I movimentisti innalzano la bandiera “costruire il partito nel fuoco della lotta” per sabotare la costruzione del partito

Rapporti Sociali 23/24 - gennaio 2000 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Un ostacolo che viene frapposto al lavoro per il programma, al lavoro sul Progetto di Manifesto Programma è la contrapposizione, tipicamente movimentista, della pratica alla teoria, della “partecipazione alle lotte” al lavoro sul programma. Alcuni movimentisti hanno eretto a loro bandiera la parola d’ordine “il partito si costruisce nel fuoco della lotta” travisandola. Intendono per lotta solo l’andare in piazza, l’accodarsi affannoso alle mille, giuste e importanti lotte condotte dalle masse, correre dietro alle scadenze e alle “iniziative”. Intendono il “mettersi alla testa” come tirare sassi quando il grosso della manifestazione è preparato solo a sfilare, erigere barricate quando il grosso della manifestazione è preparato solo a tirare sassi, ecc. E quando non c’è “movimento” vanno in vacanza. Essi non solo negano che “la grande lotta dei comunisti non ha solo due forme (la lotta economica e la lotta politica) ... ma tre, perché accanto a quelle due va posta anche la lotta teorica”, come insegnava già Engels. Negano anche il ruolo specifico del partito. Il partito che vogliamo ha il compito di raccogliere, formare e accumulare le forze rivoluzionarie e di orientare, mobilitare, organizzare, dirigere la classe operaia, il proletariato e le masse popolari nella lotta per la conquista del potere e l’instaurazione del socialismo. In Italia la classe operaia, il proletariato e le masse popolari hanno fatto tante lotte che non hanno raggiunto l’obiettivo della conquista del potere proprio per l’orientamento e la direzione sbagliati. Dove non dirige la classe operaia dirige la borghesia e senza programma la classe operaia non riesce a dirigere.

Cosa ci insegna il movimento comunista in proposito? Citerò solo un episodio della storia del movimento comunista, ma importante e conclusivo per i compagni che hanno dubbi in proposito.

Lenin nel 1917 appena rientrato in Russia dopo 11 anni di esilio e nel pieno di un rivolgimento rivoluzionario, mise all’ordine del giorno la revisione (udite, non la stesura, ma addirittura la revisione!) del programma del suo partito! E non per modo di dire, affidando il lavoro a qualche compagno poco importante ai fini della lotta politica, della pratica, del “fuoco della lotta”. No, vi partecipò in prima persona. Prima della fine di aprile aveva già steso (Opere, vol. 24, pag. 49 e segg.) un Progetto di piattaforma del partito proletario che fece pubblicare il più sollecitamente possibile (per lui il programma, addirittura la revisione del programma, non era cosa da tenere riservata tra i membri del partito!).

Alla settima Conferenza panrussa del partito (7-12 maggio 1917) fece personalmente un rapporto sulla revisione del programma del partito e fece approvare una risoluzione in materia e nominare una commissione presieduta da lui stesso (Opere, vol. 24, pag. 283).

In aprile-maggio 1917 preparò un opuscolo Documenti per la revisione del programma del partito che fece anch’esso pubblicare! (Opere, vol. 24).

Quando nell’agosto del 1917, a Pietroburgo e di nuovo nella clandestinità si riunì il sesto congresso del partito, quello che lanciò la parola d’ordine della preparazione dell’insurrezione armata contro il governo provvisorio e della presa del potere da parte del proletariato, la revisione del programma figurava al quinto posto tra i 12 punti dell’ordine del giorno.

Il sesto congresso non poté approvare il nuovo programma perché il lavoro non era ancora finito, ma nel settembre del 1917 Lenin proponeva al Comitato Centrale di accelerare i lavori e di convocare un congresso straordinario (“ristretto” data la situazione) per l’approvazione del programma, dato che “solo così faremo progredire, non a parole ma nei fatti, l’idea della Terza Internazionale” (Sul programma del partito, in Opere, vol. 25, pag. 288).

Il 10 ottobre 1917 nella lettera inviata dalla clandestinità (da Vyborg) al presidente del comitato regionale dell’esercito, della flotta e degli operai di Finlandia, Lenin chiede una copia della raccolta Per la revisione del programma (Opere, vol. 26, pag. 62).

 Il 18 ottobre 1917 il CC elegge Lenin a capo di una nuova commissione incaricata di preparare il progetto del nuovo programma del partito.

Tra il 19 e il 21 ottobre 1917 (a solo 17 giorni dalla Rivoluzione d’Ottobre!) Lenin scrive Per la revisione del programma del partito (Opere, vol. 26, pag. 135 e segg.).

A pochi mesi dalla Rivoluzione d’Ottobre, nei giorni drammatici in cui bisogna fermare l’avanzata delle truppe tedesche, tra il 6 e l’8 marzo 1918 si riunisce il settimo congresso del partito per ratificare la pace di Brest-Litovsk. Lenin presenta al congresso il Rapporto sulla revisione del programma e il cambiamento di denominazione del partito e fa ben nove interventi sull’argomento (Opere, vol. 27, pag. 109 e segg.). Il congresso lo elegge capo della commissione che deve dare forma definitiva al nuovo programma.

Infine tra il 18 e il 23 marzo del 1919, nel fuoco della guerra civile e della guerra contro l’intervento di tutte le potenze imperialiste per “soffocare il bambino finché è ancora nella culla” (W. Churchill), quando il destino del potere sovietico è ancora incerto, si riunisce l’ottavo congresso del partito e Lenin, che ha preparato il Progetto di programma del PCR(b) (Opere, vol. 29, pag. 83 e segg.), presenta al congresso il Rapporto sul programma del partito e interviene ampiamente nella discussione che si conclude con l’approvazione del nuovo programma (Opere, vol. 29, pag. 147 e segg.).

Basta per capire cosa intendeva un comunista per “costruire il partito nel fuoco della lotta” e per capire quindi che i movimentisti travisano e sporcano questa gloriosa parola d’ordine?

Il movimentismo in Italia è una malattia molto diffusa, sostenuta ampiamente dalla borghesia: oggettivamente, ma anche consapevolmente, soggettivamente sostenuta dalla borghesia. Non è un caso che alcuni dei più accesi, attempati ed estremisti tra i “lottatori”, alla Luca Casarini e alla Daniele Farina per intenderci, frequentano assiduamente non le galere ma il Ministero degli Interni! Perché il movimentismo è nemico del comunismo, un ottimo strumento per impedire la ricostruzione del partito comunista e l’obiettivo politico fondamentale della borghesia imperialista in questo periodo è impedire la ricostituzione del partito comunista. Auguriamo che i movimentisti che nella primavera hanno lasciato i CARC proclamando che “il partito non si costruisce discutendo di programmi, ma nel fuoco della lotta”, non seguano le orme di così illustri maestri.

Teresa

 

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