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Comunicato CP 13/09 - 17 maggio 2009
Gli operai della FIAT di nuovo in prima linea nella lotta di classe!
Per loro non si tratta di “risolvere la crisi dell’auto”. Per risolvere i loro problemi immediati, il lavoratori della FIAT devono risolvere la crisi dell’intera società e più degli altri lavoratori hanno la possibilità di mobilitare le masse popolari del paese a farlo!
Gli operai della FIAT hanno già svolto più volte un ruolo importante e glorioso nella storia della lotta di classe nel nostro paese lungo tutto il secolo scorso. Questa volta saranno la direzione vittoriosa della lotta delle masse popolari per porre fine alla Repubblica Pontificia e fare dell’Italia un nuovo paese socialista!
Mussolini fu l’ultimo primo ministro della Monarchia Sabauda: fu la sua sintesi e la sua fine. Berlusconi sarà l’ultimo primo ministro della Repubblica Pontificia: è la sua sintesi e sarà la sua fine!
Chiudere Marchionne e i suoi complici nella trappola che loro stanno costruendo per i lavoratori della FIAT, della Chrysler, dell’OPEL e di altre aziende!
Non è a scapito dei lavoratori degli altri paesi che i lavoratori della FIAT risolveranno il loro problema, ma appoggiandoli e giovandosi del loro appoggio nella lotta per il socialismo!
Viva l’Internazionalismo Proletario!
Gli operai della FIAT sono di nuovo in prima fila nella resistenza degli operai e delle altre classi delle masse popolari italiane al progredire della seconda crisi generale del capitalismo. Per difendere efficacemente se stessi dall’attacco degli Agnelli, devono passare loro all’attacco. Devono mobilitare le masse popolari contro la Repubblica Pontificia fino ad eliminarla e fare dell’Italia un nuovo paese socialista.
La loro storia e la loro esperienza di lotta e di organizzazione, il loro numero e la posizione che occupano nella società italiana, l’attacco di cui sono il primo e diretto bersaglio e la composizione di classe del nostro paese li predispongono per svolgere il ruolo di promotori della lotta del resto delle masse popolari contro la borghesia e il clero per instaurare il socialismo.
Già nel periodo 2004 e 2005 gli Agnelli volevano licenziare i lavoratori degli stabilimenti FIAT, liquidare le attività industriali e trasferire i loro affari in attività finanziarie e speculative. Allora la resistenza tenace degli operai mandò a gambe all’aria il progetto degli Agnelli.
Inizialmente finanzieri, uomini politici, partiti e prelati appoggiavano gli Agnelli e il loro progetto. Finanza e speculazione erano il migliore dei mondi possibili, con arricchimenti facili e sicuri senza operai tra i piedi: tutti i ricchi ci avrebbero guadagnato qualcosa. Così la pensavano finanzieri, uomini politici borghesi, prelati e i loro complici e agenti.
Ma gli operai della FIAT, e allora si mobilitarono in particolare quelli di Termini Imerese e di Melfi, scesero in strada e attorno a loro in quantità crescente via via scendevano in strada altri strati delle masse popolari, a cui con la loro lotta gli operai della FIAT davano la possibilità di far valere diritti, difendere conquiste, strappare miglioramenti. Finanzieri, uomini politici, partiti e prelati videro che il progetto degli Agnelli non si sarebbe realizzato tanto facilmente, ma che anzi dava luogo a un movimento popolare dai contorni mobili, dagli sviluppi pericolosi e dall’esito incerto. Allora si tirarono indietro e convinsero anche gli Agnelli a lasciar perdere, a evitare lo scontro, a guadagnare tempo e cercare strade meno rischiose.
Ora gli operai della FIAT sono nuovamente chiamati a far fronte agli Agnelli e ai loro complici.
Gli operai della FIAT hanno ancora una grande e decisiva forza potenziale, ma l’andamento e l’esito dello scontro non possono più essere quelli di cinque anni fa.
