<<< RITORNA ALL'INDICE DEI COMUNICATI DEL 2009

 

(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

   Commissione Provvisoria del Comitato Centrale

                        Sito: http://lavoce-npci.samizdat.net
                        e.mail: lavocenpci40@yahoo.com


    Delegazione

                        BP3  4, rue Lénine   93451 L'Île St Denis (Francia)
                        e.mail: delegazionecpnpci@yahoo.it
La Voce 31
PDFScaricate Stampate e diffondete la rivista
Il testo in PDF, OO e Word
Word - 57 KbScaricate il testo del comunicato della CP

15/09 - 9 giugno 2009
Ricaviamo dall’esito delle elezioni europee e delle elezioni amministrative lezioni per portare avanti con maggiore efficacia la nostra lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista

Impediamo alle polizie di localizzarci e di conoscere le nostre identità.
Per fare questo usiamo
 

 

Comunicato CP 15/09 - 9 giugno 2009

 

Criteri e principi per il bilancio delle elezioni.

 

Ricaviamo dall’esito delle elezioni europee e delle elezioni amministrative lezioni, forze e risorse per portare avanti con maggiore efficacia la nostra lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

 

Con la nostra lotta per instaurare il socialismo possiamo dare un grande contributo alla lotta delle masse popolari degli altri paesi e alla rinascita del movimento comunista a livello internazionale!

 

Per la nostra lotta per instaurare il socialismo possiamo giovarci delle lotte che le masse popolari degli altri paesi conducono per far fronte alla fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo!

 

Le elezioni europee culminate nella giornata elettorale di domenica 7 giugno confermano alcuni aspetti importanti della crisi politica che travaglia tutti i paesi del continente. Sono aspetti che tutti i comunisti e quanti lottano per instaurare il socialismo nel nostro paese devono considerare. Non solo per quanto riguarda direttamente il nostro paese, ma anche per quanto riguarda l’Unione Europea e i 27 paesi che la compongono, circa mezzo miliardo di persone. Per quanto l’instaurazione del socialismo in Italia sia una questione il cui esito in definitiva sarà deciso dai rapporti di forza che sapremo creare in Italia, principalmente da quanto ampio, profondo e solido sarà il legame che costruiremo tra il Partito comunista italiano e le masse popolari del nostro paese, la situazione internazionale avrà il suo peso sia durante la lotta sia dopo, una volta instaurato il socialismo: non a caso noi siamo internazionalisti.

Sbagliano i compagni che parlano della rivoluzione socialista in un paese come di una rivoluzione che può avvenire solo se avviene in contemporanea a livello internazionale, almeno in molti paesi. Essi trasferiscono a livello internazionale un problema che non sanno come risolvere a livello del loro paese. Sentono di non avere una concezione e una strategia adeguate a instaurare il socialismo nel loro paese, ma anziché cercare la soluzione, svicolano parlando e demandando il compito alla “rivoluzione internazionale”.

Ma sbaglieremmo anche noi se non tenessimo conto dei rapporti di forza internazionali, della situazione delle forze reazionarie e delle masse popolari negli altri paesi. Le condizioni interne sono quelle decisive, ma le condizioni esterne hanno un peso rilevante sullo sviluppo delle condizioni interne!

Le elezioni europee ci offrono un buon punto di osservazione, ci danno il polso della situazione nei paesi attorno al nostro. Esse sono tanto più interessanti, perché mettono in luce che ci sono sviluppi importanti comuni a tutti i paesi dell’Unione Europea. Cosa del resto abbastanza ovvia, visto che tutti i 27 paesi presentano due importantissimi tratti comuni: 1. la fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo che imperversa e colpisce le masse popolari, 2. lo stadio arretrato in cui è ancora la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato che tuttavia è in corso in tutti i paesi dell’UE.

 

Quali sono gli aspetti più importanti della crisi politica messi in luce dalle elezioni europee?

La destra borghese prevale ovunque di gran lunga sulla sinistra borghese, ma perde anch’essa seguito. Cresce il numero di adulti che non vanno neanche più a votare. Un aspetto coerente con il fatto che in ogni paese crescono i problemi di ordine pubblico e aumenta l’estensione dei territori posti sotto controllo militare o poliziesco rinforzato.

All’interno della destra borghese cresce la componente apertamente fautrice della mobilitazione reazionaria. Essa fa leva sulla crisi economica e sulla paura dell’instabilità sociale e del futuro. Promuove apertamente il respingimento, l’espulsione, la persecuzione razzista e lo sfruttamento dei lavoratori immigrati. Vuole il protezionismo economico rispetto all’estero. Sostiene l’aumento dei poteri della polizia e delle autorità come rimedio universale ai contrasti sociali e alle “piaghe sociali”. Appoggia e si appoggia a quanto di più arretrato la società attuale eredita dal passato: guardate la mentalità e il comportamento degli accoliti delle squadre fasciste ed è chiaro cosa intendiamo dire.

