Indice degli scritti di Lenin

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Lenin - I COMPITI DELLA GIOVENTÙ RIVOLUZIONARIA

[Articolo pubblicato in Student, n. 2-3 di settembre 1903 come lettera al giornale firmata N. Lenin e indicata come lettera prima. A fine articolo Lenin annunciava che “nelle lettere che seguiranno vorrei intrattenermi con i lettori di Student sull’importanza del marxismo per l’elaborazione di una concezione del mondo coerente e scientifica, sulle differenze teoriche e tattiche tra il partito socialdemocratico e il partito dei socialisti-rivoluzionari sulle questioni dell’organizzazione degli studenti e sull’atteggiamento degli studenti nei confronti della classe operaia in generale”. In realtà non ci furono altre lettere di Lenin né uscirono altri numeri di Student. - Conformemente all’uso dell’epoca nel suo articolo Lenin non distingue tra socialismo e comunismo e il termine socialdemocratico sta a indicare tutti quelli (individui, organismi, orientamenti, ecc.) che si rifanno al marxismo e alla II Internazionale. Per trarre profitto dall’articolo bisogna collocarlo nel contesto cui esso è concretamente inerente: la rivoluzione democratica borghese contro l’autocrazia zarista che avanzava in Russia e la lotta tra classi e tra partiti per la sua direzione. In Italia non è possibile altra rivoluzione che la rivoluzione socialista e sarebbe sbagliato parlare di “verginità politica” delle masse popolari]

 

La dichiarazione redazionale del giornale Student, pubblicata per la prima volta, se non erriamo, nel n. 4 (28) dell’Osvobozdenie [L’emancipazione - quindicinale della borghesia monarchico-liberale diretto da Struve, pubblicato all’estero dal 1902 al 1905 da un gruppo che poi divenne il nucleo del partito cadetto - Partito Costituzionale Democratico (KD)] e pervenuta anche all’Iskra [La scintilla - giornale leninista, ma che dal novembre 1903 divenne il giornale dei menscevichi], attesta, a nostro modo di vedere, che dopo la pubblicazione del n. 1 dello Student [aprile 1903] la redazione ha compiuto un notevole passo avanti nelle sue concezioni. Il signor Struve non si è sbagliato quando si è affrettato a esprimere il suo dissenso dalle concezioni esposte nella dichiarazione: queste concezioni, in effetti, differiscono radicalmente da quella tendenza dell’opportunismo [l’opportunismo era la precisa corrente riformista sorta vverso la fine del secolo XIX nei partiti della II Internazionale o ai loro margini, eclettica sul terreno teorico ma precisa in campo politico: gli opportunisti sostenevano che bisognava cogliere le opportunità di miglioramenti che la società borghese offriva (e accontentarsi di esse)] cui si attiene così coerentemente e con tanto zelo l’organo borghese liberale. Avendo riconosciuto che “il solo sentimento rivoluzionario non può creare l’unificazione ideale degli studenti”, che “a questo scopo è necessario un ideale socialista che poggi su questa o quella concezione del socialismo”, nonché su una concezione “determinata e coerente”, la redazione dello Student ha ormai rotto in linea di principio con l’indifferenza ideologica e con l’opportunismo nel campo della teoria, impostando giustamente la questione dei mezzi atti a condurre gli studenti sul terreno della rivoluzione.

Infatti dal punto di vista corrente del “rivoluzionarismo” volgare è vero che l’unificazione ideale degli studenti non richiede, anzi esclude, una comune e coerente concezione del mondo; che l’unificazione ideale implica un atteggiamento “tollerante” nei confronti di ogni sorta di idee rivoluzionarie; che essa presuppone che ci si astenga dal riconoscere decisamente una specifica cerchia di idee. Insomma dal punto di vista di questi professori del politicantismo, l’unificazione ideale presuppone una certa indifferenza ideale (naturalmente dissimulata più o meno abilmente con formule trite e ritrite sull’ampiezza di vedute, sull’importanza dell’unificazione immediata, a tutti i costi, ecc. ecc.). Come argomento abbastanza plausibile e, sulle, prime, molto convincente a favore di una simile impostazione del problema, serve sempre il riferimento al fatto universalmente noto ed indiscutibile che tra gli studenti ci sono, e non possono non esserci, gruppi assai diversi quanto a concezioni politiche e sociali: ne deducono che perciò far propria una concezione del mondo coerente e determinata dovrebbe inevitabilmente respingere qualcuno di questi gruppi, quindi ostacolerebbe l’unificazione, quindi susciterebbe, invece di un lavoro concorde, i contrasti, quindi indebolirebbe la forza del comune assalto politico, e così via all’infinito.

