Combattere attivamente le intimidazioni terroristiche della borghesia e la confusione

Rapporti Sociali n. 25 - giugno 2000 (versione Open Office / versione MSWord )

 

La borghesia imperialista sta conducendo un attacco di largo respiro contro la ricostruzione del partito comunista. In questa fase la ricostruzione del partito comunista è il centro dello scontro tra classe operaia e borghesia imperialista. Lo sarà finché il partito comunista non sarà stato ricostruito. Poi la borghesia imperialista si porrà il compito di deviarlo facendo leva sulle sue contraddizioni interne, in modo che non si leghi alle masse. Noi non stiamo parlando di un complotto.(1) Prima che la coscienza è “la vita” a portare la borghesia imperialista a opporsi con ogni mezzo alla rinascita del partito comunista. Parliamo quindi di qualche cosa di ben più ampio di un complotto: dello sforzo che la classe dominante esplica a tutti i livelli e su tutti i terreni (culturale, politico e repressivo, con operazioni tattiche offensive e difensive) per impedire che la classe operaia compia un salto di qualità.(2) Tutta l’esperienza e la scienza del potere accumulate dalle classi dominanti in secoli di esercizio del potere portano attualmente la borghesia imperialista a fare tutti gli sforzi per impedire che il processo di ricostruzione in corso raggiunga il suo obiettivo. Solo chi comprende questo aspetto della lotta politica attualmente in corso in Italia è in grado di valutare nel suo giusto ruolo e peso ognuno dei vari fenomeni che la compongono e di fare scelte politiche giuste.

 

1. A proposito della concezione complottarda, individualista e idealista della lotta politica da una parte e della nostra concezione comunista, indichiamo ai lettori l’articolo Come parlano le classi in Rapporti Sociali n. 20 (novembre 1998), pag. 18 e segg.

 

2. La borghesia imperialista cerca di mettere di fatto fuori legge il comunismo, di escluderlo dalla società, di esorcizzarne la presenza. Veltroni si unisce a Berlusconi per affermare che il comunismo è incompatibile con la libertà e la democrazia, con i “valori europei”. Deve ammettere che non è tollerabile la coalizione con Haider (che però viene fatta), con Rauti, ecc., ma ne approfitta per stabilire che non è tollerabile la presenza dei comunisti. Il passo successivo sarà individuare come comunisti non i “buoni comunisti” come Cossutta, Bertinotti, Hue, Frutos, ecc. ma i cattivi comunisti. Ma già qui le cose si complicano per la borghesia imperialista. La sua volontà è chiara. Ma potrà la borghesia percorrere questa strada? Questo dipende anche da noi e dipende dall’andamento dello scontro politico. Soprattutto è importante comprendere che è anche lottando su questo terreno che il partito della rivoluzione si libera dei suoi aspetti infantili e gruppettari e diventa capace di condurre la rivoluzione.

 

La ricostruzione del partito comunista in definitiva coinvolge la classe operaia. È essa che compirà un salto. Se consideriamo la lotta politica che si svolge nel nostro paese (ma la considerazione vale per tutti i paesi imperialisti), oggi la classe operaia esiste solo come oggetto, come “convitato di pietra”, come “gigante addormentato”. La centralità della classe operaia nella struttura della nostra società (nella sua “costituzione materiale”) resta intatta nonostante tutte le effettive trasformazioni avvenute nelle forze produttive, nei rapporti sociali e nelle relazioni internazionali: ossia nella struttura e nella sovrastruttura. La dimostrazione di questa centralità oggettiva della classe operaia è data dalla borghesia imperialista. Quando chiedete a un borghese quali sono i problemi da risolvere per uscire dal marasma attuale, che sia di destra o di sinistra egli vi risponde invariabilmente: “Rendere più flessibile il rapporto di lavoro e riformare le pensioni e lo stato sociale”. Cioè vi dice che al centro della società attuale vi è strutturalmente la classe operaia. Dal fatto che riesca o no a “mettere sotto” i proletari dipende in misura importante per ogni gruppo imperialista anche l’esito della sua competizione con gli altri gruppi imperialisti. Infatti flessibilità del lavoro vuol dire dare più libertà ai padroni nei confronti dei proletari. Riformare le pensioni e lo stato sociale vuol dire rendere i proletari più dipendenti dai capitalisti, ridurre la relativa autonomia che i diritti conquistati assegnano loro (le altre classi hanno alle spalle proprietà e risparmi). A questa centralità oggettiva della classe operaia non corrisponde più, dalla sconfitta delle Organizzazioni Comuniste  Combattenti alla fine degli anni ’70 in qua, una centralità politica della classe operaia, la centralità come protagonista della lotta politica, dotata degli organi a ciò necessari: il partito, un sistema di alleanze (il fronte), proprie forze armate. La ricostruzione del partito comunista, considerata in termini generali, per quello che significa nello scontro tra le classi, significa che la classe operaia riassume il ruolo centrale anche nello scontro politico, ridiventa soggetto e protagonista dello scontro politico. Compie un salto in avanti nel porsi come protagonista dello scontro politico.