 

La sinistra borghese  si disgrega ovunque. Non solo perde voti, ma si frantuma in un numero crescente di gruppi. Paga il fatto che, ovunque ha avuto in mano recentemente il governo del paese e dove lo ha ancora in mano, la sua politica è una versione moderata e incerta di quella della destra borghese, meno convincente per i ceti reazionari e per la parte più abbrutita delle masse popolari. Insomma la relazione tra sinistra borghese e destra borghese che abbiamo visto in Italia tra circo Prodi e banda Berlusconi. La sinistra borghese denuncia molte malefatte della destra, ma non ha un progetto alternativo a quello della destra, non ha una politica sostanzialmente diversa da quella della destra di fronte alla crisi economica e alla crisi ambientale né di fronte alle altre contraddizioni sociali. Si distingue dalla destra, quando si distingue, sui dettagli e sul tipo di diversione con cui cerca di distrarre l’attenzione delle masse popolari dai problemi decisivi della propria vita.

La destra borghese spesso schernisce la sinistra borghese perché la sinistra borghese resta a piedi: non capisce le masse, non sa parlare alle masse, mentre la destra ci riesce. In definitiva in questo caso la destra borghese ha una parte di ragione. Nel senso che la destra gioca bene sulla parte più arretrata e abbrutita delle masse popolari, mentre la sinistra borghese non sa raccogliere, mobilitare, organizzare la parte avanzata.

 

A metà strada tra sinistra borghese e masse popolari, cresce il numero delle formazioni che si dichiarano anticapitaliste. Ma esse non raccolgono grandi consensi neanche dove riescono a farsi una gran pubblicità. Sono più un aspetto della disgregazione della sinistra borghese che un aspetto di un nuovo che avanza. Diverse per livello di radicalismo e di combattività, sono tuttavia tutte formazioni rivendicative. Come all’incirca i sindacati di regime e, pur spesso con un maggiore livello di combattività, anche i sindacati alternativi. I loro programmi sono solo piattaforme rivendicative. La loro concezione, le loro parole d’ordine e le iniziative che propongono restano chiuse nell’orizzonte di dipendenti che chiedono questo o quello ai padroni e alle autorità della Repubblica Pontificia: in sintesi, più denaro pubblico per tenere in vita le aziende, più sussidi pubblici ai disoccupati, aumento meno rapido delle tariffe per i servizi pubblici. Ma ognuno capisce che finché le aziende restano in mano ai padroni, i padroni le terranno aperte solo se ci guadagnano: se va bene, i denari pubblici ne prolungano un po’ l’esistenza. I padroni prenderanno più contribuzioni pubbliche possibile e poi, se gli affari non riprendono, chiuderanno egualmente. E quanto ai sussidi, nessuno è  né orgoglioso né contento e tranquillo di vivere di sussidi. Vogliamo un lavoro e una vita dignitosa, un ruolo attivo e dignitoso nella vita sociale. I sussidi non si sa neanche fino a quando dureranno. I pensionati vogliono pensioni decenti. I giovano restano comunque ai margini della vita sociale, senza prospettive di un avvenire dignitoso. Con simili programmi e simili concezioni, le formazioni anticapitaliste sono destinate a restare marginali.

 

In conclusione, il regime politico borghese è lungi dall’essere stabile. Il vecchio rapporto tra le forze politiche borghesi e la massa della popolazione si sfalda. E non a caso. Non per errori accidentali di singoli personaggi o gruppi dirigenti. Si sfalda perché le forze politiche borghesi sono alla ricerca di una soluzione nuova per far fronte alla situazione nuova creata dall’esplosione della fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo. I gruppi popolari influenzati dalla sinistra borghese non hanno avvenire: non sono credibili perché non hanno un progetto. Sono solo gruppi di pressione sulle autorità.

 

Questo ci dicono le elezioni europee, se le usiamo come sintomo per capire lo stato delle cose, come indizio di cosa bolle in pentola.

 

Quanto ai gruppi di comunisti che si dichiarano apertamente per l’instaurazione del socialismo e non si limitano a fare denunce del cattivo presente, non si limitano a elaborare e propagandare piattaforme rivendicative, non si limitano a cercare di mobilitare a sostegno di rivendicazioni, dovunque gruppi simili si sono presentati alle elezioni essi hanno raccolto un numero di voti sproporzionatamente alto rispetto al numero di militanti organizzati nelle loro file e che hanno fatto campagna elettorale.

Questo è un buon sintomo, anche se i numeri dei voti ottenuti sono insignificanti rispetto alla massa della popolazione.

Il problema è: come questi gruppi, cioè i loro militanti come corpo organizzato, valorizzano la collaborazione, l’influenza, la simpatia che l’andamento della campagna elettorale e i risultati elettorali hanno messo in luce e anche suscitato? Sono capaci di farlo? Hanno piani per farlo? Si propongono di farlo?

