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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Facciamo di ogni amministrazione locale un centro di mobilitazione delle masse popolari per costituire un governo popolare d’emergenza!
Comunicato CC - 31 maggio 2011


Comunicato CC 21/11 - 9 giugno 2011

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Un Piano del lavoro per ogni nuova Amministrazione Locale!

Ogni Amministrazione Comunale deve porsi anzitutto il compito di realizzare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”!

Principalmente per questo deve subito mobilitare i dipendenti comunali e le strutture comunali, le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari della zona, le associazioni e le organizzazioni sindacali e di ogni altro genere, gli organismi e i personaggi della società civile, gli organismi pubblici e privati, le aziende e le chiese della zona!

 

Ogni Amministrazione Comunale deve subito attrezzarsi per usare le risorse, l’autorità e il sostegno di cui dispone per realizzare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”!

Il nuovo Partito comunista italiano si è impegnato a fondo perché le campagne elettorali di questa primavera per le Amministrazioni Locali (Comunali e Provinciali) fossero condotte all’insegna della parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”. La realizzazione di questa parola d’ordine, abbiamo detto, è la base per la realizzazione di ogni altro obiettivo di risanamento e miglioramento della situazione. Dalla mobilitazione per realizzare questa parola d’ordine bisogna partire per migliorare realmente la sicurezza, la coesione sociale, l’igiene pubblica, la salute mentale e fisica, la difesa dell’ambiente, per incrementare la cultura e la solidarietà, per mettere fine o almeno limiti al degrado morale, intellettuale e sociale, per migliorare la partecipazione della massa della popolazione alla vita politica e sociale, per ogni movimento di progresso. A quella parte delle masse popolari che non è direttamente, in prima persona colpita dalla mancanza di lavoro, dalla precarietà del lavoro, dall’emarginazione sociale, bisogna spiegare pazientemente ma fermamente che solo con una mobilitazione generale delle masse popolari per realizzare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”, solo unendosi a questa mobilitazione è possibile affrontare e risolvere o almeno migliorare quegli aspetti del degrado sociale che li toccano direttamente e in prima persona. Ogni velleità, sforzo e promessa di risolverli senza e al di fuori della comune mobilitazione per realizzare questa parola d’ordine, senza una comune generale mobilitazione per assicurare a ogni persona un posto dignitoso nella società, porta in realtà, quali che siano le buone intenzioni e gli sforzi, alla guerra tra poveri, all’aumento dell’emarginazione sociale, del disordine e della delinquenza e apre la via alla mobilitazione reazionaria all’interno e alla guerra all’esterno: quello su cui già puntano i gruppi più criminali della borghesia e del clero.

 

 Solo mettendo la realizzazione della parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” in cima ai propri obiettivi, una Amministrazione Comunale e una Amministrazione Provinciale, e più in generale ogni Amministrazione Locale, può svolgere una funzione positiva in questa fase terminale della crisi generale del capitalismo e non essere principalmente lo zimbello locale e comunque l’agente locale del governo centrale emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia, come lo sono gran parte delle vecchie Amministrazioni Locali: anche quelle della Lega Nord che si atteggiano a paladini delle autonomie locali.

Non bisogna lasciarsi frenare dall’ovvia obiezione che una AL nonostante tutta la buona volontà e l’intelligenza non è in grado da sola di realizzare questa parola d’ordine. Questo è vero, ma la conclusione che ne deriva è che ogni AL, oltre a svolgere senza riserve quel suo compito nella sua zona, deve impegnarsi e concorrere con tutte le altre AL che ci stanno, a promuovere la costituzione a livello nazionale di un governo che realizza quella parola d’ordine. Deve porre tra i suoi compiti, tra quello che deve fare per attuare i suoi compiti verso la popolazione della zona, la mobilitazione delle altre AL a costituire a livello nazionale un governo d’emergenza che ponga anch’esso come compito prioritario e sintetico di tutto il suo programma, la realizzazione di quella parola d’ordine, il Governo di Blocco Popolare. Deve attivarsi per far nascere dovunque nel paese le condizioni necessarie per costituire il GBP. Quello che la singola AC non può fare da sola, si impegna a mobilitare il resto del paese a creare le condizioni necessarie per costituire un governo nazionale che lo faccia. Questa è la dialettica tra AL e GBP. Nella sua zona e nel resto del paese ogni AL deve usare l’autorevolezza che le deriva dalla sua funzione e le risorse di cui dispone per promuovere la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari, per moltiplicare il numero delle OO e delle OP, per rafforzare il loro orientamento a costituire un loro governo d’emergenza. Quello che una AC non può fare, lo può fare un governo centrale che sia emanazione delle masse popolare, il governo d’emergenza delle OO e delle OP, il Governo di Blocco Popolare. Quindi ogni AL deve usare i suoi reali poteri di mobilitazione delle masse popolari della zona, le sue risorse, le sue reali capacità di relazionarsi con le altre AL, la sua influenza nell’intero paese per rafforzare il movimento per la costituzione del GBP, con cui attuerà quegli interessi delle masse popolari della sua zona che da sola non è in grado di attuare. Questo vale in particolare per le nuove AC di Napoli e di Milano, due città che hanno nuove amministrazioni locali e che di per se stesse hanno un ruolo nazionale.

 

Finita la campagna elettorale con un risultato largamente positivo nonostante l’altissima astensione (che per la nostra azione è principalmente una grande riserva di uomini e donne da mobilitare per la nuova lotta), ora il Partito

da una parte deve raccogliere i risultati della campagna in termini organizzativi: sviluppare a un livello superiore, selezionare, consolidare le relazioni e i contatti stabiliti durante la campagna elettorale;

dall’altra parte deve impostare un’ampia attività di massa sulla base dei risultati ottenuti nella campagna elettorale in termini di composizione delle nuove amministrazioni comunali e di forza delle Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni Popolari.