 Esaminiamo da vicino questo ragionamento a prima vista plausibile. Prendiamo, per esempio, la divisione degli studenti in gruppi quale risulta dal n. 1 dello Student. In questo primo numero la redazione non aveva ancora avanzato la richiesta di una concezione del mondo determinata e coerente, perciò difficilmente potrebbe essere sospettata di propendere per le “anguste vedute” socialdemocratiche. L’articolo redazionale del n. 1 dello Student distingue tra gli odierni studenti quattro gruppi fondamentali: 1. la massa indifferente: “persone assolutamente indifferenti nei confronti del movimento studentesco”; 2. “gli accademici”: fautori di movimenti studenteschi sul terreno esclusivamente accademico; 3. “gli avversari dei movimenti studenteschi in generale: nazionalisti, antisemiti ecc.”; 4. i “politici”: fautori della lotta per il rovesciamento del dispotismo zarista [dell’autocrazia]. “Quest’ultimo gruppo è composto, a sua volta, di due elementi opposti: di un’opposizione politica puramente borghese, orientata in senso rivoluzionario, e di una creazione di questi ultimissimi giorni (proprio solo di questi ultimissimi giorni? N. Lenin): il proletariato intellettuale rivoluzionario, orientato in senso socialista”. Se si considera che quest’ultimo sottogruppo si divide a sua volta, come tutti sanno, in studenti socialisti-rivoluzionari e studenti socialdemocratici, risulterà che tra gli studenti vi sono oggi sei gruppi politici: reazionari, indifferenti, accademici, liberali, socialisti-rivoluzionari e socialdemocratici.

 

Ci si domanda: questa divisione in gruppi non è forse casuale? Non si tratta forse di una ripartizione accidentale e transitoria di stati d’animo?

Basta porre apertamente questa domanda perché una qualsiasi persona appena appena al corrente della questione le dia immediatamente una risposta negativa. In effetti un’altra divisione in gruppi dei nostri studenti non era nemmeno possibile. Infatti essi sono la parte più sensibile degli intellettuali e gli intellettuali si chiamano intellettuali proprio perché riflettono ed esprimono lo sviluppo degli interessi di classe e della divisione in gruppi politici che esistono nella società più coscientemente, più risolutamente e più esattamente di chiunque altro. Gli studenti non sarebbero quello che sono se l’insieme dei loro gruppi non corrispondesse allo schieramento esistente in tutta la società. Beninteso, “corrispondesse” non nel senso di una perfetta proporzionalità per forza e numero fra i gruppi studenteschi e i gruppi sociali, ma nel senso della necessaria e inevitabile presenza tra gli studenti degli stessi gruppi esistenti nella società. Ora per tutta la società russa, con il suo sviluppo (relativamente) embrionale degli antagonismi di classe, con la sua verginità politica [la massa della popolazione non è ancora arrivata a partecipare attivamente alla lotta politica], con le sue enormi e sterminate masse di popolazione avvilite e schiacciate dal dispotismo poliziesco, sono caratteristici proprio questi sei gruppi: reazionari, indifferenti, kulturniki, liberali, socialisti-rivoluzionari e socialdemocratici. Al posto degli “accademici” ho messo qui i “kulturniki”, cioè i fautori del progresso legale senza lotta politica, del progresso [culturale, economico e civile] sul terreno dell’autocrazia. Di questi kulturniki ve ne sono in tutti gli strati della società russa e dovunque, a somiglianza degli “accademici”, si limitano nell’orizzonte ristretto degli interessi professionali, al miglioramento di determinati rami dell’economia nazionale o dell’amministrazione statale e locale: essi ovunque si tengono timorosamente alla larga dalla “politica”, senza distinguere (come non li distinguono gli accademici) i “politici” delle varie tendenze gli uni dagli altri e chiamando politica tutto quanto e qualunque cosa si riferisce alle ... forme di governo. Lo strato dei kulturniki è sempre stato ed è tuttora l’ampia base del nostro liberalismo: in tempo “di pace” (ossia, tradotto in “russo”, in tempo di reazione politica) i concetti di kulturnik e di liberale si fondono quasi completamente; ma persino in tempo di guerra, in tempo di risveglio dell’opinione pubblica, in tempo di ascesa dell’impeto contro l’autocrazia, la differenza ideologica fra queste due correnti rimane non di rado vaga. Il liberale russo, perfino quando interviene in pubblico in una libera pubblicazione estera con una franca ed aperta protesta contro l’autocrazia, non cessa mai di sentirsi soprattutto un kulturnik e niente più, per cui spesso e volentieri, del tutto spontaneamente, gli viene di ragionare servilmente, o, se volete, legalmente, lealmente, da suddito fedele: vedi l’Osvobozdenie. La mancanza di una linea di demarcazione netta e che tutti possano vedere chiaramente fra kulturniki e  liberali è in generale un tratto caratteristico di tutto lo schieramento politico della società russa.

