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13 aprile 2023

Intervento di Giuseppe Maj alla presentazione di Maoisti in Calabria di Alfonso Perrotta organizzata dal P.CARC di Roma.


Cari compagni,

approfitto di questa riunione per intervenire in merito al bilancio di Servire il Popolo (SiP), uno dei tentativi di ricostruire il partito comunista fatti tra gli anni ’60 e gli anni ’70, al quale a suo tempo ho partecipato e delle lezioni che dobbiamo trarne noi comunisti per far avanzare la rivoluzione socialista nel nostro paese. Suppongo che alcuni di voi hanno letto l’articolo che proprio prendendo spunto dal libro di Alfonso Perrotta Maoisti in Calabria abbiamo pubblicato nel numero 73 di La Voce, rivista del (n)PCI. L’autore dell’articolo pubblicato da La Voce sintetizza il motivo del fallimento del tentativo di SiP dicendo che “mancarono il bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria e la linea generale della rivoluzione socialista in Italia”. Condivido la valutazione del compagno, ma ritengo necessario aggiungere che la fondazione delle Brigate Rosse fu l’avvenimento particolare che concretamente determinò la fine del tentativo di SIP, proprio perché le BR proposero una linea generale della rivoluzione socialista in Italia diversa da quella fallimentare imposta dai revisionisti che dirigevano il PCI.

SiP alzava la bandiera del maoismo, perché in quel periodo Mao era a livello mondiale il portavoce della lotta contro il revisionismo moderno, cioè contro l’abbandono dei principi del marxismo-leninismo e contro la condanna della costruzione del socialismo in URSS diretta da Stalin. I promotori di SiP si ribellavano alla degenerazione in corso nel PCI e nel movimento comunista in Italia, parallela a quella in corso in URSS. Quindi SiP brandiva la bandiera del maoismo. Ma che linea derivavano dal maoismo per instaurare il socialismo in Italia?

Sei sono gli apporti principali del maoismo alla scienza che i comunisti applicano per instaurare il socialismo, transizione al comunismo:

- la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, come strategia universale della rivoluzione socialista;

- la rivoluzione di nuova democrazia nei paesi semifeudali, come componente della rivoluzione proletaria;

- la lotta di classe nella società socialista, come mezzo indispensabile per far avanzare la transizione al comunismo;

- la linea di massa, come principale metodo di lavoro e di direzione del Partito verso le masse popolari;

- la lotta tra le due linee nel Partito, come principio per lo sviluppo del Partito e la sua difesa dall’influenza della borghesia;

- la riforma intellettuale e morale (RIM), come strumento per la formazione di ogni membro e candidato del Partito comunista.

Uno di essi, la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, riguarda quindi proprio la forma della lotta per la quale i comunisti devono mobilitare, organizzare e dirigere gli operai e le masse popolari anche di un paese imperialista come l’Italia. Del resto non a caso anche Gramsci, quando negli anni ‘30, oramai prigioniero dei fascisti, studiò e trattò nei suoi Quaderni la forma che i comunisti dovevano dare alla rivoluzione in Italia, aveva parlato di guerra di posizione e di guerra di movimento.

Ma se invece guardiamo alla linea che SiP proponeva ai lavoratori e agli studenti del nostro paese, essa non andava oltre la linea seguita dal PCI: combinare rivendicazioni sindacali e politiche, cioè nei confronti del padroni e dello Stato, con la partecipazione alle elezioni per il Parlamento e le amministrazioni comunali. E il libro di Perrotta lo mostra in modo chiaro, anche se non tira la lezione. Certo, SiP riproponeva la linea imposta dai revisionisti moderni proclamando obiettivi più radicali di quelli che proclamavano e praticavano il sindacato Lama e il PCI di Longo e Berlinguer. Ma era una via che si era già dimostrata inconcludente. Al contrario le Brigate Rosse proponevano la lotta armata, una forma di lotta diversa dalla via rivendicativa e parlamentare imposta in Italia dai revisionisti di Togliatti & Co. Non entro qui nel merito del motivo per cui neanche il tentativo di costruzione del Partito fatto dalle Brigate Rosse ebbe successo. Ne tratta l’opuscolo Cristoforo Colombo - ossia di come convinti di navigare verso le Indie approdammo in America (stampato nel 1988 e ora in vendita presso le Edizioni Rapporti Sociali).

Il (n)PCI ha tratto lezioni sia dall’esperienza di SiP sia da quella delle BR: le nostre conclusioni sono esposte nel nostro Manifesto Programma, in particolare nel capitolo 3.3. Il bilancio dell’esperienza di SiP è molto utile a chi oggi cerca la via. Molti degli organismi, dei gruppi e degli esponenti del movimento comunista cosciente e organizzato ancora oggi né hanno fatto il bilancio della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria né hanno definito a ragion veduta la linea da seguire per instaurare il socialismo. Molti addirittura non dicono chiaramente neanche in cosa consiste il socialismo che proclamano di voler instaurare.

Auguro quindi che questa riunione produca un profondo e fecondo dibattito.