Questi i compiti. Il Partito chiama tutte le organizzazioni della “carovana”, tutte le OO e le OP, gli operai avanzati, gli altri esponenti avanzati delle masse popolari, i sindacalisti onesti e i sinceri democratici a collaborare, ognuno secondo la sua natura ma con lo slancio a voler migliorare, a questa impresa che il Partito propone e in cui impegna tutte le sue forze. È un’impresa difficile, ma possibile. È quello che dobbiamo fare per  progredire e avviarci a uscire dal marasma in cui la Repubblica Pontificia e i suoi padrini italiani e stranieri hanno condotto il nostro paese.

 

Dopo aver posto chiaramente la parola d’ordine generale “un lavoro utile e dignitoso per tutti”, per quanto riguarda la nostra attività di massa si tratta ora di tradurre quella parola d’ordine generale in programmi d’attività, in iniziative dettagliate per ogni AC e ogni AP e di fare dell’attuazione di questi programmi una scuola pratica di comunismo.

Bisogna assolutamente evitare di cadere nel comportamento abituale della sinistra, anche del movimento comunista dei paesi imperialisti: lanciare parole d’ordine generali e sperare che le cose si facciano per conto loro, per qualche miracolo; limitarsi a propagandare la parola d’ordine generale sperando che le masse popolari insorgano a realizzarla senza bisogno di una specifica direzione e di una organizzazione adeguata; limitarsi a rivendicare con manifestazioni e proteste la sua attuazione da parte delle istituzioni della Repubblica Pontificia che hanno tutt’altri interessi e attitudini e sono dedite a ben altro; oppure, peggio ancora, se si è inseriti in enti e istituzioni, adempiere ai vecchi compiti che l’ordinamento statale assegna ad esse, distinguendosi per un rigore e un legalitarismo (che si crede onestà) che spesso colpiscono proprio le masse più povere e più emarginate, più costrette ed abituate ad “arrangiarsi” nelle pieghe e ai margini della società.

Bisogna invece tradurre la parola d’ordine generale in iniziative costruttive particolari, mobilitare su ognuna in maniera adeguata le masse popolari interessate, portarne fino in fondo l’attuazione, imparare dall’esperienza che ne deriva e poi, sulla base del bilancio dell’esperienza e dei risultati raggiunti, lanciare nuove iniziative, fondandosi sempre più, nella misura più larga che le condizioni consentono, sull’organizzazione e mobilitazione delle masse popolari interessate.

Da una parte bisogna esigere, sia con pressioni, rapporti diretti e contrattazioni con i nuovi sindaci e il loro staff sia (ed è di regola la via principale) mobilitando a questo fine OO, OP e in generale le masse popolari (con la propaganda di piazza e di strada, le assemblee di azienda e di scuola, le riunioni di massa, gli attivi, ecc.), che ogni Amministrazione Locale si impegni in una serie di attività e iniziative particolari straordinarie che attuano concretamente la parola d’ordine generale.

Dall’altra parte bisogna mobilitare ogni OO e OP, ogni associazione (sindacati, ARCI, ANPI, cooperative, centri sociali, circoli, comunità religiose di base, ecc.) a promuovere esse stesse direttamente, singolarmente e insieme, iniziative ed elaborare progetti sia a sostegno delle corrispondenti iniziative della AL, sia iniziative e progetti da sviluppare autonomamente (cooperative, occupazioni, anche relazioni internazionali (gemellaggi, scambi di beni, turismo, ecc.), ecc.) per impedire la chiusura di aziende, la delocalizzazione di aziende, la riduzione dell’attività e dell’occupazione, la messa in cassa integrazione che in generale diventa l’anticamera della riduzione di personale e di attività o della chiusura e delocalizzazione: il reddito è garantito solo se è garantito il lavoro. Ammortizzatori sociali, reddito di cittadinanza, sussidi, ecc. sono tutti buone cose, rimedi a situazioni di bisogno: ma sono misure precarie e discriminanti. Un essere umano non è un animale che gli basta di essere mantenuto. Non basta che abbia di che soddisfare i bisogni elementari. Ogni essere umano deve essere membro a parte intera della società, avere un ruolo dignitoso e attivo, poter accedere alle attività specificamente umane, contribuire con la sua intelligenza e con le sue doti al progresso generale.

 

 Sia dove l’Amministrazione Locale è di destra sia dove è di sinistra, la lotta per attuare la parola d’ordine generale diventa tanto più forte ed efficace, quanto più si traduce e articola in parole d’ordine particolari, senza però mai abbandonare la parola d’ordine generale. Infatti questa serve sia a stimolare la creatività e a mobilitare anche i settori delle masse popolari non direttamente toccati e mobilitati da una delle parole d’ordine o delle iniziative particolari, sia a unire tra loro, in uno sforzo comune, i settori mobilitati ognuno da una parola d’ordine o da una iniziativa particolare che li riguarda direttamente. La differenza tra una Amministrazione Locale di sinistra e una Amministrazione Locale di destra emergerà e deve emergere nel diverso atteggiamento e ruolo della AL di fronte a progetti e iniziative delle OO e delle OP e al diverso atteggiamento e ruolo della AL di fronte alle rivendicazioni avanzate. Destra e sinistra si ridefiniranno di fronte alle trasformazioni reali che sapremo determinare e alla mobilitazione delle masse popolari a realizzarle. Cosa ha fatto di sinistra il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti-Epifani? Cosa ha di sinistra la politica economica che propone un Pierluigi Ciocca che Valentino Parlato avalla con la sua stima (il manifesto, 22 maggio)? Cosa fa di sinistra un Piero Fassino solidale con Marchionne contro gli operai FIAT e che vuol mandare l’esercito a imporre gli affari TAV in Val di Susa?

