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1.7. L’esperienza storica dei primi paesi socialisti

 

Più di un secolo fa la classe operaia costituì il primo Stato socialista, la Comune di Parigi (marzo-maggio 1871). La Comune durò solo pochi mesi e fu sempre in guerra per la propria sopravvivenza contro le forze coalizzate della reazione francese e dello Stato tedesco. Essa tuttavia ha costituito, con la sua esperienza pratica e anche per la carneficina, di dimensioni che da tempo non si vedevano in Europa, con cui la borghesia cercò di cancellarne perfino il ricordo, una fonte di insegnamenti preziosi a cui ha attinto tutto il movimento comunista che l’ha seguita.

Di conseguenza, come disse Marx, “Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno, come l’araldo glorioso di una nuova società”.(61)

È tuttavia durante la prima ondata della rivoluzione proletaria che la classe operaia ha formato su larga scala i primi paesi socialisti. Essi offrono un immenso patrimonio di esperienze per noi comunisti.

 

1.7.1. In cosa consiste il socialismo?

 

Prima di essere una teoria, prima di esistere nella coscienza dei comunisti, il comunismo ha incominciato ad esistere come movimento pratico, come processo attraverso il quale i rapporti sociali di produzione e le altre relazioni sociali si trasformano per adeguarsi al carattere collettivo che le forze produttive hanno assunto nell’ambito del modo di produzione capitalista.

Il comunismo è il movimento dell’intera umanità che si trasforma in modo da porre alla base della sua vita economica il possesso comune e la gestione collettiva e consapevole delle sue forze produttive da parte dei lavoratori associati. La realizzazione di questo obiettivo implica la trasformazione non solo dei rapporti di produzione, ma anche di tutte le relazioni sociali e quindi anche dell’uomo stesso, la creazione di un “uomo nuovo” per i suoi sentimenti, per la sua coscienza, per il modo di gestire se stesso e le sue relazioni.

 Secondo l’uso introdotto da Marx, chiamiamo socialismo la prima fase del comunismo, la fase di transizione dal capitalismo al comunismo.(62)

La transizione dal capitalismo al comunismo è un movimento oggettivamente necessario e inevitabile. Il carattere collettivo delle forze produttive afferma inevitabilmente in una certa forma e misura i suoi diritti già nella società imperialista, prima ancora che sia instaurato il socialismo. Nella società imperialista questi diritti si esprimono negativamente come tentativi di sottomettere tutto il movimento economico della società borghese, quindi tutti i capitalisti, alle “associazioni di capitalisti” (Stato, enti economici pubblici, monopoli, società finanziarie, ecc. ) che alcuni capitalisti ripetutamente cercano di creare scontrandosi ogni volta con l’impossibilità di eliminare la divisione del capitale in frazioni contrapposte, all’interno di ogni paese e a livello mondiale; come sottomissione gerarchica e amministrativa, oltre che economica, del resto della popolazione a queste associazioni di capitalisti; come repressione e soffocamento delle più contraddittorie e distruttive manifestazioni dei rapporti borghesi; come tentativo di instaurare la direzione e il controllo dei capitalisti sulle coscienze e sui comportamenti della massa dei proletari. In conclusione come tentativi di reprimere le più distruttive manifestazioni dei rapporti di produzione capitalisti che per loro natura non consentono né ordine né direzione.

Le Forme Antitetiche dell’Unità Sociale e in particolare il capitalismo monopolistico di Stato sono infatti la preparazione delle premesse materiali, sono la preparazione materiale del socialismo più completa che si possa immaginare nel capitalismo, sono l’anticamera del socialismo.(31) (63) Ma il salto dalla società capitalista, anche la più preparata per il socialismo, al socialismo è costituito dalla rivoluzione socialista, dall’eliminazione dello Stato della borghesia e dall’instaurazione dello Stato della classe operaia. Il socialismo è la trasformazione dei rapporti di produzione e del resto dei rapporti sociali promossa e diretta dalla classe operaia che con questa trasformazione realizza la propria emancipazione. Confondere le società socialiste con le società a capitalismo monopolistico di Stato vuol dire cancellare la distinzione tra le classi, fare dell’interclassismo in campo teorico e porta al disperato tentativo di comprendere un modo di produzione superiore con le categorie dell’inferiore.

