I compiti delle forze soggettive della rivoluzione socialista
nella fase attuale

Rapporti Sociali n. 14-15,  inverno - primavera 1994 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Quali sono nel nostro paese i compiti delle forze soggettive della rivoluzione socialista (FSRS) nella fase attuale? Che fare?

Occorre che ogni compagno si ponga questa domanda e dia ad essa una risposta esauriente e netta. Solo così si esce dallo spontaneismo (andar dietro giorno per giorno alle cose che si presentano, lasciarsi trascinare dalle iniziative e dalle scadenze) e dallo scoraggiamento (sentirsi sommersi dagli avvenimenti, non vedere il progresso che la nostra causa compie giorno dopo giorno, non vedere i limiti delle FSRS a fronte dello sviluppo del movimento delle masse). Una quantità notevole di energie vengono disperse perché per mille motivi non si affronta questa domanda. Lo sviluppo stesso degli avvenimenti spinge però ogni giorno con maggiore forza un numero crescente di compagni a porsela. Tutti i tentativi di unità, per avere qualche speranza di successo, devono partire dalla risposta che ogni compagno o organismo dà a questa domanda; lo sforzo per dare risposta a questa domanda è anzi la misura della serietà con cui un compagno si pone il problema dell’unità e della costruzione del partito comunista, l’indice che l’invocazione dell’unità non è né un alibi opportunista per giustificare l’inerzia attuale né una manifestazione di delega al partito futuro di un impegno che non si vuole o non si sa assumere.

Qual è la nostra risposta?

Il bilancio dell’esperienza del movimento economico e politico del sistema imperialista e del nostro paese ci hanno condotto a una risposta che possiamo così riassumere.

l. Ora e nei prossimi anni nel movimento delle masse popolari del nostro paese la tendenza positiva generale (cioè relativa a tutto il periodo e a tutto il movimento delle masse) è e sarà inevitabilmente, per cause oggettive, la resistenza, difensiva e offensiva, al procedere della crisi del sistema capitalista. Questa crisi si presenta e si presenterà come crisi delle concrete formazioni economico-sociali (strutture economiche, regimi politici, istituzioni, concezioni) in cui il sistema capitalista si è oggettivato alla fine della seconda guerra mondiale e in cui è esistito da allora fino a oggi, perché il generale esiste nei particolari, l’universale esiste nel concreto. La resistenza delle masse popolari è e sarà difesa dalle sofferenze che la crisi trascina con sé, dalle misure economiche e politiche prese dalla borghesia imperialista per salvaguardare nella crisi i suoi profitti e il suo potere, dagli sconvolgimenti e dal sangue che la guerra civile in corso tra gruppi imperialisti già provoca e provocherà in misura maggiore. La resistenza è e sarà lotta (attacco, resistenza offensiva) contro l’attuale regime politico e le forze politiche che lo impersonano e lo difendono. Sia la resistenza difensiva sia la resistenza offensiva hanno e avranno come oggetto diretto non l’universale ma il concreto, non il sistema capitalista ma la struttura, l’ordinamento e il regime nella cui veste questo sistema ora esiste e le forze e le istituzioni che lo impersonano.

2. Le forze soggettive della rivoluzione socialista oggi e nei prossimi anni hanno una sola via per avanzare verso la loro trasformazione in comunisti, verso la costruzione del partito comunista e verso la rivoluzione socialista: unirsi alla resistenza, difensiva e offensiva, delle masse popolari al procedere della crisi (economica, politica, culturale) dell’attuale società, appoggiarla, promuoverla e far prevalere in essa la direzione della classe operaia trasformando così la resistenza alla crisi delle attuali formazioni economico-sociali in lotta per il socialismo. Questo è il compito della fase attuale, è svolgendo questo compito che le FSRS si trasformeranno in comunisti e costruiranno il partito comunista.

