Due insegnamenti a cento anni dalla fondazione del primo Partito comunista italiano

     

13 febbraio 2021 - Comunicato numero 21 del Comitato Aurora del (nuovo)Partito comunista italiano

Due insegnamenti a cento anni dalla fondazione del primo Partito comunista italiano

Quando non si ha l'iniziativa nella lotta e la lotta stessa quindi finisce con l'identificarsi con una serie di sconfitte, il determinismo meccanico diventa una forza formidabile di resistenza morale, di coesione, di perseveranza paziente. "Io sono sconfitto, ma la forza delle cose lavora per me a lungo andare". È un "atto di fede" nella razionalità della storia che si traduce in un finalismo appassionato, che sostituisce la "predestinazione" ecc. della religione. (...) Ma quando il subalterno diventa dirigente e responsabile, il meccanicismo appare prima o poi un pericolo imminente, avviene una revisione di tutto il modo di pensare perchè è avvenuto un mutamento nel modo d'essere: i limiti e il dominio della "forza delle cose" vengono ristretti, perchè? Perchè, in fondo, se il "subalterno"era ieri una "cosa", oggi non è più una "cosa" ma una "persona storica", se ieri era irresponsabile perchè "resistente" a una volontà estranea, oggi è responsabile perché non "resistente", ma agente e attivo.

Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 11, Nota 12


Il primo insegnamento

Gramsci, fondatore del primo Partito comunista italiano nel gennaio del 1921 e suo più alto dirigente, nel 1932 è in carcere e scrive le parole sopra riportate. Parla delle classi delle masse popolari e della classe operaia in primo luogo, che diventano attive, protagoniste della storia, partecipi della gestione della società e di se stesse e anzi dirigenti della vita collettiva e individuale. Se fino a un certo punto hanno resistito, aspettando che "la storia desse loro ragione", che i "nodi venissero al pettine", e quindi fino a quel punto hanno atteso che la soluzione dei problemi venisse da fuori come i credenti confidano nella Provvidenza, a un certo punto gli appartenenti a queste classi, quelli che finora sono stati "subalterni" o "cose" capiscono che sono loro a fare la storia e dall'attività che sta nel resistere passano all'attività che costruisce il mondo nuovo, conforme ai loro più alti pensieri e sentimenti. Gli appartenenti a queste classi che fino a ieri hanno aspettato che la rivoluzione scoppiasse ora iniziano a costruirla. Gli appartenenti alle classi delle masse popolari e allo loro testa quelli che appartengono alla classe operaia si rendono conto della propria intelligenza e della propria forza. Il primo grande insegnamento a un secolo dalla fondazione del primo Partito comunista italiano è quello che ci mostra la forza delle masse popolari e della classe operaia alla loro testa. Gramsci lo mostra e gli esempi che provano la verità di ciò che dice sono innumerevoli.

Prima di elencare gli esempi più importanti facciamo attenzione a un altro aspetto che Gramsci pone. La forza di cui parla è cosciente. Il passaggio da una fase antica a questa nuova non è l'esplosione di una forza troppo a lungo compressa, ma è la coscienza di questa forza. La coscienza di sè che la classe operaia e le altre classi delle masse popolari hanno è il partito comunista. Gramsci, che scrive sotto l'occhio della censura fascista, non può dirlo ma si aspetta che noi lo comprendiamo. Ricapitolando, quindi, il primo insegnamento è che sono le masse popolari a fare la storia e a trasformare il mondo con la scienza che elaborano, sperimentano, assimilano, diffondono tramite il loro partito comunista. Tutto quello che può fare la classe nemica è cercare di fermare questa forza e infatti tutta la storia degli ultimi cento anni è storia degli sfruttati che si liberano dallo sfruttamento (dall'oppressione, dalla miseria, dall'ignoranza, dall'abbrutimento e da tutto ciò che segue) e storia degli sfruttatori che cercano di impedire questo processo di liberazione.

Un esempio di questo è il Biennio Rosso, con le mobilitazioni di operai, contadini, soldati che si estesero in tutta Italia, movimento che la borghesia riuscì ad arrestare solo con la dittatura terroristica, e cioè con il fascismo. Il Biennio Rosso soprattutto con l'occupazione delle fabbriche a Torino del 1920 mostra quale forza ha la combinazione della forza operaia con il partito, della spontaneità con l'organizzazione. Ma anche dei limiti di quel partito (in quel caso il PSI). Gramsci fu protagonista di questa occupazione e questo ha in mente quando scrive in carcere, dodici anni dopo.