Tuttavia la transizione dal capitalismo al comunismo è un processo complesso e di lungo periodo. La conquista del potere è solo il suo inizio, dà solo il via alla trasformazione. Si tratta per i lavoratori di trasformarsi in massa in modo da diventare capaci di dirigere se stessi e di trovare le forme associative e organizzative adatte a realizzare la loro direzione sul proprio processo lavorativo, su se stessi e sull’intera vita sociale. La transizione dal capitalismo al comunismo nella società socialista si manifesta nella creazione della direzione di tutto il movimento economico della società da parte della comunità dei lavoratori. La sostanza della transizione dal capitalismo al comunismo, che si attua nella società socialista, consiste appunto nella formazione dell’associazione dei lavoratori di tutto il mondo che prende possesso delle forze produttive già sociali e ha instaurato tra i suoi membri rapporti sociali che essa stessa dirige.

Nella società borghese sono già state poste alcune premesse della formazione di questa associazione: il partito comunista e le organizzazioni di massa. Esse però riguardano una parte minima dei lavoratori e presentano ancora molti limiti rispetto all’eguaglianza reale degli individui che le compongono (divisione dirigenti-diretti, uomini-donne, ecc.). Esse vengono rafforzate dalle lotte rivoluzionarie attraverso le quali il proletariato arriva alla conquista del potere. La completa costituzione di quella associazione, la sua articolazione in organismi e istituzioni, la creazione e il consolidamento di rapporti sociali adeguati ad essa e l’inglobamento in essa dell’intera popolazione costituiscono il risultato dell’intera epoca storica del socialismo: in ciò principalmente consiste la transizione dal capitalismo al comunismo. Quando questa associazione raggiungerà la capacità di dirigere l’intero movimento economico e spirituale della società, la sua formazione sarà compiuta. Si tratterà anche in questo caso di un processo quantitativo che darà luogo a un cambiamento qualitativo. Allora non avremo più bisogno né di Stato né di partito comunista e i dirigenti saranno semplici delegati a svolgere determinate funzioni, sostituibili in ogni momento perché migliaia di altri individui sapranno svolgere quel compito altrettanto bene.

Nella società socialista il carattere collettivo delle forze produttive si esprime quindi positivamente come spinta alla trasformazione della società ereditata dal capitalismo, alla soppressione della proprietà privata e di gruppo di tutte le forze produttive compresa la forza-lavoro (“da ognuno secondo le sue capacità”), all’eliminazione della divisione della società in classi, all’eliminazione delle discriminazioni tra uomini e  donne, tra adulti e giovani, delle differenze tra città e campagna e tra paesi, regioni e settori arretrati e paesi, regioni e settori avanzati, all’eliminazione della differenza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, alla diffusione di massa di un alto livello culturale e delle attitudini a svolgere attività organizzative, progettuali e direttive, ad una distribuzione dei beni di uso individuale attuata secondo il principio “a ognuno secondo i suoi bisogni”, all’instaurazione di una comunità mondiale in cui la spinta allo sviluppo della produttività del lavoro umano sono la riduzione della fatica e della durata del lavoro obbligatorio e la crescita delle libere attività creative, delle attività “propriamente umane” e delle relazioni sociali di ogni individuo.(2) Questo processo di trasformazione quantitativa darà luogo a un salto di qualità, cambierà la natura del lavoro: esso non sarà più una condanna e un obbligo e sarà diventato l’espressione principale della creatività di ogni uomo, il bisogno, l’espressione e la manifestazione primaria della sua esistenza sociale.(64)