 

Quella che così mettiamo in cantiere è una grande scuola di comunismo. Ogni Comitato di Partito (CdP), ogni organizzazione della carovana deve impegnarsi a promuovere questa scuola, a partecipare a questa scuola come allievo e come docente. Deve chiamare ogni FSRS e soprattutto ogni OO e OP, ogni operaio avanzato e ogni altro esponente avanzato delle masse popolari a parteciparvi. Contemporaneamente deve fare di ogni attività uno strumento per moltiplicare il numero di OO e OP e rafforzare la determinazione di ognuna a coalizzarsi con le altre perché le OO e le OP costituiscano il proprio governo d’emergenza, il GBP. L’impegno diretto per attuare la parola d’ordine generale convincerà ogni OO e ogni OP che ha bisogno di un governo come quello che abbiamo più volte illustrato e che abbiamo chiamato Governo di Blocco Popolare.

 

Per mobilitare OO e OP bisogna tradurre la parola d’ordine generale “un lavoro utile e dignitoso per tutti” in iniziative particolari, conformi alle caratteristiche della zona.

Celebrazioni della vittoria nelle amministrative e, con ogni probabilità, nei referendum? Certo, su grande scala.

Manifestazioni all’insegna della parola d’ordine generale? Certo, con la mobilitazione più larga.

Ma non basta. Occorre una serie nutrita di iniziative da attuare direttamente rivolgendosi alle OO e OP e di iniziative da proporre al nuovo sindaco e al suo staff, prima che siano sommersi dalle mille incombenze che la vecchia Amministrazione Comunale lascia loro in eredità e con cui la classe dominante mira a soffocare ogni velleità di rinnovamento e rinascita, a logorare la volontà e disponibilità ad andare oltre le competenze che la Repubblica Pontificia assegna all’Amministrazione Comunale e assumere invece le competenze che l’appoggio popolare organizzato consente di svolgere, a beneficio delle stesse masse popolari.

 

Partiamo dalla iniziative da proporre al nuovo Sindaco. Di lavoro c’è un gran bisogno, per rimettere in moto le città, risanare l’ambiente degradato, migliorare i servizi ed estenderli a tutti, sviluppare nuove attività produttive di beni e servizi, impedire che le aziende chiudano, riducano, delocalizzino, riprendere in mano i servizi pubblici privatizzati, dare una soluzione ai problemi pubblici come la riduzione, la raccolta e il trattamento dei rifiuti, ecc. ecc. Ma bisogna organizzarlo. I posti di lavoro non sorgono spontaneamente. Ogni posto di lavoro è inserito in una struttura produttiva o di servizio e richiede organizzazione, mezzi, fabbricati. Bisogna valorizzare  l’esperienza di autoimprenditorialità, ma farlo in modo organizzato, sulla base principalmente di mobilitazioni collettive o almeno di coordinamento e con una visione di prospettiva. Il movimento cooperativo e il volontariato offrono molti esempi e racchiudono molte potenzialità.

1. Il nuovo sindaco deve mobilitare tutti gli uffici comunali, fare assemblee dei dipendenti comunali senza fermarsi ai soli capiufficio che certamente, salvo casi particolari, sono i più imbevuti della vecchia mentalità da funzionari, i più destri e i più restii a imboccare una nuova strada. Bisogna mobilitare tutti i dipendenti comunali disponibili, chiedere a ognuno di proporre progetti di impiego utile nell’ambito della struttura municipale che ben conosce e fuori. Certamente ci sono impieghi inseriti nella stessa struttura municipale e utili a soddisfare bisogni della popolazione attualmente insoddisfatti. Bisogna trasformare sistematicamente tutti i posti di lavoro precari direttamente o indirettamente dipendenti dall’amministrazione comunale che non sono per loro natura stagionali o a tempo determinato, in posti di lavoro a tempo indeterminato.

2. In secondo luogo il nuovo sindaco deve indire conferenze con tutte le organizzazioni di massa, le OO e le OP della zona, le associazioni, i comitati di zona e le strutture amministrative decentrate, le organizzazioni di volontariato perché ognuna elabori per l’AC proposte di creazione di posti di lavoro utili a meglio soddisfare i bisogni della popolazione, a sviluppare nuove attività produttive di beni e di servizi e nuove attività culturali, proposte che l’AC si impegna ad attuare.

3. In terzo luogo il nuovo sindaco deve riunire i capitalisti della zona e le associazioni padronali di categoria e chiedere che ognuno elabori e proponga rapidamente progetti per posti di lavoro utile. A Milano Cesare Romiti, Massimo Moratti e altri grandi capitalisti hanno annunciato che avrebbero appoggiato la nuova AC: bisogna metterli a contribuzione. Molti capitalisti sono saltati sul carro del vincitore. Per continuare a fare i loro affari e le loro manovre al coperto della nuova amministrazione. Pisapia e De Magistris per storia familiare non sono estranei al loro ambiente. Moratti è il padrone della SARAS e Romiti, oltre ad avere lasciato un triste ricordo alla FIAT, con l’Impregilo si è ingrassato con lo scempio del “maltrattamento” dei rifiuti a Napoli e altrove, è interessato alla TAV, al Ponte sullo Stretto di Messina e ad altri loschi affari. Insomma non sono meglio di De Benedetti e di altri affaristi. Cosa ne facciamo allora? Li ignoriamo e rigettiamo le loro avances? Non per questo scomparirebbero. Dobbiamo invece metterli a contribuzione, ben sapendo che tipi sono. È facendoli lavorare per realizzare la nostra parola d’ordine e nell’ambito del nostro piano che li mettiamo alla prova e li poniamo sotto controllo. Noi non diamo affatto per scontato che loro la sappiano più lunga di noi e delle masse popolari: se così fosse la nostra causa non avrebbe futuro. È mettendoli al lavoro nell’ambito del nostro piano che ci assicuriamo che il loro appoggio alle nuove amministrazioni non voglia solo dire che si sono candidati a continuare ad asservire la nuova AC ai loro affari, come hanno fatto con le vecchie. Lo stesso discorso vale a Napoli per D’Amato e altre categorie di industriali e capitalisti. È il modo giusto di incominciare a regolare i conti con loro: apre un nuovo fronte di lotta con loro, su un terreno che abbiamo deciso noi. Possiamo vincere.

