Presentazione

Rapporti Sociali n. 4,  luglio 1989  (versione Open Office / versione MSWord )

 

 

Con questo numero di Rapporti Sociali presentiamo ai nostri lettori la parte terza di Rapporto di capitale (la parte prima è stata pubblicata su Rapporti Sociali n. 2 e la parte seconda su Rapporti Sociali n. 3), interventi su questioni travisate, controverse o dimenticate della teoria marxista del modo di produzione capitalista.

Questa terza parte è composta di tre punti

5. La contraddizione tra il carattere sociale delle forze produttive e il rapporto di capitale

6. La produzione capitalista collettiva e le forme antitetiche dell’unità sociale

7. Gli Stati e i “gruppi capitalisti” statali.

Essa corrisponde ai punti 3 e 4 del Progetto di Ricerca perseguito dai redattori di Rapporti Sociali, riportato a p. 4 di questo numero. Con il punto 7. si chiude lo scritto Rapporto di capitale con cui abbiamo anche posto le categorie con cui analizzeremo lo sviluppo storico concreto delle società nella fase imperialista. Il corso seguito da queste società può infatti essere ricostruito nel pensiero, solo se nel pensare adottiamo le categorie proprie del modo di produzione capitalista: lo scritto che in questo numero chiudiamo le ha appunto richiamate e spiegate.

 

Diamo alle stampe questo numero di Rapporti Sociali mentre da Varsavia a Pechino i gruppi revisionisti al potere si scontrano con le resistenze e le contraddizioni suscitate dalla loro opera, Occhetto si affanna a difendersi dall’accusa (strumentale) di ... comunismo mossagli dai suoi soci di regime e dappertutto i circoli della borghesia imperialista, affamatrice e torturatrice di mezzo mondo, esultano perché “il comunismo è in liquidazione”.

Travolti i revisionisti moderni e i riformisti dei paesi imperialisti nella rovina del progetto di costruire un capitalismo dal volto umano, è ora la volta dei gruppi revisionisti al potere nei paesi socialisti ad essere travolti nelle rovine del progetto della cristallizzazione dei rapporti sociali creati nei paesi socialisti e della loro trasformazione pacifica in paesi capitalisti.

I gruppi revisionisti sono al potere in URSS e nei paesi dell’Europa Orientale dagli anni ’50 (quindi da più di trent’anni) e nella Repubblica Popolare Cinese dalla fine degli anni ’70 (quindi da circa dieci anni). Il loro potere è stato il potere della borghesia, degli strati privilegiati del proletariato, degli opportunisti e degli avventurieri dei paesi socialisti appoggiati dalla borghesia internazionale e assecondati da quanti, all’Est come all’Ovest e per i più svariati motivi, hanno nutrito l’illusione che il modo di produzione capitalista possa essere migliorato, che sia possibile evitare i passaggi di cui l’analisi marxista del modo di produzione capitalista ha rivelato la necessità (la dittatura del proletariato e la lotta di classe nella fase socialista). Il periodo della ascesa al potere dei gruppi revisionisti nei paesi socialisti e nel movimento operaio internazionale è coinciso con il periodo di ripresa e sviluppo attraversato dal capitalismo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Nei paesi socialisti la loro direzione ha comportato l’arresto del processo di superamento dei rapporti di produzione capitalisti, il blocco dello sviluppo dei germi di comunismo, la conservazione dei residui rapporti di produzione mercantili e capitalisti e il sostegno al loro allargamento, la generalizzazione del rapporto di denaro e dell’estraniazione degli individui l’uno rispetto all’altro e rispetto al processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali della loro esistenza, la repressione di ogni movimento di massa, il rilancio della sovrastruttura culturale individualista e metafisica (religiosa) corrispondente.

 Da qui il generale rallentamento, fino alla paralisi, nello sviluppo delle forze produttive, la stagnazione economica, il nuovo accentuarsi della divisione della società in classi, la rinascita e la riacutizzazione, nella crisi economica, di tutti i contrasti (statali, nazionali, razziali, culturali), i mille fenomeni di corruzione e di autolesionismo che hanno sempre più caratterizzato la vita quotidiana e la cultura delle società dei paesi socialisti.