3. Per riuscire a svolgere questo loro compito le FSRS devono adottare come loro metodo principale di lavoro e di direzione la linea di massa: individuare in ogni situazione e in ogni fase la tendenza positiva particolare di quella situazione e di quella fase e appoggiarla onde farla prevalere sulla tendenza negativa; in altre parole individuare in ogni situazione e fase particolari la sinistra e organizzarla onde possa unire a sé il centro e isolare la destra.

4. Tutto ciò nell’immediato significa, per ogni gruppo e anche per ogni singolo compagno:

- da una parte costituirsi localmente come organismo politico (indipendentemente dal numero), fare un piano corrispondente alle proprie forze per l’analisi della situazione (per individuare le tendenze), iniziare quindi il lavoro;

- dall’altra parte unirsi con quanti, in altri posti, fanno la stessa cosa e fare assieme il bilancio delle esperienze, creando così le condizioni per raggiungere con una massa maggiore di esperienze, con meno errori e più celermente la prima tappa del nostro lavoro: la costruzione del partito comunista.

 

Una volta definito il compito, per realizzarlo sono indispensabili:

- una forte determinazione a perseguirlo imparando dall’esperienza (dai successi come dagli insuccessi) e a trasformarsi in modo da rendersi meglio atti a svolgere il proprio compito. È una determinazione che non è un postulato, ma si alimenta 1. unendosi alla classe operaia e alle masse popolari e 2. analizzando a fondo, senza reticenze e censure, sia le obiezioni contro la bontà e il realismo della nostra causa,(1) sia la natura delle sconfitte, degli arresti e dei rovesci incontrati dalla rivoluzione proletaria nel corso della sua affermazione a livello mondiale;

- una chiara comprensione della situazione, ossia delle forze in campo, della contraddizione che muove ognuna di esse, delle tendenze esistenti in ognuna di esse, della correlazione tra di esse.

 

1. La rivoluzione socialista, il potere politico della classe operaia, la trasformazione socialista della società, il comunismo sono veramente le soluzioni verso cui spinge la costituzione materiale dell’attuale società? Sono esiti possibili dell’attuale crisi economica e politica? Sono domande che vanno poste apertamente affinché a livello di pensiero non restino dubbi sulla risposta positiva ad esse.

 

 

Il mezzo principale per rendere sempre più chiara la nostra comprensione della situazione è fare inchiesta, entrare nelle varie situazioni particolari cercando per ognuna risposta alla domanda “quali sono le tendenze secondo cui si muove questa situazione?”, partecipare, provocare delle risposte, prendere iniziative, fare tentativi, tirare un accurato bilancio della nostra esperienza diretta e dell’esperienza delle masse con cui ci uniamo, usando la concezione materialista-dialettica del mondo. Insomma fare esperienza e fare il bilancio dell’esperienza, perché non ci può essere comprensione senza esperienza, ma l’esperienza senza bilancio non è ancora comprensione: occorre esperienza e bilancio dell’esperienza. Ciò significa che attualmente tutta la “presenza” delle FSRS tra la classe operaia, il proletariato e le masse popolari, la “presenza” delle FSRS nella società nel suo complesso deve avere come obiettivo principale l’inchiesta per rendere più chiara la propria comprensione della situazione come punto di partenza per sviluppare la politica di unità e di lotta della classe operaia verso tutte le altre classi della società.

 

Far prevalere la direzione della classe operaia nella resistenza delle masse vuol dire fare in modo che l’attività delle masse sia indirizzata e concorra (2) all’abbattimento dell’attuale regime della borghesia imperialista, all’eliminazione del capitalismo e alla trasformazione socialista del nostro paese: in sintesi alla trasformazione socialista dei rapporti politici ed economici attuali.

 

2. Come si vede anche qui, l’aspetto principale non è la coscienza delle masse ma la loro azione di trasformazione del mondo, l’aspetto pratico della loro attività: l’aspetto principale è quello che le masse popolari fanno, non quello che pensano.