Un esempio di questo è lo sciopero operaio del marzo 1943, organizzato dal Partito comunista italiano, di tale forza che il regime fascista non riuscì a reprimerlo. Il fascismo, che negli anni Venti era bastato per fermare la classe operaia, ora non riusciva più a farlo. Serviva intervenissero altri, e lo fecero gli imperialisti angloamericani, che sbarcarono in Sicilia il 9 luglio. A fine luglio Mussolini fu arrestato dallo stesso Gran Consiglio del Fascismo e a inizio agosto il Partito Nazionale Fascista, mostratosi incapace di avere ragione della classe operaia, fu sciolto. Tanta rapidità era dovuta al terrore degli imperialisti americani e inglesi e del Vaticano che anche l'Italia diventasse un paese socialista, come lo era l'Urss, la cui Armata Rossa avanzava verso Berlino senza più freno dopo la vittoria del febbraio 1943 a Stalingrado. Questi sono due tra i più grandi esempi per il nostro paese del fatto che la forza creatrice della storia umana è diventata la classe operaia con il suo partito comunista e che solo i limiti del partito comunista non hanno portato a compimento l'opera di fare dell'Italia un paese socialista.

Il secondo insegnamento

Questo primo insegnamento è positivo. Il secondo è negativo. Entro la classe operaia e entro le altre classe delle masse popolari la coscienza della propria forza può mancare, e può venire a mancare anche se ha animato percorsi gloriosi. Quando manca o si arretra di nuovo alla condizione di cui parla Gramsci, tornando a una resistenza sorda in attesa della riscossa come si attende un temporale che dia acqua alla terra, o non si confida più in noi stessi, ma in altri. In entrambi i casi si torna alla passività, ma nel secondo caso si rinuncia all'azione politica e la si delega a professionisti, che se ne occupano nelle sedi apposite, e cioè nelle amministrazioni locali e a livello nazionale nei parlamenti gestiti dalla borghesia. Mentre nel primo caso la classe borghese è considerata ciò che è, e cioè una classe nemica con la quale il rapporto è di guerra, nel secondo caso si presume che il tempo delle inimicizie sia finito, che con la borghesia ci si può accordare o anche che possiamo indurla a fare il bene nostro e di tutti con la lotta politica nel suo parlamento e

nelle altre sedi, che, insomma, non è più tempo di guerre nè di rivoluzioni. La storia dei cento anni che ci separano dalla fondazione del primo partito comunista italiano mostra che questa è una opinione illusoria, che la borghesia non ha alcun interesse a fare il bene della società ma è interessata solo a fare il proprio, e che per farlo condanna tutta la società alla miseria, alla desolazione e infine alla guerra.

Un esempio importante perchè ha a che fare con la storia del partito comunista italiano è la svolta di Salerno dell'aprile del 1944, con cui il capo del PCI Togliatti iniziò a trattare con le altre forze politiche incluse quelle monarchiche, responsabili del disastro in cui versava il paese con la sua popolazione, e progressivamente trasformò questa che era una misura tattica in una strategia, portando il partito a scegliere come principale campo di azione quello del confronto con le forze della borghesia e del clero, confronto che dopo una decina d'anni sarebbe diventato abbandono definitivo della prospettiva rivoluzionaria accompagnata dalla promessa che le masse popolari avrebbero via via migliorato le loro condizioni materiali e spirituali senza dovere usare la forza, senza fare la rivoluzione. Di fatto, questo significò accodarsi all'azione della borghesia. L'accodarsi odierno alla corte di Draghi è risultato di questo processo intrapreso in quei decenni.