La situazione e il contesto sono diversi. Siamo entrati nella fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo.
Anche il piano degli Agnelli è diverso. Gli Agnelli hanno trovato il mago Marchionne che ha impostato e messo in cantiere un progetto più complesso e a più largo raggio, inserito più astutamente e più profondamente nell’evoluzione del sistema imperialista mondiale e della sua seconda crisi generale.
In cosa consiste l’astuto piano Marchionne, la trappola che sta tendendo ai lavoratori?
Far leva inizialmente proprio sull’attività industriale della FIAT. Espanderla internazionalmente negli altri paesi imperialisti oltre che nei paesi dove si pagano salari di fame e ci sono meno norme di igiene e sicurezza per i lavoratori e di protezione dell’ambiente. Esternalizzare maggiormente la produzione in aziende formalmente o anche di fatto indipendenti dal gruppo (alimentare l’indotto) e specializzare di più le unità produttive del gruppo. Far diventare ognuno degli stabilimenti FIAT una pedina di un complesso ben più vasto di stabilimenti sparsi in tutto il mondo, ben al di là dei confini italiani e della zona di competenza delle Autorità della Repubblica Pontificia e della tradizionale rete di relazioni produttive di ogni stabilimento. Far diventare i lavoratori di ognuno degli stabilimenti FIAT un tassello di un più grande mosaico internazionale, rompendo i loro legami tradizionali di solidarietà e il tessuto tradizionale di relazioni sindacali e sociali in cui sono inseriti che è condizione della loro forza e del loro ruolo politico. Diminuire la forza contrattuale dei lavoratori di ognuno degli stabilimenti italiani, contando non solo su questa riorganizzazione internazionale della produzione ma anche sul regresso generale in campo politico, sindacale e culturale che indebolisce ideologicamente e organizzativamente tutti gli operai. La fase terminale della crisi generale del capitalismo è venuta a fagiolo per la realizzazione del progetto Marchionne e certamente gli ideatori del progetto avevano messa in conto anch’essa: il suo arrivo imminente era evidente a chiunque lo voleva vedere e aveva gli strumenti e i mezzi per vederlo. Le Pubbliche Autorità di vari paesi per motivi diversi avrebbero finanziato il progetto di formazione di un grande gruppo internazionale capace di eliminare uno a uno ognuno dei singoli stabilimenti concorrenti oramai diventati reparti distaccati di un unico complesso mondiale, giocando di volta in volta un paese contro gli altri paesi e uno stabilimento contro gli altri stabilimenti. La libertà di manovra degli Agnelli e dei loro soci rispetto ai lavoratori sarebbe diventata enormemente maggiore. In Italia le Autorità della Repubblica Pontificia non avrebbero più avuto a che fare con la crisi del settore auto che coinvolge centinaia di migliaia di lavoratori, ma di volta in volta con la chiusura o il ridimensionamento di un singolo stabilimento. Se chiude una linea di produzione, non chiudono più tutti quelli che conferiscono componenti a quella linea: a ognuno di loro il gruppo mondiale assicura che continuerà a fornirne ad altre linee di produzione, in qualche parte del mondo. Fino a quando arriverà il suo turno!
È questa a grandi linee la trappola che Marchionne sta costruendo contro gli operi della FIAT, della Chrysler, dell’Opel e di altre aziende minori, affiliate alla General Motors e altre (Vauxhall, Saab, ecc.). Con la complicità di uomini politici, economisti e altri intellettuali, prelati e sindacalisti di regime: tutta gente che, se solo lo volesse, ha mezzi e strumenti per conoscere anche nei dettagli il progetto che Marchionne sta realizzando. Ma che, anziché denunciarlo, tacciono, tengono corda a Marchionne contro i lavoratori e il resto delle masse popolari, benché ognuno cerchi anche di tirare la coperta dalla sua parte. E le elezioni (le europee a giugno, quelle politiche a settembre in Germania), malgrado tutte le “riforme elettorali” impongono a uomini politici e partiti borghesi la ricerca di consenso e di voti: per ognuno di loro sono spine nel fianco!
