Ritorna alla pagina principale

Attività  del governo M5S-Lega
(schede tematiche)  


Approfondimento Quota 100

Aggiornamento 13 maggio 2019

[Scaricate il testo della scheda in Open Office / Word ]

[Scaricate il testo dell'approfondimento in Open Office / Word ]


 

1. Tipi di pensione

2. Le principali riforme del sistema pensionistico in Italia a partire dagli anni ‘80

3. La “cabina di regia” di Quota 100 e informazioni sull’INPS

 

1. Tipi di pensione

L'INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) eroga diversi tipi di pensione (per elenco completo, vedere il cap. 3) in base alla gestione o al fondo di appartenenza dei lavoratori e ai requisiti contributivi e di età anagrafica  previsti dalla legge. Alcuni esempi:

▪ La pensione di vecchiaia: si ha diritto a questo tipo di pensione con 67 anni di età e un minimo di 20 anni di contributi versati. Tuttavia in base alla riforma Fornero, a partire dal 2019 l’età anagrafica aumenta ogni 2 anni in connessione con l’aumento delle aspettative di vita della popolazione rilevate dall’ISTAT;

▪ La pensione anticipata: è uno strumento che consente ai lavoratori (dipendenti, autonomi, pubblico impiego) di andare in pensione prima del raggiungimento dei 67 anni. Ad oggi ne esistono diversi tipi (Q100 è uno di essi), ognuno dei quali richiede la combinazione di particolari condizioni.

Il D.L. interviene in particolare su:

- Anzianità contributiva: in questo caso i lavoratori e le lavoratrici, indipendentemente dall’età anagrafica, possono andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi versati se uomini e con 41 anni e 10 mesi se donne (se fosse rimasta in vigore la Fornero, l’età contributiva sarebbe aumentata in relazione all’aumento delle aspettative di vita: nel 2019,  sarebbero occorsi  43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne).

Il D.L. ha sospeso retroattivamente,  dal 1° gennaio 2019 e fino al 2026, l’innalzamento dell’età anagrafica  necessaria per usufruire della pensione anticipata, connesso con l’aumento delle aspettative di vita della popolazione;

- Opzione Donna (OD): per usufruire di OD è necessaria la combinazione di requisiti anagrafici e contributivi: occorrono minimo 35 anni di contributi versati e 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti (ma riceveranno l’assegno dopo 12 mesi), 59 anni di età per le lavoratrici autonome (ma riceveranno l’assegno dopo 18 mesi).

Questi requisiti devono essere maturati entro la data del 31 dicembre 2018, data in cui OD doveva terminare. Il D.L. ha prolungato OD a tutto il triennio 2019-2021.

Con OD il calcolo dell’assegno di pensione avviene con il sistema contributivo e questo comporta una decurtazione dell’assegno che in media oscilla dal 25% al 35% o più: la misura del taglio è variabile perché dipende da fattori come l’età della lavoratrice, le caratteristiche di carriera, la retribuzione e l’anzianità contributiva maturata. Ad esempio, una lavoratrice che ha iniziato a lavorare a 20 anni il 5 giugno 1979 e nel 2018 ha una retribuzione lorda di 30.000 €, con OD può andare in pensione il 1° gennaio 2019 con l’importo annuo di 17.810 € (a fronte dei 24.510,00 € che invece prenderebbe andando in pensione alla prima data utile per la pensione anticipata, cioè il 5 aprile 2021). La decurtazione in questo caso è del  27%.

Anticipo Pensionistico Sociale (APE): introdotta dal governo Gentiloni (Legge di Bilancio 2017) è una indennità a carico dello Stato erogata dall’INPS ai lavoratori di particolari settori (che l’INPS classifica come gravosi: personale sanitario, operatori ecologici, macchinisti ferroviari, facchini, ecc.) che hanno compiuto almeno 63 anni, assistono da almeno 6 mesi disabili o malati gravi che hanno più di 70 anni, hanno un’anzianità contributiva di almeno 30 anni. L’indennità dura fino al raggiungimento dell'età prevista per la pensione di vecchiaia o dei requisiti per la pensione anticipata in base a quanto stabilito dalla riforma Fornero.

 

Il Decreto Legge è quindi  una misura parziale, che non ha abolito la riforma Fornero,  ma quantomeno permetterà:

-  ad una parte risicata di lavoratori di andare in pensione senza doversi invischiare in prestiti bancari;

- ad una parte risicata di disoccupati e precari storici di entrare nel mondo del lavoro, con i concorsi pubblici e le assunzioni (finora solo annunciate nel Decreto Legge) nella Pubblica Istruzione statale e degli enti locali, Beni Culturali, ecc.).