Ci si potrebbe forse obiettare che la succitata divisione in sei gruppi è sbagliata, in quanto non corrisponde alla divisione in classi della società russa. Una simile obiezione, però, sarebbe inconsistente. La divisione in classi è, senza dubbio, la base più profonda degli schieramenti politici: in ultima istanza è ovviamente sempre essa a determinare questi schieramenti. Ma questa base profonda si rivela soltanto via via che procede lo sviluppo storico e che aumenta la consapevolezza di coloro che partecipano a questo sviluppo e lo creano. A questa “ultima istanza” si giunge soltanto mediante la lotta politica, e, talora, quale risultato di una lotta lunga e tenace, che si protrae per anni e decenni, che ora si manifesta tempestosamente in svariate crisi politiche, ora si placa temporaneamente e quasi si arresta. Non a caso, per esempio, in Germania, dove la lotta politica assume forme particolarmente acute e dove la classe d’avanguardia - il proletariato - agisce con una coscienza di classe particolarmente forte, esistono a tutt’oggi alcuni partiti (dei partiti forti) come il Centro [partito promosso nella seconda metà del secolo XIX dalla gerarchia cattolica tedesca in accordo con la Corte Pontificia], che dissimulano sotto il distintivo confessionale la propria eterogenea (ma in generale incondizionatamente antiproletaria) natura di classe. Tanto meno ci si può meravigliare che l’origine di classe degli odierni gruppi politici esistenti in Russia venga offuscata dalla mancanza di diritti politici di tutto il popolo, dal dominio esercitato da una burocrazia eccellentemente organizzata, ideologicamente compatta, tradizionalmente chiusa in se stessa. C’è piuttosto da meravigliarsi di quanto sia già forte l’impronta che lo sviluppo capitalistico europeo della Russia, nonostante il suo regime politico asiatico, è riuscito a dare alla divisione della società in gruppi politici distinti.

La classe d’avanguardia di ogni paese capitalista, il proletariato industriale, ha già imboccato anche da noi la via del movimento di massa, organizzato, sotto la guida della socialdemocrazia, sotto la bandiera di un programma che già da tempo è diventato il programma di tutto il proletariato cosciente internazionale. Naturalmente, la categoria degli indifferenti alla politica è in Russia assai più numerosa che in qualsiasi altro paese europeo, ma anche da noi non si può ormai più parlare di primitiva e primordiale verginità di questa categoria: l’indifferenza degli operai (e in parte anche dei contadini) non coscienti viene sempre più spesso soppiantata da esplosioni di fermento politico e di protesta attiva, dimostrando all’evidenza che una simile indifferenza non ha niente a che vedere con l’indifferenza dei ben pasciuti borghesi e piccoli borghesi.

