Rettificare lo stile di lavoro per migliorare il lavoro collettivo e organizzativo a tutti i livelli

Rapporti Sociali 33 - aprile 2003   (versione Open Office / versione MSWord)

 

Campagna nazionale dei CARC

 

I CARC hanno iniziato un’importante campagna interna che li impegnerà per tutta la primavera e l’estate e che ha come tema “Rettificare lo stile di lavoro per migliorare il lavoro collettivo e organizzativo a tutti i livelli”.

 

Le condizioni oggettive e soggettive in cui si sviluppa il lavoro per la ricostruzione del partito

Svolgiamo la campagna in un periodo caratterizzato dal punto di vista oggettivo dal rapido evolversi della crisi generale del modo di produzione capitalista e dallo sviluppo dello scontro di classe, esemplificati e sintetizzati da:

- lo sviluppo della guerra imperialista e della politica terroristica della borghesia imperialista contro le masse popolari, contro le avanguardie del movimento comunista e antimperialista, contro gli immigrati e contro i popoli oppressi, in particolare l’inizio della guerra di aggressione dei gruppi imperialisti USA e dei loro lacchè contro il popolo iracheno e, nel nostro paese, la partecipazione del governo Berlusconi, in modo servile e ipocrita, a questa guerra di aggressione, il rigurgito del razzismo e del fascismo foraggiati da ampi settori della banda Berlusconi e dei gruppi della borghesia imperialista che l’hanno mandata al potere e la sostengono, culminato nel ritorno delle squadracce nazi-fasciste che hanno ucciso il compagno Davide Cesare e ferito altri due compagni e il massacro da parte della polizia, stile Genova, di decine di compagni e compagne all’ospedale S. Paolo di Milano;

- l’aumento della lotta delle masse popolari di tutto il mondo contro la guerra imperialista e contro i “mali del capitalismo”, in particolare i 110 milioni di manifestanti contro la guerra del 15 febbraio in centinaia di città del mondo e le innumerevoli manifestazioni che si susseguono in ogni angolo del mondo e in mille forme diverse;

- l’aumento dei contrasti e delle lotte tra i vari gruppi imperialisti (in particolare europei e USA) per far fronte allo sviluppo della crisi generale.

Nel nostro paese la situazione è caratterizzata dall’attacco generale alle conquiste della classe operaia e delle masse popolari, dal tentativo di creare un regime di potere personale portato avanti dalla banda Berlusconi, dall’aumento delle lotte e dei contrasti tra i gruppi della borghesia imperialista e dallo sviluppo della mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari per cacciare questo governo reazionario e guerrafondaio (scontro sul referendum per estendere la tutela dell’art. 18 a tutti i lavoratori, lotte per il rinnovo contrattuale di milioni di lavoratori, a partire dai metalmeccanici). Questa politica (attacco alle conquiste e creazione di regimi reazionari) non è caratteristica particolare del nostro paese ma è la linea che viene attuata, con diversa intensità e livelli di sviluppo, in tutti i paesi imperialisti.

 

Dal punto di vista soggettivo il periodo è caratterizzato:

1. da una temporanea ripresa di ruolo ed egemonia sui lavoratori e sulle masse popolari dell’aristocrazia operaia, rappresentata oggi principalmente dalla CGIL e dai partiti della sinistra borghese e riformista. La persistenza del governo di destra e lo sviluppo contro di esso (anche grazie al lavoro nostro e delle altre FSRS) di un vasto movimento di protesta organizzativamente diretto dall’aristocrazia operaia (e non poteva che essere diretto da essa), attrae per mille vie e in mille forme diverse verso di essa FSRS, lavoratori e masse popolari e distrae momentaneamente forze dalla ricostruzione del partito comunista. Per questo alla vasta mobilitazione delle masse oggi non corrisponde un reclutamento di forze per la ricostruzione del partito, ma in alcuni casi addirittura un indebolimento. In questa fase  dobbiamo mantenere con forza una posizione unitaria e sviluppare una politica da fronte (1) (partecipare ai Comitati per il Sì, alle manifestazioni e ai coordinamenti contro la guerra, alle lotte sindacali, ecc.) e in questi ambiti esprimere posizioni avanzate e svolgere la nostra propaganda, approfittare di ogni occasione per parlare in pubblico, presentare i nostri obiettivi, illustrare la nostra analisi, far valere la nostra concezione del mondo e spingere in avanti il movimento pratico di lotta. È essenziale far risaltare la nostra diversità rispetto all’aristocrazia operaia e alle forze riformiste, che non è mai contrapposizione al movimento pratico e alle lotte per obiettivi immediati, ma introduzione in esso di elementi propulsivi e di orientamento che lo potenziano e illustrare il legame tra le lotte di oggi e la lotta per il socialismo, tra gli obiettivi immediati e l’instaurazione del socialismo. La guerra e gli avvenimenti interni dimostreranno l’impotenza dell’opposizione guidata dall’aristocrazia operaia che per sua natura confluisce con l’opposizione della borghesia di sinistra e tramite essa di fatto opera sotto l’egemonia della borghesia imperialista, che la destra rappresenta nella forma più adeguata alla fase.

