Indice degli scritti di Lenin


Lenin, Opere - Editori Riuniti vol. 29 - pagg. 343-347 - Scaricate il testo in versione Open Office o Word

 

PREFAZIONE ALLA EDIZIONE DEL DISCORSO “COME SI INGANNA IL POPOLO CON LE PAROLE D’ORDINE DI LIBERTÀ E DI EGUAGLIANZA

Pubblicato nel 1919 nell’opuscolo: N. Lenin, Due discorsi al I Congresso di tutta la Russia per l’istruzione extrascolastica, Mosca.

 

La questione che ho esaminato nel mio discorso del 19 maggio al congresso per l’istruzione extrascolastica, e precisamente quella dell’eguaglianza in generale e dell’eguaglianza dell’operaio e del contadino in particolare, è indubbiamente una delle questioni più attuali e più “scottanti” dell’epoca presente, che tocca i pregiudizi più radicati del piccolo borghese, del piccolo imprenditore, del piccolo commerciante, di ogni benpensante e dei nove decimi degl’intellettuali (compresi gli intellettuali menscevichi e socialisti-rivoluzionari).

Negare l’eguaglianza dell’operaio e del contadino! Pensate un po’ che cosa mostruosa! Certo, tutti gli amici dei capitalisti, tutti i loro tirapiedi, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari in prima linea, cercano di aggrapparvisi per “istigare” il contadino, per “eccitarlo”, per aizzarlo contro gli operai, contro i comunisti. Simili tentativi sono inevitabili, ma il loro vergognoso fallimento è sicuro, dato che sono basati sulla menzogna.

I contadini sono persone assennate, concrete, persone abituate ad essere pratiche nella vita. Bisogna spiegar loro le cose alla buona, praticamente, con esempi presi dalla vita. È giusto che il contadino che ha delle eccedenze di grano nasconda queste eccedenze in attesa che i prezzi si alzino a un livello esorbitante, speculativo, senza pensare agli operai affamati? Oppure è giusto che il potere dello Stato, che si trova in mano agli operai, prenda tutte le eccedenze di grano non a un prezzo di speculazione, non a un prezzo da mercanti, non a un prezzo di rapina, ma a un prezzo di calmiere, stabilito dallo Stato?

È proprio così che si pone la questione. Qui sta il punto. Ed è questo che vogliono “eludere”, con tante chiacchiere sull’“eguaglianza” e sull’“unità della democrazia del lavoro”, tutti i mistificatori che operano, come i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, a vantaggio dei capitalisti, per il ritorno al potere assoluto dei capitalisti.

Il contadino deve scegliere:

- o il libero commercio del grano, il che significa speculazione sul grano, significa libertà per i ricchi di arricchirsi, libertà per i poveri di andare in rovina e di fare la fame, significa ritorno del potere assoluto dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, rottura dell’alleanza dei contadini e degli operai;

- oppure la consegna delle eccedenze di grano a prezzo di calmiere allo Stato, cioè al potere degli operai uniti, il che significa alleanza dei contadini e degli operai per annientare completamente la borghesia, per eliminare ogni possibilità di restaurare il suo potere.

Questa è l’alternativa.

I contadini agiati, i kulak, sceglieranno la prima soluzione, vorranno tentare la fortuna alleandosi con i capitalisti e con i grandi proprietari fondiari contro gli operai, contro i poveri, ma in Russia questi contadini saranno la minoranza. La maggioranza dei contadini invece sarà per l’alleanza con gli operai, contro la restaurazione del potere dei capitalisti, contro la “libertà per il ricco di arricchirsi”, contro la “libertà per il povero di fare la fame”, contro il tentativo truffaldino di coprire questa maledetta “libertà” capitalista (la libertà di morire di fame) con parole pompose sull’“eguaglianza” (l’eguaglianza del sazio che ha eccedenze di grano con l’affamato).

Il nostro compito è di lottare contro l’astuto inganno capitalista che i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari diffondono con parole roboanti e magniloquenti sulla “libertà” e sull’“eguaglianza”.

Contadini, strappate la maschera a questi lupi coperti di una pelle di agnello che vi cantano dolci canzoni sulla “libertà”, l’“eguaglianza”, l’“unità della democrazia del lavoro”, ma che in realtà difendono in tal modo la “libertà” del grande proprietario fondiario di opprimere i contadini, l’“eguaglianza”, del ricco, del capitalista con l’operaio o col contadino semiaffamato, l’“eguaglianza” del sazio, che nasconde le eccedenze di grano, con l’operaio tormentato dalla fame e  dalla disoccupazione perché il paese è stato devastato dalla guerra. Questi lupi mascherati da agnelli sono i peggiori nemici dei lavoratori e in realtà, anche se si chiamano menscevichi, socialisti-rivoluzionari o senza partito, sono amici dei capitalisti.

“L’operaio e il contadino sono eguali in quanto lavoratori, ma il sazio speculatore di grano non è eguale al lavoratore affamato.” “Lottiamo soltanto per difendere gli interessi del lavoro, prendiamo il grano allo speculatore e non al lavoratore.” “Vogliamo l’accordo col contadino medio, col contadino lavoratore”: ecco che cosa ho dichiarato nel mio discorso, ecco qual è la sostanza della questione, ecco qual è la verità vera, che viene ingarbugliata con le frasi reboanti sull’eguaglianza”. La schiacciante maggioranza dei contadini sa che questo è vero, che lo Stato operaio lotta contro gli speculatori e i ricchi, e soccorre in ogni modo i lavoratori e i poveri, mentre lo Stato dei grandi proprietari fondiari (sotto lo zar) e lo Stato capitalista (nella più libera e democratica delle repubbliche borghesi) sempre e dappertutto, in tutti i paesi, aiutano i ricchi a spogliare i lavoratori, aiutano gli speculatori e i ricchi ad arricchirsi a spese dei poveri ridotti in miseria.