Per anni revisionisti moderni e borghesia imperialista hanno marciato di conserva (al modo in cui possono marciare di conserva dei borghesi, ossia facendosi continuamente sgambetti). La borghesia imperialista ha compiuto cospicui e redditizi investimenti finanziari nei paesi socialisti: gli Stati di questi paesi si sono largamente indebitati ed hanno riallacciato estesi legami con il mercato capitalista fino a dipenderne in misura determinante. La borghesia dei paesi socialisti ha cercato per anni di rafforzarsi asservendosi al carro della borghesia imperialista, nella speranza di compensare quello che non riusciva ancora a realizzare all’interno del paese e ha sviluppato nella corruzione, nell’economia parallela e nelle attività criminali, nella tesaurizzazione e nello spreco quelle energie che non poteva sviluppare nella proprietà individuate dei principali mezzi di produzione e nell’accumulazione del capitale che l’ordine legale persisteva a negare. Ancora recentemente il primo ministro polacco Rakowski sintetizzava il programma della borghesia, degli strati privilegiati del proletariato, degli opportunisti e degli avventurieri dei paesi socialisti affermando che “da Varsavia al Caucaso, da Budapest a Tallin, fino a Pechino, il socialismo affronta scosse profonde. La storia ha portato il socialismo a questo punto di crisi. Ci vorranno forse generazioni per far capire a tutti che il lavoro, la casa ogni bene, devono essere merci e non diritti garantiti comunque”. I revisionisti moderni hanno infatti incontrato difficoltà finora non sormontate per ributtare indietro, alla condizione di schiavi salariati, milioni di uomini che avevano incominciato ad uscirne. Far girare all’indietro la ruota della storia si è rivelato finora un’impresa disperata. Quello che essi sono riusciti a fare è dilapidare una parte delle conquiste realizzate dal proletariato e precipitare alla fine i paesi socialisti nel caos e nel marasma di una guerra civile latente e diffusa sulla base di mille intricate contraddizioni intestine. Ma anche nel modo in cui questi contrasti sono affrontati emerge la capacità di organizzazione, di concentrazione degli sforzi, di coordinazione dei movimenti, di azione politica e di sviluppo culturale che la struttura socialista e l’esperienza rivoluzionaria hanno creato tra le masse.

La borghesia imperialista oggi esulta. Ma nel caos attuale dei paesi socialisti si realizza la debacle del revisionismo moderno cosi come nelle fulgide imprese dei risorti eroi delle Borse Valori e nei trionfi delle Thatcher, degli Agnelli e dei Reagan si realizza la debacle del progetto di un capitalismo dal volto umano. Dalle ceneri delle due facce di cui fu fatta la nuova “belle époque”, la “seconda giovinezza” che la borghesia conquistò facendola “pagare” ai popoli di tutto il mondo con due Guerre Mondiali, nasce il nuovo movimento rivoluzionario del proletariato. Le classi e i popoli oppressi di tutto il mondo si ritrovano di fronte lo stesso problema con cui si misurarono all’inizio del secolo, ricchi però ora di esperienze di cui faranno tesoro nelle lotte che si preparano. L’assimilazione e la valorizzazione di questo patrimonio di esperienze è per i rivoluzionari di tutto il mondo la cosa più preziosa (di cui inutilmente i revisionisti moderni e la borghesia di sinistra hanno cercato di privarci), oggi che all’Est e all’Ovest la forza delle cose costringe nuovamente il proletariato a muoversi!

La redazione

 

 

 

  

Rapporti Sociali 4 - luglio 1989 - pagina 4 ****

 

RAPPORTI SOCIALI

Rivista di dibattito per il comunismo

 

L’obiettivo per cui è nata questa rivista è accumulare e diffondere tra quanti lottano per il comunismo la conoscenza del movimento economico della società attuale e della storia dell’epoca imperialista.