4. In quarto luogo il nuovo sindaco deve fare lo stesso discorso con le chiese presenti nella zona, a partire dalla Chiesa Cattolica. Certo, anzitutto si tratta di valorizzare su grande scala le comunità di base, che di regola hanno anche già contribuito alla vittoria elettorale. Esse sono numerose e suscettibili di grande sviluppo e di enorme influenza. Sono alleati preziosi. Con loro ogni sindaco deve stabilire subito un rapporto privilegiato. Ma per le gerarchie della Chiesa cattolica vale un discorso analogo al discorso che abbiamo fatto per i grandi capitalisti e finanzieri. Diocesi, parrocchie, congregazioni, ecc. con le organizzazioni e gli enti di beneficenza hanno larghe relazioni, molta influenza ed enormi ricchezze. Anche con loro i nuovi sindaci hanno dimestichezza. De  Magistris si è già presentato in piazza con il cardinale Crescenzio Sepe, finora noto soprattutto come speculatore e faccendiere nella gestione del patrimonio di Propaganda Fide a Roma in combutta con la cricca di Berlusconi. Ma non è a priori detto che non sia disposto e capace di fare di meglio. Le diocesi, le parrocchie, le congregazioni, le scuole e altre istituzioni e associazione della Chiesa Cattolica si sono finora distinte per affarismo, per elemosine e opere di carità, per complicità con le cricche e le Organizzazioni Criminali, per l’uso e l’abuso della buona fede, della fiducia, della rassegnazione e dell’ignoranza della parte più arretrata delle masse popolari e per la loro opera di divisione e disgregazione della parte più avanzata delle masse popolari (divisione sindacale, ecc.), per la loro politica contro le donne, di discriminazione e di oppressione (divorzio, assistenza in caso di aborto, fecondazione assistita, discriminazione) e per altre ignominie reazionarie (matrimonio, copie di fatto, persecuzione e discriminazione contro i gay, copertura di reati sessuali dei loro membri, ecc.). Hanno sostanzialmente smesso di fomentare l’antisemitismo e in gran parte hanno anche smesso di fomentare la persecuzione delle altre religioni, ma hanno in complesso continuato a vendere l’anima a Berlusconi in cambio di contributi, esoneri dalle tasse e favori. Ma anche loro non scompariranno né cambieranno di colpo perché noi li ignoriamo: anzi trameranno più nell’oscurità. Hanno un immenso patrimonio edilizio, relazioni ed esperienza, dispongono di vaste associazioni che essi governano (ACLI, AGESCI, Azione cattolica, ecc. ecc.). Non si tratta di incitarli a fare beneficenza, carità ed elemosine: cose che contribuiscono a tenere una parte della popolazione ai margini della società, a discriminare, come e peggio degli ammortizzatori sociali. Si tratta di incitarli e sfidarli a organizzare attività produttive e di servizi. Di mettere alla prova le loro dichiarazioni, di dissipare le nebbie delle dichiarazioni di buone intenzioni. Di chiedere a loro di operare per realizzare la nostra parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”. E vedere quello che fanno. Noi non abbiamo paura della loro influenza. Sono i portavoce di un mando passato e vivono sulle disgrazie del presente e sull’appoggio della borghesia imperialista. Il marasma che la Repubblica Pontificia ha condotto il nostro paese e la collaborazione che ha dato al sistema imperialista mondiale per portare il mondo allo stato miserabile in cui si trova, danno la misura della loro reale impotenza di fronte al progresso dell’umanità. Il modo più efficace che abbiamo per farla emergere, è metterli alla prova dell’attuazione della nostra parola d’ordine.

5. Infine il nuovo sindaco deve stabilire lo stesso rapporto con gli altri enti pubblici (regione, provincia, uffici statali dislocati sul territorio del comune, distaccamenti delle Forze Armate, della Polizia e degli altri corpi dello Stato), chiedendo che ognuno contribuisca volontariamente con proposte e progetti per migliorare l’impiego delle riserve di lavoro disponibili. E anche qui dare pubblicità alle dichiarazioni d’intenti e alle realizzazioni.

Certamente è il caso che il nuovo sindaco crei nell’ambito dell’Amministrazione Comunale gruppi straordinari e commissioni di lavoro, nuovi e appositi, con persone già dell’amministrazione comunale e nuove, per gestire, organizzare e supportare tutta questa mobilitazione, per mobilitare tutte le persone in cerca di lavoro perché registrino la loro disponibilità, avanzino gli eventuali progetti e proposte, perché si riuniscano in associazioni territoriali, associazioni di mestiere o associazioni di progetto.

L’AC deve quanto prima e nella maniera meno burocratica resa possibile dalla mobilitazione di massa fare un inventario della manodopera disponibile, fare un inventario delle risorse materiali disponibili, raccogliere progetti per la mobilitazione e l’organizzazione dei lavoratori e per l’utilizzo delle risorse.

Un aspetto importante è mobilitare i sindacati e le altre associazioni di categoria perché organizzazioni tutti i disoccupati e mobilitino a loro volta i lavoratori occupati nelle aziende in funzione, per propagandare e attuare la  parola d’ordine generale e per promuovere o almeno partecipare alle iniziative della Amministrazione Comunale, rimuovere o spezzare ostacoli, manovre di boicottaggio e sabotaggio.

Una cosa deve distinguere nettamente le nuove AC dalle vecchie, indispensabile per svolgere il loro compito storico. Attuare la più grande trasparenza sul funzionamento dell’AC e documentare nel modo più semplice e accessibile lo stato da cui parte l’AC e come si sviluppa la sua attività. Basta con i segreti, gli accordi sottobanco, le intese su cui prosperano e di cui si avvalgono le Organizzazioni Criminali, gli affaristi, il clero e gli arrampicatori sociali. L’emarginazione sociale di una vasta parte delle masse popolari è indispensabile perché le OC prosperino, ma la loro penetrazione al Nord, tra le amministrazioni della Lega Nord, per quanto non siano una novità (Berlusconi è un prodotto della finanza criminale della Mafia sbarcata a Milano negli anni ’60 con Sindona, Fidanzati, Calvi, ecc.) conferma che il segreto mantenuto sulle attività delle Amministrazioni Locali è terreno di coltura delle OC, oltre che tramite per arricchire la borghesia e il clero a spese delle masse popolari.