 

1. Sulla questione vedi Politica da Fronte e settarismo, in Rapporti Sociali n. 30, pagg. 21 e segg., La politica da Fronte e le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista, in Rapporti Sociali n. 31/32, pag. 10 e segg. e La politica da Fronte e la mobilitazione dei giovani delle masse popolari, in Rapporti Sociali n. 31/32, pagg. 15/16.

 

Solo l’instaurazione del socialismo è la soluzione strategica dei problemi attuali delle masse popolari e solo la lotta per l’instaurazione del socialismo sorregge e sviluppa con continuità un movimento di lotta che realmente “condiziona” la borghesia: la obbliga a contendere ai comunisti la direzione delle masse popolari e quindi a 1. manipolare l’informazione, 2. imbrogliare le masse, 3. condurre manovre segrete, 4. fare concessioni, 5. reprimere (l’espulsione di un compagno dei CARC fatto dalla CGIL, per le motivazioni - “incompatibilità tra l’iscrizione alla CGIL e l’appartenenza ai CARC” - e le caratteristiche dell’operazione messa in atto-decisione formale del Collegio Statutario Nazionale della CGIL - rappresenta chiaramente il tipo di lotta che l’aristocrazia operaia intende portare contro di noi, contro i comunisti perché ci vede come gli unici capaci di contrastare i suoi piani e le sue manovre). I rapporti che avremo costruito e l’influenza che avremo stabilito in questa fase si tradurranno in reclutamento di forze per la ricostruzione del partito man mano che emergerà l’impotenza dell’opposizione diretta dall’aristocrazia operaia.

Occorre comprendere bene queste leggi del movimento politico per far in modo che nelle nostre fila non si producano né demoralizzazione né sbandamenti settari, ma si perseveri nella lotta con un indirizzo giusto.

2. Da una ripresa di attivismo di diverse FSRS (coordinamenti contro la guerra, antimperialisti) e dallo sviluppo della politica da fronte anche da parte di FSRS che oggi non lo riconoscono o non lo vogliono riconoscere apertamente, dallo sviluppo del FP-rpc come ambito di sviluppo e trasformazione delle attuali FSRS; da un aumento di interesse nei nostri confronti di FSRS, ecc.

3. Dall’emergere della necessità di procedere con più determinazione nella trasformazione in comunisti, soprattutto per le organizzazioni, come la nostra, che hanno posto al centro del loro lavoro la ricostruzione del partito.

 

I nostri limiti che la situazione attuale mette in evidenza

La situazione politica interna e internazionale, il rapido sviluppo della crisi generale, il movimento di massa e il processo di ricostruzione del partito che si sviluppano impongono ai CARC e alle altre FSRS di cambiare e di cambiare con rapidità, di adeguarci.

Da una parte ci sono le condizioni oggettive che ci spingono a trasformarci in una organizzazione più adeguata alla situazione che bisogna affrontare e quindi troviamo che le forme necessarie alla nostra attività oggi non ci sono ancora, mentre le vecchie forme non bastano più a gestire il ruolo che abbiamo già assunto nel movimento di oggi.

Dall’altra ci sono i nostri limiti di inesperienza e le carenze organizzative. Siamo pionieri perché, pur attingendo da 150 anni di storia del movimento comunista, scontiamo la mancanza di legame diretto con l’esperienza del vecchio  movimento comunista, essendo tutti noi cresciuti nel periodo di sviluppo del revisionismo moderno e della iniziale lotta contro di esso, con tutte le deviazioni e i limiti di cui tale lotta è stata intrisa. Questa mancanza di legami “organizzativi” con il vecchio movimento comunista (PCI fino agli anni 50), che si riflette con particolare evidenza nel lavoro organizzativo (stile di lavoro di partito) e la “cultura antipartito” propagandata e portata avanti dal movimento di lotta contro il revisionismo degli anni 70 sono la causa di alcuni limiti ideologici che ci trasciniamo dietro, quali il movimentismo e il liberalismo. Limiti che si fanno sentire particolarmente proprio negli aspetti organizzativi dell’attività politica. Quindi oggi dobbiamo percorrere una strada nuova nel processo di rinascita del movimento comunista.