 

Una buona comprensione del movimento economico della società attuale e delle tendenze che si esplicano in esso è condizione indispensabile per una politica comunista. Capire il movimento economico della nostra società non basta ovviamente per avere una linea politica. Il movimento economico non porta mai ad una situazione che nell’immediato abbia una sola via d’uscita possibile: ogni situazione ne presenta sempre alcune. La lotta politica dei comunisti è un’arte.

 

Un’arte che però può svilupparsi solo sulla base della comprensione della vita economica. Il ruolo specifico dell’iniziativa politica in ogni situazione data, sta nel riunire e mobilitare le forze motrici di una delle soluzioni possibili in contrapposizione alle altre. Ma è il movimento economico della società che nel suo corso genera in ogni situazione concreta sia gli obiettivi possibili dell’attività politica dei comunisti che le forze con cui perseguirli. Procurarsi le condizioni materiali dell’esistenza è l’occupazione principale e la forza motrice dell’attività della stragrande maggioranza degli uomini; il traffico a ciò diretto determina, quale causa principale rispetto alla quale tutto il resto si pone come interferenza accidentale o derivata, l’ambito entro cui si svolge nelle sue varianti la vita di tutti gli individui e il divenire dell’intera società. Le tendenze soggettiviste, proprie dell’aristocrazia proletaria dei paesi imperialisti, hanno fatto spesso dimenticare anche ai comunisti queste tesi fondamentali della concezione materialistica della storia (pur fatta oggetto a parole di culto come mostro sacro e inutile). La conseguenza è stato il pullulare di concezioni, linee e obiettivi politici arbitrari e quindi perdenti.

 

D’altra parte il movimento economico della nostra società è abbastanza complesso, essendo difficile, se non impossibile, distinguere manifestazioni effimere da tendenze di lungo periodo, fenomeni di crescita da fenomeni di decadenza e in generale penetrare la reale natura di un singolo fenomeno se non si capisce il movimento storico del cui corso esso è parte, se non lo si colloca nella sua propria intrinseca connessione con il corso degli avvenimenti nel quale si produce. Donde la difficoltà, se non l’impossibilità, di pervenire ad una conoscenza scientifica del movimento economico presente prescindendo dal suo retroterra storico e dalle forme che i movimenti politici effettivamente affermatisi hanno impresso al movimento economico. Noi viviamo nella fase imperialista del capitalismo; la fase dell’avvenuta spartizione del mondo tra gruppi e stati capitalisti; la fase in cui il capitale finanziario, il monopolio e l’esportazione di capitali sono i fattori dirigenti della vita economica mondiale; la fase delle prime rivoluzioni proletarie e della transizione dal capitalismo al comunismo. In essa quindi il senso reale, il ruolo reale di ogni avvenimento sta nel suo rapporto con questi fattori principali ed è solo mettendosi dal loro punto di vista che può essere capito la conoscenza di ogni avvenimento non è vera se non è conoscenza del suo rapporto con questi fattori.

 

 Ciò definisce e delimita i compiti che i promotori della rivista si propongono e definisce anche la necessaria cornice per una collaborazione di osservazioni, suggerimenti, critiche, segnalazioni, proposte di articoli e studi da parte dei nostri lettori che fin d’ora sollecitiamo.

 

I promotori dedicano la loro iniziativa a tutti quanti nelle difficili ma feconde circostanze presenti, lavorano per il comunismo con consapevolezza e determinazione, ai compagni impegnati nei luoghi di lavoro e nei movimenti di massa e ai compagni prigionieri, e ne sollecitano la collaborazione.

 

Il gruppo promotore della rivista intende sviluppare e pubblicare interventi teorici e storici sugli argomenti indicati in questo progetto di ricerca. La rivista è a disposizione dei lettori per interventi, segnalazioni, critiche e suggerimenti nell’ambito del progetto. I promotori della rivista aspirano a fare di essa uno strumento non solo di comunicazione tra redattori e lettori, ma di creazione di una comunità (scientifica) fra lettori.

