La controrivoluzione preventiva

Rapporti Sociali n. 14-15,  inverno - primavera 1994 (versione Open Office / versione MSWord )

 

F. Engels nella Introduzione (del 1895) a Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 aveva già chiaramente indicato che lo sviluppo della situazione politica nei paesi europei era tale che la borghesia, per impedire la conquista pacifica del potere da parte della classe operaia, avrebbe sicuramente rotto essa stessa la legalità delle democrazie borghesi create nel corso del secolo. Lenin in Stato e rivoluzione (1917) ha analizzato l’avvenuta militarizzazione del potere politico della borghesia in tutti i paesi imperialisti. Dopo il successivo trionfo delle rivoluzioni socialiste e di “nuova democrazia” nel corso della prima metà del nostro secolo, la borghesia imperialista ha spinto ancora più in là il processo di difesa a oltranza e a qualsiasi costo del suo potere e di “controrivoluzione preventiva”. Essa non si è limitata a usare la violenza “contro il regime popolare dopo che il popolo ha instaurato un potere rivoluzionario” (citiamo la Spagna del 1936, il Guatemala del 1954 e il Cile del 1973 solo come i casi più noti e più chiari di questo genere), ma ha creato in tutti i paesi una politica e un apparato per “reprimere il popolo rivoluzionario non appena si organizza per prendere il potere”. Nel corso del nostro secolo abbiamo visto il dispiegarsi di una vasta gamma di strumenti della controrivoluzione preventiva: ostacoli pretestuosi alla libertà di propaganda, manifestazione, associazione e organizzazione; diritti sindacali riservati alle organizzazioni collaborazioniste; esclusione delle minoranze dalle istituzioni elettive; guerra psicologica, propagazione di notizie false, campagne di disorientamento, invenzioni calunniose, monopolio del l’informazione; creazione di corpi di polizia politica e di spionaggio antipopolari; operazioni politiche segrete e associazioni segrete antipopolari; infiltrazione nelle organizzazioni popolari e progressiste e corruzione dei dirigenti; montatura di operazioni diversive, di provocazioni e di ricatti; creazione di organizzazioni popolari controllate dalla borghesia; schedatura e persecuzione di membri e simpatizzanti di organizzazioni popolari e progressiste e loro esclusione dai pubblici uffici; creazione di corpi di repressione paralleli, extralegali o parastatali per terrorizzare le masse; combinazione dell’apparato statale con la malavita organizzata; eliminazione di esponenti che non si lasciano corrompere; guerra sporca; strategia della tensione; colpi di Stato preventivi; campagne di sterminio di massa.

Questa evoluzione del regime politico della borghesia ha ovviamente richiesto al movimento operaio di modificare concezioni, linee, strutture e tattiche. Il mancato adeguamento, la continuazione nella fase imperialista nelle forme elaborate nella fase preimperialista, stanno alla base delle sconfitte subite dal movimento operaio nelle sue lotte per il potere in questo secolo nei paesi imperialisti.

Questa evoluzione del regime politico della borghesia imperialista ha generato anche una sottoscuola del pensiero borghese la cui caratteristica consiste nel denunciare quell’evoluzione, deplorarla, terrorizzare con la descrizione di essa gli strati incerti della popolazione, ostacolare con essa lo sviluppo del pensiero rivoluzionario, proclamare che a causa di essa il “malvagio” potere della borghesia è oramai imbattibile. Capofila di questa sottoscuola è stata la “Scuola di Francoforte”. Quanto ciò rifletta la realtà lo può vedere da sé chiunque consideri gli avvenimenti storici del secolo e anche di questi ultimi anni (dalla fine del “Reich millenario” al crollo del regimi dei revisionisti moderni).