Che cosa significa insorgere e convergere in Emilia Romagna?

     

24.11.2022 - Comitato di Partito Fratelli Cervi - Comunicato n.14


La ricca e articolata mobilitazione operaia e popolare emiliano-romagnola confluita nel corteo Insorgere per convergere del 22 ottobre scorso a Bologna è stata un'utile scuola per imparare, con superiore consapevolezza e slancio, a usare l'arma principale che i lavoratori e il resto delle masse popolari hanno nelle loro mani: la loro mobilitazione, la loro organizzazione e il loro coordinamento in ogni dove. Da Ravenna a Piacenza, passando per Bologna e le altre città, la strada per insorgere e convergere in Emilia Romagna è quella di mettere in moto gruppi e collettivi di lavoratori come quello della ex GKN di Campi Bisenzio (FI), a partire dalle aziende capitaliste e pubbliche.

 

Il compito dei comunisti è quello di far crescere la mobilitazione e l'organizzazione delle masse popolari, orientandole e guidandole verso un obiettivo di governo e di potere, il loro. In quest'opera, la classe operaia è la spina dorsale: da essa è necessario andare e partire per insorgere e per convergere pienamente.

Insorgere e convergere significa fare con ordinarietà e in piccolo (cioè zona industriale per zona industriale, quartiere per quartiere, città per città) quanto fatto per la riuscita del corteo stesso, dove le bandiere della GKN e del movimento ambientalista locale hanno fatto da calamita per l'intera regione. Un risultato raggiunto perché per settimane ci si è incontrati, si è dibattuto, si sono fatte iniziative e pratiche comuni oltre gli steccati. Perché si è messo al centro l'interesse delle masse popolari organizzate, concependo una data come fosse una tappa di un percorso ben più lungo.

 

Se a ciò aggiungiamo le contraddizioni interne al sistema di potere locale in rapida evoluzione (non da ultimi il rimpasto della giunta regionale e le candidature alla segreteria nazionale del PD di Stefano Bonaccini ed Elly Schlein) è sempre più manifesta la possibilità di sfruttare tutti gli appigli che la situazione offre per invertire la rotta. Di queste contraddizioni, a partire dai comunisti, è necessario avvalersi anche perché la realtà, non fa sconti a nessuno. Costringe il nemico a doversi barcamenare tra equilibri, al suo interno e verso le masse popolari, sempre più precari. Diversi sindaci PD hanno preso le difese pubbliche delle multiutility IREN e HERA mentre i loro assessori scendevano in piazza a fianco di chi chiedeva case e bollette dignitose. Che gli iscritti CGIL facciano pressione sulle Camere del Lavoro (e i loro CAF) perché diventino sportelli popolari contro il carovita sarebbe un buon modo per rendere questi equilibri ancora più instabili. Non solo, da un lato, la cupola della CGIL spalleggia i vertici del PD (e quindi le Larghe Intese) mentre dall'altro deve fare i conti con una base stanca di queste logiche: il tessuto produttivo emiliano-romagnolo, dal ceramico alla pesca, dalla metalmeccanica alla logistica, offre praterie infinite per portare in ogni dove gli insegnamenti della lotta del Collettivo di Fabbrica e degli operai della GKN di Firenze.

 

È così che si dà forza e slancio alla vasta rete di Organizzazioni Popolari (OP) tematiche e territoriali, soprattutto ambientali, che è presente in regione: dalle aziende alle città e viceversa, come fatto dai lavoratori GKN negli anni con il resto della piana fiorentina. Ogni lavoratore respira la stessa aria inquinata di tutti, viene colpito dallo stesso scempio del territorio di tutti ed è bersagliato dal carovita comune. Ecco quindi il senso, e la sua traduzione, dell'insorgere e convergere in Emilia Romagna: che le OP vadano fuori dai cancelli delle aziende e chiamino i lavoratori a contribuire; che le Organizzazioni Operaie (OO) e i lavoratori vadano nelle piazze e contribuiscano alle lotte popolari. Che i lavoratori della logistica di Piacenza, di Modena e di Parma combattano a fianco e dentro le OP contro il consumo di suolo. Che chi si mobilita contro le grandi opere inutili e dannose a Bologna e a Reggio Emilia vada a volantinare davanti alle aziende dell'automotive e si unisca ai lavoratori per lottare contro lo smantellamento del sistema produttivo regionale. Che i lavoratori dell'ENI e i portuali lottino contro i rigassificatori a Ravenna e contro il carovita e che quindi gli sportelli popolari contro caro affitti e caro bollette si facciano ai cambi turno, ai Pronto Soccorso e alle facoltà universitarie. Che gli iscritti e i delegati CGIL alle prese con le assemblee congressuali decidano di aderire e partecipare allo sciopero generale lanciato dai sindacati di base del 2 dicembre.

 

Non lasciamo che il 22 ottobre e ciò che lo ha preceduto siano una parentesi.

Solo il fare dell'Italia un nuovo paese socialista è la soluzione.

La costituzione di un governo d'emergenza delle masse popolari è prendere, qui e ora, in mano la situazione.

Per trasformare il malcontento e la protesta in rivoluzione socialista servono comunisti: arruolati nel (nuovo) Partito Comunista Italiano!

 

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