L’esperienza dell’epoca dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie ha confermato quello che l’analisi marxista del modo di produzione capitalista aveva già messo in luce: il passaggio dell’umanità dal capitalismo al comunismo si realizza e si può realizzare solo con un avanzamento a ondate successive il cui motore è la lotta tra le classi. Ad ogni nuova ondata nuovi popoli passano al socialismo e la trasformazione delle società socialiste verso il comunismo procede più avanti. All’ondata succede il riflusso: le trasformazioni vengono assimilate, diffuse, concretizzate, verificate, corrette, consolidate, scartate, bloccate o invertite. Avanzamenti e arretramenti sono inevitabili mentre l’umanità nel suo complesso si apre la strada verso il comunismo. La borghesia e i suoi portavoce nei periodi di avanzamento lottano con selvaggia determinazione per stroncarlo e sabotarlo e ad ogni riflusso si precipitano a proclamare che il comunismo è impossibile, che il comunismo è morto. Ma il capitalismo non risolve nessuno dei problemi che avevano spinto le classi e i popoli oppressi verso il comunismo. Quindi questi ripeteranno i tentativi finché non raggiungeranno il successo. Il proletariato e i suoi portavoce imparano anche da ogni riflusso, accumulano le forze materiali e spirituali con cui preparano il nuovo periodo di avanzamento che immancabilmente segue ogni periodo di riflusso.

 

1.7.2. Il socialismo trionfa in uno o in alcuni paesi per volta, non contemporaneamente in tutto il mondo

 

I primi paesi socialisti hanno coinvolto una parte limitata benché considerevole dell’umanità, circa un terzo. Il movimento comunista è per sua natura mondiale. L’unità economica del mondo, creata dal capitalismo, si riflette nel carattere internazionale della situazione rivoluzionaria che permette alla classe operaia di prendere il potere e nel carattere mondiale che avrà il comunismo.(53) Ma lo squilibrio nello sviluppo materiale e spirituale dei diversi paesi e delle diverse parti dell’economia mondiale sotto il capitalismo si riflette nel fatto che la classe operaia ha conquistato, e probabilmente anche nel futuro conquisterà il potere in tempi diversi nei singoli paesi. Quindi la transizione dal capitalismo al comunismo inizierà in tempi diversi e procederà a ritmi diversi e con forme diverse nei vari paesi. Ancora oggi, molti paesi devono ancora compiere una rivoluzione democratica che elimini i rapporti di dipendenza personale (patriarcali, schiavistici, feudali, clericali, ecc.): solo sulla base di questa rivoluzione democratica sarà possibile instaurare il socialismo.

Anche il percorso della transizione sarà necessariamente diverso, perché rifletterà sia le diversità dei punti di partenza (la profondità della rivoluzione democratica, il grado di capitalizzazione dell’attività economica e di sussunzione(*) della società nel capitale, il livello a cui si è affermato il carattere collettivo delle forze produttive),(9) (34) sia la diversità dei caratteri nazionali che è lungi dall’essere scomparsa, benché il capitalismo abbia fortemente attenuato l’isolamento delle nazioni e dei paesi.

Nel fare il bilancio dell’esperienza dei primi paesi socialisti bisogna tener conto che essi hanno coinvolto società inglobate nel sistema imperialista mondiale, ma non ancora “sussunte realmente”(34) nel capitalismo e dove la rivoluzione democratica non aveva ancora compiuto la sua opera storica. Il loro inglobamento nel sistema imperialista mondiale impediva che essi eliminassero i vecchi rapporti di produzione e compissero  l’eliminazione dei rapporti di dipendenza personale se non instaurando il socialismo. Essi dovettero combinare la lotta per eliminare vecchi modi di produzione precapitalisti, la lotta per eliminare i rapporti di dipendenza personale a questi corrispondenti e la lotta per rendere collettive forze produttive ancora prevalentemente individuali, con il socialismo. Quindi le forme e le istituzioni del socialismo che vediamo nei primi paesi socialisti sono profondamente differenti da quelle che avrà il socialismo quando sarà instaurato nei paesi imperialisti. Non a caso già a partire dal II congresso dell’Internazionale Comunista Lenin e Stalin hanno sistematicamente esortato i comunisti dei paesi imperialisti a non assumere la Russia e l’Unione Sovietica come modello.

