Lettera aperta alle compagne e ai compagni dell’area FGC ed ex PC Rizzo: eleviamo il dibattito franco e aperto per alimentare la rinascita del movimento comunista cosciente ed organizzato in Emilia Romagna e nel resto del Paese!

   

05.09.2020 - Comunicato n.4 del Comitato di Partito “Fratelli Cervi”

 

Per fare dell’Italia un nuovo paese socialista è necessario avanzare nella rinascita del movimento comunista cosciente ed organizzato anche in Emilia Romagna: realizzare ciò e alimentare quindi la costruzione del nuovo potere delle masse popolari organizzate in regione, a partire dal suo Stato Maggiore e cioè il Partito Comunista, è un’esigenza dettata 1. dal ruolo economico, politico, sociale e culturale che questa Regione ha oggi nel nostro Paese e 2. dal lascito che la prima ondata della rivoluzione proletaria ha qui sedimentato. Patrimonio questo, gran parte del quale, ancora punto di riferimento per tutte quelle compagne e quei compagni che negli ultimi mesi hanno vissuto da protagonisti la spaccatura tra PC – FGC prima e che poi sono fuoriusciti da PC stesso. È a loro che ci rivolgiamo principalmente con questa lettera aperta perché ciò che avviene in ogni Partito e organizzazione che si dichiara comunista non è mai un fatto “proprio”, “privato” ma diventa bagaglio e materia dell’intero movimento.

 

Dal canto nostro, il bilancio scientifico del movimento comunista che ci ha preceduto insegna che non esiste un partito comunista grande e forte fin dal principio ma che si trattava di dover costruire “un partito con una linea giusta e strutturato per attuarla ad ogni costo. L’esperienza del PCI insegna che un partito comunista seppur piccolo ma con una linea giusta (la Resistenza contro il nazifascismo) ha cambiato il paese, mentre diventato grande ma con una linea sbagliata (la “via parlamentare al socialismo”) si è disgregato e poi estinto” (1). È questo l’insegnamento da cui, necessariamente, partire.

 

Il contesto in cui siamo chiamati a operare

L’Emilia Romagna è una delle principali “locomotive” economiche e produttive nazionali (insieme a Lombardia e Veneto) in diversi settori quali la metalmeccanica, ben rappresentata dal gruppo FCA-CNHi e il suo indotto; il biomedicale con il distretto di Mirandola; l’agricoltura con la “filiera corta” del Po e quella del Parmigiano Reggiano; i distretti delle carni del modenese e del parmense; la siderurgia dislocata in più parti, comprensiva della Marcegaglia a Ravenna; il turismo delle città emiliane e quello della costa romagnola; fino alla Logistica che, per sua posizione geografica, l’Emilia Romagna ne risulta essere un nodo nevralgico.

A ciò si aggiunge il peso finanziario che cooperative e realtà locali (in passato soprattutto nel settore edilizio e oggi bancario come il CREDEM) hanno assunto, spesso a braccetto con la ’Ndrangheta e sotto l’ala protettiva del Partito Democratico.

Un partito di governo, il PD, che sotto la direzione di Bonaccini prosegue nella devastazione del territorio e nei tagli al Sistema Sanitario locale, fino ad arrivare a far sì che l’Emilia Romagna diventasse una “piccola Lombardia” per quanto riguarda i risultati della gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Nonostante le veline e l’atteggiarsi in doppio petto da salvatore della Patria di Bonaccini e soci, questo è il vero volto dell’Amministrazione nostrana.

 

Ma la regione pullula di un variegato sommovimento, in termini di organizzazione e coordinamento, nella classe operaia e nel resto delle masse popolari in ogni ambito della società: i fermi spontanei della produzione da parte dei lavoratori per la tutela della salute, le Brigate di Solidarietà, i comitati di operai e quelli contro la speculazione e la  difesa ambientale e sanitaria, dei familiari delle vittime in RSA e CRA: questo il materiale rivoluzionario “grezzo” su cui devono lavorare i comunisti, procedendo attraverso l’analisi di classe (2) e partendo dall’ampia resistenza spontanea che le masse popolari oppongono al disastroso corso delle cose imposto dalla classe dominante.

Dare indirizzo e sbocco unitario a questa rete “frammentata” di organizzazioni operaie e popolari è parte del compito che i comunisti fanno proprio e che devono fare proprio, elaborando una strategia e una tattica adeguate come fecero i bolscevichi trasformando i Soviet in organismi del nuovo potere del proletariato.

 

Il dibattito franco e aperto e la lotta ideologica sono armi formidabili nelle nostre mani per la rinascita del movimento comunista!