Quest’ultima classe, particolarmente numerosa in Russia, dato il suo sviluppo capitalistico ancora relativamente debole, da una parte comincia già, senza dubbio, a fornire anche dei reazionari coscienti e coerenti, dall’altra, ed è il caso di gran lunga più frequente, si stacca ancora debolmente dalla massa grigia e oppressa “del popolo che lavora”, trovando i propri ideologi nei vasti strati degli intellettuali raznocintsy [persone prive di titolo nobiliare, ma che per la loro attività culturale, intellettuale o d’altro genere erano dei notabili], che hanno una concezione del mondo ancora completamente indeterminata e che senza rendersene conto confondono in un unico miscuglio idee democratiche ed idee socialiste primitive. Appunto questa è l’ideologia che contraddistingue la vecchia intellettualità russa, sia l’ala destra, rappresentata dalla sua parte liberal-populista, che quella di estrema sinistra: i “socialisti-rivoluzionari”.

Ho detto “vecchia” intellettualità russa. Ne sta già sorgendo, qui da noi, anche una nuova, il cui liberalismo si è quasi completamente purificato (non senza l’aiuto del marxismo russo, naturalmente) dal populismo primitivo e dal socialismo amorfo. La formazione di un’autentica intellettualità liberal-borghese procede da noi con gli stivali delle sette leghe, grazie in particolar modo alla partecipazione a questo processo di uomini tanto agili e sensibili ad ogni sorta di correnti opportuniste alla moda come i signori Struve, Berdiaiev, Bulgakov e soci.

Per quanto concerne, infine, gli esponenti degli strati liberali e reazionari della società russa non appartenenti all’intellettualità, il loro legame con gli interessi di classe di questi o quei gruppi della nostra borghesia e dei nuovi grandi proprietari terrieri [i proprietari terrieri che gestivano le loro terre come capitalisti] è abbastanza chiaro a chiunque sia un po’ al corrente, per esempio, dell’attività degli zemstvo [consigli locali dei nobili, dei proprietari terrieri  e dei borghesi], delle Dume, dei comitati della borsa, delle fiere, ecc.

 

Siamo giunti così all’indubbia conclusione che la divisione dei nostri studenti in distinte correnti politiche non è casuale. Essa è necessariamente e inevitabilmente proprio quella che abbiamo descritto sopra, d’accordo col n. 1 del giornale Student. Stabilito questo fatto, possiamo ormai agevolmente orientarci nella controversa questione di che cosa si deve propriamente intendere per “unificazione ideale degli studenti”, per “trasformazione rivoluzionaria” di questi ultimi, ecc.

A prima vista, è persino molto strano che sia potuta divenire controversa una questione così semplice. Se la divisione degli studenti in distinte correnti politiche corrisponde a quella della società, questo non comporta forse che per “unificazione ideale” degli studenti non si può intendere che una di queste due cose:

o attirare il maggior numero possibile di studenti ad una ben determinata cerchia di idee politiche e sociali,

oppure avvicinare il più strettamente possibile gli studenti di un determinato gruppo politico ai rappresentanti dello stesso gruppo al di fuori dell’ambiente studentesco?

Non è forse ovvio che di trasformazione rivoluzionaria degli studenti si può parlare solo dal punto di vista di una determinata concezione circa il contenuto e il carattere di tale trasformazione?

Per un socialdemocratico, per esempio, essa significa, in primo luogo, diffusione delle convinzioni socialdemocratiche tra gli studenti e lotta contro le concezioni che, anche se si definiscono “socialiste-rivoluzionarie”, con il socialismo rivoluzionario non hanno in realtà niente a che vedere e, in secondo luogo, sforzo di allargare e rendere più cosciente e risoluto tra gli studenti ogni movimento democratico, ivi compreso quello accademico.

Quanto sia stata aggrovigliata e resa campo di controversie una questione così semplice e chiara è una storia molto interessante e molto caratteristica.