 

2.  Le principali riforme del sistema pensionistico in Italia a partire dagli anni ‘80

Quota 100 è fin da prima del governo M5S-Lega, uno dei principali cavalli di battaglia della Lega (nel 2011 Lega Nord non ha votato la riforma Fornero): aveva annunciato che con questa misura avrebbe abolito la riforma Fornero e messo mano ai gravi danni che questa ha causato a centinaia di migliaia di lavoratori del nostro paese, di cui gli “esodati” e l’innalzamento dell’età della pensione (già ora arrivata a 67 anni) sono quelli più visibili e noti.

Tuttavia, dalle parole ai fatti! Quota 100 è diventata una misura provvisoria (tre anni di sperimentazione) di pensione anticipata cui potranno accedere nel triennio 2019-2021 (fase di sperimentazione) alcuni dei lavoratori colpiti dalla riforma Fornero.

Nel Documento di Economia e Finanza (DEF) presentato dal Consiglio dei Ministri il 9 aprile 2019 (sezione Piano Nazionale di Riforma), il governo ha stimato che la platea  di “potenziali” beneficiari di Quota 100 è di 290.000 lavoratori entro il 2019, 327.000 entro il 2020, 356.000 entro il 2021 e 296.000 entro il 2022 (diversamente dalle prime stime risalenti a fine 2018 in cui prospettava per il 2019 una platea più ampia: 600.000 e anche più).

 

Il ricorso a forme di pensionamento anticipato (rispetto all’età via via più alta imposta dalla legge) per alcune categorie di lavoratori (donne, lavoratori con disabili o anziani in famiglia, ecc.) o per determinati settori (ad es. pubblico impiego: comparto scuola e comparto sanità), è strettamente legato alle politiche riduttive del sistema pensionistico che a partire dagli anni ’80 i governi delle Larghe Intese hanno imposto in nome dell’UE e degli interessi delle banche e del sistema finanziario (fondi pensione).

A partire dagli anni ’80 la classe dominante ha trasformato il diritto strappato dai lavoratori alla pensione ad una età definita (in Italia era 55 anni per le donne e 60 per gli uomini), in un campo per affari e ha modificato il sistema pensionistico per servire il mercato finanziario: a questo servono i fondi pensione (gestiti da banche e agenzie finanziarie e immessi sul mercato finanziario, con il rischio per il lavoratore che ha investito di perdere tutto).

Le misure di pensionamento anticipato si basano fondamentalmente su anticipi che il lavoratore dovrà restituire quando maturerà l’età per la pensione di vecchiaia e su una riduzione della pensione effettivamente percepita (vai in pensione prima ma con una pensione ridotta).

Inoltre, la natura (ancora) pubblica della previdenza italiana, sottopone l’INPS (che è l’ente che eroga le pensioni) a continue pressioni in nome della riduzione della spesa pubblica dovuta all’erogazione delle pensioni.

L’insieme di questi fattori è “la lente” con cui inquadrare i provvedimenti volti a: 1. alzare l’età della pensione in connessione con l’aumento delle aspettative di vita della popolazione rilevate dall’ISTAT, 2. ritardare i pagamenti delle pensioni fino a 12 o 18 mesi dopo che il lavoratore ha maturato il diritto ad andare in pensione e smette di lavorare, 3. costringere i lavoratori ad alimentare  il “mercato delle pensioni” investendo in fondi pensione e assicurazioni private: la pensione diventa il rendimento di soldi  conferiti al sistema finanziario durante il periodo di lavoro.

 

I passaggi più gravi in questa direzione, sono avvenuti con:

Governo Dini, 17 gennaio 1995 - 18 maggio 1996

Nel 1995, la riforma Dini (Legge 8 agosto 1995, n. 335 "Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare"), ha modificato il sistema di calcolo della pensione, creando una disparità tra chi andrà in pensione con il metodo retributivo, cioè in base allo stipendio (tra questi rientrava chi nel 1995 aveva un’anzianità contributiva di almeno 18 anni) e chi andrà in pensione con il nuovo metodo contributivo, cioè in base ai contributi versati dai lavoratori e dalle aziende (stabilendo come data “spartiacque” il 31 dicembre 1995), creando così una disparità generazionale.