Senza questo, la loro partecipazione alla campagna elettorale sarebbe veramente una manifestazione di quell’elettoralismo che i comunisti astensionisti rimproverano loro. Sarebbe una manifestazione della fiducia sciocca e mille volte smentita dall’esperienza (infatti si chiama anche “cretinismo parlamentare”) che le elezioni decidano del potere quando è in gioco il sistema di relazioni sociali. Una fiducia sciocca per di più combinata con un risultato da questo punto di vista fallimentare, dato che la quantità dei voti ottenuti non consente neanche un eletto.  “Vi illudete che farsi eleggere cambi qualcosa e per di più non riuscite neanche a farvi eleggere!”, scherniscono gli astensionisti.

 

In proposito ci sono due problemi che dobbiamo considerare. Considerarli seriamente è una prova che ci poniamo seriamente l’obiettivo di instaurare il socialismo.

 

Da una parte un buon numero dei gruppi di comunisti che si dichiarano apertamente per l’instaurazione del socialismo, oggi sono astensionisti di principio. Sostengono che non bisogna partecipare alle campagne elettorali, che bisogna propagandare l’astensione dalle campagne elettorali, che le campagne elettorali rafforzano la borghesia e il suo regime, conferiscono al regime legittimità morale nella coscienza delle masse popolari.

Noi diciamo che partecipiamo alle campagne elettorali (e che, se avessimo degli eletti, questi approfitterebbero delle loro prerogative di eletti e della loro partecipazione alle istituzioni rappresentative della Repubblica Pontificia) per raccogliere forze rivoluzionarie, per educare le masse popolari alla rivoluzione socialista, per elevare il livello di coscienza delle masse popolari, per far conoscere la nostra analisi della situazione e le nostre proposte, per promuovere l’organizzazione e la mobilitazione della masse popolari, per aggregare masse popolari attorno al Partito comunista e alle altre organizzazioni del rinascente movimento comunista. Se lavoriamo come si deve, i fatti e i risultati che raggiungiamo in questi campi grazie alla nostra partecipazione alle campagne elettorali, dimostrano che abbiamo ragione e compensano i nostri sforzi, anche se gli astensionisti dovessero continuare contro ogni evidenza a sostenere l’astensione.

Ma perché l’astensionismo oggi è ancora tanto in voga tra i gruppi comunisti che si dichiarano apertamente per l’instaurazione del socialismo?

Se ben osserviamo, si tratta di gruppi che non hanno fatto un serio, convincente, ponderato, fruttuoso bilancio dell’esperienza del movimento comunista, in particolare del fallimento della prima ondata della rivoluzione proletaria e dell’avvento dei revisionisti moderni alla direzione del movimento comunista, della corruzione, disgregazione e dissoluzione dei partiti comunisti e delle altre organizzazioni del vecchio movimento comunista, del crollo dei primi paesi socialisti.

Il movimento comunista cosciente e organizzato durante la prima ondata della rivoluzione proletaria non è riuscito a instaurare il socialismo in alcun paese imperialista perché non seguiva la strategia della guerra popolare rivoluzionaria, che è la strategia necessaria per instaurare il socialismo nei paesi imperialisti. Infatti non aveva una comprensione abbastanza avanzata né delle caratteristiche economiche dell’imperialismo (crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, forme antitetiche dell’unità sociale), né del regime politico dei paesi imperialisti (regime di controrivoluzione preventiva): che sono gli elementi principali su cui bisogna basarsi per elaborare una strategia giusta per fare la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti.

Provate a chiedere agli esponenti e portavoce dei gruppi comunisti astensionisti perché la prima ondata della rivoluzione proletaria non è riuscita a instaurare il socialismo in alcun paese imperialista. Vi risponderanno che è colpa di Stalin, degli Accordi di Yalta o dei revisionisti moderni che non volevano la rivoluzione socialista. Perché i revisionisti moderni sono riusciti a prendere nel movimento comunista il sopravvento sui comunisti che volevano la rivoluzione socialista e a prenderne la direzione, resta per loro un mistero imperscrutabile della storia: volontà di Dio o potenza diabolica di uomini come Kruscev o Togliatti o stupidità dei loro avversari. E vi diranno che i revisionisti moderni, i Togliatti e soci, sono riusciti a corrompere e disgregare il movimento comunista perché il PCI partecipava alle elezioni, perché i comunisti andavano in Parlamento. Quindi i veri comunisti non devono partecipare alle elezioni, tanto meno andare in Parlamento.

Sarà loro più difficile spiegarvi perché invece i comunisti, anche a loro parere, devono partecipare alle lotte rivendicative e sindacali, benché sia notorio che i revisionisti moderni hanno usato anche i sindacati e le lotte rivendicative e le conquiste con esse strappate alla borghesia, per corrompere e disgregare il movimento comunista.