 

Questo obiettivo verso cui le FSRS devono indirizzare il movimento delle masse popolari è l’obiettivo verso cui queste  sono già spinte in mille modi (confusi quanto si voglia) dai rapporti materiali della società attuale e in particolare dagli sconvolgimenti della crisi.(3)

 

3. Quante volte individui di classi ben diverse dalla classe operaia, di fronte agli sconvolgimenti prodotti dalla crisi, esprimono sdegno nei confronti della distruzione di vite umane e di cose causata dalla legge del profitto, invocano una regolazione pubblica del mercato e dei rapporti economici in generale, il diritto per tutti a esistere e a lavorare, l’obbligo al lavoro per tutti, la punizione degli speculatori, ecc Classi diverse dalla classe operaia si appellano in modo confuso e sparso (e mischiandoli con pregiudizi e fantasticherie reazionarie di ogni genere) a elementi del programma di trasformazione socialista della società che la classe operaia sola può concepire, far proprio e attuare nella sua interezza e sistematicità.

 

Questo obiettivo ha un aspetto costitutivo principale che è la trasformazione dei rapporti di produzione, ossia la trasformazione

- del sistema di possesso delle forze produttive: da individuale e privato a pubblico;

- dei rapporti tra gli uomini nel corso delle attività economiche: dalla direzione e organizzazione del lavoro che hanno come scopo la valorizzazione del capitale e la creazione di profitto, alla direzione e organizzazione del lavoro mirate a mobilitare le masse nella produzione; dalla produzione come mezzo per valorizzare il capitale alla produzione come mezzo ber soddisfare i bisogni materiali e spirituali delle masse; dalla divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, tra lavoro esecutivo e lavoro direttivo e organizzativo alla combinazione di essi nelle stesse persone; dalla compravendita della forza-lavoro a “da ognuno secondo le sue possibilità”;

- del sistema di distribuzione del prodotto: dalla divisione secondo la legge della massima valorizzazione del capitale (prima il profitto, la rendita, l’interesse, poi il resto), alla divisione dapprima secondo la quantità e qualità del lavoro svolto (“a ognuno secondo il suo lavoro”) e poi secondo i bisogni di ciascuno.

 

Questa trasformazione dei rapporti di produzione è dettata dal carattere già sociale delle forze produttive create dalla società capitalista. Essa risponde in pieno, sistematicamente e realisticamente alla necessità delle masse popolari di porre fine alla crisi ed è anzi l’unica soluzione definitiva della crisi. Infatti la crisi attuale è un effetto del contrasto tra il carattere sociale già assunto dalle forze produttive e dall’attività economica e il permanere della proprietà privata delle forze produttive e dell’iniziativa economica individuale del capitalista come motore dell’attività economica. In ogni paese capitalista la grande industria, il sistema monetario e bancario, il sistema assicurativo, i grandi mezzi di distribuzione e di trasporto sono già di fatto pubblici, come emerge chiaramente ogniqualvolta si tratta di appianare le perdite, di fronte alla bancarotta. Ma nel periodo normale della loro esistenza continuano a essere gestiti come tanti patrimoni individuali di capitalisti o patrimoni privati di gruppi di capitalisti. Persino le aziende “pubbliche” sono gestite dai capitalisti e in funzione della valorizzazione del capitale e della conservazione del loro potere. Per porre definitivamente fine alle crisi tutto l’apparato produttivo del paese, tutta la vita economica del paese deve essere trasformata in materia di pubblico interesse, gestita pubblicamente e al fine della soddisfazione dei bisogni individuali e collettivi. Il non compimento di questa trasformazione nonostante il carattere già sociale delle forze produttive, è la base fondamentale e di ultima istanza di tutti i “mali” della società borghese nell’epoca imperialista e in particolare delle crisi che la sconvolgono. La contraddizione emerge nettamente nei periodi di crisi. L’impedimento di questa trasformazione determina le caratteristiche e le forme della società finché la direzione di essa è nelle mani della borghesia imperialista:

L’aspetto progressivo dell’attuale crisi è che essa è la manifestazione traumatica del carattere storicamente superato del capitalismo, che essa “grida” in mille modi e sotto mille aspetti che la sopravvivenza del capitalismo implica la morte e la paralisi, che essa spinge tutte le classi popolari alla trasformazione della società, che essa mette la borghesia imperialista con le spalle al muro, mostra l’impotenza delle belle dichiarazioni e delle buone intenzioni dei suoi esponenti e mette a nudo il carattere omicida del suo dominio e richiede il superamento anche di fatto del capitalismo. Per questo la  resistenza delle masse popolari alla crisi può essere sviluppata, trasformata, “elevata al livello” di lotta per il socialismo e quindi la classe operaia può prenderne la direzione.

Proprio perché l’aspetto principale dell’obiettivo verso cui i rapporti materiali della società spingono la resistenza delle masse popolari alla crisi è la trasformazione socialista dei rapporti di produzione, l’aspetto dirigente di questo obiettivo è la trasformazione dei rapporti politici, l’abbattimento dello Stato della borghesia imperialista e la conquista del potere da parte della classe operaia. Infatti per sua natura la borghesia non può trasformare la gestione delle forze produttive da privata a pubblica; nessun’altra classe dell’attuale società lo può fare salvo la classe operaia. Per questo la direzione della classe operaia è una condizione necessaria perché il movimento di resistenza alla crisi possa raggiungere il suo obiettivo.

Direzione della classe operaia sulla resistenza delle masse popolari al procedere della crisi significa classe operaia che riesce a far confluire nella trasformazione socialista, a far diventare componenti della trasformazione socialista della società l’attività e l’iniziativa delle varie parti delle masse popolari.

D’altra parte la classe operaia riesce a far prevalere la propria direzione solo ponendosi come nuova classe dirigente di tutta la società, quindi lottando per il potere contro il suo unico reale antagonista in questo campo: la borghesia imperialista.

La lotta della classe operaia per il potere è l’aspetto centrale della sua azione per la trasformazione della società per tutto il periodo che precede la rivoluzione socialista.(4) Il socialismo è la classe operaia al potere, è il potere della classe operaia. L’estinzione graduale a partire dal 1945 in poi della lotta della classe operaia per conquistare il potere è stata la manifestazione chiave del revisionismo moderno.

 

4. Questa è la differenza fondamentale tra i comunisti, gli anarcosindacalisti e gli economicisti di altro genere. Per questi ultimi l’aspetto centrale dell’azione della classe operaia è la sua lotta per aumentare la propria parte nella distribuzione del prodotto o per migliorare le proprie condizioni di lavoro e di vita. Il carattere riformista (e utopista) degli anarcosindacalisti e degli economicisti di ogni genere consiste proprio in questo limite dell’obiettivo che essi cercano di porre alla classe operaia. Ciò vale quali che siano le forme di lotta (parlamentare o extraparlamentare, pacifiche o violente) che essi propongono per sostenere le rivendicazioni.

 

 

La lotta politica, la lotta della classe operaia del nostro paese per il potere è lotta

- per distruggere lo Stato italiano della borghesia imperialista (e in questo processo deve fare i conti con le relazioni di appoggio ma anche di lotta tra gruppi e Stati imperialisti a livello internazionale),

- per costruire lo Stato delle masse popolari dirette dalla classe operaia nel contesto della rivoluzione proletaria mondiale e dell’internazionalismo proletario.

