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Avviso ai naviganti 130

6 ottobre 2023

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Fosco Giannini, Pietro Secchia e la struttura organizzativa del partito comunista

Un articolo e due domande

Segnaliamo ai lettori di questo Avviso ai Naviganti l’articolo di Fosco Giannini Pietro Secchia e la concezione leninista e gramsciana del partito comunista, che Cumpanis ha pubblicato il 7 luglio 2022 e riproposto il 27 settembre 2023 per il convegno su Secchia che il Centro Studi Nazionale D. Losurdo, Interstampa e Cumpanis hanno tenuto il 30 settembre presso il Circolo Culturale “Concetto Marchesi” di Milano. Nel suo articolo Giannini

- sostiene che la struttura organizzativa di un partito comunista deve basarsi principalmente su cellule di azienda, non principalmente (e tantomeno solamente) su sezioni territoriali,

- spiega che questa concezione della struttura organizzativa del partito comunista è stata elaborata da Lenin in rottura con la prassi corrente nei partiti della II Internazionale e che nel PCI Gramsci l’ha promossa nel periodo in cui è stato segretario (1923-1926) nell’ambito della bolscevizzazione del partito,

- indica in Secchia il promotore e attuatore esemplare di questa concezione del partito per tutto il periodo in cui, dal 1946 al 1954 (quando venne emarginato all’interno del PCI), ha ricoperto il ruolo di Responsabile dell’Organizzazione del PCI.

Con il suo articolo Giannini tratta della struttura organizzativa del partito comunista come se fosse indipendente dalla linea che segue e dal contesto in cui opera ed elude il bilancio (perché in Italia la vittoria della Resistenza non ha portato verso il socialismo, ma al regime DC).

Il problema è che mentre Secchia faceva quel partito dalla struttura organizzativa che Giannini esalta, Valletta e gli altri padroni si riprendevano le fabbriche che erano in mano ai partigiani comunisti, Sereni predicava di consegnargliele nell’ambito della collaborazione tra masse popolari, borghesia e clero nella gestione della società, Togliatti firmava l’amnistia per i fascisti che portò alla scarcerazione di tutti i grossi dirigenti repubblichini, De Gasperi, Einaudi e altri che avevano vivacchiato con il fascismo assumevano la direzione del paese e cacciavano dal governo Togliatti, Scoccimarro e gli altri ministri comunisti.

In concreto due sono le domande da porsi oggi di fronte all’articolo di Giannini.

1. Nel 1946 la questione decisiva ai fini della lotta per instaurare il socialismo in Italia era la struttura organizzativa del PCI o era la linea per far avanzare la rivoluzione socialista sviluppando le posizioni raggiunte con la vittoria della Resistenza?

2. Dopo che il PCI aveva promosso e diretto la Resistenza ed era entrato nel governo con gli altri partiti del CLN, la battaglia centrale era quella per moltiplicare le cellule di azienda o quella per assumere le misure politiche, finanziarie, economiche e sociali adeguate alla trasformazione generale del paese?


La struttura organizzativa del partito dipendeva dalla battaglia per prendere misure quali:

1. radicare i CLN nelle aziende, nei municipi, nelle questure e prefetture e nel resto delle istituzioni statali, rendendole organismi del nuovo potere delle masse popolari organizzate;

2. arruolare nelle aziende dirette dai CLN tutti gli operai e i disoccupati impiegandoli nella ricostruzione post-bellica, favorendone la mobilitazione e il controllo della produzione;

3. moltiplicare e coordinare tra loro le organizzazioni di massa esistenti (unioni di giovani, donne, sindacati, case del popolo, ecc.);

4. punire esemplarmente i maggiori dirigenti fascisti ed epurare gli apparati statali da funzionari compromessi in forma grave con il fascismo e in particolare da quelli che sabotavano e cospiravano contro il rinnovamento del paese (cambio della moneta e altro);

5. appoggiare incondizionatamente le rivolte contro la fame scoppiate già nel corso della guerra in tutto il paese (specialmente al Sud, vedi la rivolta avvenuta il 19 ottobre 1944 a Palermo - sotto il governo italiano già dal 10 febbraio 1944 - e conclusa con 24 dimostranti uccisi e 158 feriti da parte del regio esercito italiano) e l’occupazione delle terre: il PCI ebbe fin da subito un grande seguito anche al Sud dove non vi era stata la Resistenza e sarebbe stato ancora maggiore se avesse appoggiato senza riserve legalitarie le rivendicazioni popolari;