 

Teoria e storia della crisi del modo di produzione capitalista

1. Rapporto di valore

1.1 Il ricambio materiale della società umana (contenuto) e i rapporti sociali nell’ambito dei quali esso si effettua .(forma): unità e contraddizione tra i due.

1.2 La produzione di beni come merci.

1.3 Il rapporto di valore in confronto ad altri rapporti di produzione.

1.4 Storia della generalizzazione del rapporto di valore.

1.5 La legge del valore-lavoro.

1.6 Lo sviluppo delle forze produttive promosso dal rapporto di valore.

1.7 I limiti che il rapporto di valore pone allo sviluppo delle forze produttive.

 

2. Rapporto di capitale.

2.1 Il rapporto di capitale come sviluppo storico e logico del rapporto di valore.

2.2 La natura del rapporto di capitale in confronto con altri rapporti di produzione.

2.3 Unità contraddittoria di rapporto di valore e rapporto di capitale.

2.4 Storia della generalizzazione del rapporto di capitale.

2.5 Lo sviluppo delle forze produttive promosso dal rapporto di capitale.

2.6 I limiti che il rapporto di capitale pone allo sviluppo delle forze produttive.

 

3. Le forme antitetiche dell’unità sociale

3.1 L’unità mondiale creata dal rapporto di capitale: unità reale degli uomini nella produzione e riproduzione della loro vita di fronte all’unità formale (esterna, “per l’osservatore”).

3.2 Gli uomini e le loro relazioni sociali come prodotto “naturale”.

3.3 Dai limiti del rapporto di capitale si sviluppano le forme antitetiche dell’unità sociale.

3.4 Storia dello sviluppo delle forme antitetiche dell’unità sociale fino al capitalismo monopolistico di stato.

3.5 Le forme antitetiche dell’unità sociale come espressione materiale della possibilità e necessità del socialismo.

 

4. Limiti posti dal rapporto di valore e dal rapporto di capitale allo sviluppo delle forze produttive, quindi alla loro propria esistenza.

 

5. Le crisi periodiche (cicliche) nel periodo in cui il modo di produzione capitalista non ha ancora assoggettato tutto il mondo

 

6. La crisi generale per sovrapproduzione di capitale

 6.1 Teoria, manifestazioni, ruolo degli stati di guerra.

6.2 La polemica Lenin-Luxemburg-Bukharin sui mercati e la realizzazione.

 

7. Storia della primi crisi generale: 1900-1945

7.1 Lo sviluppo delle forme antitetiche dell’unità sociale in questo periodo: fascismo, nazismo, new deal, ecc.: loro ruolo e limiti.

7.2 La società delle Nazioni e le altre organizzazioni internazionali.

 

8. Gli anni della ripresa del capitalismo (1945-1975)

8.1 La ricostruzione postbellica in Europa.

8.2 L’industrializzazione dei paesi extraeuropei.

8.3 L’esportazione di capitali dall’Europa e dagli USA.

8.4 L’imperialismo e lo sviluppo dell’aristocrazia proletaria nei paesi imperialisti (sue caratteristiche e suo ruolo politico).

8.5 Le forme antitetiche dell’unità sociale: FMI, Accordi di Breton Woods, Federal Riserve of USA, GATT, Banca Mondiale, ecc.

 

9. Storia dell’inizio della seconda crisi generale (1975- )

9.1 Manifestazioni della crisi, politiche economiche dei principali stati, tendenze in sviluppo, economia e politica.

 

10. Il socialismo: transizione dal capitalismo al comunismo

10.1 La teoria e la storia (La Comune di Parigi, la Rivoluzione d’Ottobre, le rivoluzioni di liberazione nazionale, la Rivoluzione Culturale Cinese).

10.2 La rivoluzione socialista, la dittatura del proletariato, le forme antitetiche dell’unità sociale, le società nazionali e la società internazionale.

10.3 Il superamento per tappe del rapporto di valore (del carattere di merce della forza lavoro e dei beni) e del rapporto di capitale.