Ogni contadino conosce questa verità. Perciò quanto più la maggioranza dei contadini sarà cosciente, tanto più rapidamente e fermamente farà la sua scelta: per l’alleanza con gli operai, per l’accordo col governo operaio, contro lo Stato dei grandi proprietari fondiari o dei capitalisti; per il potere sovietico, contro l’“Assemblea costituente” o la “repubblica democratica”; per l’accordo con i bolscevichi, con i comunisti, contro l’appoggio ai capitalisti, ai menscevichi e ai socialisti-rivoluzionari!

 

Ai signori “istruiti”, ai democratici, ai socialisti, ai socialdemocratici, ai socialisti-rivoluzionari, ecc., diciamo: a parole ammettete tutti la “lotta di classe”, nei fatti la dimenticate proprio quando essa diventa particolarmente acuta. Ma dimenticarla vuoi dire passare dalla parte del capitale, dalla parte della borghesia, contro i lavoratori.

Chi riconosce la lotta di classe, deve riconoscere che in una repubblica borghese, fosse anche la più libera e la più democratica repubblica borghese, la “libertà” e l’“eguaglianza” non potevano essere e non sono mai state altro che espressione di eguaglianza e libertà fra possessori di merci, di eguaglianza e libertà del capitale. Marx lo ha spiegato mille volte in tutte le sue opere e soprattutto in Il capitale (che voi tutti a parole riconoscete), ha deriso la concezione astratta della “libertà ed eguaglianza” e i volgari Bentham che non comprendevano tutto ciò e ha messo a nudo le radici materiali di queste astrazioni.

“Libertà ed eguaglianza” nel regime borghese (cioè finché esiste la proprietà privata della terra e dei mezzi di produzione) e nella democrazia borghese restano soltanto formali; in realtà esse significano schiavitù salariata degli operai (formalmente liberi, formalmente aventi gli stessi diritti) e potere assoluto del capitale, oppressione del capitale sul lavoro. Questo è l’abbiccì del socialismo, signori “istruiti”: voi l’avete dimenticato.

Da questo abbiccì consegue che durante la rivoluzione proletaria, quando la lotta di classe si acutizza fino a divenire guerra civile, soltanto gli sciocchi e i traditori possono cavarsela con frasi sulla “libertà”, l’“eguaglianza”, l’“unità della democrazia del lavoro”. In realtà è l’esito della lotta del proletariato contro la borghesia che decide tutto, mentre le classi intermedie, i ceti medi (compresa tutta la piccola borghesia e quindi anche tutti i “contadini”) tentennano inevitabilmente fra i due campi.

Si tratta di alleare questi strati intermedi a una delle forze principali, al proletariato o alla borghesia. Non può esservi nient’altro: chi ha letto Il capitale di Marx e non l’ha capito, non ha capito nulla di Marx, non ha capito nulla del socialismo, è di fatto un benpensante e un piccolo borghese che si trascina ciecamente dietro la borghesia. Ma chi l’ha capito, non si lascerà ingannare dalle frasi sulla “libertà” e sull’“eguaglianza”, penserà e parlerà del nocciolo della questione, cioè delle condizioni concrete per l’avvicinamento dei contadini agli operai, della loro alleanza contro i capitalisti, del loro accordo contro gli sfruttatori, i ricchi e gli speculatori.

 La dittatura del proletariato non è la fine della lotta di classe, è la sua continuazione in forme nuove. La dittatura del proletariato è la lotta di classe del proletariato vittorioso, che ha preso nelle sue mani il potere politico, contro la borghesia vinta, ma non annientata, non scomparsa, che non ha cessato di resistere, ma ha intensificato la sua resistenza. La dittatura del proletariato è una particolare forma di alleanza di classe fra il proletariato, avanguardia dei lavoratori e i numerosi strati di lavoratori non proletari (piccola borghesia, piccoli proprietari, contadini, intellettuali, ecc.), o la maggior parte di loro, alleanza contro il capitale, alleanza che tende al completo abbattimento del capitale, al completo soffocamento della resistenza della borghesia e dei suoi tentativi di restaurazione, alleanza che tende alla definitiva edificazione e al consolidamento del socialismo. È un’alleanza di tipo particolare, che si forma in condizioni particolari: cioè in una situazione di aspra guerra civile; è l’alleanza dei fautori risoluti del socialismo con i suoi tentennanti alleati, talvolta “neutrali” (e allora da accordo di lotta, l’alleanza diventa accordo di neutralità), l’alleanza fra classi economicamente, politicamente, socialmente e spiritualmente diverse. Possono sottrarsi allo studio delle forme concrete, delle condizioni, dei compiti di questa alleanza con frasi generiche sulla “libertà”, l’“eguaglianza”, l’“unità della democrazia del lavoro”, cioè con frammenti del bagaglio ideologico dell’epoca dell’economia mercantile, soltanto i putridi eroi della putrida Internazionale gialla o di Berna [I partiti socialdemocratici della II Internazionale tennero una conferenza a Berna il 3-10 febbraio 1919: nominarono una commissione che doveva visitare la Russia sovietica, ma non vi andò affatto, perché la visita avrebbe indebolito presso l’opinione pubblica europea l’aggressione già in corso dell’Intesa alla Russia sovietica, ndr], come Kautsky, Martov e soci.

 

N. Lenin

23 giugno 1919.