Solo di sfuggita facciamo notare che la realizzazione del progetto di Marchionne e le complicità di cui gode alle spalle della massa della popolazione, contrastano in modo palese e stridente con ogni idea di democrazia, di “potere che appartiene al popolo” e con ogni altra concezione della società scritta nella Costituzione di ognuno dei paesi imperialisti, tutti appartenenti al novero dei “paesi democratici”, dove Marchionne applica la sua cura. Ma questo non turba il sonno e la coscienza di uomini politici borghesi, prelati, intellettuali e sindacalisti di regime. È ordinaria amministrazione per simile gente: in politica e in generale nella vita sociale, una cosa è quello che si scrive e si dice, un’altra cosa è la realtà.
Ma ritorniamo al progetto Marchionne.
In prima battuta è un progetto diretto contro i lavoratori della FIAT e i lavoratori dell’indotto (che comunque solo in Italia sono varie centinaia di migliaia). Ma se gli Agnelli e i loro complici riuscissero a realizzarlo, sarebbe una sconfitta di grandi proporzioni per tutte le classi delle masse popolari. Cosa che però favorisce la loro mobilitazione attorno e sulla scia degli operai della FIAT. Giustamente di fronte a questo progetto vi è molta inquietudine e preoccupazione e già si è sviluppata una certa mobilitazione. Le manifestazioni di Pomigliano, la manifestazione nazionale di sabato 16 maggio a Torino, la manifestazione prevista per il prossimo sabato 23 maggio a Termini Imerese sono le punte più visibili di una mobilitazione che va crescendo. Già i lavoratori di altre aziende (Saint Gobain e altre) si sono uniti ai lavoratori della FIAT. Perfino Autorità del regime (Lombardo, Vendola, ecc. ecc.) sfilano a fianco degli operai della FIAT e dell’indotto.
È possibile mandare all’aria il progetto Marchionne?
Certamente è possibile, ma a condizione di combinare proteste e mobilitazione contro il progetto Marchionne con la mobilitazione per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.
Alcuni uomini politici e alcuni sindacalisti si stracciano le vesti e gridano alla crisi e al pericolo di licenziamenti. Ma poi in concreto si limitano a chiedere a Marchionne tavoli di confronto, informazioni e garanzie o al massimo sollecitano il governo Berlusconi (il governo degli speculatori, dei mafiosi e dei razzisti a cui il Vaticano e gli imperialisti hanno affidato il governo della Repubblica Pontificia) a chiedere a Marchionne informazioni e garanzie.
Ma che garanzie volete che dia Marchionne?
Ogni garanzia che dice o anche sottoscrive oggi Marchionne, sarà comunque cancellata dagli avvenimenti di domani: da quelli che Marchionne sta creando e da quelli che sopravverranno indipendentemente da Marchionne. Nessuna promessa vale quando i fatti rendono impossibile mantenerla. La crisi generale del capitalismo mica l’ha creata Marchionne con il suo progetto. Tanto meno è lui che la governa! Se il progetto Marchionne andasse in porto, accumulerebbe più soldi in mano al suo gruppo, ma non porrebbe fine alla crisi del sistema!
Cosa varranno le garanzie orali o scritte di Marchionne, quando le auto non si venderanno, la sovrapproduzione del nuovo gruppo automobilistico mondiale sarà evidente e i governi dei vari paesi si rinvieranno tra loro la palla di intervenire con nuovi soldi a salvare il gruppo dal fallimento? Quando in ogni paese gli operai dell’auto saranno presentati agli altri lavoratori come i mantenuti di Stato, una palla al piede che giustifica tagli di spese pubbliche e mancanza di sussidi per altri?
Quanto al governo Berlusconi, riporre in esso le speranze dei lavoratori è come affidare al lupo la difesa di un gregge di pecore.