Nonostante queste importanti differenze, l’esperienza dei primi paesi socialisti è per noi ricca di insegnamenti.

 

1.7.3. La fasi attraversate dai primi paesi socialisti

 

La vita dei paesi socialisti creati durante la prima ondata della rivoluzione proletaria copre un periodo relativamente breve, dal 1917 ad oggi. Nonostante le grandi diversità da paese a paese, nella loro vita i primi paesi socialisti hanno attraversato fondamentalmente tre fasi.(65)

La prima fase è iniziata con la conquista del potere da parte della classe operaia e del suo partito comunista (quasi ovunque alla testa di una rivoluzione di nuova democrazia). Essa è caratterizzata dalle trasformazioni che allontanano i paesi socialisti dal capitalismo e dai modi di produzione precapitalisti e li portano verso il comunismo. È la fase della “costruzione del socialismo”. Questa fase per l’Unione Sovietica è durata quasi 40 anni (1917-1956), per le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale circa 10 anni (1945-1956), per la Repubblica popolare cinese meno di trent’anni (1950-1976).

La seconda fase è iniziata quando i revisionisti moderni hanno conquistato la direzione del partito comunista e invertito il senso della trasformazione. È la fase caratterizzata dal tentativo di instaurare o restaurare gradualmente e pacificamente il capitalismo. Non vengono più compiuti passi verso il comunismo. I germi di comunismo vengono soffocati. Si dà spazio ai rapporti capitalisti ancora esistenti e si cerca di richiamare in vita quelli scomparsi. Si ripercorre a ritroso il cammino percorso nella prima fase, fino alla patetica proposta della NEP fatta da Gorbaciov alla fine degli anni ottanta!(66) È la fase del “tentativo di restaurazione pacifica e graduale del capitalismo”. Questa fase si è aperta per l’URSS e le democrazie  popolari dell’Europa orientale e centrale grosso modo nel 1956 ed è durata fino alla fine degli anni ‘80, per la Repubblica popolare cinese si è aperta nel 1976 ed è ancora in corso.

La terza fase è la fase del “tentativo di restaurazione del capitalismo a qualsiasi costo”. È la fase della restaurazione su grande scala della proprietà privata dei mezzi di produzione e dell’integrazione a qualsiasi costo nel sistema imperialista mondiale. È la fase di un nuovo scontro violento tra le due classi e le due vie: restaurazione del capitalismo o ripresa della transizione verso il comunismo? Questa fase si è aperta per l’URSS e le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale grosso modo nel 1989 ed è ancora in corso.

 

1.7.4. I passi compiuti dai primi paesi socialisti verso il comunismo nella prima fase della loro esistenza

 

Il socialismo è la trasformazione dei rapporti di produzione, del resto dei rapporti sociali e delle conseguenti concezioni per adeguarli al carattere collettivo delle forze produttive e il rafforzamento del carattere collettivo di quelle forze produttive per le quali esso è ancora secondario. Quindi i passi avanti compiuti dalla classe operaia nella prima fase della vita dei primi paesi socialisti vanno individuati nei rapporti di produzione (proprietà delle forze produttive, rapporti tra i lavoratori nel processo lavorativo, distribuzione del prodotto), nel resto dei rapporti sociali (politica, diritto, cultura, ecc.) e nelle concezioni, nella coscienza degli uomini e delle donne.

Quali sono stati i principali passi in avanti?

1. Lo Stato e il potere politico.

2. La trasformazione nei rapporti di produzione.

2a – Proprietà dei mezzi e delle condizioni della produzione.