Il mondo sta evolvendo nella direzione che noi avevamo previsto con la nostra analisi e il nostro successo come organizzazione è certamente ancora limitato (senza con questo sottovalutare l’influenza che abbiamo esercitato e che esercitiamo, che anche i nostri avversari ci riconoscono). È limitato sia perché la ricomposizione del nostro campo, secondo un ordine e una gerarchia di sviluppo, è per sua natura lenta e dipende anche da fattori (la rinascita del movimento comunista a livello internazionale, il maggiore sviluppo dello scontro tra i gruppi e Stati imperialisti, l’ulteriore progredire della crisi generale, ecc.) che maturano anche grazie alla nostra opera ma con i loro tempi; sia perché noi siamo scarsamente capaci sul piano organizzativo (della divisione del lavoro, della definizione degli organismi in cui suddividere le nostre già poche forze, della scelta e della formazione degli uomini, dell'assegnazione dei compiti, della direzione concreta degli uomini). Svolgiamo nel movimento pratico, nel determinare il suo orientamento, un ruolo ancora decisamente inferiore alle potenzialità connesse alla nostra linea e alla nostra concezione.

Questa congiuntura metterà a dura prova tutti quelli che (e ognuno nella misura in cui condivide la posizione di quelli che) vorrebbero il partito comunista, vorrebbero la disciplina, vorrebbero che si rafforzasse il contributo economico per il fondo per il partito, vorrebbero la rivoluzione socialista, vorrebbero tante cose, ma in realtà vorrebbero che le facessero altri o che ci cadessero dal cielo: hanno una posizione contemplativa, hanno la fede, ma non si attivano a sufficienza per realizzare ciò in cui credono. Non si trasformano in classe dirigente, che è classe che fa, realizza, mobilita, organizza, sprona, dirige: non classe che chiede, implora, aspetta e spera.

 

Quale lavoro svolgeremo in questa campagna?

Con questa campagna ci impegniamo a mettere al centro della nostra attività la rettifica dello stile di lavoro e di direzione, tramite

1. la promozione in tutta l’organizzazione, a partire dall’alto, di un migliore funzionamento collettivo (critica-autocritica-trasformazione e stile di lavoro), secondo la concezione proletaria del mondo (marxismo-leninismo-maoismo), il fatto che quelli che vogliono la ricostruzione del partito comunista si associno (comitati) e lavorino assieme per la ricostruzione del partito comunista è principale rispetto al fatto che singoli individui abbiano idee brillanti e prendano individualmente molte iniziative (leader, circoli). L’iniziativa ed efficienza individuali devono quindi svilupparsi nel collettivo e come fattore di animazione e direzione del collettivo. Ciò ci dà migliori garanzie di giusto indirizzo, di continuità, di legame con la classe operaia, di sviluppo quantitativo (l’aggregazione è principalmente frutto dell’organizzazione, non della propaganda). Intendiamo combattere la concezione che mette l’efficienza e l’iniziativa individuale (concezione piccolo-borghese) al di sopra o comunque al di fuori del funzionamento collettivo. Intendiamo fare di ogni collettivo una squadra forte e coesa.

2. l’affermazione della direzione complessiva, dapprima come principio e poi da mettere progressivamente in pratica, a partire dall’alto: cioè direzione sia sul lavoro politico sia sulla vita personale (curare lo sviluppo di un orientamento giusto e di uno stile di lavoro giusto nel lavoro organizzativo e nella vita dei compagni e dell’organizzazione).

3. la cura dell’aspetto organizzativo di ogni attività: individuarlo, definirlo, stabilire chi ne è responsabile; ogni attività è  fatta da linea e organizzazione, teoria e pratica, contenuto e forma, unite in modo dialettico e in funzione dei compiti principali e secondari della fase.