L’unica cosa che simili postulanti possono davvero ottenere da Marchionne e dal governo Berlusconi, sono premi e compensi, palesi o sottobanco, per loro e i loro protetti e misure per attutire la resistenza e la lotta contro la realizzazione del progetto di Marchionne. Più corruzione tra i ricchi e più divisione tra i lavoratori, quindi meno forza dei lavoratori.
Chi indica la via d’uscita solo o principalmente nelle richieste a Marchionne o al governo Berlusconi, è un imbroglione o è un ingenuo.
Per fare veramente fronte al progetto Marchionne occorre un progetto alternativo a quello di Marchionne per i lavoratori del settore auto e favorevole anche agli interessi dei lavoratori degli altri settori. La crisi dell’auto non è nata dall’auto, ma dalla crisi generale del capitalismo che ha gettato l’intera società nel marasma.
Un progetto alternativo a quello di Marchionne non può essere che la soluzione della crisi del settore auto nell’ambito della soluzione della crisi generale del sistema capitalista.
La soluzione della crisi generale del sistema capitalista è l’instaurazione del socialismo.
Socialismo vuol dire una società in cui in ogni paese l’attività economica non è più nelle mani di individui o gruppi tesi ognuno a fare profitti per aumentare il suo capitale, ma si svolge sulla base di un unico piano elaborato e attuato con la massima collaborazione e integrazione possibile con analoghi piani di altri paesi, ha come obiettivo comune il massimo benessere materiale e spirituale della popolazione, si attua con la partecipazione attiva di tutti i lavoratori al massimo livello di cui ognuno è capace.
Instaurare il socialismo è anche l’unica via che non mette in concorrenza tra loro gli operai dei vari stabilimenti e dei vari paesi, che non unisce i lavoratori italiani nell’illusione stupida e vigliacca di imporre ai padroni italiani di creare prosperità in Italia a spese dei lavoratori di altri paesi, come predica persino il molto cristiano Pier Ferdinando Casini. Già con Mussolini e il fascismo si è visto dove è finita l’illusione stupida e vigliacca di farsi un proprio “posto al sole” rubando terra ad altri popoli, anziché fare i conti con i propri sfruttatori!
Chi sabato scorso ha osservato la manifestazione di Torino promossa dal grosso dei sindacati di regime (FIOM, FIM, UILM) e dai sindacati alternativi (Slai Cobas e altri) e la manifestazione di Avellino promossa dalla UGL (il nome assunto dopo Fiuggi dal vecchio sindacato fascista della CISNAL), ha senz’altro notato che in sostanza le rivendicazioni immediate erano le stesse (no ai licenziamenti, no alla chiusura di stabilimenti) e che la differenza che più saltava agli occhi era che ad Avellino il carattere nazionalista (“salvare l’industria italiana”, mantenere in Italia il centro decisionale del nuovo gruppo mondiale che Marchionne sta creando”) era più marcato che a Torino e le parole d’ordine internazionaliste completamente assenti.
Avellino metteva in luce l’anima nera, la componente corporativa (“operai a padroni italiani uniti”), la destra del movimento sindacale italiano, quella che lo rende succube dei padroni e del clero e quindi impotente. Anima nera che era certo presente anche a Torino, solo che qui era mescolata con l’anima rossa, di classe, comunista e internazionalista.
Al contrario instaurare il socialismo è una via che unisce i lavoratori di tutti gli stabilimenti e di tutti i paesi contro i padroni.
Sull’instaurazione del socialismo i lavoratori di ogni paese possono unirsi tra loro e unirsi con i lavoratori di ogni altro paese, perché la società socialista non conosce esuberi, c’è un posto dignitoso per chiunque è disposto a fare la sua parte di lavoro, secondo le sue forze e le sue capacità. Ma una società socialista la possono instaurare e far vivere solo i lavoratori organizzati.