Quindi, in definitiva, la ricostruzione del partito comunista coinvolge la classe operaia. È però indubbio che essa nell’immediato coinvolge le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista. Le FSRS possono svolgere un importante ruolo storico: dipende da ognuna di esse. La ricostruzione del partito comunista nell’immediato è una lotta perché almeno una parte (grande o piccola lo dirà l’esito della lotta) delle FSRS si trasformi e si costituisca in partito comunista.(3) È quindi inevitabile che lo sforzo della borghesia imperialista per impedire la ricostruzione del partito comunista si concentri contro le FSRS: per impedire la loro trasformazione e, come risultato di essa, la loro unità. Quindi terrorismo-intimidazione e confusione ideologica e politica sono le due linee seguite dalla borghesia imperialista nel suo sforzo. È facendo fronte in modo efficace al terrorismo, all’intimidazione e alle angherie messi in atto dalla borghesia imperialista per dissuadere dalle attività necessarie alla ricostruzione e superando la confusione ideologica e politica che essa alimenta e difende che le FSRS (o almeno una parte di esse) diventeranno capaci di costituire il partito comunista.

 

3. Alcuni compagni, come gli autori dell’opuscolo Dal “che fare?” al “come fare?”, sostengono che per costituire il partito comunista bisogna prima radicarsi nella classe operaia: non hanno ancora spiegato chi si radica né come possono singoli individui o gruppi radicarsi se non hanno ancora la capacità ideologica, politica e organizzativa di costituirsi in partito comunista. In proposito vedasi Fare il lancio pubblicitario di un similsciampo o scoprire l’acqua calda? in La Voce, n. 4 pag. 21 e segg.

 

4. In Italia, per quanto ci risulta, non esiste nemmeno una legge che definisce cosa è un partito clandestino e che ne vieta la costituzione. Né lo Stato della borghesia ha finora dichiarato fuorilegge il partito comunista.

 

L’attacco della borghesia imperialista: oggi si concentra in modo particolare sul rapporto tra FSRS legali (quelle che “operano alla luce del sole”, che fanno un lavoro aperto) e le FSRS clandestine, nello specifico la Commissione Preparatoria (CP) del congresso di fondazione del (nuovo) Partito comunista italiano. L’imputazione a organismi e a compagni che operano nella legalità di voler costituire un partito comunista clandestino non ha alcun fondamento legale.(4) È una azione preventiva per distoglierli dal rapporto con la CP e per dissuadere altri dallo stabilire un rapporto. Ovviamente i CARC, che avevano salutato la costituzione della CP ed espresso apertamente il loro appoggio al suo obiettivo (Dichiarazione della Segreteria Nazionale dei CARC in Rapporti Sociali n. 22 pag. 2 e in Resistenza n. 6 - giugno ’99), sono stati il bersaglio principale. Il seguito che l’Operazione del 19 ottobre ha avuto in questi mesi (interrogatori, controlli, angherie, campagna di stampa) conferma questa natura dell’Operazione. Lo confermano in particolare anche le perquisizioni, i sequestri e le incriminazioni per “stampa clandestina” contro i compagni del Collettivo Antinebbia del Valdarno, fatte dalla Polizia di Montevarchi su mandato della procura di Arezzo il 24 febbraio e il 9 marzo. La campagna di calunnie e di denigrazione condotta dalla borghesia contro i compagni dei CARC di Reggio e di Modena, addebitando ad essi ... telefonate minatorie a mestatori del potere locale (se non sono opera della polizia politica sono fatte da loro concorrenti), conferma la stessa cosa.