Oltre a questo la riforma Dini ha inaugurato la “svolta”, introducendo un nuovo sistema pensionistico basato su "due pilastri". Il primo pilastro è rappresentato dalla “previdenza obbligatoria” (INPS, Casse professionali, ecc.) che assicura la pensione di base. Il secondo pilastro è rappresentato dalla “previdenza complementare”: il lavoratore  può costituirsi una pensione aggiuntiva, ad es. attraverso fondi pensione (con il rischio, come già detto, di perdere tutto nel mercato finanziario).

 

▪ IV Governo Berlusconi, 8 maggio 2008 - 16 novembre 2011

 Il ministro Sacconi ha promosso in soli due anni, due riforme delle pensioni: la prima nel 2010 (Legge 30 luglio 2010, n. 122) e la seconda nel 2011 (Legge 15 luglio 2011 n. 111 e Legge 14 settembre 2011 n. 148), entrambe con l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica per le pensioni. Tra le principali modifiche, la riforma Sacconi:

- introduce un meccanismo permanente di adeguamento dei requisiti anagrafici per la pensione a partire dal 2013: l’età per andare in pensione deve aumentare in connessione con l’aumento delle aspettative di vita della popolazione rilevate dall’ISTAT;

- stabilisce che i lavoratori dipendenti del settore pubblico e del settore privato ricevono l’assegno della pensione 12 mesi dopo aver maturato i requisiti, mentre i lavoratori autonomi 18 mesi dopo (le “finestre”). Per quanto riguarda le lavoratrici dipendenti del settore pubblico, stabilisce di portare da 60 a 65 anni l’età per la pensione.

In sostanza, è il IV governo Berlusconi che prepara il terreno per la riforma Fornero, inserita nel Decreto Salva Italia del governo Monti nel 2011 e messa a punto in un solo mese (il governo Berlusconi cade a novembre 2011, la riforma Fornero è di dicembre 2011).

 

Governo Monti, 16 novembre 2011 - 28 aprile 2013

La riforma Fornero (Legge 22 dicembre 2011, n. 214) è uno dei provvedimenti  con cui il governo Monti impone alle masse popolari nuove politiche di austerità dettate dell’UE e agitando lo spauracchio del debito pubblico. La riforma Fornero è stata votata compattamente da tutti i partiti delle Larghe Intese (PD, PDL, UdC,  Futuro e Libertà per l'Italia e altri gruppi minori che ora si sono scagliati contro Quota 100 del Governo M5S-Lega e mobilitano contro di essa), ma non dalla Lega Nord e dall'Italia dei Valori di Di Pietro.

La riforma Fornero ha aggravato ulteriormente la condizione dei lavoratori e non solo di quelli che dovevano andare in pensione, smantellando in questo campo molti diritti acquisiti (come farà su larga scala Renzi con il Jobs Act, la Buona Scuola, ecc.), cosa che ha alimentato la sfiducia delle masse popolari nei partiti delle Larghe Intese e il loro discredito.

La riforma Fornero:

▪ ha esteso il metodo contributivo (calcolo della pensione in base ai contributi versati) anche ai lavoratori che la riforma Dini del 1995 aveva escluso: a partire dal 1° gennaio 2012 questi lavoratori subiscono un ricalcolo della pensione;

▪ ha disposto che, a partire dal 2019, l’innalzamento dell’età della pensione connesso all’aspettativa di vita da triennale diventa biennale, con la conseguenza che ogni due anni ci sono “incrementi”: ad es. 67 anni nel 2019 dovevano diventare 67 anni e 3 mesi nel 2021 e 67 anni e 4 mesi nel 2023 e via di seguito;

▪ ha aumentato i versamenti per la previdenza per dipendenti agricoli e lavoratori autonomi, artigiani e commercianti;

▪ ha accorpato nell’INPS, l’INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica) e l’ENPALS (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo);

▪ ha creato migliaia di “esodati”: lavoratori senza lavoro, senza stipendio e senza pensione. Così infatti si sono trovati diverse migliaia di lavoratori estromessi dal lavoro in anticipo, usufruendo di indennità di mobilità a termine (ad es. la CIG) con la scusa che a breve avrebbero  raggiunto l’età per la pensione.

La riforma Fornero è tuttora la legge di riferimento del sistema pensionistico del nostro paese.

 

3. La cabina di regia di Quota 100 e informazioni sull’INPS

L’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) è il principale ente previdenziale del sistema pensionistico pubblico italiano ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il Presidente dell’INPS è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei Ministri (è proposto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e dal Ministro dell'Economia e delle Finanze).  Resta in carica 4 anni.