2b – Rapporti tra gli uomini nel lavoro.

2c – Distribuzione del prodotto tra gli individui.(67)

3. La trasformazione nei rapporti sovrastrutturali.

 

1.7.5. I passi indietro compiuti dai revisionisti moderni nella seconda fase dell’esistenza dei primi paesi socialisti

 

I passi indietro compiuti nella seconda fase dei paesi socialisti sono individuabili con lo stesso criterio usato per individuare i passi avanti compiuti nella prima fase.

1. Lo Stato e il potere politico.

2. La trasformazione nei rapporti di produzione.

2a – Proprietà dei mezzi e delle condizioni della produzione.

2b – Rapporti tra gli uomini nel lavoro.

2c – Distribuzione del prodotto tra gli individui.

3. La trasformazione nei rapporti sovrastrutturali.

 

1.7.6. Come è potuto avvenire che i revisionisti moderni prendessero il potere?

 

La possibilità di ritorno all’indietro è insita nella natura dei paesi socialisti. Negare questa possibilità equivale a negare che la lotta di classe continua anche dopo che la classe operaia ha conquistato il potere.

In generale i paesi socialisti nella prima fase della loro esistenza hanno fatto grandi passi nella trasformazione della proprietà dei mezzi di produzione, il primo dei tre aspetti dei rapporti di produzione. “La trasformazione socialista della proprietà è da noi per l’essenziale compiuta”, diceva Mao negli anni ‘60. Ma la proprietà individuale sussisteva ancora in piccola misura e la proprietà di gruppo dei lavoratori era ancora presente su larga scala (colcos, comuni, cooperative). Inoltre era ancora in larga misura irrisolto il problema dell’eliminazione della proprietà privata della propria forza-lavoro, anche della forza-lavoro più qualificata: tecnici, intellettuali, scienziati, ecc. Questo per quanto riguarda il primo aspetto dei rapporti di produzione.

Nei paesi socialisti al termine della prima fase la massa dei lavoratori era ancora lontana dal potersi dirigere direttamente, era ancora lontana da quella condizione, per dirla con Lenin, in cui “anche una cuoca può dirigere gli affari di Stato”, anche se avevano fatto passi avanti in questa direzione e anche se le premesse materiali per realizzare questa condizione sono state, sul piano storico, pienamente poste dal capitalismo stesso.(68) Finché i membri della popolazione non sono in massa in questa condizione, chi dirige non è un semplice delegato a svolgere una funzione socialmente necessaria, sostituibile in ogni momento con migliaia di altri altrettanto capaci. Egli dispone di un potere personale che la grande maggioranza degli altri individui non è in grado di esercitare e che tuttavia è socialmente necessario: non può essere semplicemente soppresso (come a parole sostengono gli anarchici). Questo per quanto riguarda il secondo aspetto dei rapporti di produzione e i rapporti sovrastrutturali.

I paesi socialisti al termine della prima fase erano ancora lontani dal poter realizzare una distribuzione dei prodotti basata sul principio “a ognuno secondo i suoi bisogni”, anche se avevano fatto alcuni passi avanti in questa direzione e se le premesse materiali per realizzare questa condizione sono state, sul piano storico, pienamente poste dal capitalismo stesso.(69) Nella misura in cui questa condizione non è realizzata, chi dirige per assolvere i suoi compiti dispone di condizioni di vita e di lavoro di cui gli altri membri della popolazione non dispongono in massa. La distribuzione “a ognuno secondo la quantità e la qualità del suo lavoro” crea di per se stessa grandi disparità tra gli individui, tende a ristabilire rapporti di sfruttamento e apre inoltre mille spiragli a violazioni dello stesso principio “a ognuno secondo la quantità e la qualità del suo lavoro”. Questo per quanto riguarda il terzo aspetto dei rapporti di produzione e i rapporti sovrastrutturali.(70)