Alle FSRS legali, anche a quelle che cercavano di evitarlo, la borghesia imperialista ha posto il problema del loro rapporto con le FSRS clandestine in generale e con la CP in particolare. Ha posto ad esse il problema dell’autocensura sui loro discorsi, le loro pubblicazioni e i loro pensieri e dell’autoregolamentazione dei loro contatti e delle loro relazioni: come alla classe operaia in generale ha posto il problema dell’autoregolamentazione degli scioperi e della moderazione salariale.

 Per questo è particolarmente importante che le FSRS non arretrino di fronte all’attacco lanciato dalla borghesia imperialista con l’Operazione del 19 ottobre. Per questo il loro comportamento di fronte a questa operazione è un indice veritiero, più di mille dichiarazioni e invocazioni, della serietà della loro determinazione a lavorare per la ricostruzione del partito comunista. La borghesia imperialista offre infatti a ogni FSRS la possibilità di (e la costringe a) far valere la concezione che essa ha della ricostruzione del partito comunista. Ciò che è in ballo è la ricostruzione del partito comunista.

Per questo contro le azioni terroristiche della borghesia imperialista e dei suoi agenti i CARC hanno lanciato la parola d’ordine “Difendere, praticandola, l’agibilità politica per i comunisti conquistata dalla classe operaia con la Resistenza”.

Si tratta infatti di decidere, da parte di ogni FSRS, se nella sua attività pone in primo piano la classe operaia e le masse popolari (il legame con esse e la raccolta e formazione delle forze rivoluzionarie) o la borghesia imperialista (con la sua polizia e gli altri suoi strumenti di “persuasione e pressione” morale, culturale, psicologica ed economica). Ogni FSRS è cioè costretta a decidere se vuole o no misurare e scegliere le sue parole e le sue iniziative avendo di mira la formazione ideologica e politica della classe operaia e delle masse popolari, il rafforzamento dei legami con esse e la formazione dei nuovi compagni ai compiti rivoluzionari che li attendono. I compagni che pongono in primo piano la preoccupazione di “andare a finire nel ‘gabbione’” (per riprendere l’espressione usata dai compagni del Centro Studi Storici “Pietro Secchia” di Roma), andranno sicuramente fuori strada, anche se neppure ciò garantirà loro di non “andare a finire nel ‘gabbione’”. Un grande scrittore un po’ burlone, Jaroslav Hasek, l’autore di Il buon soldato Svejk, presentò negli anni ‘20 alle elezioni politiche di Vienna il “partito progressista rivoluzionario nei limiti della legge”, caricatura di chi voleva fare la rivoluzione contro la borghesia imperialista senza violare le leggi della borghesia imperialista. Ma si trattava di una burla.

Le FSRS legali, se vogliono adempiere ai loro compiti del tutto conformi alla legalità che la Resistenza ha instaurato in Italia e che la borghesia imperialista non ha ancora osato abolire apertamente, con nuove leggi (e ovviamente non lo ha osato perché non ne ha la forza, non vi sono le condizioni politiche adatte), non devono accettare la direzione della borghesia imperialista, non devono accettare che sia la borghesia imperialista a decidere cosa devono fare e chi devono frequentare. Sono obbligate ad attenersi alle leggi della borghesia imperialista, non devono assoggettarsi anche ai suoi desideri e suggerimenti. Devono sfruttare al massimo i rapporti di forza e le contraddizioni in seno al nemico. La borghesia imperialista ha ancora il potere, ma il suo potere non è assoluto: deve fare sempre e in ogni campo i conti con le masse popolari e con le sue contraddizioni interne. “Operare alla luce del sole”, per riprendere l’espressione cara all’ex partigiano Angiolo Gracci, presidente del CUNA, è una cosa importante ai fini degli interessi della classe operaia. Bisogna però vedere cosa si fa “alla luce del sole”. Se si difendono i diritti dei lavoratori, se si tengono alla luce del sole le posizioni conquistate dai partigiani, se si svolge propaganda e agitazione rivoluzionaria alla luce del sole, allora si fa un’opera molto importante per la causa del comunismo, che è la causa della classe operaia e delle masse popolari.(5)