L’esperienza dei comunisti vittoriosi che ci hanno preceduto ci insegna che non bisogna temere il confronto, per quanto duro e aspro esso sia (3), perché l’obiettivo è la vittoria della rivoluzione socialista prima e l’instaurazione del socialismo poi e ogni scoperta o limite lungo la via sono ricchezze che non possiamo permetterci di dissipare. Inoltre, discutere francamente è anche una delle migliori strade  per evitare che forze rivoluzionarie sane si ritirino a vita privata, una perdita per tutti e un favore al nemico.

È con questo spirito costruttivo, anche perché non sono fatti accidentali, che non possiamo fare finta di nulla rispetto a quanto avvenuto ed è in corso nell’area politica che ha visto il Fronte della Gioventù Comunista (FGC) rompere il patto d’azione con Partito Comunista  (il cui segretario è Marco Rizzo) e le dimissioni delle federazioni di Bologna e Reggio Emilia di Partito Comunista a fine giugno scorso.

 

In questi mesi, andando oltre le tifoserie da stadio e le beghe personali, abbiamo avuto modo di confrontarci direttamente e indirettamente con diversi compagni e, tra le varie questioni emerse, ce ne sono alcune che meritano degli approfondimenti, in quanto posizioni largamente diffuse e radicate.

In primo luogo, diversi di quei compagni allontanatisi da PC perché delusi e volenterosi di costruire un partito comunista rivoluzionario, ci hanno posto nuovamente la questione della nostra clandestinità come “ostacolo insormontabile” tra noi e loro. Alcuni, temono che legarsi al (n) PCI sia fonte di repressione da parte del nemico ma uno dei significati propri della clandestinità è proprio quello di fornire una massima forma di tutela perché il nemico non sa chi sono i membri del (n) PCI. Non solo, ma la clandestinità è stata una scelta ponderata anche sulla base dell’esperienza dei Partiti Comunisti che ci hanno preceduto: ad esempio, il primo PCI fu costretto alla clandestinità, la subì e da questa amara lezione Gramsci arrivò a rendersene conto solo nel periodo 1932-1935. Il (n) PCI l’ha invece scelta consapevolmente, per poter pensare liberamente ed essere fuori dal controllo del nemico.

La clandestinità consente di evitare la trappola in cui tanti sani compagni sono caduti, ovvero fare tifoseria per uno o per l’altro leader: infatti, alcuni ci hanno detto “ma se non conosciamo nessuno del (n) PCI, come facciamo a fidarci?”. Domanda legittima, la cui risposta è che si deve valutare il Partito dalla sua linea, sperimentando la sua teoria nella pratica verificando se è coerente o meno alla lotta di classe in corso. Collaborare attivamente (4) è la strada migliore per superare queste titubanze!

La scelta della clandestinità quindi, “non cade dal cielo”: essa va inquadrata nel solco della natura e nella forma della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti e cioè una guerra popolare rivoluzionaria e di lunga durata. Questa guerra  è promossa dal partito comunista stesso, a prescindere da quanto è “grande” all’avvio della sua opera: l’aspetto discriminante è che si fondi sulla concezione comunista del mondo (oggi il marxismo-leninismo-maosimo) raccogliendo e formando le forze rivoluzionarie necessarie. La conoscenza e lo studio dell’esperienza dell’Internazionale Comunista (1919 – 1943) lo confermano (5) e infatti l’assenza di una corretta linea per quanto  riguarda la forma della rivoluzione socialista fece sì che nessuno dei partiti comunisti nei paesi imperialisti ed interni all’Internazionale Comunista portò a compimento l’opera intrapresa.

Quindi, la concezione per cui prima si fa il “Partito grande e forte” e poi si interviene nella lotta di classe porta inevitabilmente all’immobilismo e alla stagnazione perché la natura del Partito è una questione che attiene alla strategia rivoluzionaria e “il rapporto tra il “forte partito comunista” e lo “sviluppo della strategia rivoluzionaria” è che il partito diventa forte se segue una strategia giusta (giusta perché definita sulla base di quello che l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ci insegna in proposito e dell’analisi della società attuale) e se la attua strenuamente, coerentemente, creativamente, e quindi è costituito, funziona, seleziona e forma i suoi membri a questo fine” (6).

Infatti, i Partiti Comunisti che sono arrivati alla vittoria sono partiti con poche decine quando non unità di compagni se pensiamo ai primi nuclei nell’impero russo zarista e in Cina e sono diventati grandi e guida del proletariato nel fuoco della lotta, seguendo una strategia giusta e conforme alle condizioni specifiche dei propri paesi, combattendo duramente le deviazioni al proprio interno. 