6. attuare a tutti i costi il cambio della moneta, togliendo così ai ricchi, alla Chiesa e ad altri centri di potere la disponibilità di masse di denaro con cui assoldare e corrompere gente e finanziare operazioni clandestine;

7. assegnare potere legislativo alla Costituente, appoggiando e valorizzando l’azione del governo Parri (21 giugno - 24 novembre 1945) ispirato ai valori della Resistenza e non diventare succube del connubio DC-Vaticano;

8. insistere sull’eliminazione dei Patti Lateranensi stipulati durante il fascismo (11 febbraio 1929) e imporre la separazione tra Stato e Chiesa, requisire tutte le strutture del Vaticano a fini di pubblica utilità (la Corte Pontificia aveva messo in conto l’eventualità di dover evacuare, tanta era stata la sua compromissione con il fascismo).


L’organizzazione decide di tutto”, come insegnava Stalin, ma “una volta definita la linea”

Nel ‘45 il PCI aveva mobilitato le masse popolari a fare la guerra civile ed era divenuto l’effettivo Stato Maggiore della classe operaia in armi. Si trattava a quel punto di mobilitare le masse popolari a ricostruire il paese nell’ambito di una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. L’ala destra del PCI era contraria all'instaurazione del socialismo: era convinta e comunque sosteneva che non era possibile, stante i rapporti di forze in Italia e nel mondo. Su questa base Togliatti raggruppava attorno a sé tutti gli opportunisti e filo-borghesi presenti nel PCI e si saldava con la borghesia. L’ala sinistra del Partito, di cui in quella fase Pietro Secchia era il principale esponente, era convinta che la linea che il PCI stava seguendo era sbagliata, ma non aveva una linea alternativa. Criticava, reclamava, proponeva di fare “qualcosa di più” di quello che il PCI già faceva, ma non aveva una linea rivoluzionaria da opporre a quella della convivenza nella Repubblica Pontificia e nelle sue istituzioni, la linea patrocinata da Togliatti. In sostanza la linea dell’ala sinistra consisteva nel contestare la linea dell'ala destra.


Gramsci nel 1923, nel suo scritto Che fare?, a proposito della fallita instaurazione del socialismo durante il Biennio Rosso (1919-1920) dice che quello che è necessario fare, per riprendere il cammino, è una spietata autocritica della debolezza del PCI per comprendere i motivi della sconfitta del 1922 (avvento del fascismo). La principale ragione della “debolezza dal punto di vista rivoluzionario dei partiti proletari italiani”, secondo Gramsci, stava nel non aver avuto una concezione del mondo autonoma da quella borghese e clericale, nel non averla diffusa tra i loro militanti e conseguentemente non averla resa guida per l’azione dei comunisti. Gramsci non parte dalla loro struttura organizzativa.

Oggi il partito comunista e il conseguente movimento comunista cosciente e organizzato si formano (devono formarsi) sulla base di questo bilancio. È un’illusione oggi pensare che partito comunista e movimento comunista cosciente e organizzato acquistino nuovamente prestigio e seguito tra le masse popolari italiane se i loro promotori e via via i loro membri non danno prova, e quindi le masse popolari non si rendono conto per loro esperienza,

che i comunisti hanno superato i limiti che li portarono a sprecare prestigio e seguito e la grande dedizione con cui le masse popolari nel periodo 1945-1975 erano disposte a lottare,

che hanno superato i limiti a causa dei quali il vecchio PCI via via liquidò la forza politica e militare che la classe operaia e le masse popolari avevano raggiunto con la lotta partigiana culminata nella Resistenza contro i nazifascisti.


Il movimento comunista rinasce perché supera i limiti che nei paesi imperialisti gli hanno impedito di condurre la prima ondata della rivoluzione proletaria fino all’instaurazione del socialismo!

Oggi nei paesi imperialisti il movimento comunista è ancora in preda allo sbandamento ideologico (nel campo della teoria e della politica) e disgregato (in campo organizzativo) a causa della sconfitta subita dalla prima ondata della rivoluzione proletaria. In questo momento chi trascura il bilancio (perché la borghesia e il clero ci hanno sconfitto) e si concentra sulla struttura organizzativa, fa un cattivo servizio alla rinascita del movimento comunista. Solo con una concezione del mondo d’avanguardia grazie alla quale il partito comunista è capace di elaborare una linea giusta e tattiche efficaci, il movimento comunista può rinascere. Questo è il terreno su cui devono impegnarsi i comunisti.