Una simile società i lavoratori organizzati la possono certo instaurare, ma per farlo devono abbattere il potere dei ricchi, dei capitalisti, del clero e dei loro servi, instaurare il proprio potere e difenderlo dai contrattacchi palesi e occulti, dichiarati e subdoli dei sostenitori del vecchio mondo che non rinunceranno facilmente ai privilegi che l’attuale società garantisce loro.
Di questo hanno bisogno gli operai della FIAT. Noi comunisti possiamo e dobbiamo aiutare gli operai della FIAT a mettersi su questa strada. Gli operai della FIAT godono nella società italiana di una situazione tale che, se abbracciano questa strada, diventano il nucleo promotore della mobilitazione del resto degli operai e delle masse popolari e quindi arriveranno tutti insieme alla vittoria. Questa posizione è la loro forza, è quello che li rende particolarmente temibili alla borghesia e al clero, a tutti i sostenitori e a tutti i privilegiati della Repubblica Pontificia.
D’altra parte gli operai della FIAT non hanno altra strada per salvarsi. Certo anche solo lottando all’insegna delle parole d’ordine attualmente inalberate dalla sinistra sindacale (FIOM, ecc.) e dai sindacati alternativi (Slai Cobas, ecc.) possono vendere più o meno cara la loro pelle, possono ora qui ora là ottenere qualcosa, attenuare i colpi del nemico, prolungare la loro agonia. Marchionne e i suoi complici sanno bene che devono accompagnare l’agonia. Anche l’esperienza recente del 2004 e 2005 ha insegnato agli Agnelli e soci che non possono prendere tutti di petto in un colpo solo.
Ma se gli operai della FIAT si limiteranno a difendere quello che oggi hanno, essi continueranno a perdere posizioni. Come hanno fatto negli ultimi 30 anni, dopo la sconfitta, alla fine degli anni ’70, del grande movimento di lotta rivendicativa degli anni ’70 e la fine delle Brigate Rosse che erano state la punta più avanzata di quel movimento, delle sue aspirazioni, dei suoi eroismi e dei suoi limiti.
Se invece gli operai della FIAT si metteranno alla testa della lotta del resto dei lavoratori e delle masse popolari per instaurare il socialismo, anche la difesa del loro posto di lavoro diventerà mille volte più potente. Infatti sarà la base della più vasta lotta delle masse popolari per instaurare il socialismo. Sarà tanto più potente quanto più forte sarà la lotta per instaurare il socialismo.
Cosa significa concretamente oggi nel nostro paese lottare per instaurare il socialismo?
Instaurare il socialismo non dipende dalla buona volontà dei ricchi, dei finanzieri, dei prelati, dei loro complici e agenti. Instaurare il socialismo dipende solo dai lavoratori.
La condizione necessaria, indispensabile e decisiva per instaurare il socialismo sono la volontà e la convinzione della massa dei lavoratori e un certo livello di organizzazione dei lavoratori e del resto delle masse popolari.
In altre parole instaurare il socialismo dipende da ciò che chiamiamo rinascita del movimento comunista. Il cuore e condizione della rinascita del movimento comunista sono il consolidamento e il rafforzamento del partito comunista.
Lottare per instaurare il socialismo significa quindi più in concreto mobilitarsi e organizzarsi ognuno per promuovere la rinascita del movimento comunista e in particolare per consolidare e rafforzare il partito comunista. Un processo tanto più rapido, quanto più avviene su larga scala. C’è posto per ogni individuo di buona volontà. Tanto più posto, quanti più siamo. Possiamo incominciare in uno, in due o in tanti!
Certamente oggi gli organismi e le persone già impegnati nella lotta per instaurare il socialismo sono ancora una forza ridotta. Ma nella storia dell’umanità le cose vanno proprio così. Forze inizialmente ridotte diventano grandi e irresistibili se corrispondono alle necessità degli uomini, se questi non hanno una strada diversa per risolvere i loro problemi. Prima o poi in molti si associano nell’impresa.