In realtà i comunisti astensionisti confondono la vera causa (la mancanza di una strategia giusta) con le conseguenze e con le manifestazioni della crisi del movimento comunista, con la collaborazione e la subordinazione alla borghesia e al clero che i revisionisti moderni hanno imposto alle masse popolari nelle elezioni, nelle istituzioni rappresentative, nei sindacati, nelle cooperative, nelle attività culturali, ovunque.

 

D’altra parte la partecipazione dei comunisti alle campagne elettorali e la mobilitazione delle masse popolari a irrompere nella lotta politica borghese e nei suoi teatrini, hanno un valore rivoluzionario solo nell’ambito della strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. La partecipazione dei comunisti alle campagne elettorali e la mobilitazione delle masse popolari a irrompere nella lotta politica borghese e nei suoi teatrini sono una tattica il cui ruolo nella lotta di classe non dipende dall’onestà dei singoli e dei partiti né dallo loro intelligenza. Nessun programma politico, per quanto radicale e per quanto onestamente e sinceramente proposto, salverà i suoi promotori e attori, se la loro attività non si inserisce, che essi ne siano o meno consapevoli è secondario, come un aspetto e una parte nella guerra popolare rivoluzionaria, se non serve all’attuazione dei compiti della fase della guerra popolare rivoluzionaria, se non è valorizzata dal partito comunista che conduce la guerra popolare rivoluzionaria, che costruisce la rivoluzione socialista. In particolare, se non si è compreso a fondo il regime di controrivoluzione preventiva su cui si basa oggi il potere della borghesia in ogni paese imperialista, è impossibile trarre i frutti che esse possono invece dare dalla partecipazione alle  elezioni e in generale dalla mobilitazione delle masse popolari a irrompere nella lotta politica borghese. In tal caso il rischio che esse diventino una trappola per rivoluzionari ingenui, un trampolino di lancio per opportunisti in cerca di carriera o un vicolo cieco per il movimento comunista ha molte probabilità di realizzarsi.

 

Se capiamo bene questi due punti, la connessione tra la tattica e la strategia e tra la tattica elettorale e la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata e nella nostra pratica siamo coerenti con la nostra teoria, la partecipazione alle elezioni indette dalla borghesia per noi comunisti è utile e di grande interesse. Riusciremo allora con relativa facilità a risolvere anche problemi a prima vista di difficile soluzione, come la sproporzione tra i mezzi che noi possiamo mettere in campo per creare un’opinione pubblica a noi favorevole e quelli che mettono in campo la borghesia, il clero e i gruppi e partiti politici connessi con loro.

Alcuni compagni sono oppressi e quasi paralizzati da questa enorme sproporzione di mezzi. Borghesia e clero, la destra borghese e in particolare la banda Berlusconi, usano spudoratamente i loro diritti di proprietà e il loro controllo sui mezzi di informazione e di formazione dell’opinione pubblica. Lo abbiamo visto anche nell’ultima campagna elettorale. Le opinioni degli avversari sono ignorate quando non deformate e ridicolizzate. Le lotte degli operai, degli altri lavoratori e del resto delle masse popolari sono ignorate o strumentalizzate nell’informazione e nella propaganda di regime. 

Ovviamente è utile e giusto rilevare e denunciare questo stato delle cose, per dissipare le illusioni democratiche che ancora esistono in una larga parte delle masse e in particolare in molti intellettuali e intellettualini saccenti. Ma noi comunisti possiamo e dobbiamo avere e trovare soluzioni nostre per creare nelle masse popolari un’opinione pubblica favorevole alla rivoluzione socialista. Se ci rassegnassimo a dipendere dalla buona volontà della borghesia, dalla sua “par condicio”, saremmo fregati.

Nel regime di controrivoluzione preventiva la borghesia ha sviluppato raffinati sistemi e procedimenti (il pilastro 1 del regime di controrivoluzione preventiva, Manifesto Programma del Partito comunista italiano, pag. 51) per condizionare, deviare e intossicare l’opinione pubblica. I rivoluzionari sono spesso alle prese con il problema di come fare a far parlare i media (TV, giornali, radio, film, teatro, concerti, ecc.) di avvenimenti, eventi e operazioni relative alla lotta di classe in modo da formare un’opinione pubblica concentrata su questo terreno e di come fare in modo che i media presentino in una luce favorevole le rivendicazioni delle masse e le lotte che le masse conducono per raggiungerle.

Le BR e altre Organizzazioni Combattenti (OC) erano arrivate, nella loro degenerazione militarista, a teorizzare gli attentati come mezzi per far parlare di sé. I borghesi ricorsero al black-out come mossa controrivoluzionaria. Vietato parlare degli attentati. Ad un certo livello dello scontro, gli strateghi borghesi della lotta contro le BR ottennero il consenso dei padroni dei media che fecero il silenzio attorno alle attività delle OC.