 

5. Cosa diversa è se l’“opera alla luce del sole” consiste nello scoraggiare le masse dalla lotta rivoluzionaria e nel denigrare chi lavora nella clandestinità. In questo caso non si approfitta dell’“operare alla luce del sole” per contribuire alla causa del comunismo, ma si approfitta del nome di comunista per combattere “alla luce del sole” il comunismo.

 

Ovviamente “operare alla luce del sole” presenta grandi vantaggi: si può gridare ad alta voce, la propria voce può arrivare lontano, si stabiliscono facilmente contatti, si costringe l’avversario a venire allo scoperto. Ma presenta anche qualche svantaggio (essere alla portata delle intimidazioni e delle pressioni della borghesia imperialista), a cui bisogna far fronte con una linea politica adeguata (che non è “aspirazione al martirio”, per riprendere ancora una volta l’espressione dei compagni del Centro Studi Storici “Pietro Secchia” di Roma).(6) Questa linea politica, a nostro parere, consiste in primo luogo nell’appoggiarsi alle masse popolari e in secondo luogo nell’appoggiarsi alle organizzazioni clandestine.

 

6. Vorremmo tuttavia ricordare che in alcune circostanze, con il martirio e col vendere  cara la propria pelle alcuni comunisti e semplici lavoratori hanno dato un grande contributo alla causa del comunismo: o il nome di Dante di Nanni e di centinaia di compagni come lui non vi dice nulla? Non sputate sui nostri martiri! Noi viviamo ancora oggi dei frutti del loro sacrificio. Qualcuno ha anche detto che una causa per cui non vale la pena di morire non è degna di vincere.

 

Consideriamo in questa sede attentamente il primo aspetto che è sicuramente il principale ma anche il più complesso da imparare.

Perché le masse popolari ci appoggino nella nostra lotta bisogna anzitutto che noi combattiamo con forza. E ciò dipende da noi. Se noi siamo pronti a ritirarci a ogni abbaiare di cane, chi dovrebbero appoggiare le masse popolari? Se noi non siamo disposti ad affrontare sacrifici per la causa del comunismo di cui ci professiamo partigiani, come volete che le masse popolari affrontino sacrifici per noi? La rivoluzione comunista non è un prodotto della morale, ma i comunisti hanno una morale. Non c’è lotta senza sacrificio.

In secondo luogo, bisogna raccogliere la solidarietà delle masse popolari. Hanno le masse popolari la forza per aiutarci? Persino il comportamento della borghesia imperialista ci mostra che l’hanno. Perché la borghesia imperialista abbaia, disturba, intimidisce, ma non lancia la repressione su grande scala? Perché mille punture di spillo, ma non la spada? Perché ha paura di destare le masse popolari, non è sicura di poterci stroncare, ha paura che le masse popolari trovino in noi i centri organizzatori delle loro forze, che riconoscano nella nostra linea le loro aspirazioni. È solo per questo che non ha ancora vietato apertamente il comunismo e l’attività dei comunisti. Il ricordo di come sono finiti Mussolini e la sua banda la perseguita ancora. Il ricordo del pericolo corso allora le consiglia di agire con l’inganno e con l’intimidazione più che con la repressione. Vi sono certamente, nella borghesia imperialista, alcuni che vorrebbero usare la spada, ma per ora i loro stessi compagni di classe glielo impediscono, li considerano “i nostri cugini scemi”, come De Gasperi diceva dei fascisti nel 1948. La borghesia imperialista punta su dissuadere le FSRS perché ha paura delle masse. Le FSRS non devono lasciarsi dissuadere, devono perseverare nella lotta per il comunismo, devono legarsi strettamente alle masse popolari. Abbaiare è efficace solo se quelli contro cui il cane abbaia se la danno a gambe.