 

In secondo luogo, altri compagni, nonostante la critica a Rizzo di voler perseguire l’elettoralismo per ritagliarsi un posto nel teatrino della politica borghese, già iniziano a rincorrere progetti, senza speranza, per le prossime amministrative e per le regionali. Ebbene, un partito realmente rivoluzionario “non è il risultato né della partecipazione alle elezioni e della predicazione dei principi del socialismo né della promozione delle lotte rivendicative e delle proteste. Esso è formato dai comunisti che assimilano e applicano gli insegnamenti della scienza comunista delle attività con le quali gli uomini fanno la storia e del bilancio dell’esperienza e grazie a questo mobilitano e organizzano le masse popolari ad avanzare passo dopo passo nella rivoluzione socialista fino a instaurare il socialismo” (7). Sicuramente, l’intervento nelle campagne elettorali ha una sua utilità stante l’attenzione e l’interesse che risveglia in ampie parti delle masse popolari per alimentare la loro organizzazione e il loro coordinamento (8) ma oggi, con la crisi del sistema politico della borghesia imperialista, dare altri pesi all’intervento in questo campo è sintomo di miopia strategica.

Infatti, il campo elettorale e l’intervento dei comunisti in esso è una questione che non determina la strategia per fare dell’Italia un nuovo Paese socialista: chi, nel secolo scorso, ha condotto la costruzione della rivoluzione socialista come una guerra (di tipo speciale: popolare, rivoluzionaria e di lunga durata) ha vinto, chi non lo ha fatto ha perso. Occorre instaurare il socialismo e il ruolo che deve svolgere il Partito Comunista va definito rispetto a questo obiettivo. È un dato di fatto, non un’opinione su cui ricamare.

 

La crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, la natura dei regimi politici dei paesi imperialisti (il regime di controrivoluzione preventiva), il bilancio dei primi Paesi Socialisti e del primo movimento comunista internazionale e la forma della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti (9): questi sono gli aspetti principali, decisivi e discriminanti su cui andare a fondo nel dibattito e nell’azione tra chi vuole essere comunista, e cioè dirigere le masse popolari a instaurare il socialismo in Italia!

 

L’Emilia Romagna, è ingranaggio essenziale per raggiungere questo obiettivo, insieme alla costituzione del Governo di Blocco Popolare!

 

Compagne, compagni: unitevi al (nuovo) PCI e collaborate con la vostra intelligenza, energia, coraggio e tutta la generosità di cui siete capaci! Così avanzeremo più speditamente nel fare dell’Italia un nuovo Paese socialista!

Comitato di Partito “Fratelli Cervi”

  

NOTE

1. dalla locandina di La Voce 65, qui scaricabile e riproducibile;

2. A tal proposito, in particolare rispetto all’intervento nelle classi popolari non proletarie, nei lavoratori autonomi, nelle partite IVA, ecc. vi invitiamo a leggere e discutere l’articolo I comunisti e il campo delle masse popolari, la mobilitazione reazionaria e la rivoluzione socialista in La Voce 65 (pagg. 34-38);

3. la lettura de La mia vita con Lenin di N. Krupskaja pubblicato da RSP e ERS è, in quest’ottica, fortemente consigliata;

4. in La Voce 55, reperibile sul sito www.nuovopci.it, sono riportate 14 forme di collaborazione;

5. Per approfondimenti, L’Internazionale Comunista e la forma della rivoluzione socialista in La Voce 64, pagg. 23-29;

6. da Farla finita con il disastro del capitalismo è una guerra popolare e rivoluzionaria in La Voce 65, pagg. 27-33;

7. Ibidem;

8. Per approfondimenti, Usare le elezioni di settembre per rafforzare il sistema politico delle masse popolari organizzate e andare verso il Governo di Blocco Popolare in La Voce 65, pagg.23-25;

9. Per approfondimenti, studiare e discutere il Comunicato CC 20/2020 del 30 giugno 2020 Unirsi nel partito comunista che mobilita le masse popolari a instaurare il socialismo nel nostro paese!.

 

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Inviare alla Delegazione - delegazione.npci@riseup.net e al CdP “Fratelli Cervi” - baserossa@mailo.com l’indirizzo email di conoscenti e di organismi a cui è utile ricevere i Comunicati del Partito

 

Mettersi in contatto con il Centro del Partito (usando il programma di criptazione PGP e il programma per la navigazione anonima TOR) e cimentarsi sotto la sua guida nella costruzione di un Comitato di Partito clandestino nella propria azienda, scuola o zona d’abitazione!

www.nuovopci.it

 

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Riprodurre e affiggere ovunque, con le dovute cautele, la locandina di pag. 72 di La Voce 65: vedere che il (n)PCI clandestino è presente infonde fiducia nei lavoratori e smorza l’arroganza dei padroni!