Come possiamo far fronte al compito di creare  una opinione pubblica illuminata e favorevole a noi?

Certamente non basandoci principalmente sui media borghesi, neanche basandoci principalmente sui nostri media che sono incomparabilmente deboli rispetto a quelli della borghesia.

I nostri (ancor deboli) media devono creare l’opinione pubblica dei nostri ambienti, degli ambienti a cui essi effettivamente arrivano. E oggi siamo ancora ben lontani dal riuscire, con la nostra propaganda, a dare a quelli che con essa raggiungiamo una coscienza chiara e pratica della realtà. Basta vedere come sono in difficoltà persino nostri compagni quando sono posti di fronte a un problema o avvenimento nuovi, su cui non c’è ancora il Comunicato del Partito.

Noi dobbiamo riuscire (e questo è il compito del settore agitazione e propaganda di ogni organismo del movimento comunista cosciente e organizzato) a dare a quelli che raggiungiamo con i nostri giornali, discorsi, volantini e altri pezzi di propaganda, strumenti intellettuali sufficienti per parlare bene e strumenti intellettuali e morali sufficienti per agire bene. Da qui in poi, sono le loro parole e le loro azioni che formeranno opinione pubblica a raggio più ampio. Lenin diceva che le masse popolari imparano soprattutto per loro esperienza diretta. Bisogna condurle a fare quell’esperienza diretta che le porta a capire meglio la lotta di classe e accompagnare la loro esperienza diretta con la parola, lo scritto, la propaganda che interpretano e fanno il bilancio della loro esperienza diretta. Quindi è combinando propaganda e organizzazione che ci rendiamo autonomi dalla borghesia nel campo del creare tra le masse popolari un’opinione pubblica favorevole alla rivoluzione socialista.

Ovviamente questo corso principale della nostra azione per creare un’opinione pubblica a noi favorevole, non esclude il ricorso a strumenti secondari, ausiliari: come fare trasmissioni pirata inserendoci sui media a grande diffusione, approfittare della campagne elettorali, fare operazioni come quella del sito “caccia allo sbirro”, ecc. L’importante è che si tratti di operazioni di cui abbiamo l’iniziativa e di cui valutiamo giustamente l’effetto, la portata e la durata, tenendo conto delle contromosse dei nostri nemici.

 

Gli esiti delle elezioni europee richiamano l’attenzione su un’altra questione importante. Il relativo successo elettorale della destra borghese e in particolare, al suo interno, il progresso elettorale dei gruppi apertamente fautori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari, mettono in luce anche che nelle masse popolari dei paesi imperialisti l’apatia, l’indifferenza, la rassegnazione e la vigliaccheria razzista assumono un’importanza politica crescente. Il fenomeno è reale e noi comunisti dobbiamo combatterlo. Quindi in primo luogo non dobbiamo averne paura, non dobbiamo lasciarci sconcertare, dobbiamo capire da dove sorge e la sua natura reale.

Nelle masse popolari dei paesi imperialisti l’apatia, l’indifferenza, la rassegnazione e la vigliaccheria razzista sono solo manifestazioni superficiali dell’impotenza sociale, della condizione in cui si trovano di non riuscire ad avere un ruolo sociale, di essere una potenza sociale (al punto che le classi dominanti non possono fare a meno di chiamare in campo le masse popolari, di mobilitarle), senza però la possibilità di esplicare il proprio potere autonomamente dalle classi dominanti. Sono quindi solo reazioni epidermiche alla mancanza di una avanguardia capace, alla mancanza di un partito comunista già capace di sfruttare su larga scala le debolezze del regime e di usare ogni lotta e conquista per portare a un livello superiore la lotta delle masse popolari contro la Repubblica Pontificia e per instaurare il socialismo: è quello che noi dobbiamo diventare, quello che noi stiamo diventando.

La mobilitazione reazionaria si sviluppa solo nel vuoto lasciato dalla mobilitazione rivoluzionaria. È quello che succede in questo periodo da noi. Infatti nei paesi imperialisti per la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari sono necessari un obiettivo, un progetto di società fondato sui presupposti già presenti, un’organizzazione che lo persegua con continuità e determinazione.

La controrivoluzione preventiva, dettagliatamente illustrata nel Manifesto Programma del Partito,  consiste proprio anche in questo: distogliere, deviare, neutralizzare, eliminare organismi e individui capaci di essere il Partito comunista, per impedire che lo diventino. E la controrivoluzione preventiva è efficace, se noi comunisti non ci attrezziamo adeguatamente sul piano ideologico e organizzativo. Lo abbiamo visto per decenni e decenni, lo vediamo sotto i nostri occhi.