A questo fine le AC devono adottare misure che non richiedono grandi oneri e spese particolari ma sono politicamente significative (questo spiega anche il perché non vengono fatte e perché né la destra e la sinistra esigono il rispetto delle leggi che già le prevedono). Esse riguardano “trasparenza degli atti e della gestione del patrimonio e dei beni pubblici”.

In sostanza ogni AC deve rendere pubblico (nomi, attività, spesa) sul suo sito le spese che fa per appalti, consulenze, assunzioni, ecc. Che cessino di essere pubbliche solo a chi si mette a scartabellare tra capitolati, contratti, bilanci, ecc.: cosa che può fare solo chi è del mestiere o lo fa per suo interesse particolare e se ha tempo ed energie da dedicare, ecc.

Cosa impedisce di mettere sul sito del Comune di Milano quanto costa alla popolazione di Milano l’appalto per le mense comunali dato da anni a Milano Ristorazione (odiata da tutti i genitori e bambini) o quello che dà a Milano Sport (gestione impianti sportivi) o i mutui che il Comune ha contratto con prodotti finanziari derivati (con quali banche, quali società finanziarie, in che quantità, durata, le rate mensili, ecc.) o lo studio sulla questione “cacca dei cani sul marciapiede” dato al professorone di turno o gli eventi “artistici” con Red Ronny, Zanicchi, ecc. In aggiunta e a complemento dobbiamo mobilitare le OO e OP a vigilare, controllare, denunciare. Gli economicisti diranno che ai lavoratori e ai poveri interessano solo il concreto, i soldi. Ma è una visione miope. Certo che bisogna risolvere i problemi del mangiare e della casa: bisogna opporsi a ogni tendenza a mascherare con diritti e belle parole il fatto che i bisogni elementari non sono soddisfatti. Ma bisogna anche essere lungimiranti: senza diritti il soddisfacimento dei bisogni elementari resta precario e, in secondo luogo, ogni essere umano oltre che soddisfare i bisogni elementari deve poter partecipare al livello più alto di cui è capace alla vita sociale, al patrimonio culturale e alla vita intellettuale e morale della società, alle attività specificamente umane. La trasparenza è un aspetto essenziale della democrazia partecipativa. È quello che abbiamo bisogno di realizzare. È un corollario essenziale della mobilitazione per attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” con prospettive a lungo termine.

 

Ogni AC deve con appositi gruppi di lavoro prendere in mano tutte le aziende che minacciano ridimensionamenti, ristrutturazioni, delocalizzazioni per mobilitare i lavoratori dell’azienda e mettere a punto piani e progetti che consentano la continuazione o la ripresa dell’attività, adottando le misure opportune a seconda che l’azienda abbia una cerchia locale, nazionale o internazionale di utenti o destinatari (mercato). Nessuna azienda della zona deve ridurre il personale. Dove necessario, occorre cambiare attività. Ogni AC deve  attrezzarsi per impedire che nel suo territorio le aziende riducano il personale. Deve stimolare ogni azienda ad aumentarlo espandendo l’attività. Nessuna azienda deve essere chiusa. Se nel mercato imperialista mondiale non c’è posto per un prodotto, i proprietari dell’azienda o le autorità pubbliche devono destinare l’azienda a un’altra produzione utile. Bisogna partire dall’idea che il lavoro crea ricchezza, è la fonte della ricchezza: se dei lavoratori restano senza lavoro, il difetto sta nell’ordinamento sociale, nel sistema di relazioni di produzione e di distribuzione di cui l’azienda è parte. Esso impedisce che le fonti di ricchezza producano ricchezza. Si tratta di trasformare il sistema di relazioni di produzione e di distribuzione, in modo da rimuovere gli ostacoli e far scorrere in abbondanza la produzione e distribuzione di beni e servizi. Gli esseri umani devono essere al centro della nuova società.

Ogni AC deve creare appositi gruppi di lavoro per trasformare sistematicamente e su larga scala i posti di lavoro precari esistenti nella zona in posti di lavoro a tempo indeterminato. La trasformazione del lavoro precario in lavoro a tempo indeterminato deve diventare un obiettivo di ogni AL, al pari del pieno impiego.

Infine dobbiamo, noi e il nuovo sindaco, mobilitare le organizzazioni sindacali perché concorrano con le loro strutture organizzative e con i loro mezzi e le loro relazioni a elaborare progetti. I sindacati hanno una grande e collaudata rete di relazioni, molta esperienza di organizzazione, una vasta struttura organizzativa: sono quindi in grado di mobilitare capillarmente sia il lavoratori occupati, sia i precari, i disoccupati e gli inattivi.

Parallelamente a stimolare l’azione delle OO e OP verso le Amministrazioni Locali, noi dobbiamo lanciare a tutte le associazioni, comitati, centri sociali, sindacati, associazioni, ecc. ecc. l’appello e convocare conferenze perché ognuno si mobiliti, nella maniera più coordinata, per elaborare e proporre iniziative produttive di beni e di servizi che mobilitino la forza lavoro disponibile e a metterli in pratica.

 

Tutto questo deve confluire in un vero e proprio Piano del Lavoro che copra l’intero comune e con propaggini, relazioni e partecipazione delle organizzazioni comunali e locali delle zone adiacenti.