Quindi è una lotta che ha come oggetto

- lo Stato italiano, le relazioni tra esso e le varie classi della società, le istituzioni che lo compongono: le concezioni che orientano l’attività di ognuna di esse, le contraddizioni che ne determinano lo sviluppo, le funzioni che adempie, i metodi, le procedure e i mezzi con cui opera, le risorse di cui dispone, gli uomini che la compongono;

- la natura, gli orientamenti, gli obiettivi, gli strumenti e le attività delle forze soggettive che esprimono gli interessi delle varie classi e il tipo di relazioni che esistono tra ognuna di esse e la classe di cui esprime gli interessi;

- gli orientamenti delle varie classi (e innanzitutto delle due classi principali: borghesia imperialista e classe operaia): i loro orientamenti attuali, i fattori materiali e spirituali che determinano quali trasformazioni possono subire questi orientamenti, le forze all’opera per trasformarli;

- la correlazione di questi fattori interni al paese tra loro, la correlazione di ognuno di essi con i fattori esterni al paese, il movimento che ne risulta.

 

 La classe operaia che lotta per il potere esiste principalmente nelle sue forze soggettive, cioè principalmente nel partito comunista e in secondo luogo negli altri organismi che si pongono sistematicamente e programmaticamente il compito di instaurare la direzione della classe operaia nella società. Non esiste una lotta per il potere della classe operaia “in sé”. Le condizioni che fanno esistere la classe operaia come classe “in sé” possono solo spingere (di fatto spingono) la classe operaia a esprimere le sue forze soggettive e a porsi in tal modo come classe “per sé”. Quindi, per far prevalere la direzione della classe operaia nella resistenza delle masse popolari alla crisi, le attuali forze soggettive della rivoluzione socialista devono impersonare la politica di unità o la politica di lotta della classe operaia verso le altre classi della società e così facendo mobilitare e unire la classe operaia stessa. Non c’è altro modo per mobilitare e unire la classe operaia se non farla assurgere al ruolo di sinistra dell’intera società, che unisce a sé il centro (le altre masse popolari) e isola la destra (la borghesia imperialista e i suoi alleati). La classe operaia può unirsi solo come classe che lotta per il potere, per diventare nuova classe dirigente.(5) In assenza della lotta per il potere, gli obiettivi rivendicativi dividono la classe operaia in tante parti quanti sono gli individui che la compongono, i capitalisti che comprano forza-lavoro, gli Stati che amministrano paesi a capitalismo monopolistico di Stato.(6) Ogni parte cerca di difendere i suoi interessi in concorrenza con le altre.

 

5. Se questo è vero, e tutta l’esperienza storica lo conferma, ecco spiegata la vanità di tutti gli attuali tentativi di mobilitare e unire la classe operaia su rivendicazioni economico-pratiche, su parole d’ordine rivendicative, in “sindacati di classe”, ecc.: tutto fuorché unire sulla lotta per il potere. Ecco spiegati i limiti e la “miseria” dell’esperienza di tanti compagni che si incaponiscono a promuovere rivendicazioni economiche, a fare “attività sindacale”, rifiutandosi (opportunisticamente) di passare all’attività politica, cioè a impersonare la classe operaia che lotta per il potere.

 

6. D’altra parte però anche la lotta di un piccolo gruppo di lavoratori su obiettivi rivendicativi può avere un’importanza politica generale. Infatti un gruppo, per piccolo che sia, di lavoratori che lotta per la difesa dei suoi interessi, se vince è un punto di forza per tutti, anche se per limiti di vario genere la sua lotta al momento non mobilita direttamente tutti gli altri lavoratori. Così sono state le lotte dei portuali di Genova e dei macchinisti delle FFSS. Non a caso contro di loro si sono lanciati in ogni modo i sindacalisti di regime. Essi hanno cercato di isolarli, di mobilitare contro di loro gli altri lavoratori tacciandoli di “corporativismo”, proprio loro che sono i paladini della collaborazione lavoratori-padroni! Ma la massa dei lavoratori italiani ha abbastanza esperienza di corporativismo e sa che corporativismo è la collaborazione col padrone, è l’unità dei lavoratori (anche di tutti i lavoratori, se mai fosse possibile) col padrone, non la lotta contro il padrone anche se condotta da un piccolo gruppo di lavoratori, da un solo reparto, da una sola fabbrica, da una sola categoria!