A tutti quelli che vogliono veramente mandare a gambe all’aria il progetto Marchionne, a tutti quelli che vogliono veramente che nessun lavoratore sia licenziato e che nessun stabilimento sia chiuso, ma che oggi non hanno fiducia nel socialismo o addirittura per un motivo o l’altro sono ostili al socialismo, noi diciamo:
“Provate la vostra strada!
Non fidatevi delle promesse e delle garanzie di Marchionne: per grandi promesse che faccia e per garanzie che dia, anche se fosse sincero è evidente che i fatti della crisi generale del capitalismo travolgeranno le sue promesse e le sue garanzie. Su quale base potete aver fiducia nelle sue promesse e nelle sue garanzie?
Non mettete il vostro destino nelle mani di Berlusconi. La sua storia di finanziere della mafia, di re degli speculatori e di avventuriero, prima finanziatore e padrino mafioso del socialista Craxi e poi capo della destra semifascista e razzista, qualifica la persona. Ma al di là della sua persona, la natura della gente che ha raccolto attorno a sé per formare il governo della Repubblica Pontificia e, più ancora, la natura stessa della Repubblica Pontificia non lasciano dubbi sul fatto che i lavoratori possono ricavarne solo disgrazie. Quello che è successo da quando Berlusconi è “sceso in politica” lo dimostra. Su quale base potete aver fiducia nelle parole di Berlusconi? Quanti “patti con gli elettori”, quanti “patti con l’Italia” ha già fatto quell’imbonitore?
Se non volete il socialismo, ma volete sinceramente e senza riserve che nessun lavoratore sia licenziato e che nessun stabilimento sia chiuso, ebbene provate!
Siamo comunque all’emergenza: formate voi stessi un governo d’emergenza con tutti quelli che hanno i vostri stessi obiettivi. Noi comunisti non ci opporremo a un simile governo. Le scaramucce e i malintesi come quelli di sabato 16 maggio a Torino sono cose del tutto secondarie e accidentali. Noi comunisti sosterremo lealmente un simile governo, finché cercherà di attuare simili obiettivi. Noi siamo infatti sicuri che le forze che formeranno un simile governo e persevereranno nel loro obiettivo, prima o poi per non essere travolte dalla reazione dei padroni e del clero, dovranno anch’esse impegnarsi nella instaurazione del socialismo”.
Alcuni obietteranno che la mobilitazione delle masse popolari perché nessun lavoratore sia licenziato e che nessun stabilimento sia chiuso, è ancora molto limitata.
Ma a chiunque ha la capacità e la volontà di studiare la situazione è evidente che nelle masse popolari dei paesi imperialisti l’apatia, l’indifferenza, la rassegnazione e la vigliaccheria razzista sono solo manifestazioni superficiali dell’impotenza. Sono solo reazioni epidermiche alla mancanza di una avanguardia capace, alla mancanza di un partito comunista già capace di sfruttare su larga scala le debolezze del regime e di usare ogni lotta e conquista per portare a un livello superiore la lotta contro la Repubblica Pontificia e per instaurare il socialismo: è quello che noi comunisti dobbiamo diventare, quello che stiamo diventando e che diventeremo. La mobilitazione reazionaria si afferma solo nel vuoto della mobilitazione rivoluzionaria! Il governo d’emergenza formato dalle organizzazioni operaie e dalle organizzazioni popolari, il governo del blocco popolare, colma almeno in parte questo vuoto e promuove la formazione di condizioni migliori per una più vasta mobilitazione rivoluzionaria.
Nei paesi imperialisti per la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari sono necessari un obiettivo, un progetto di società fondato sui presupposti già presenti, un’organizzazione che lo persegua con continuità e determinazione.
La controrivoluzione preventiva, dettagliatamente illustrata nel Manifesto Programma del nuovo Partito comunista italiano, consiste proprio anche nel distogliere, deviare, neutralizzare, eliminare organismi e individui capaci di essere il Partito comunista, per impedire che lo diventino. E la controrivoluzione preventiva è efficace, se noi comunisti non ci attrezziamo adeguatamente sul piano ideologico e organizzativo. Lo abbiamo visto per decenni e decenni, lo vediamo sotto i nostri occhi.