 

Una parte importante del Piano del Lavoro deve essere dedicata alla riabilitazione e utilizzazione del patrimonio edilizio inutilizzato. Nelle città italiane, salvo eccezioni, non occorrono nuovi edifici, ma piuttosto un utilizzo razionale e la riabilitazione del patrimonio edilizio esistente. Il sindaco può requisire tutti gli edifici inutilizzati, adducendo ragioni di pubblica utilità e di ordine pubblico e giovandosi della mobilitazione delle masse popolari, sia nell’inchiesta che nella realizzazione dell’opera. Già questo dovrebbe bastare a dare rapidamente un’abitazione decente a ogni famiglia. Questo, abbinato a una scolarizzazione di massa di tutti i ragazzi in età che ora sfuggono all’obbligo scolastico, a mense popolari di alto livello, a servizi sociali adeguati, a piani di mobilitazione volontaria dei ragazzi e dei giovani nel tempo libero per attività formative e di pubblica utilità, risanerà rapidamente il clima delle città, rafforzerà la coesione sociale, ridurrà la criminalità diffusa e la precarietà, ridurrà, se non eliminerà completamente i margini di manovra e la libertà d’azione delle Organizzazioni Criminali, avvierà la generalizzazione capillare di un’attitudine e un atteggiamento costruttivi degli individui verso la società e verso se stessi (depressione, suicidi, evasione nella droga, violenza gratuita, indifferenza, isolamento, ecc. ecc.). Di fronte a una cosa che non funziona secondo gli interessi popolari, di fronte a una cosa che può essere migliorata, si ingenererà l’abitudine a intervenire o a mobilitare chi può intervenire, a non demandare, a non aspettare le cose dall’alto: farle o sollecitarle ed esigerle, controllarne  l’esecuzione. Si tratta di creare e diffondere la democrazia partecipativa. Il mondo è nostro e dobbiamo organizzarci e darci da fare perché diventi come deve essere.

Insomma dobbiamo portare OO e OP a chiedere che ogni nuova amministrazione si faccia promotrice di un piano locale di rinascita e mobiliti tutte le forze, le metta tutte alla prova in modo che ognuna dia quanto è in grado di dare e che ognuna assuma un ruolo corrispondente a quello che effettivamente dà e fa.

 

Tutte queste operazioni vanno adeguatamente finanziate. I soldi ci sono: vanno mobilitati con i mezzi e per le vie necessarie e adeguate all’opera. Con le risorse di cui l’AC già dispone, con quelle che può ottenere dalla regione, dallo Stato, dalla UE in base alla legislazione vigente, chiedendo contribuzioni ai ricchi, alle Chiese, alle parrocchie, agli enti, alle fondazioni e alle banche e alle società finanziarie. Dove le risorse non bastassero, bisogna ricorrere ai prestiti e forzare con la mobilitazione di massa enti pubblici, banche, società finanziarie e assicurative, fondazioni perché sottoscrivano prestiti per il Piano del Lavoro e contribuiscano con donazioni. In una società capitalista, borghese, ogni attività passa tramite il denaro, deve cioè essere finanziata. La crisi generale in corso da anni ha moltiplicato e concentrato in modo straordinario il denaro nelle mani dei ricchi, delle banche, delle istituzioni finanziarie, delle fondazioni. Si tratta di mobilitarlo, finché non avremo creato le condizioni per farne a meno.

Oggi vi è una quantità enorme di denaro, più di quanta non ce ne sia mai stata. La tesi che non ci sono i soldi per fare questo o quello, è del tutto infondata, non deve mai essere accettata, bisogna smascherare e denunciare chi l’avanza e se ne fa scudo per non fare. I soldi ci sono, ma non sono nelle mani giuste, sono in larga misura concentrati nelle mani di un pugno di persone e di società o enti. Questi adoperano i soldi solo se con i soldi che mettono in moto possono fare altri soldi. Questo meccanismo porta alla paralisi della produzione e della distribuzione, alla paralisi dell’intera economia e dell’intera vita sociale, porta alla decadenza della società e degli individui. Le autorità borghesi, anche quelle che si dicono di sinistra e per quanto si dicano di sinistra, non osano far contribuire i ricchi a finanziare le attività nella misura necessaria. Si limitano sostanzialmente a tosare con un sistema fiscale iniquo e costoso i flussi del denaro che transita nelle mani delle masse popolari: con le imposte dirette (su salari, pensioni, ecc.) e con le imposte indirette (IVA, ecc.) sugli acquisti e sui consumi, con balzelli che ostacolano le attività produttive e rendono difficile la vita alle masse popolari (tickets, pedaggi, ecc.). Ai ricchi e alle loro associazioni (enti, istituzioni, banche, ecc.) chiedono al massimo prestiti: con questo hanno creato un sistema di debito pubblico per cui dipendono per le loro iniziative dai ricchi che le strozzano e trasferiscono ogni anno nelle mani dei ricchi per interessi e commissioni nuovo denaro che strappano alle masse popolari (i bassi servizi a cui sono ridotte le autorità della Grecia contro la popolazione greca per questa loro sottomissione al mercato finanziario è oggi nota a molti). D’altra parte i ricchi vogliono far fruttare il loro danaro, usarlo come capitale, farci sopra interessi e profitti: da qui le privatizzazioni dei servizi pubblici (acqua, trasporti, strade e autostrade, gas, elettricità, comunicazioni, telefoni, nettezza urbana, sanità, scuola, assicurazioni, ecc. ecc.) e il loro degrado e rincaro. Il denaro schiaccia gli esseri umani. Noi dobbiamo e possiamo rovesciare il rapporto. Bisogna che ogni AC crei appositi gruppi di lavoro sostenuti dalla mobilitazione delle OO e OP e metta in opera iniziative per reperire a tutti i costi il denaro necessario a finanziare le proprie attività o per organizzare attività senza ricorrere al denaro (buoni spesa, pagamento con servizi, ecc.): questo apre un campo suscettibile di espansione illimitata ma sostanzialmente inesplorato, tutto da creare ex novo e per cui occorre organizzazione, fantasia, volontà, spirito sperimentale (provare e aggiustare il tiro sulla base dei  risultati), mobilitazione di massa. Attuiamo praticamente la Costituzione che le autorità della Repubblica Pontificia hanno lasciato sulla carta: la proprietà privata va rispettata solo nella misura che adempia alla sua funzione sociale. Se la ostacola o viene comunque meno al suo compito, va espropriata per motivi di pubblica utilità o per motivi di ordine pubblico.