La controversia si è svolta tra la Revoliutsionnaia Rossía [giornale organo dei socialisti-rivoluzionari] (nn. 13 e 17) e l’Iskra (nn. 31 e 35) a proposito della “lettera aperta” del consiglio federale degli zemliacestvo [organismi corporativi che univano su base territoriale gli studenti ai fini del reciproco aiuto culturale e materiale] unificati e delle organizzazioni studentesche di Kiev (pubblicata nel n. 13 della Revoliutsionnaia Rossía e nel n. 1 dello Student). Il consiglio federale di Kiev considerava “di anguste vedute ” la decisione del II Congresso panrusso degli studenti del 1902, secondo cui le organizzazioni studentesche dovevano avere rapporti con i comitati del Partito operaio socialdemocratico russo e dissimulava prudentemente il fatto evidente che una determinata parte degli studenti di alcune località simpatizzava invece per il “partito dei socialisti-rivoluzionari”: lo dissimulava infatti con un ragionamento molto “imparziale” e molto inconsistente dicendo che la “gioventù studentesca come tale non può aderire in tutto e per tutto né al partito dei socialisti-rivoluzionari né al partito dei socialdemocratici”. L’Iskra rilevava l’inconsistenza di questo ragionamento, mentre la Revoliutsionnaia Rossía, naturalmente, lo difendeva a spada tratta, accusando i “fanatici delle divisioni e delle scissioni” dell’Iskra di “mancanza di tatto” e di insufficiente maturità politica.

Dopo quanto si è detto sopra, l’assurdità di un simile ragionamento è fin troppo evidente. Si sta trattando della funzione politica degli studenti. Ed ecco che - capite? - prima occorre chiudere gli occhi sul fatto che gli studenti non sono tagliati fuori dal resto della società e che quindi rispecchiano sempre e inevitabilmente tutto lo schieramento politico della società. Poi, ad occhi chiusi, ci si mette e divagare sugli studenti come tali o sugli studenti in generale. Se ne ricava la conclusione ... del danno delle divisioni e delle scissioni legate all’adesione a questo o a quel partito politico.

È chiaro come la luce del sole che per portare a termine questo curioso ragionamento bisognava saltare furtivamente dal terreno politico a1 terreno professionale o scolastico. E la Revoliutsionnaia Rossía, nell’articolo Gli studenti e la rivoluzione (n. 17), fa appunto questo salto mortale, richiamandosi, in primo luogo, agli interessi comuni a tutti gli studenti, alla lotta comune degli studenti e, in secondo luogo, al fatto che gli studenti devono formarsi, ai compiti della  preparazione degli studenti all’imminente attività sociale, ai compiti inerenti alla formazione di combattenti politici coscienti. Entrambi questi richiami sono giustissimi, solo che con l’argomento in oggetto non hanno niente a che vedere e confondono soltanto la questione. La questione verte sull’attività politica, che per la sua stessa essenza è indissolubilmente legata alla lotta dei partiti ed esige inevitabilmente di scegliere un determinato partito. In che modo è dunque possibile eludere questa scelta col pretesto che per qualsiasi attività politica è necessaria una severissima preparazione scientifica, la “formazione” di salde convinzioni, o col pretesto che ogni lavoro politico non può limitarsi ai soli circoli dei politici di una data corrente, ma deve indirizzarsi verso strati sempre più larghi della popolazione, deve corrispondere agli interessi professionali dei vari strati, unire il movimento professionale con quello politico, elevare il primo al livello del secondo?

Già il solo fatto che della gente è costretta, per difendere la propria posizione, a ricorrere a simili sotterfugi indica di per sé fino a che punto essa stessa manca sia di precise convinzioni scientifiche, sia di una salda linea politica! Da qualunque lato affrontiate la questione, avrete sempre una nuova conferma dell’antica verità che da gran tempo predicano i socialdemocratici che denunciano l’equilibrismo dei socialisti-rivoluzionari (sia nel terreno teorico-scientifico sia in quello politico-pratico) tra il marxismo da una parte, l’opportunismo “critico” [riferimento ai critici del marxismo - Bernstein e altri - che erano portati in palma di mano dalla borghesia e supportavano gli opportunisti] dell’Europa occidentale dall’altra e il populismo piccolo-borghese russo dalla terza.*

* Va da sé che la tesi dell’incoerenza e del carattere intimamente contraddittorio del programma e della tattica dei socialisti-rivoluzionari richiede un’apposita spiegazione circostanziata. Speriamo di trattare questa questione in dettaglio in una delle prossime lettere.