In terzo luogo, vuol dire avere come referente della nostra attività la classe operaia e le masse popolari e non la polizia e la borghesia. Questo significa tener conto dei sentimenti, delle illusioni, degli stati d’animo, delle resistenze e delle paure delle masse popolari, ma non accettare invece le imposizioni che la polizia e la borghesia in generale cercano di fare con intimidazioni, ricatti e angherie. Non dobbiamo chiedere alle masse quello che le masse non sono ancora pronte a darci. Non dobbiamo chiedere alle masse sforzi superiori alle loro attuali forze, ma lavorare per accrescere la forza delle masse. Dobbiamo praticare la linea di massa.(7) Dobbiamo, in ogni circostanza, lanciare parole d’ordine adatte allo stato effettivo delle masse, in modo che esse le possano far proprie e attuare.

 

7. È utile cercare di comprendere sempre più a fondo il metodo di lavoro e di direzione chiamato “linea di massa”, per imparare poi nella pratica ad applicarlo meglio. Come riferimento indichiamo gli articoli Linea di massa e teoria marxista della conoscenza in Rapporti Sociali n. 11 (novembre ‘91) e La linea di massa in Rapporti Sociali n. 12/13 (novembre ‘92).

 

Cosa vuol dire questo più in concreto?

1. Avere una linea giusta di ricostruzione del partito comunista.

Oggi “perseverare nella lotta per il comunismo” e “fare gli interessi delle masse” vuol dire questo. Senza questo non è possibile unirsi strettamente e senza riserve alla resistenza che le masse popolari oppongono al procedere della crisi generale del capitalismo.

2. Far conoscere la propria linea alle masse.

I comunisti devono dire la verità alle masse. Non certo dove si nasconde il clandestino: questo ogni persona di buon senso sa che non si deve dire, nemmeno lo chiede, considera un tonto o un provocatore chi lo chiede e disprezza o peggio chi lo dice. Ma sulla situazione e sul da fare bisogna dire la verità. Non è un problema morale, è un problema politi co. Per noi la fiducia delle masse è quello che per il borghese è il suo denaro: la fonte della forza. Le masse devono convincersi per loro stessa esperienza che noi comunisti diciamo sempre la verità (siccome non siamo infallibili, certamente a volte sbagliamo, ma in questo caso siamo i primi a riconoscerlo apertamente, appena ce ne accorgiamo). Quando noi diciamo una cosa alle masse, chiunque ci ascolta deve essere sicuro che è la verità, salvo errori.

Bisogna quindi rompere con il costume opportunista e bigotto per cui le FSRS legali non parlano delle organizzazioni comuniste clandestine, non sviluppano tramite la loro stampa il dibattito con esse sulle rispettive tesi, non le nominano neanche, trattandole ufficialmente come se non esistessero.

Diciamo costume opportunista perché almeno per alcune FSRS si tratta di un cedimento alle pressioni “poliziesche” della polizia e alle pressioni morali e culturali della borghesia in generale (non “fa fine” parlare delle organizzazioni clandestine, ne parlano solo gli addetti ai lavori per parlarne male, per demonizzarle).

Parliamo di costume bigotto perché per molte FSRS si tratta di continuare con le organizzazioni comuniste clandestine il costume che applicano in generale a tutte le FSRS: non parlare francamente delle convergenze e delle divergenze, di ciò che unisce e di ciò che divide, delle esperienze compiute dalle altre FSRS, come se non parlare delle altre FSRS le rendesse inesistenti: una applicazione della linea dello struzzo, che non è certo rivoluzionaria.

Per questo salutiamo e indichiamo come un passo avanti rispetto alle posizioni assunte da alcune FSRS (tra cui anche il MPA) nell’Assemblea Nazionale contro la Repressione tenuta il 6 novembre ‘99 a Napoli l’Editoriale della rivista teorica ufficiosa del MPA, Il futuro n. 23 (gennaio-marzo 2000). In questo Editoriale infatti la redazione de Il futuro dichiara di voler “sostenere un contraddittorio con tutti quei compagni che dicono di essersi posti sul cammino della liberazione proletaria senza riserva alcuna”. Quindi basta con l’autocensura! Molto bene compagni. Secondo noi questa è la strada da seguire. Ci auguriamo che alle parole seguano i fatti, che “il contraddittorio” non si limiti a lanciare qualche insulto e che altre FSRS imbocchino la stessa strada.

