Cacciare la banda Berlusconi è possibile!

Rapporti Sociali 31-32 - dicembre 2002  (versione Open Office / versione MSWord)

 

La banda Berlusconi perde colpi. Ogni gruppo della borghesia che ha mandato al potere la banda pretende la parte di bottino che gli era stata promessa. La torta però si è ridotta per l’accelerazione della crisi economica generale e i componenti della banda iniziano ad azzannarsi come lupi famelici. Lega Nord (Bossi), AN (Fini), UDC (Casini, Follini) sono ai ferri corti per il controllo delle Fondazioni bancarie, del Fondo per lo sviluppo (delle tasche loro e dei loro complici mafiosi), delle privatizzazioni e dei fondi per i vari ministeri. Ogni gruppo usa tutti i mezzi leciti e illeciti per far valere i propri interessi: è ritornata in grande stile la guerra civile strisciante che aveva caratterizzato i primi anni novanta (ripartono le tangentopoli e le guerre di mafia - vedi la condanna per mafia di Andreotti - e ogni frazione manovra servizi, apparati repressivi e magistratura nella lotta contro gli altri gruppi).

Sulla Finanziaria si scontra l’ingordigia senza fine di ogni gruppo imperialista: la Confindustria vuole di più, il Vaticano vuole di più, la Mafia vuole il rilancio delle grandi opere pubbliche. Non vuole che si facciano le opere pubbliche, ma che si facciano gli stanziamenti e gli appalti: se le opere si facessero la pacchia finirebbe, mentre se non si fanno la pacchia dei finanziamenti e degli appalti si prolunga nel tempo. La Confindustria ha attaccato duramente la Finanziaria e minacciato di ritirare il suo sostegno se non venivano elargiti fondi pubblici sufficienti per i padroni del Sud e del Nord; il Governo ha subito fatto marcia indietro apportando le necessarie modifiche alla Finanziaria, calmando per un po’ il famelico D’Amato. La FIAT batte cassa per portare avanti il suo piano di smantellamento e vendita dell’unica azienda produttrice di automobili in Italia. A ruota la seguiranno altri gruppi che ruotano intorno all’industria automobilistica e non (Pirelli, Cirio, ecc.). Lo smantellamento della FIAT e di quanto rimane dell’industria automobilistica comporterà il licenziamento per decine di migliaia di lavoratori.

Il governo deve accontentare tutti i gruppi imperialisti (i ricchi sono ingordi, non ne hanno mai abbastanza!), far quadrare i conti e tenere assieme le clientele, mantenendo consenso e voti, mantenendo, cioè, la coesione sociale. La borghesia imperialista non può prescindere da questo: la repressione aiuta ed è indispensabile, ma il suo potere regge sulla coesione e pace sociale che la borghesia riesce a mantenere. Per questo il governo Berlusconi, strombazzandolo ai quattro venti, con una mano dà o promette di dare dieci alle famiglie con redditi più bassi (riduzione delle tasse, esenzioni fiscali e pensioni minime) e con l’altra toglie trenta (tagli a sanità, previdenza, istruzioni, servizi sociali, aumento dei prezzi e delle tariffe, riduzione dei finanziamenti agli Enti locali, blocco dei salari e delle assunzioni, ecc.) ma in modo più diffuso e silenzioso. Ma possiamo stare sicuri che man mano che la Finanziaria si tradurrà in legge e in decreti di attuazione, le cose si sistemeranno nella direzione in cui la borghesia tende con il cuore e con la mente. Dice Renato Brunetta, consulente governativo senza incarichi politici e preoccupazioni elettorali: “Sanità: bisogna avere il coraggio di rimettere i tickets superando anche il caos iniquo che si è creato a livello locale e di chiudere i piccoli ospedali inefficienti. Previdenza: occorre bloccare 4 o 5 finestre di uscita per le pensioni di anzianità, prevedere il sistema contributivo per tutti alzando nel contempo i limiti dell’età pensionabile (i ricchi non lavorano affatto o lavorano quanto, quando, come, dove e se ne hanno voglia: quindi quella di cui si parla è un aumento della condanna dei soli proletari a lavorare!). Federalismo: servono paletti per evitare il rischio della sindrome belga cui si incorre quando tutti fanno tutto moltiplicando la spesa pubblica (ma quale federalismo! La Lega Nord non ha tenuto, non tiene e non terrà fede neanche alle sue promesse di autonomia locale. Al contrario fa da zerbino a Berlusconi e ai peggiori monopolisti in cambio di un congruo gruzzolo). Privatizzazioni: anche gli enti locali debbono poter cartolarizzare (cioè fare subito cassa dando in appalto a finanziarie la svendita delle municipalizzate e di altri servizi locali, cioè dilapidazione dei beni pubblici a vantaggio dei capitalisti, con conseguenze che i servizi diventano merci a caro prezzo per chi le può pagare e le condizioni dei lavoratori addetti peggiorano) e vendere le proprie aziende. Sud: serve la riforma degli incentivi per le imprese che sono  troppi e incerti”. Così parla senza peli sulla lingua un ascoltato consigliere del governo. In sede di approvazione e di attuazione la Finanziaria si sposterà (con l’aiuto anche di decreti aggiuntivi) nella direzione indicata da Brunetta. Non verranno toccati gli stanziamenti per le scuole dei preti, per il Vaticano e le sue opere pie, per le Forze Armate e per la repressione (in Commissione Finanze della Camera il centro-sinistra ha fatto il colpaccio di portare da 50 a 500 milioni di euro gli stanziamenti aggiunti previsti per gli aumenti del fondo salari delle forze di polizia). Le spedizioni in Afghanistan e in Irak sono alle porte.