Nei paesi imperialisti le lotte (sindacali, rivendicative, politiche, culturali, ambientali) delle masse popolari contro il maledetto sistema che ci soffoca e contro la borghesia, il clero e le altre classi che lo difendono e lo impongono, non si sviluppano oltre un livello elementare, oltre mobilitazioni grandiose ma episodiche e senza seguito, oltre azioni eroiche ma individuali, proprio perché non hanno prospettive: non hanno prospettive ideali (cioè un obiettivo di società nuova) e tanto meno organizzative (un’organizzazione che incarni e persegua quell’obiettivo). Perché le mobilitazioni delle masse popolari sono dirette da mestieranti, carrieristi o avventurieri alla Cofferati, alla Bertinotti o alla Epifani che le usano come ingredienti delle loro beghe e contrattazioni interne al regime. Perché le mobilitazioni delle masse popolari non sono ancora battaglie di una guerra con un obiettivo definito e condiviso, l’instaurazione del socialismo, che le masse, almeno la parte più cosciente e attiva, conosca e condivida. Non si traducono ognuna in un superiore livello di organizzazione delle masse popolari, in un superiore livello di coscienza politica e in nuove relazioni di potere delle masse popolari.

Noi comunisti incarniamo quel progetto, perseguiamo quell’obiettivo e dobbiamo imparare, stiamo imparando a realizzarlo passo dopo passo, avanzando nel concreto della situazione attuale, sfruttando ogni appiglio, ogni spiraglio, ogni situazione che ci può avvantaggiare, che può accrescere le nostre forze, che può indebolire i sostenitori dell’attuale sistema sociale. Non aspettiamo che scoppi la rivoluzione. Costruiamo giorno dopo giorno il Nuovo Potere. Esso giunto ad un certo livello di sviluppo surclasserà, rovescerà e sostituirà il vecchio potere, la Repubblica Pontificia che ci avvelena la vita.

 

Queste sono le considerazioni più importanti che l’esito delle elezioni europee ci suggeriscono. Crediamo che l’esito delle elezioni amministrative, se esaminate caso per caso nel contesto della situazione concreta, locale e nazionale, porteranno a conclusione analoghe. Chiediamo a ogni organizzazione del Partito, a ogni organizzazione della carovana del (n)PCI, a tutte le organizzazioni operaie e a tutte le organizzazioni popolari di dedicare attenzione a questi aspetti e ricavarne lezioni per migliorare il loro lavoro.

 

La soluzione definitiva della crisi generale del sistema capitalista è l’instaurazione del socialismo.

Socialismo vuol dire una società in cui in ogni paese l’attività economica non è più nelle mani di individui o gruppi tesi ognuno a fare profitti per aumentare il suo capitale, ma si svolge sulla base di un unico piano elaborato e attuato con la massima collaborazione e integrazione possibile con analoghi piani di altri paesi, ha come obiettivo comune il massimo benessere materiale e spirituale della popolazione, si attua con la partecipazione attiva di tutti i lavoratori al massimo livello di cui ognuno è capace, livello che è compito sociale sviluppare.

Instaurare il socialismo è anche l’unica via che non mette in concorrenza tra loro gli operai dei vari stabilimenti e dei vari paesi, che non unisce i lavoratori italiani nell’illusione stupida e vigliacca di imporre ai padroni italiani di creare prosperità in Italia a spese dei lavoratori di altri paesi, come predica persino il molto cristiano Pier Ferdinando Casini. Già con Mussolini e il fascismo si è visto dove è finita l’illusione stupida e vigliacca di farsi un proprio “posto al sole” rubando terra ad altri popoli, anziché fare i conti con i propri sfruttatori!

 

Sull’instaurazione del socialismo i lavoratori di ogni paese possono unirsi tra loro e unirsi con i lavoratori di ogni altro paese, perché la società socialista non conosce esuberi, c’è un posto dignitoso per chiunque è disposto a fare la sua parte di lavoro, secondo le sue forze e le sue capacità.  Ma una società socialista la possono instaurare e far vivere solo i lavoratori organizzati.

Una simile società i lavoratori organizzati la possono certo instaurare, ma per farlo devono abbattere il potere dei ricchi, dei capitalisti, del clero e dei loro servi, instaurare il proprio potere e difenderlo dai contrattacchi palesi e occulti, dichiarati e subdoli dei sostenitori del vecchio mondo che non rinunceranno facilmente ai privilegi che l’attuale società garantisce loro.

 

Cosa significa concretamente oggi nel nostro paese lottare per instaurare il socialismo?

Instaurare il socialismo non dipende dalla buona volontà dei ricchi, dei finanzieri, dei prelati, dei loro complici e agenti. Instaurare il socialismo dipende solo dai lavoratori.

La condizione necessaria, indispensabile e decisiva per instaurare il socialismo sono la volontà e la convinzione della massa dei lavoratori e un certo livello di organizzazione dei lavoratori e del resto delle masse popolari.

In altre parole instaurare il socialismo dipende da ciò che chiamiamo rinascita del movimento comunista. Il cuore e condizione della rinascita del movimento comunista sono il consolidamento e il rafforzamento del partito comunista.