 

Ovviamente tutte quelle finora indicate sono solo misure primitive, quello che possono formulare persone che non hanno esperienza professionale in materia. Ma tra le persone e gli organismi che si sono sinceramente mobilitati per formare amministrazioni comunali e provinciali di rinnovamento, ci sono persone e organismi che hanno una conoscenza ben più profonda e larga. Si tratta di mobilitarli, coordinarli e favorire in ogni modo la loro iniziativa perché elaborino proposte e progetti precisi e realistici. Non realistici nel senso che rientrano nelle abitudini e negli interessi dei ricchi e del clero, li assecondano: come se fosse per errore e stupidità loro personali che oggi banchieri e finanzieri ci hanno portato alla rovina. Ma realistici nel senso che con una adeguata mobilitazione e organizzazioni le masse popolari possono realizzarli, far fronte agli effetti negativi che ne conseguono, valorizzare gli effetti positivi per andare più avanti.

L’importante è non aspettare che il nuovo sindaco faccia, non aspettare che la vecchia amministrazione comunale faccia quello che non ha mai fatta, quello che non è abituata a fare, quello che è selezionata e abituata a non fare. Non si metterà a farlo solo perché si ritrova con alla testa un sindaco e degli assessori nuovi e di buona volontà. Bisogna avere fiducia nella buone intenzioni, ma è certo che le buone intenzioni non bastano. Tanto meno bastano le buone intenzioni di una persona sola, sia pure investita dell’autorità e del prestigio di cui gode un sindaco appena eletto: bisogna che le buone intenzioni si traducano in mobilitazione di massa, in organizzazioni di massa, in progetti e iniziative supportate con i mezzi adeguati.

Bisogna infine e soprattutto che i nuovi sindaci e assessori non si sentano investiti anzitutto dei compiti che l’ordinamento statale assegna loro. Questi sono compiti funzionali all’ordinamento statale e al funzionamento di un regime di sfruttamento: abbiamo sotto gli occhi i risultati. Per avere risultati diversi, devono cambiare gli obiettivi, gli scopi e gli strumenti. Se i nuovi sindaci e assessori dovessero dedicarsi principalmente ai compiti che l’ordinamento statale assegna loro, nonostante tutta la loro buona volontà finirebbero per servire gli affari delle cricche, delle Organizzazioni Criminali, dei ricchi e del clero. Bisogna che si prefiggano anzitutto di fare gli interessi delle masse popolari e di mobilitare e favorire l’organizzazione delle masse popolari stesse per trovare i modi e le vie migliori e per realizzarle. E che pur di realizzare questo obiettivo siano disposti ad affrontare le minacce, la disapprovazione e i ricatti delle autorità statali e delle associazioni dei ricchi e di quelli che li spalleggiano: anche se per nascita appartengono allo stesso loro ambiente. Devono essere veri e onesti esponenti delle autonomie locali. Non nel modo truffaldino e demagogico praticato dalla Lega Nord di Bossi & C: a parole per le autonomie locali che nei fatti sacrifica al governo della Repubblica Pontificia. Non per contrapporre gli interessi della popolazione di una zona a quelli della popolazione delle altre zone, dei lavoratori indigeni a quelli dei lavoratori immigrati. La popolazione di ogni zona ha bisogno della popolazione delle altre, vive tanto meglio quanto meglio vive la popolazione delle altre altre. Le nuove AC, AP e in genere le nuove AL non devono limitare la loro attività alla zona strettamente di loro competenza. Vi sono nella loro zona attività che si inseriscono in una economia più ampia (provinciale, regionale, statale, internazionale). La AC deve stabilire le relazioni corrispondenti e svolgere un ruolo attivo nella mobilitazione delle masse popolari sulla scala  corrispondente. Non a caso tra le sei misure generali del GBP vi è l’intesa, la collaborazione e lo scambio con gli altri paesi che sono disposti e nel mondo il loro numero non fa che crescere.

È il sistema capitalista che ci obbliga a essere gli uni contro gli altri, a fare la guerra agli altri (come Marchionne dice apertamente): ma il piano che noi proponiamo è un piano d’emergenza, “in deroga” alle relazioni del sistema imperialista che ci ha portato tutti nel marasma attuale a cui dobbiamo far fronte con misure e procedure d’emergenza. È un piano che ci porterà verso il socialismo, un sistema di relazioni sociali dove “ce n’è per tutti”. Ma questa è il capitolo di storia che scriveremo domani. Oggi siamo a un capitolo precedente. Neanche i nostri critici saprebbero fare di meglio oggi (quanto a dire senza fare, quello non costa niente).

Attuare il nostro piano non è facile, ma è possibile. E le masse popolari non hanno altra strada positiva davanti. La borghesia e il clero non hanno i mezzi per opporsi con forza all’attuazione del nostro piano. Bisogna tener conto del fatto che le autorità della Repubblica Pontificia hanno sì ancora il coltello dalla parte del manico, ma sono anche sedute su un palco che traballa. Si tratta di vedere chi ha paura di chi. Prima di sciogliere una delle nuove AC perché cerca di attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”, ci penseranno quattro volte. Si è visto come hanno fatto marcia indietro con la Fincantieri! Altro che l’esercito a Castellammare di Stabia! Non lo manderanno neanche in Val di Susa se la popolazione locale resisterà con decisione all’apertura dei cantieri TAV! Il fattore determinante per ora non sono le armi, ma l’organizzazione, la direzione e la determinazione.