Ma sono principalmente i lavoratori con 25 milioni di ore scioperate tra gennaio e agosto 2002 (contro i 4 milioni nello stesso periodo del 2001), con la loro mobilitazione, con le manifestazioni di piazza, con due scioperi generali nel giro di pochi mesi (l’ultimo sciopero generale in Italia risaliva al 25 giugno 1982!) che stanno cucinando a puntino la banda Berlusconi. Al Patto per l’Italia con cui Pezzotta e Angeletti sono entrati sul libro paga di Berlusconi i lavoratori hanno risposto scioperando in massa e prendendo le distanze da CISL e UIL. Sono i lavoratori che hanno costretto la CGIL a mobilitarsi se non voleva fare la fine di CISL e UIL. Sono i lavoratori che hanno fatto della difesa dell’art. 18 la bandiera della lotta contro lo strapotere dei padroni e contro questo governo di briganti. Da Torino a Termini Imerese le mobilitazioni degli operai FIAT contro i licenziamenti hanno aperto un altro fronte nella lotta che oppone chi deve lavorare per vivere e il governo di chi, in nome del proprio profitto, vuole poter svendere, smantellare, spostare interi settori produttivi e buttare sulla strada migliaia e migliaia di persone senza troppi intralci e impedimenti.

Sono gli operai della FIAT e in particolare gli operai di Termini Imerese e dell’Alfa Romeo che stanno dimostrando cosa significa lottare per difendere il posto di lavoro, come è possibile far diventare il loro problema un problema generale di tutta la società, un problema di ordine pubblico, come è possibile per la classe operaia porsi al centro dello scontro contro i padroni e diventare il punto di riferimento per il resto delle masse popolari, diventare il baluardo contro il malaffare, la mafia, il razzismo e la mobilitazione reazionaria. Gli operai hanno scacciato i vari parlamentari governativi (in Sicilia sono stati eletti solo parlamentari del Polo delle Libertà “padronali”) che tentavano di presentarsi ai cancelli come loro sostenitori, come i loro salvatori. La mobilitazione degli operai siciliani è di grande insegnamento per tutti i comunisti come lo è stata quella degli operai di Crotone di dieci anni fa.

Sono i lavoratori e le masse popolari che hanno risposto alla repressione brutale scatenata contro i manifestanti a Genova nel luglio dell’anno scorso con il disprezzo contro questo governo di mafiosi, fascisti, razzisti e avventurieri al punto che il governo non ha osato vietare le manifestazioni del Social Forum Europeo a Firenze, nonostante le forte pressioni di alcuni settori della banda, per timore di suscitare un vespaio peggiore di quello che voleva evitare con il divieto. L’operazione terroristica e di intossicazione dell’opinione pubblica, fatta con particolare accanimento da alcuni gruppi della banda, contro la manifestazione di Firenze del 9 novembre ha ottenuto il risultato contrario, si è ritorta contro di loro, vista la partecipazione di massa alla manifestazione che ha di gran lunga superato le previsioni più ottimistiche (800 mila invece dei 200 mila). Anche in questo caso i reazionari hanno sollevato un grande masso che è caduto sui loro piedi. Tra la banda e la borghesia che la foraggia serpeggiano il panico e il timore che il variegato movimento di resistenza dei lavoratori e delle masse popolari, che si sviluppa per far fronte al procedere della crisi generale del sistema capitalista e alla guerra imperialista, riconosca e si schieri conformemente agli interessi antagonisti che oppongono le classi proletarie alla borghesia imperialista, combatta i tentativi di mettere masse contro masse e di fomentare il razzismo e altre forme di divisioni tra le masse (mobilitazione reazionaria), si unisca in un fronte comune e sviluppi iniziative di solidarietà, unisca la lotta degli operai alla lotta degli altri settori delle masse popolari, trasformi il variegato “no al capitalismo e all’imperialismo” in “sì al socialismo”. Le inchieste per “associazione sovversiva” contro le organizzazioni comuniste e il movimento “no global”, gli arresti dei compagni ordinati dai giudici di Cosenza, sono la dimostrazione più lampante della fottuta paura che serpeggia in alcuni settori della borghesia. La linea “costruire un fronte comune contro la borghesia imperialista e contro la guerra imperialista, per difendere ogni conquista dei lavoratori e delle masse  popolari e per costruire una nuova società socialista”, l’unico “nuovo mondo migliore possibile”, si dimostra sempre più l’unica linea giusta e necessaria, l’unica capace di portarci fuori dalla palude in cui ci hanno condotto i revisionisti e i riformisti senza riforme vecchi e nuovi, l’unica capace di combattere l’influenza della borghesia (nella sua versione di sinistra) tra le nostre file, l’unica in grado di costruire un’alternativa costruttiva per i lavoratori e per le masse popolari, l’unica linea in grado di cacciare la banda Berlusconi.