Lottare per instaurare il socialismo significa quindi più in concreto mobilitarsi e organizzarsi ognuno per promuovere la rinascita del movimento comunista e in particolare per consolidare e rafforzare il partito comunista. Un processo tanto più rapido, quanto più avviene su larga scala. C’è posto per ogni individuo di buona volontà. Tanto più posto, quanti più siamo. Possiamo incominciare in uno, in due o in tanti!

Certamente oggi gli organismi e le persone già impegnati nella lotta per instaurare il socialismo sono ancora una forza ridotta. Ma nella storia dell’umanità le cose vanno proprio così. Forze inizialmente ridotte diventano grandi e irresistibili se corrispondono alle necessità degli uomini, se questi non hanno una strada diversa per risolvere i loro problemi. Prima o poi in molti si associano nell’impresa. Tanto prima si assoceranno, quanto più i primi svolgeranno la loro attività usando il Materialismo Dialettico come metodo per conoscere la realtà e come guida per trasformarla, quanto prima e meglio adotteranno il Nuovo Metodo di Lavoro (per la cui descrizione di dettaglio rimandiamo al Comunicato CP 12/09 dello scorso 8 maggio).

Non dobbiamo spaventarci per il disordine. Quando un ordinamento sociale è ingiusto, il disordine è il primo passo per creare un ordinamento sociale giusto.

 

A tutti quelli che vogliono veramente far fronte alla fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo e alla mobilitazione reazionaria che la destra borghese fomenta su di essa, a tutti quelli che vogliono veramente che nessun lavoratore sia licenziato e che nessuna azienda sia chiusa, ma che oggi non hanno fiducia nel socialismo o addirittura per un motivo o l’altro sono ostili al socialismo, noi diciamo:

“Provate la vostra strada!

Se non volete il socialismo, ma volete sinceramente e senza riserve che nessun lavoratore sia licenziato e che nessuna azienda sia chiusa, ebbene provate!

Siamo comunque all’emergenza: formate voi stessi un governo d’emergenza con tutti quelli che hanno i vostri stessi obiettivi, un governo di blocco popolare. Noi comunisti non ci opporremo a un simile governo. Anzi noi comunisti sosterremo lealmente un simile governo, finché cercherà di attuare simili obiettivi. Noi siamo infatti sicuri che le forze che formeranno un simile governo e persevereranno nel loro obiettivo, prima o poi per non essere travolte dalla reazione dei padroni e del clero, dovranno anch’esse impegnarsi nella instaurazione del socialismo”.

 

La prima ondata della rivoluzione proletaria ha in definitiva subito una sconfitta. Il movimento comunista cosciente e organizzato mancava della strategia giusta, la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Quindi non è riuscito ad instaurare il socialismo in nessun paese imperialista. Quindi tutte le grandi conquiste che avevamo raggiunto e in particolare i primi paesi socialisti, dall’Unione Sovietica alla Repubblica Popolare Cinese, le abbiamo perse. I vecchi partiti comunisti per lo più si sono corrotti e vergognosamente dissolti.

Ma in definitiva la prima ondata della rivoluzione proletaria ha lasciato grandi tracce nella coscienza e nell’esperienza delle masse popolari. Nonostante tutti gli sforzi della borghesia, del clero e delle altre classi reazionarie, l’umanità non è retrocessa al livello precedente, di un secolo fa. In definitiva dalla prima ondata della rivoluzione proletaria ci è rimasto un grande laboratorio da cui possiamo e dobbiamo imparare come avanzare e molti elementi per avanzare più rapidamente e meglio nella seconda ondata della rivoluzione proletaria.

 

Uno degli insegnamenti della prima ondata della rivoluzione proletaria è che è indispensabile un partito comunista come quello che stiamo costruendo!

 

Non sono le lotte delle masse popolari che oggi mancano nei paesi imperialisti! Esse si moltiplicheranno e si approfondiranno grazie alla costituzione di un governo di blocco popolare e al progredire della rinascita del movimento comunista!

 

Le masse popolari hanno già incominciato a mobilitarsi, ma possono organizzarsi e far fronte assai meglio di quanto fanno oggi alla condizione di abbrutimento in cui la crisi del sistema capitalista ci ha spinto. Sta a noi comunisti guidarle ad avanzare!

 

Per uscire dal marasma attuale l’umanità deve progredire e trasformarsi. Noi comunisti dobbiamo essere i primi a trasformarci.

 

Siamo entrati in una fase decisiva della nostra lotta per instaurare il socialismo: questo mette ogni comunista alla prova, bisogna avanzare a un livello superiore!

 

Il futuro prossimo dell’umanità è quello che noi costruiamo in questi mesi e nei prossimi uno o due anni: ora si decide, in base a quello che riusciamo a fare noi, se andremo verso l’instaurazione del socialismo senza passare attraverso un nuovo periodo di guerra interimperialista!