Il Governo M5S-Lega ha approfittato della scadenza del mandato di Tito Boeri (nominato dal Governo Renzi il 24 dicembre 2014) e ha nominato Pasquale Tridico (M5S) alla presidenza e Maurizio Nori (Lega) alla vice-presidenza.

Tutti i lavoratori dipendenti pubblici o privati e la maggior parte dei lavoratori autonomi (quelli che non hanno una propria cassa previdenziale autonoma) devono essere iscritti all’INPS.

Le entrate dell’INPS sono costituite in massima parte (per circa il 70%) dai contributi versati dalle aziende a carico dei lavoratori o delle aziende stesse, mentre il resto delle entrate è costituito dal finanziamento statale per le attività di assistenza sociale.


L’INPS paga diversi vari tipi di pensione:

▪ pensione di vecchiaia

▪ pensione di anzianità

▪ pensione di reversibilità

▪ pensione di invalidità

▪ pensione di inabilità

▪ pensione supplementare di vecchiaia

▪ pensione in convenzione internazionale per il lavoro svolto all'estero.

 

Inoltre l’INPS paga diverse prestazioni a sostegno del reddito, fra le quali:

▪ indennità di disoccupazione

▪ indennità di malattia

▪ indennità di maternità

▪ assegno al nucleo familiare

▪ interventi della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria (CIGO e CIGS)

▪ interventi del fondo di garanzia TFR

▪ interventi per la TBC

▪ interventi per le cure balneo-termali

▪ interventi per la mobilità

▪ interventi per la disoccupazione agricola

▪ interventi per Legge 2 maggio 1990, n. 104 (regolamentazione delle servitù militari)

▪ pagamento delle prestazioni assistenziali erogate dal comune (assegno dopo terzo figlio).

 

Infine l’INPS svolge attività di certificazione e di controllo, fra le quali:

▪ dichiarazione ISEE

▪ gestione delle visite mediche di controllo ai lavoratori privati

▪ gestione delle autorizzazioni per il diritto agli assegni al nucleo familiare.

 

3.1 Le Casse gestite dall’ INPS

L’INPS ha progressivamente assorbito altri enti di previdenza pubblica (con le relative funzioni e strutture) ed è attualmente il principale ente di previdenza pubblica del nostro paese.

Nel 2003, INPS ha assorbito tutte le funzioni e le strutture del disciolto Istituto Nazionale di Previdenza per i Dirigenti di Aziende Industriali (INPDAI);

Nel 2011, per effetto della riforma Fornero, in INPS sono confluiti l’ENPALS (Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo) e l’INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica).

L’INPDAP  era nato nel 1994 (D.L. 479 del 30 giugno 1994) e aveva a sua volta inglobato altri enti:

- l'ENPAS (Ente Nazionale Previdenza Assistenza Dipendenti Statali), competente per la liquidazione del trattamento di fine servizio (indennità di buonuscita) al personale dipendente dallo Stato;

- l'INADEL (Istituto Nazionale Assistenza Dipendenti Enti Locali), competente per la liquidazione del trattamento di fine servizio (indennità premio servizio) ai dipendenti degli enti locali;

- l'ENPDEP (Ente Nazionale Previdenza Dipendenti Enti Diritto Pubblico), competente per la liquidazione dell'assegno funerario al personale dipendente dagli enti di diritto pubblico.

L’INPS ha quindi ereditato le casse previdenziali che l’INPDAP gestiva:

Cassa pensioni dipendenti enti locali (CPDEL)

Cassa pensioni ufficiali giudiziari e aiutanti ufficiali giudiziari (CPUG)

Cassa pensioni insegnanti (CPI)

Cassa pensioni sanitari (CPS)

Cassa trattamenti pensionistici statali (CTPS)

Dal 2011 l’insieme di queste casse è gestito dall’INPS. Ad oggi, gli Enti privati che gestiscono la previdenza obbligatoria sono ancora circa una ventina e le casse di gestione sono suddivise in due categorie, in base alla data in cui è avvenuta la privatizzazione:

-  le gestioni nate con il Dlgs 509/1994 riguardano: Avvocati, Dottori Commercialisti, Ingegneri e Architetti, Farmacisti, Geometri, Ragionieri, Farmacisti, Veterinari, Giornalisti, Medici, Consulenti del lavoro e Notai;

- le gestioni nate con il Dlgs 103/1996 riguardano: Infermieri professionali, Periti agrari, Periti industriali, Psicologi e Biologi nonchè la Cassa Pluricategoriale a cui sono iscritti Chimici, Attuari, Dottori agronomi e Forestali e Geologi.