 

7. Questa è la dialettica (il movimento) di divisione dell’uno in due che da una parte genera le forze soggettive che “agiscono da partito comunista” e dall’altra genera dissociati, pentiti e rinnegati.

 

Ciò indica alle attuali FSRS il compito di trasformarsi sempre più in forze della classe operaia, di inglobare la parte più avanzata della classe operaia e di modellarsi alla scuola di questa. Le forze soggettive della rivoluzione socialista devono diventare sempre più “la classe operaia che lotta per il potere”, ossia trasformarsi in comunisti e diventare il partito politico della classe operaia, il partito della classe operaia per la conquista del potere, il partito comunista. Questo riassume la trasformazione di cui le attuali forze soggettive della rivoluzione socialista sono e saranno soggetto e oggetto.

Questa trasformazione delle attuali forze soggettive della rivoluzione socialista è una trasformazione oggettivamente necessaria. Tutte le attuali forze soggettive della rivoluzione socialista si stanno comunque trasformando, che se ne rendano conto o no. È una trasformazione inevitabile, niente può impedirlo, perché la società intera si sta trasformando. Alcune si trasformeranno in “classe operaia che lotta per il potere”, cioè in partito comunista; le altre scompariranno o passeranno al nemico.(7) La nostra lotta tra le forze soggettive della rivoluzione socialista trae forza dalla necessità di questa comune trasformazione in corso e tende a far sì che il maggior numero possibile di esse compia la trasformazione in “classe operaia che lotta per il potere” consapevolmente e quindi nel tempo più breve possibile e per una via meno tortuosa possibile.

Agire già oggi da partito comunista significa non solo e non principalmente un tipo di vincolo organizzativo e di stile di  lavoro, ma principalmente porsi già oggi come “classe operaia che lotta per il potere” nonostante i nostri attuali imiti. Porsi già oggi, nonostante i nostri limiti, come personificazione (iniziale, minima quanto si è) del bisogno storicamente determinato della classe operaia di conquistare il potere e agire di conseguenza.

In primo luogo ciò significa raccogliere e far emergere nella stessa classe operaia e dare rappresentazione adeguata nel campo della lotta politica alla necessità di potere che ogni operaio vive ogni volta che vive la sua impotenza o la sua debolezza di fronte al capitalista e al sistema capitalista: di fronte alla fabbrica che chiude, alla cancellazione di conquiste costate sangue e sudore di generazioni, al salario insufficiente, all’incertezza del domani suo e delle persone che gli sono care, alla crisi e al malessere che nuovamente, dopo quasi cinquant’anni (1945-1993) di lavoro e costruzione, pervade la società borghese, alle guerre civili e no che nuovamente bussano alle porte. Far emergere questa necessità di potere nella classe operaia perché nella classe operaia via via si formino tutti gli strumenti della sua lotta per il potere; perché la parte migliore, più attiva di essa giunga di nuovo a organizzarsi come forza soggettiva della rivoluzione socialista, a impersonare la direzione della classe operaia su tutte le masse popolari, a trasformare a sua immagine le attuali forze soggettive della rivoluzione socialista, a costituire il partito comunista e le altre strutture del potere della classe operaia; perché si dispieghino tutte le forme di lotta necessarie a conquistare la direzione delle altre classi popolari e a conquistare il potere.