 

I problemi che affrontiamo noi nel nostro paese, li affrontano in questa fase in forma analoga anche le masse popolari degli altri paesi, in ogni angolo del mondo: avremo solidarietà e daremo solidarietà!

 

Un governo d’emergenza, formato e sostenuto dalle organizzazioni operaie e dalle organizzazioni popolari può fare da subito quello che non farà mai nessun governo che riceve il suo mandato dal Vaticano, dagli imperialisti USA ed europei, dai gruppi sionisti, dalle Organizzazioni Criminali, dalla Confindustria e dalle altre organizzazioni padronali!

 

Le masse popolari organizzate possono fin da subito prendere le misure d’emergenza necessarie per far fronte agli effetti più devastanti della crisi. Queste misure si riassumono nelle seguenti sei.

1.       Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa).

2.       Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.

3.       Assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato).

4.       Eliminare attività e produzioni inutili e dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti.

5.       Avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva.

6.       Stabilire relazioni di collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.

Tutte misure semplici a immaginare e alla portata di un governo formato e sostenuto dalle organizzazioni operaie e dalle organizzazioni popolari.

Le masse popolari organizzandosi non solo possono far fronte alla crisi e tutelare i loro interessi immediati, ma sono anche in grado di alimentare un clima di solidarietà diffuso e potente, di dare il via a una nuova epoca di progresso, di educare una nuova generazione capace di praticare il socialismo a un livello più avanzato, di dare vita a un’umanità superiore. L’avanzamento verso il socialismo delle masse popolari di un paese aiuterà le masse popolari degli altri paesi ad avanzare anch’esse e si gioverà dell’avanzamento verso il socialismo delle masse popolari degli altri paesi.

Già da subito le organizzazioni operaie e delle masse popolari possono fare di più e molto meglio di quanto già fanno per difendere i loro quartieri, le loro città e il territorio dal degrado, dalla violenza e dall’inquinamento generati dalla borghesia, dagli speculatori, dalle Organizzazioni Criminali, dal clero e dai loro servi, per far fronte da subito almeno agli effetti più gravi della crisi generale del capitalismo.

 

La crisi generale del capitalismo richiede soluzioni d’emergenza!

Facciamo in modo che esse aprano la via all’instaurazione del socialismo e al superamento definitivo del capitalismo!

Le organizzazioni operaie e le organizzazioni popolari devono costituire un governo d’emergenza!

 

Cacciamo il governo Berlusconi!

Instauriamo un governo di blocco popolare!

 

Che tutti quelli che sono già convinti che questa è la via d’uscita dalla crisi del capitalismo, si uniscano, si organizzino e la propagandino, in primo luogo tra gli operai avanzati e gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari!

 

Un governo di blocco popolare formato e sostenuto dalle organizzazioni operaie e dalle organizzazioni popolari sparse nel territorio, deve prendere in mano il paese!

 

Le grandi aziende non devono più essere dei padroni!

Le grandi aziende devono essere dei lavoratori e del loro nuovo Stato!

Alle piccole aziende il governo di blocco popolare affiderà commesse perché producano quanto necessario e assegnerà loro tutti i rifornimenti di cui hanno bisogno!

Le aziende non devono più produrre profitti! Devono produrre beni e servizi per chi lavora!

Tutta la società deve essere riorganizzata in conformità con questa nuova base!

 

Prendete il caso Marchionne-FIAT (ma considerazioni analoghe valgono per il caso Berlusconi e per i casi di alcune migliaia di altri individui): la sorte di centinaia di migliaia, forse di milioni di famiglie di lavoratori e masse popolari è appesa agli interessi, ai calcoli, ai vizi e alle virtù personali di Marchionne e di alcuni suoi mandanti e complici. I lavoratori interessati non hanno neanche diritto di parola e addirittura sono esclusi dalla conoscenza delle cose. Una società che vive in questo modo è malata e internamente minata. Un simile andamento delle cose è incompatibile con ogni ragione e ogni morale, al di là di ogni accettabile e durevole sistema di diritti e doveri! Una simile società non ha più alcuna autorità morale rispetto ai suoi singoli membri!

Nessuna questione che riguarda più persone deve essere lasciata alla decisione di un singolo individuo, a un padrone, tanto meno alla sua decisione arbitraria! Ogni decisione deve essere presa sulla base di analisi,  criteri e principi ampiamente conosciuti e condivisi!

 

Per questo lotta il Partito comunista italiano! Per questa lotta chiede il concorso e il contributo della parte più generosa e onesta, della parte più avanzata delle masse popolari del nostro paese!

 

Compagni, operai, proletari, donne, immigrati e giovani: arruolatevi nel (nuovo)Partito comunista italiano!

 

Partecipate alla campagna di organizzazione del Partito, costituite clandestinamente in ogni azienda, in ogni zona e in ogni organizzazione di massa un Comitato di Partito!