Immaginate, infatti, dei rapporti politici un tantino sviluppati e date un’occhiata all’impostazione pratica della nostra “questione controversa”. Supponiamo di avere davanti a noi un partito clericale, un partito liberale e un partito socialdemocratico. Essi operano in determinate località, poniamo tra certi strati di studenti e magari anche di classe operaia. Essi si sforzano di attirare dalla propria parte il più gran numero possibile di rappresentanti autorevoli degli uni e dell’altra. Ci si domanda: è pensabile che essi insorgano contro la scelta a favore di un qualsiasi partito concreto da parte di questi rappresentanti in nome del fatto che esistono determinati interessi scolastici e professionali comuni a tutti gli studenti e a tutta la classe operaia? Sarebbe lo stesso che contestare la necessità della lotta dei partiti richiamandosi all’arte della stampa, tanto utile per tutti i partiti senza distinzione. Non c’è partito nei paesi civili che non comprenda l’enorme utilità di associazioni scolastiche e professionali quanto più larghe e solide possibile, ma ciascuno di essi tende a far sì che in queste associazioni predomini precisamente la propria influenza. Ma chi non sa che il richiamo alla apartiticità di queste o di quelle istituzioni altro non è, di solito, che una frase ipocrita sulle labbra delle classi dominanti, che desiderano occultare il fatto che le istituzioni vigenti sono permeate, in novantanove casi su cento, da un ben preciso orientamento politico, il loro? Eppure i nostri signori socialisti-rivoluzionari cantano in sostanza ditirambi proprio in onore dell’“apartiticità”. Prendete, per esempio, la seguente commovente tirata della Revoliutsionnaia Rossía (n. 17): “Che cos’è questa miope tattica di un’organizzazione rivoluzionaria che desidera ad ogni costo vedere in ogni altra organizzazione autonoma non subordinata ad essa, una concorrente che dev’essere eliminata, nelle cui file bisogna ad ogni costo introdurre la divisione, la scissione, la disorganizzazione?”. Ciò è stato detto a proposito dell’appello dell’organizzazione socialdemocratica moscovita del 1896. Questa rimproverava agli studenti di essersi rinchiusi, negli ultimi anni, nella cerchia ristretta dei propri interessi universitari. Contro di essa la Revoliutsionnaia Rossía insegna che l’esistenza di un’organizzazione studentesca non impedisce mai a chi “ha definito la propria posizione in senso rivoluzionario di dare le proprie forze per la causa operaia”.

Notate quanta confusione c’è in questo ragionamento. [È sommamente istruttivo a proposito dello sviluppo che c’è stato  nella lotta di classe nelle società borghesi, mettere il ragionamento che segue a confronto con le condizioni della lotta politica in corso nel nostro paese]. La concorrenza è possibile (e inevitabile) solo tra un’organizzazione politica e l’altra, tra una corrente politica e l’altra: tra organismi dello stesso genere. Tra una società di mutuo soccorso e un circolo rivoluzionario non è possibile concorrenza. Attribuendo a quest’ultimo il desiderio di eliminare ad ogni costo la prima, la Revoliutsionnaia Rossía dice pure e semplici sciocchezze. Ma se in quella stessa società di mutuo soccorso è sorta una certa tendenza politica - per esempio quella di non aiutare i rivoluzionari o di escludere dalla biblioteca i libri illegali - la concorrenza e la lotta diretta contro questa tendenza sono allora un dovere per ogni “politico” onesto. Se vi è chi rinchiude i circoli negli interessi angustamente universitari (gente simile ne esiste indubbiamente e nel 1896 ce n’era molta di più), la lotta tra costui e chi predica non già la costrizione in un ambito più ristretto, ma l’ampliamento degli interessi è altrettanto necessaria e doverosa. Ma nella lettera aperta del consiglio di Kiev, lettera che ha provocato la polemica della Revoliutsionnaia Rossía contro l’Iskra, si trattava della scelta non tra organizzazioni studentesche e organizzazioni rivoluzionarie, ma tra organizzazioni rivoluzionarie di diverse tendenze. Quindi proprio coloro che hanno già “definito la propria posizione in senso rivoluzionario” hanno cominciato a scegliere, mentre i nostri “socialisti-rivoluzionari”, con il pretesto che la concorrenza tra un’organizzazione rivoluzionaria e un’organizzazione puramente studentesca è pura miopia, li trascinano indietro ... Questo è veramente molto illogico, cari signori!