La banda Berlusconi è in difficoltà e oramai basterebbe poco per darle il colpo finale.

Confindustria (D’Amato) e Vaticano (Fazio e Casini) hanno preso le distanze da Berlusconi e alcuni esponenti della classe dominante cominciano a parlare di elezioni anticipate. Elezioni anticipate non sono da escludersi, soprattutto se Berlusconi crede di vincerle o almeno crede di avere assicurata l’impunità per sé e per i suoi complici.

La lotta per abbattere il governo Berlusconi resta il centro unificante di tutte le lotte, le mobilitazioni e le proteste, anche quelle in difesa del posto di lavoro e per il rinnovo dei contratti. Il governo Berlusconi incarna nel modo più netto e arrogante il progetto e la speranza di tutta la borghesia imperialista di eliminare presto e radicalmente ciò che resta delle conquiste dei lavoratori, di far valere l’assoluta libertà di manovre, complotti e affari per i ricchi e la loro esenzione dalle leggi comuni (ogni libertà per i ricchi, nessun diritto per i lavoratori: questi sono le due facce della flessibilità!). I lavoratori che lottano contro questo governo, lo abbattono e lo cacciano, danno una lezione salutare a tutta la borghesia, anche a quella che si riconosce nel Centro-sinistra. La caduta del governo Berlusconi a seguito della lotta dei lavoratori rafforzerebbe ogni settore dei lavoratori nelle loro lotte per difendere le conquiste residue, per ostacolare la riduzione dei posti di lavoro regolari, per impedire la discriminazione di classe nei servizi e nella vita corrente, per affermare il diritto delle masse popolari a un ordinamento sociale superiore e per la rinascita del movimento comunista, contro il governo che succederà a quello della banda Berlusconi.

Né l’Ulivo né l’aristocrazia operaia annidata nella CGIL vedono di buon occhio la cacciata della banda Berlusconi dal governo ad opera dei lavoratori e le elezioni anticipate: si troverebbero nei guai. Per questo frenano nel dare a tutte le lotte lo sbocco che le unifica e fa di ognuna di esse la promotrice e la cassa di risonanza delle altre: la sconfitta del progetto reazionario di tutta la borghesia incarnato dalla banda Berlusconi e dal suo governo. Essi alzano il prezzo nella contrattazione con la banda Berlusconi, intrigano e complottano, ma in definitiva lo accettano come governo della loro repubblica. Così hanno accettato e accettano con tranquillità il rientro degli eredi dei Savoia e tutto il rigurgito di nostalgie reazionarie che essi portano con sé. Sono tutte cose che servono ad andare avanti e raccolgono stampelle per l’attuale regime che la crisi generale del capitalismo rende sempre più precario.

Solo le masse popolari e in particolare la classe operaia sono interessate a buttare fuori la banda Berlusconi. I comunisti e i lavoratori avanzati devono agitare questo obiettivo in ogni lotta che le masse popolari conducono, non a favore del futuro governo che gli succederà, ma come lezione da dare a tutta la borghesia e come tappa per rafforzare il campo delle masse popolari e per raccogliere forze e risorse a favore della rinascita del movimento comunista.

 

 

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1902 - 2002

Centenario della pubblicazione del Che fare? di Lenin

 

Un’opera fondamentale per la determinazione del rapporto tra Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista e masse popolari, per la lotta contro l’economicismo e lo spontaneismo, per la comprensione del ruolo della teoria rivoluzionaria.

 

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