Nei paesi imperialisti le lotte (sindacali, rivendicative, politiche, culturali, ambientali) delle masse popolari contro il maledetto sistema che ci soffoca e contro la borghesia, il clero e le altre classi che lo difendono e lo impongono, non si sviluppano oltre un livello elementare, oltre mobilitazioni grandiose ma episodiche e senza seguito, oltre azioni eroiche ma individuali, proprio perché ancora non sono animate da prospettive realiste. Perché le mobilitazioni delle masse popolari sono dirette da mestieranti, carrieristi o avventurieri alla Cofferati, alla Bertinotti o alla Epifani che le usano come ingredienti delle loro beghe e contrattazioni interne al regime. Perché le mobilitazioni delle masse popolari non sono battaglie di una guerra con un obiettivo definito e condiviso, l’instaurazione del socialismo, che le masse, almeno la parte più cosciente e attiva, conosca e condivida. Non si traducono in un superiore livello di organizzazione delle masse popolari, in un superiore livello di coscienza politica e in nuove relazioni di potere delle masse popolari.
Noi comunisti incarniamo quel progetto, perseguiamo quell’obiettivo e dobbiamo imparare, stiamo imparando a realizzarlo passo dopo passo, avanzando nel concreto della situazione attuale, sfruttando ogni appiglio, ogni spiraglio, ogni situazione che ci può avvantaggiare, che può accrescere le nostre forze, che può indebolire i sostenitori dell’attuale sistema sociale. Non aspettiamo che scoppi la rivoluzione. Costruiamo giorno dopo giorno il Nuovo Potere. Esso giunto ad un certo livello di sviluppo surclasserà, rovescerà e sostituirà il vecchio potere, la Repubblica Pontificia che ci avvelena la vita. La costituzione di un governo di Blocco Popolare favorisce la creazione del Nuovo Potere.
La prima ondata della rivoluzione proletaria ha in definitiva subito una sconfitta. Il movimento comunista cosciente e organizzato mancava della strategia giusta, la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Quindi non è riuscito ad instaurare il socialismo in nessun paese imperialista. Quindi tutte le grandi conquiste che avevamo raggiunto, i primi paesi socialisti, dall’Unione Sovietica alla Repubblica Popolare Cinese, le abbiamo perse. I vecchi partiti comunisti per lo più si sono corrotti e vergognosamente dissolti.
Ma in definitiva la prima ondata della rivoluzione proletaria ha lasciato grandi tracce nella coscienza e nell’esperienza delle masse popolari. Nonostante tutti gli sforzi della borghesia, del clero e delle altre classi reazionarie, l’umanità non è retrocessa al livello precedente. In definitiva dalla prima ondata della rivoluzione proletaria ci è rimasto un grande laboratorio da cui possiamo e dobbiamo imparare come avanzare e molti elementi per avanzare più rapidamente e meglio nella seconda ondata della rivoluzione proletaria.
Uno degli insegnamenti della prima ondata della rivoluzione proletaria è che è indispensabile un partito comunista come quello che stiamo costruendo!
Non sono le lotte delle masse popolari che oggi mancano nei paesi imperialisti! Esse si moltiplicheranno e si approfondiranno grazie alla costituzione di un governo di Blocco Popolare e al progredire della rinascita del movimento comunista!
Le masse popolari hanno già incominciato a mobilitarsi, ma possono organizzarsi e far fronte assai meglio di quanto fanno oggi alla condizione di abbrutimento in cui la crisi del sistema capitalista ci ha spinto. Sta a noi comunisti guidarle ad avanzare!
Per uscire dal marasma attuale l’umanità deve progredire e trasformarsi. Noi comunisti dobbiamo essere i primi a trasformarci.
Siamo entrati in una fase decisiva della nostra lotta per instaurare il socialismo: questo mette ogni comunista alla prova, bisogna avanzare a un livello superiore!