 Nei paesi socialisti nella prima fase della loro vita erano stati fatti grandi passi avanti nel mettere la cultura, l’arte e la scienza al servizio dei lavoratori, in modo che il patrimonio culturale, artistico e scientifico servisse ai lavoratori per comprendere e risolvere i problemi dello loro vita spirituale e materiale. Tuttavia la cultura, l’arte e la scienza costituivano ancora in larga misura settori in cui predominava la concezione borghese. Intellettuali, artisti e scienziati si consideravano persone speciali e vivevano per molti aspetti una vita appartata e privilegiata. La massa della popolazione usufruiva ancora limitatamente del patrimonio culturale, artistico e scientifico della società.

In ognuno dei campi indicati della vita sociale, nei primi paesi socialisti esisteva una lotta accanita tra borghesia e classe operaia. Nei paesi socialisti la borghesia è costituita per l’essenziale da quella parte dei dirigenti della nuova società (del partito, dello Stato, delle organizzazioni di massa, della Pubblica Amministrazione, delle altre istituzioni sociali) che si oppongono alla trasformazione e seguono la via del capitalismo.(71) La loro presenza alimenta tendenze e sogni di restaurazione. Tendenze e sogni di restaurazione portano inevitabilmente a tentativi di restaurazione. Questo è un dato oggettivo, che sarà presente in tutta l’epoca socialista, in tutti i paesi socialisti.

Cosa è che trasforma questa possibilità in realtà? Gli errori della sinistra. Furono tali errori che, accumulandosi e non essendo corretti, diventarono sistematici fino a costituire una linea di instaurazione o di restaurazione del capitalismo e di soffocamento dei germi di comunismo e a permettere che la direzione fosse assunta dai promotori e fautori della restaurazione.

L’errore è insito in ogni esperienza nuova, che non ha precedenti. Lo studio approfondito dell’esperienza dei paesi socialisti e la collaborazione fraterna con i comunisti dei primi paesi socialisti forniranno ai comunisti la possibilità di evitare di commettere gli errori già commessi nei primi paesi socialisti e in genere la possibilità di commettere meno errori. La lotta tra le due linee nel partito comunista, la consapevolezza della lotta di classe, la conoscenza della borghesia dei paesi socialisti, la pratica della critica e dell’autocritica e in generale gli insegnamenti circa la lotta di classe in seno alla società socialista compendiati nel maoismo, permetteranno ai futuri paesi socialisti di procedere più lontano.

Il motivo principale del crollo dei regimi revisionisti alla fine degli anni ottanta è la crisi generale del mondo capitalista. Essa non permetteva più di continuare la lenta e graduale erosione del socialismo. La borghesia che governava i paesi socialisti non era più in grado di far fronte ai debiti contratti con le banche e le istituzioni finanziarie internazionali, non era in grado di mobilitare le masse dei paesi socialisti per far fronte alle conseguenze di un annullamento dei debiti esteri e si era ridotta a svendere merci e risorse dei paesi socialisti sul mercato imperialista, facendo precipitare così la crisi economica interna che si trasformò in crisi politica. La borghesia dei paesi imperialisti aveva bisogno di nuovi campi di investimento, di nuove rendite e di nuovi mercati; inoltre faceva fronte con crescente difficoltà all’azione di disturbo che i paesi socialisti portavano nelle sue relazioni con le masse degli stessi paesi imperialisti e con le semicolonie e nelle relazioni tra i gruppi imperialisti stessi. La borghesia ha dovuto quindi giocare il tutto per tutto: una partita dolorosa per le masse, ma molto rischiosa per la borghesia. Essa ha gettato la maschera e la lotta tra le due classi e le due vie ora è di nuovo aperta in tutti i paesi socialisti.