Nelle questioni organizzative che tratteremo nella campagna dobbiamo considerare principale l’aspetto ideologico che limita la nostra direzione e la nostra trasformazione in comunisti, mentre l’aspetto dei metodi e degli strumenti è quello secondario. Proprio perché trattiamo del nostro lavoro organizzativo dobbiamo partire dagli aspetti ideologici che in ogni compagno (a partire dai dirigenti) e in ogni organismo ne limitano l’attività e lo sviluppo. Aspetto principale non significa unico aspetto, ma quello da cui partire per affrontare gli altri aspetti.

 

Quale concezione deve guidare il nostro lavoro?

Noi lottiamo contro l’influenza ideologica e politica della borghesia imperialista per mobilitare la classe operaia (e tramite essa il resto delle masse popolari) a liberarsi dalla borghesia imperialista e a instaurare un ordinamento sociale nel quale gli uomini e le donne, associati, saranno padroni non solo dei prodotti del loro lavoro, ma anche delle proprie relazioni sociali e delle proprie azioni. Il primo compito che dobbiamo assolvere è la nostra autonomia ideologica e politica dalla borghesia imperialista. È per questo che è indispensabile costruire il partito, per creare le condizioni materiali e spirituali necessarie per la nostra autonomia ideologica e politica dalla borghesia imperialista. Il partito può mobilitare la classe operaia solo se è l’avanguardia organizzata della classe operaia. L’operaio acquista forza sociale, potere sociale solo nella misura in cui è organizzato, la grandezza del suo potere sociale, a parità di altre condizioni, cresce col crescere del numero di operai organizzati. L’operaio può conquistare potere e fare la rivoluzione solo come membro del collettivo, come membro del partito comunista.

Mentre il capitalista è individualmente una potenza sociale (più capitale ha a disposizione più è potente), il piccolo borghese è una piccola potenza sociale (un capitalista piccolo, aspira a diventare un capitalista, egli vende e compera e il suo successo, dipende dalla sue doti e dalle sue abilità personali nel quadro sociale determinato e diretto dal capitale, di cui quindi è succube); il proletario semplice (il semplice portatore di forza-lavoro, capace solo di “lavoro astratto”) individualmente ha potenza sociale nulla. Ha da vendere solo qualcosa che anche una moltitudine di altri proletari vendono. Può essere sostituito da una moltitudine di altri proletari.

La potenza sociale di ogni concreto proletario individualmente cresce col crescere della sua qualificazione, in quanto con la qualificazione vende qualcosa di cui non tutta la massa dei proletari dispone e quindi nella misura in cui ne è unico depositario, in tale misura è anche una potenza sociale, cui l’intera società deve sottostare. Maggiore è la sua specializzazione, più l’operaio si avvicina alla condizione del piccolo borghese.

Il modo di pensare del proletario rivoluzionario è il modo di pensare di un individuo che ha potenza sociale solo nella misura in cui è unito ad altri come lui, in cui è organizzato e fa massa con gli altri. In questo senso è completamente distinto dal modo di pensare piccolo-borghese che invece è il modo di pensare di un individuo la cui potenza sociale dipende da quello che è in grado di vendere e dalle condizioni in cui lo vende. L’operaio è collettivista, il piccolo-borghese è individualista.

Le condizioni della liberazione della classe operaia dalla borghesia imperialista non sono arbitrarie, ma delimitate dalle condizioni pratiche e oggettive della sua subordinazione alla borghesia. L’ordinamento sociale che la classe operaia instaura non è arbitrario, ma dettato dai presupposti già creati dalla stessa società borghese: è l’adeguamento dei rapporti di produzione e del resto delle relazioni sociali al carattere collettivo già assunto dalle forze produttive e l’ulteriore sviluppo di tale carattere collettivo.

La preminenza dell’organizzazione (unirsi e lavorare insieme) corrisponde alla condizione del proletario, che così costruisce un organismo che per procedere e diventare forza dirigente deve assimilare la teoria rivoluzionaria: la conoscenza del mondo che comprende e rivela il lato rivoluzionario che il mondo attuale ha in sé, le sue potenzialità di  trasformazione, i presupposti della trasformazione che esso ha già in sé (Manifesto del partito comunista, 1848).

Lo stile di lavoro da circolo (imperniato sul leader) è diverso dallo stile di lavoro proletario (imperniato sul collettivo). Il piccolo borghese vende e compera e il suo successo o insuccesso dipende (secondo lui, ma “a parità di altre condizioni” dipende veramente) dalle sue personali qualità e dalla sua personale abilità (mentre il borghese non dipende per la valorizzazione del suo capitale dalle sue personali qualità e dalla sua personale abilità: se è scemo, prende un manager intelligente!). Il proletario invece acquisisce forza sociale solo tramite l’associazione: la sua forza sociale è il numero organizzato, il collettivo.