Contrariamente a quanto pensano ancora alcuni compagni (particolarmente concentrati in organismi come SLA, COBAS, CUB, ecc.), la classe operaia può diventare classe dirigente se non si limita a rivendicare più salario e migliori condizioni di lavoro,(8) se non si limita a difendere le proprie condizioni di vita e di lavoro che nel corso della crisi la borghesia imperialista erode in mille nodi, ma lotta per il potere. Ciò significa trovare le vie per rompere con la prassi di tenere l’attacco come quadro appeso al muro e pia giaculatoria e considerare nella pratica solo l’aspetto difensivo della resistenza. La necessità oggettiva di potere della classe operaia si esprime infatti in tutte le forme offensive della resistenza. In cosa consiste l’aspetto offensivo della resistenza? 1. In tutti quegli aspetti della resistenza che contribuiscono o mirano ad abbattere il regime esistente (distruzione), 2. in tutti quegli aspetti della resistenza che contribuiscono o mirano a instaurare il potere della classe operaia, a creare il suo sistema di potere, le istituzioni (direzione, articolazioni di massa, programma, metodi di mobilitazione, ecc.) di un nuovo regime politico, del regime delle masse popolari dirette dalla classe operaia che reprime la borghesia imperialista (costruzione).

 

8. Queste rivendicazioni isolate dalla lotta per il potere in periodo di crisi trovano per di più scarsa fortuna. In periodo di crisi le lotte rivendicative della classe operaia riescono ad affermarsi solo come aspetto secondario della lotta per il potere. D’altra parte la lotta rivendicativa della classe operaia è, nelle mani dei comunisti e sotto la loro direzione, anche un potente mezzo di mobilitazione alla lotta per il potere.

 

9. Di fronte al governo della borghesia imperialista che voleva estorcere più tasse, CGIL-CISL-UIL lanciarono agli operai le parole d’ordine “Noi abbiamo già pagato, è ora che paghino gli altri”, “Sacrifici sì, ma eguali per tutti”. Rispetto a queste parole d’ordine filogovernative, ebbe buon gioco la Lega Nord giocando, sia pure per un sol giorno, su parole d’ordine del tipo “Non un soldo a questo regime”.

 

In secondo luogo ciò significa impersonare già da oggi la politica della classe operaia verso le altre classi popolari e contro la borghesia imperialista. Questo

- significa lottare contro i tentativi della borghesia imperialista e dalle sue forze soggettive di mettere la classe operaia contro altre classi popolari, come avvenne durante le proteste dell’autunno 1992 contro la politica economica del governo Amato, quando CGIL-CISL-UIL cercarono di distogliere l’indignazione della classe operaia dalla borghesia imperialista e dal suo governo e indirizzarla contro altre classi popolari;(9) come è avvenuto nell’autunno di quest’anno quando CGIL-CISL-UIL cercarono ancora di mobilitare gli operai contro gli artigiani (sciopero generale del 28 ottobre) e i bottegai; come è avvenuto ripetutamente in questi anni quando CGIL-CISL-UIL cercarono di far schierare gli operai a sostegno dello Stato della borghesia imperialista e della sua volontà di ridurre anche i dipendenti pubblici alle stesse  condizioni degli operai;

- significa valorizzare in tutti i modi il malcontento, l’indignazione e le lotte di tutte le altre classi popolari per opporle alla borghesia imperialista, spingerle in ogni modo all’organizzazione e alla lotta. Noi siamo sicuri, sulla base dell’analisi dei rapporti materiali della società, che le contraddizioni tra ognuna di esse e la classe operaia sono secondarie e possono essere ridotte a questo ruolo facendo emergere la contraddizione principale con la borghesia imperialista. Dobbiamo quindi favorire in ogni modo lo sviluppo delle contraddizioni, la lotta di ogni parte in contrasto, l’organizzazione di ogni parte in contrasto perché solo così ogni parte può essere portata ad assumere il suo posto nel fronte delle masse popolari contro la borghesia imperialista. Chi non difende i suoi interessi, viene neutralizzato e strumentalizzato dalla borghesia imperialista. Chi si mobilita a difesa dei suoi interessi, può essere condotto a schierarsi contro la borghesia imperialista, se è vero che la contraddizione che lo oppone ad essa è la contraddizione principale: e questa è l’unica condizione che decide della sua appartenenza alle masse popolari!