catene del sistema imperialista mondiale!

Contro la crisi del capitalismo, contro la guerra imperialista, rivoluzione socialista!

 

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Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere individuati e messi sotto controllo dalla Polizia, una via consiste nell’usare TOR [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html], aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html].