Il borghese non è per il centralismo democratico: la forza sociale di ogni borghese è proporzionale alla quantità di capitale di cui dispone, non ha senso pratico che egli si subordini alla maggioranza composta di individui ognuno dei quali ha una forza sociale (un capitale) inferiore alla sua.

Il piccolo-borghese non è per il centralismo democratico: ogni piccolo-borghese ha tanta forza sociale quanto grandi sono la sua abilità personale e le sue doti personali. Non ha senso pratico che egli si subordini alla maggioranza composta di individui che non hanno doti e abilità pari alle sue.

Il proletario è per il centralismo democratico perché riconosce che individualmente non ha alcuna forza (potere) sociale. Solo il loro numero organizzato conferisce potere sociale ai proletari: la forza sociale dei proletari è solo la loro organizzazione.

Il proletario che diventa dirigente sindacale o dirigente politico, dispone personalmente del potere sociale costituito dalla direzione dell’organizzazione sindacale o politica (in cui non può essere sostituito da molti altri): per questo la sua condizione sociale si avvicina oggettivamente a quella del piccolo-borghese. Questo crea un problema per ogni elemento che si stacca, come deve staccarsi, dalla massa. Esso diventa un bersaglio scelto della borghesia, della sua influenza e della sua repressione.

La campagna dovrà servire, quindi, per affermare, al nostro interno e verso l’esterno, l’importanza che assume per i comunisti la battaglia per liberarsi dall’influenza ideologica e politica della borghesia imperialista e l’importanza che assume nel lavoro di ricostruzione del partito la nostra autonomia ideologica e politica dalla borghesia imperialista, l’affermazione dell’ideologia proletaria e comunista nel nostro stile di vita e di lavoro.

 

Condurremo questa campagna impegnandoci in un lavoro principalmente “interno”, in cui coinvolgeremo i nostri collaboratori, simpatizzanti e inviteremo tutti gli organismi che partecipano al lavoro comune nel FP-rpc a sviluppare una riflessione e un dibattito interno sugli aspetti che affrontiamo in questa campagna. Invitiamo tutte le altre FSRS a partecipare con le loro riflessioni ai temi che abbiamo sinteticamente illustrato in questo articolo e sui temi proposti alla riflessione nell’articolo “Il ruolo determinante del modo di pensare nella lotta di classe, nella costruzione del partito e nell’edificazione socialista” del Presidente del Partito Marxista-Leninista Tedesco (MLPD), pubblicato su questo numero di Rapporti Sociali. Da parte nostra siamo disponibili a sviluppare un confronto con quanti intendono conoscere e approfondire le questioni e i temi che tratteremo nella campagna.

 

Buon lavoro compagni e compagne!

 

Avanziamo nella nostra trasformazione in comunisti, in dirigenti della classe operaia!

Viva il nuovo partito comunista italiano!

 

La responsabile nazionale della campagna

 

 

***** Manchette

“...il marxismo-leninismo può migliorare la nostra capacità di comprendere il futuro e il destino verso cui siamo diretti, può allargare il nostro orizzonte e liberarci dai paraocchi.  Quando la gente vede solo ciò che sta sotto i suoi piedi e non ciò che sta sulle montagne e al di là dei mari, è facile che sia vanagloriosa come “la rana in fondo al pozzo”. Ma quando alza la testa per vedere l’immensità del mondo, il caleidoscopio dei problemi umani, lo splendore e la magnificenza della causa dell’umanità, la ricchezza dei talenti umani e la vastità del sapere, essa diventa modesta. Il compito cui ci dedichiamo è tale da scuotere il mondo. Non dobbiamo limitarci a vedere solo il lavoro e la felicità che stanno davanti ai nostri occhi, ma anche il lavoro e la felicità di tutti noi nel lontano futuro. Il marxismo-lenininismo ci aiuta a superare quel senso di autocompiacimento che prova un piccolo produttore autonomo per un piccolo successo o un piccolo risultato ottenuto. Esso fa nascere in noi il desiderio di un progresso senza fine. Al tempo stesso esso ci aiuta a sbarazzarci del nostro modo di pensare idealista e soggettivista.”

(Mao Tse-tung, Opere, ed. Rapporti Sociali, Milano, 1994, vol. 20, pag. 283)

 

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