L'accodarsi a Draghi vale anche per molta parte dei dirigenti del Movimento Cinque Stelle. Sorto come mobilitazione delle masse popolari autonoma, a fronte di una cosiddetta "sinistra" che tutto faceva escluso l'interesse dei lavoratori, è stato un esempio del primo insegnamento, e cioè che la forza delle masse popolari è dirompente e che le masse popolari possono organizzarsi e travolgere questa classe politica che da quaranta anni sta conducendo il paese a una rovina sempre più evidente, a una catastrofe che assume dimensioni quali quelle delle devastazioni belliche. Possono farlo anche senza che vi sia un punto di riferimento politico e organizzativo esistente, anche solo seguendo l'appello di uno quale è stato ai suoi tempi d'oro Beppe Grillo. Però quelli che hanno pensato, costruito, votato il M5S possono rovesciare in negativo l'insegnamento, e trarne la conclusione che se l'esperienza non è riuscita allora non c'è più niente da fare e non resta che tornarsene a casa, rassegnarsi o affidarsi alla Meloni. Questo modo di pensare e di sentire è falso: è stato proprio il cessare della partecipazione delle masse popolari e del loro attivarsi a segnare l'inizio della corruzione e dell'arretramento. È sbagliato pensare che la partecipazione può cessare una volta che abbiamo messo i nostri rappresentanti nel parlamento borghese, come se la scienza e l'azione politica dovessero essere cosa da professionisti. In parlamento le aspirazioni giuste e sacrosante delle masse popolari non sono realizzate da chi abbiamo mandato a rappresentarci: in parlamento quelli che abbiamo mandato a rappresentarci si dividono in due schiere, e cioè quelli che una volta ai vertici tirano l'acqua al proprio mulino e quelli che vogliono mantenersi onesti ma non sopravvivono, come gli agnelli non sopravvivono tra i lupi. È stato quindi un errore l'atteggiamento di chi, dopo le vittorie che hanno portato il M5S a essere maggioranza in parlamento, ha detto: "Ora stiamo a vedere". Era invece quello il momento di continuare l'azione che aveva portato alla vittoria, di consolidare e dare continuità alla partecipazione che tanto grande risultato aveva generato, e ancora è il momento di farlo, perchè è solo questa partecipazione la forza che costruisce il futuro, spazza via la putrefazione politica e morale, rigenera l'economia.

Molti che hanno confidato nel M5S sono operai (e molti di loro al momento in cui hanno visto l'inerzia e il cedimento di molti dirigenti del M5S hanno anche spostato i loro voti in massa verso la Lega, partito diretto da uomini come Salvini che oggi mostra la sua sostanza inginocchiandosi di fronte a Draghi). Proprio gli operai sono il più solido esempio di quanto è il protagonismo delle masse popolari organizzate e tra di esse degli operai la forza che cambia il mondo, fa piegare la testa ai padroni, insegna il da farsi ai politici. Gli operai della Bekaert di Figline Valdarno hanno scritto l'unico testo che ha creato frattura nel Jobs Act, generando così uno scudo a difesa di centinaia di migliaia di operai nelle loro stesse condizioni, e lo hanno dettato a un Di Maio come il maestro detta allo scolaro. Vinta questa battaglia, quegli operai hanno lasciato la fabbrica delegando a trattare per il loro futuro ai dirigenti sindacali (i quali battibeccando tra di loro hanno scelto ciascuno una strada opposta all'altra ma entrambe identiche in quanto all'inconcludenza) e ai politici del MiSE, i Di Maio e i Patuanelli. Il MiSE che quando risolve una crisi ne lascia irrisolte cento e dove il problema risolto oggi si ripresenta domani. Ora sono privi di futuro, con il dirigente della Cgil che accusa i politici e magari quelli di Cisl e Uil, e quelli della Cisl e della Uil che fanno lo stesso, mentre nella fabbrica crescono i rovi.

La coscienza della propria forza nella classe operaia e nelle altre classi delle masse popolari è il seme del futuro. Impariamolo. Non gettiamo questo seme nella fanghiglia argillosa, che lo soffoca. Coltiviamolo con costanza e riprendiamo il percorso intrapreso costruendo organizzazioni operaie e organizzazioni popolari attive per ciascuno degli impegni che abbiamo, nei posti di lavoro, nei territori, nelle famiglie, unendoci al di là dei pregiudizi ideologici ma sulla base della difesa e dell'estensione di tutto ciò che abbiamo conquistato negli ultimi sessanta anni. Coordiniamo queste organizzazioni operaie e popolari così che diventino la base di un governo di emergenza, che faccia legge delle loro decisioni come Di Maio fece legge delle decisioni degli operai Bekaert. Chi tra gli operai e tra gli altri elementi delle masse popolari ha massima consapevolezza della posta in gioco e delle prospettive che si aprono alla classe quando ha coscienza della propria forza, che è determinato a usare questa forza, si unisca al (nuovo)Partito comunista italiano, costruisca un Comitato di Partito, diventi un uomo nuovo, conduca la guerra contro la classe nemica fino alla vittoria.

Basta con l'attendere! Basta con la sfiducia! Viva il governo delle masse popolari organizzate!

Per informazioni, vedi il sito del (nuovo)Partito comunista italiano in www.nuovopci.it, dove trovate anche le istruzioni per utilizzare metodi di comunicazione protetti (TOR e PGP). Comunicazioni con il CdP Aurora al recapito theaurors@netcourrier.com

Comitato Aurora del (nuovo)Partito comunista italiano

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