 

1.7.7. Gli insegnamenti dei paesi primi socialisti

 

Nella loro breve esistenza i primi paesi socialisti

hanno dimostrato che per instaurare il socialismo la classe operaia deve possedere un partito comunista e hanno fornito grandi e vasti insegnamenti sulla natura di questo partito;

hanno insegnato che per instaurare il socialismo la classe operaia deve prendere la direzione del resto del proletariato e delle masse popolari (fronte);

hanno dimostrato che per instaurare il socialismo la classe operaia deve costruire proprie forze armate, che deve distruggere il vecchio Stato e la vecchia Amministrazione Pubblica della borghesia, che deve instaurare la propria dittatura;

 hanno dimostrato che la classe operaia deve mantenere la propria dittatura per un tempo indeterminato;

hanno dimostrato che la classe operaia deve mobilitare le masse, organizzarle e formarle ad assumere compiti sempre più vasti nell’Amministrazione Pubblica, nell’economia e nella sovrastruttura tramite un articolato sistema di organizzazioni di massa;

hanno enormemente arricchito gli insegnamenti della Comune di Parigi e mostrato che la dittatura del proletariato combina in un rapporto di unità e lotta la crescente partecipazione delle masse organizzate alla gestione della vita sociale con l’azione di istituzioni statali fondate sulla gerarchia e la professionalità (vedere capitolo 3.1. punto 2);

hanno fornito una dimostrazione su grande scala che il comunismo è possibile: nella prima fase della loro esistenza hanno dato una risposta affermativa pratica e su grande scala alla questione a cui Marx ed Engels avevano dato per forza di cose una risposta solo teorica;(72)

hanno mostrato di quali grandi imprese siano capaci le masse popolari guidate dalla classe operaia;

hanno fornito una massa enorme di esperienze concrete su come organizzare la vita e trasformare i rapporti sociali in ogni campo dell’attività economica, culturale, artistica, scientifica, ecc.;

hanno dimostrato che, una volta costituiti, i paesi socialisti non possono essere vinti da alcuna aggressione esterna (la Repubblica dei consigli ungherese del 1919 fu soffocata nei primi mesi);

hanno mostrato che la lotta di classe continua anche dopo la conquista del potere e anche dopo aver per l’essenziale trasformato i rapporti di proprietà dei mezzi di produzione (lavoro morto);

hanno mostrato che la cultura e in genere le attività sovrastrutturali sono il campo in cui la resistenza della borghesia è più tenace e più dura da vincere;

hanno mostrato che nei paesi socialisti la borghesia da cui possono venire tentativi di restaurazione è costituita per l’essenziale da quella parte dei dirigenti del partito, dello Stato, della Pubblica Amministrazione, delle organizzazioni di massa che si oppongono ai passi che è possibile e necessario compiere verso il comunismo;

hanno mostrato che l’involuzione (il ritorno all’indietro) è un processo possibile, ma difficile e lento e tanto più difficile quanto più è avanzata la trasformazione verso il comunismo e quanto più le masse sono state attivamente protagoniste del processo di trasformazione.

La storia della terza fase dei paesi socialisti conferma che la restaurazione del capitalismo non è possibile, se non come processo di sconvolgimento e decadenza generale della società che prenderà un periodo non sappiamo quanto lungo. È impossibile riportare pacificamente gli uomini e le donne formati dal socialismo a vivere in un sistema inferiore: occorre deformarli, storpiarli e violentarli in una misura che finora non riusciamo a immaginare. A più di 15 anni dalla “rivoluzione democratica” i paesi socialisti restano ancora l’anello debole dell’imperialismo, i paesi dove la sorte della borghesia è più pericolante.

Come la Comune di Parigi fu di guida ai comunisti per svolgere il loro compito nella prima ondata della rivoluzione proletaria, l’esperienza dell’Unione Sovietica, della Repubblica popolare cinese, degli altri paesi socialisti e della Rivoluzione Culturale Proletaria saranno di guida ai comunisti nell’assolvimento del loro compito nella seconda ondata della rivoluzione proletaria.

 

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Capitolo II
Il movimento comunista in Italia