3. Non accettare che sia la polizia politica e in generale la borghesia a stabilire con chi siamo solidali e con chi no.

Dobbiamo essere solidali e chiedere alle masse di essere solidali con tutti quelli che lottano per il comunismo e, più in generale, con tutti quelli che lottano per gli interessi delle masse popolari. Ancora una volta salutiamo e indichiamo come un passo avanti rispetto alle posizioni assunte da alcune FSRS (tra cui anche il MPA) nella Assemblea Nazionale contro la Repressione tenuta il 6 novembre ‘99 a Napoli l’Editoriale de Il futuro n. 23 (gennaio-marzo 2000). In questo Editoriale infatti la redazione di Il futuro si schiera per la “solidarietà di classe, militante e incondizionata” con ogni persona e organismo su cui si abbatte la repressione dello Stato borghese, perché “si è contraddistinto nella lotta contro il sistema di sfruttamento e di oppressione capitalistico”.

4. Combattere attivamente i ricatti della borghesia imperialista.

La borghesia punta molto sulla precarietà del posto di lavoro, sul far perdere il posto di lavoro e ridurre i compagni sul lastrico e sulla pressione delle famiglie. Occorre mobilitare le forze favorevoli o che possono essere guadagnate alla nostra causa, prevenire la polizia politica e organizzare la resistenza contro questi ricatti, prendendo opportune iniziative per intervenire collettivamente nelle famiglie e sul posto di lavoro. Qui, ad esempio, si vede l’importanza anche dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che il referendum Pannella-Bonino del 21 maggio vuole abolire (reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore licenziato senza giusta causa).

5. Organizzare il sostegno economico, legale e per il disbrigo delle questioni familiari per i compagni a cui la polizia e la borghesia rendono la vita difficile a causa della loro militanza.

Nessun compagno deve essere lasciato solo a fronteggiare le conseguenze economiche e giudiziarie e le difficoltà familiari derivanti dalla repressione. Bisogna creare forti casse di resistenza, raccogliere molto denaro. Su questo terreno occorre mobilitare i centri sociali e i complessi musicali, approfittando anche della bella stagione. L’aiuto economico è una questione chiave per chi lo riceve e per chi sottoscrive. Dobbiamo mobilitare gli avvocati, perché assistano bene,  perché limitino le parcelle e perché denuncino essi stessi la mancanza di leggi e l’azione extralegale degli apparati dello Stato. Dobbiamo mobilitare compagni adatti per far fronte ai problemi familiari dei compagni inquisiti, fermati, arrestati: cura dei bambini, assistenza a genitori anziani, sostegno morale. È un problema molto delicato, a cui bisogna dedicare compagni capaci e dotati di molta sensibilità. Sono tutte attività che, se ben condotte, rafforzano i legami tra le masse e danno un forte contributo alla nostra causa.

Tutte queste attività sono un campo di collaborazione tra le FSRS. La collaborazione va estesa il più ampiamente possibile.

La collaborazione presenta chiaramente anche delle difficoltà. Non è possibile gestire una collaborazione come si gestisce la vita interna di una organizzazione comunista o aspirante tale. Occorre attenersi ai criteri che i CARC hanno già indicato per la collaborazione in generale tra le FSRS. Non sto a ripeterli qui. Rinvio i lettori all’articolo Quale collaborazione con le FSRS? in Rapporti Sociali n. 23/24 pag. 12.

Tutte queste attività sono aspetti di una lotta che bisogna imparare a condurre, senza scoraggiarsi delle difficoltà che incontriamo. Non abbiamo esperienza, è ovvio che i primi tentativi non andranno in porto. Ma, perseverando, impareremo. La storia del movimento comunista è piena di esempi e di insegnamenti in tutti questi campi.

 

Paola Briganti

 

Rapporti Sociali 1985-2008 - Indice di tutti gli articoli