Il futuro prossimo dell’umanità è quello che noi costruiamo in questi mesi e nei prossimi uno o due anni!
I problemi che affrontiamo noi nel nostro paese, li affrontano in questa fase in forma analoga anche le masse popolari degli altri paesi, in ogni angolo del mondo: avremo solidarietà e daremo solidarietà!
Un governo d’emergenza, formato e sostenuto dalle organizzazioni operaie e dalla organizzazioni popolari può fare da subito quello che non farà mai nessun governo che riceve il suo mandato dal Vaticano, dagli imperialisti USA ed europei, dai gruppi sionisti, dalle Organizzazioni Criminali, dalla Confindustria e dalle altre organizzazioni padronali!
Le masse popolari organizzate possono fin da subito prendere alcune misure d’emergenza per far fronte agli effetti più devastanti della crisi. Sono misure che implicano anche la soluzione dei problemi dei lavoratori della FIAT. Queste misure infatti si riassumono nelle seguenti sei misure.
1. Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa).
2. Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.
3. Assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato).
4. Eliminare attività e produzioni inutili e dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti.
5. Avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva.
6. Stabilire relazioni di collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
Le masse popolari organizzandosi non solo possono far fronte alla crisi e tutelare i loro interessi immediati, ma sono anche in grado di alimentare un clima di solidarietà diffuso e potente, di dare il via a una nuova epoca di progresso, di dare vita a un’umanità superiore. L’avanzamento verso il socialismo delle masse popolari di un paese aiuterà le masse popolari degli altri paesi ad avanzare anch’esse e si gioverà dell’avanzamento verso il socialismo delle masse popolari degli altri paesi.
Già da subito le organizzazioni operaie e delle masse popolari possono fare di più e molto meglio di quanto già fanno per difendere i loro quartieri, le loro città e il territorio dal degrado, dalla violenza e dall’inquinamento generati dalla borghesia, dagli speculatori, dalle Organizzazioni Criminali, dal clero e dai loro servi, per far fronte da subito almeno agli effetti più gravi della crisi generale del capitalismo.
Gli operai della FIAT per mandare a gambe all’aria la trappola che Marchionne sta costruendo contro di loro e difendere con successo i loro interessi particolari ed elementari, devono mobilitarsi e mobilitare il resto dei lavoratori e delle masse popolari per instaurare un governo d’emergenza di Blocco Popolare. Lo possono fare. Dipende solo da noi comunisti.
La crisi generale del capitalismo richiede soluzioni d’emergenza!
Facciamo in modo che esse aprano la via all’instaurazione del socialismo e al superamento definitivo del capitalismo!
Le organizzazioni operaie e le organizzazioni popolari devono costituire un governo d’emergenza!
Cacciamo il governo Berlusconi!
Instauriamo un governo di Blocco Popolare!
Che tutti quelli che sono già convinti che questa è la via d’uscita dalla crisi del capitalismo, si uniscano, si organizzino e la propagandino, in primo luogo tra gli operai avanzati e gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari!
Un governo di Blocco Popolare formato e sostenuto dalle organizzazioni operaie e dalle organizzazioni popolari sparse nel territorio, deve prendere in mano il paese!
Le grandi aziende non devono più essere dei padroni!
Le grandi aziende devono essere dei lavoratori e del loro nuovo Stato!
Alle piccole aziende il governo di Blocco Popolare affiderà commesse perché producano quanto necessario e assegnerà loro tutti i rifornimenti di cui hanno bisogno!
Le aziende non devono più produrre profitti! Devono produrre beni e servizi per chi lavora!
Tutta la società deve essere riorganizzata in conformità con questa nuova base!
Compagni, operai, proletari, donne e giovani: arruolatevi nel (nuovo)Partito comunista italiano!
Partecipate alla campagna di organizzazione del Partito, costituite clandestinamente in ogni azienda, in ogni zona e in ogni organizzazione di massa un Comitato di Partito!