In proposito un fattore determinante consiste nella scelta che ogni nuova AC deve fare: puntare ad avere forza mobilitando la parte più avanzata delle masse popolari o puntare a farsi accettare dalla borghesia e dal clero facendo concessioni ai loro interessi e ai loro privilegi? Adattarsi agli interessi, alle abitudini e ai privilegi della borghesia e del clero sperando che contraccambino o indurre la borghesia e il clero ad adattarsi agli interessi delle masse popolari, a contribuire a realizzare la parola d’ordine base degli interessi delle masse popolari “un lavoro utile e dignitoso per tutti”? In Italia da decenni la destra e la sinistra borghesi hanno lavorato in tandem o in alternanza per realizzare il programma comune della borghesia imperialista: il risultato è il marasma in cui siamo finiti e la guerra imperialista a cui la Repubblica Pontificia dedica forze e risorse crescenti e sacrifica su scala crescente il nostro paese, ridotto a retrovia degli eserciti NATO, USA e israeliano.

 

Certamente di fronte a questi e a simili propositi, ci saranno compagni di buona volontà che grideranno al riformismo. È riformismo questo? È peggio che riformismo: è riformismo velleitario, destinato a restare senza risultati positivi e a produrre delusione, amarezza, rabbia e disgregazione se tutti questi propositi e la loro attuazione non sono inseriti in un movimento per la costituzione del GBP, se non costituiscono l’insieme di iniziative particolari di un movimento generale che ha come obiettivo la costituzione del GBP, se non li combiniamo in un insieme di iniziative che sta in piedi perché contribuisce a creare le condizioni per cui le OO e le OP costituiscono un loro governo d’emergenza, il GBP. Ogni iniziativa sta in piedi e produce principalmente effetti positivi solo se combinata con le altre. Da sola fa danno e non sta in piedi a lungo. L’insieme di queste iniziative reggerà solo se ne approfitteremo per creare le condizioni della costituzione del GBP e le OO e OP lo costituiranno effettivamente. Come a sua volta la costituzione del GBP, anche se effettivamente realizzata, sarebbe destinata a sicuro fallimento di fronte alle contraddizioni che la sua opera susciterà e al ritorno in forza della borghesia e del clero, ai loro sforzi di rivincita e alle loro iniziative di boicottaggio e sabotaggio, se la costituzione del GBP non fosse concepita e gestita da un crescente movimento di masse popolari organizzate e  dirette dal partito comunista come una tappa sulla via dell’instaurazione del socialismo, un aspetto e una fase della rivoluzione socialista.

 

I nuovi sindaci sono tipicamente personaggi della società civile o della sinistra borghese intesa come quell’insieme di persone e organismi che sono contro lo stato attuale delle cose ma non vedono oltre l’orizzonte della società borghese, del suo sistema di relazioni sociali e di valori. Imparare a rapportarci giustamente con loro e a mobilitare le OO e le OP perché si rapportino giustamente con loro è una scuola per quello che dovremo fare su scala più grande quando la situazione si sarà sviluppata, assieme alla crisi generale in corso, fino alla costituzione del GBP.

Le riforme che effettivamente si fanno, non le chiacchiere sulle riforme ma le riforme effettive, sono il sottoprodotto delle rivoluzione fallite. Le conquiste di civiltà e di benessere che le masse popolari dei paesi imperialisti hanno strappato alla borghesia e al clero nel secondo dopoguerra, a partire dal 1945, sono il sottoprodotto del fallimento della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti. A sua volta una rivoluzione è una trasformazione generale che consiste di molte trasformazioni particolari e si realizza attraverso molte trasformazioni particolari che si combinano tra loro e delle quali una richiama un’altra come condizione del suo successo. Ogni trasformazione particolare, se non se ne vede la connessione con le altre e col tutto, pare una riforma. Ognuna di esse se invece viene gestita valorizzando e rafforzando la sua connessione con le altre e con l’insieme, diventa una trasformazione che ne rafforza e ne richiama altre. È qualcosa del genere che noi dobbiamo mettere in moto in questi mesi sulla base del risultati della campagna delle elezioni amministrative di primavera e del movimento scatenato dalla resistenza a Marchionne opposta dagli operai di Pomigliano d’Arco e di Mirafiori e dall’appoggio che loro ha dato la FIOM e alcuni dei sindacati di base. Solo a questa condizione i risultati della campagna avranno effettivamente segnato un’inversione di tendenza e non un sussulto foriero di una più profonda delusione e di una regressione come lo fu il risultato delle elezioni politiche del 2006. A causa di un esito elettorale contro ogni attesa, per il fallimento del colpo di mano elettorale che la banda Berlusconi aveva preparato (il ministro degli Interni, Beppe Pisanu, all’ultimo momento si tirò indietro), nel 2006 la banda Berlusconi perse il governo. Ma subentrò il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti-Epifani che tanto fece da portare in soli due anni a una riedizione peggiorata del governo della banda Berlusconi-Bossi. Ci sono situazioni in cui è impossibile stare fermi. O si va avanti o si va indietro. Sono le situazioni rivoluzionarie. Noi siamo nel pieno di una situazione rivoluzionaria nazionale e mondiale. Mille concrete e particolari iniziative, del tipo di quelle sopra indicate, porteranno ad accumulare forze rivoluzionarie capaci di fare gli indispensabili passi in avanti, se noi comunisti sapremo dirigere e mobilitare ispirandoci alla concezione comunista del mondo agendo con dedizione senza riserve alla causa di fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuire così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che monta in tutto il mondo.

 

Non avere paura di entrare nel concreto delle cose!

Essere disposti a osare, a imparare, a correggere gli errori, a cambiare!

Facciamo di ogni amministrazione locale un centro di mobilitazione delle masse popolari per attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” e per costituire un governo popolare d’emergenza!

 

Con le elezioni amministrative le masse popolari hanno inferto un serio colpo alla banda Berlusconi e alla Corte Pontificia: continuiamo e rafforziamo l’offensiva con la vittoria del SÌ nei quattro referendum e dirigendo con intelligenza e lungimiranza le nuove AL!

 

Raccogliere i risultati della campagna elettorale: promuovere la moltiplicazione e il rafforzamento delle Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni Popolari, sviluppare il lavoro operaio del Partito, costituire Comitati di Partito clandestini!