La parte rivoluzionaria degli studenti ha cominciato a operare la propria scelta tra due partiti rivoluzionari ed ecco che le fanno la lezione: “non con l’imporre” una “determinata” (è preferibile, naturalmente, l’indeterminatezza...) “etichetta di partito” (per loro si tratta di un’etichetta, per noi di una bandiera), “non col far violenza alla coscienza intellettuale dei compagni studenti” (tutta la stampa borghese di tutti i paesi spiega sempre lo sviluppo della socialdemocrazia con la violenza dei capi e dei sobillatori sulla coscienza dei pacifici compagni ...) “si è ottenuta questa influenza”, cioè l’influenza della parte socialista degli studenti sulla parte restante. Credo che ogni studente per bene apprezzerà per quel che vale l’accusa rivolta ai socialisti di “imporre” etichette e di “far violenza alla coscienza”. E questi discorsi fiacchi, senza carattere, senza principi si fanno in Russia, dove i concetti di organizzazione di partito, di intransigenza e onore di partito, di bandiera di partito sono ancora così deboli, smisuratamente deboli!

Agli studenti rivoluzionari i nostri “socialisti-rivoluzionari” citano l’esempio dei passati congressi degli studenti, che proclamavano la propria “solidarietà col movimento politico generale, estraniandosi completamente dai contrasti di frazione esistenti nel campo rivoluzionario”. Che cos’è il movimento “politico generale”? Il movimento socialista più quello liberale. Trascurare questa distinzione significa mettersi dalla parte del movimento immediato e più vicino, cioè di quello liberale. E a questo i “socialisti-rivoluzionari” chiamano gli stuedenti! Individui che si autodefiniscono un partito a sé chiamano ad estraniarsi dalla lotta di partito! Ciò non dimostra forse che un simile partito non è in condizione di far passare la sua merce politica sotto la propria bandiera ed è costretto a ricorrere al contrabbando? Non è forse chiaro da tutto ciò che questo partito manca di una qualsiasi ben determinata base programmatica propria? Lo vedremo subito.

 

Gli errori che i socialisti-rivoluzionari commettono nei loro ragionamenti sugli studenti e sulla rivoluzione non possono venire spiegati con la sola mancanza di logica, mancanza che ci siamo sforzati di dimostrare sopra. In certo senso, si può anzi affermare il contrario: la mancanza di logica dei loro ragionamenti scaturisce dal loro errore principale.

Come “partito” essi hanno assunto fin da principio una posizione in se stessa così contraddittoria, così scivolosa, che uomini personalmente onesti e pienamente capaci di pensiero politico non potevano tenersi in piedi su di essa senza continue oscillazioni e cadute. Non bisogna mai dimenticare che non è con i vari errori di questi o quegli scrittori, di questi o quegli uomini d’azione che la socialdemocrazia spiega il danno recato alla causa del socialismo dai “socialisti-rivoluzionari”; essa ritiene, al contrario, che tutti questi errori siano il risultato inevitabile di una posizione  programmatica e politica sbagliata. In una questione come quella degli studenti questa posizione sbagliata emerge con particolare chiarezza e diventa evidente contraddizione tra la posizione democratica borghese e i falsi paramenti del socialismo rivoluzionario.

Considerate ad esempio il corso delle idee dell’articolo programmatico Gli studenti e la rivoluzione della Revoliutsionnaia Rossía. L’autore pone in prima linea “il disinteresse e la purezza delle aspirazioni”, la “forza dei motivi ideali” nella “gioventù”. Proprio in ciò egli cerca la spiegazione delle aspirazioni politiche “innovatrici” della gioventù, anziché cercarla e trovarla nelle condizioni reali della vita sociale della Russia che generano, da una parte, una contraddizione inconciliabile tra l’autocrazia e i più larghi e disparati strati della popolazione, mentre, dall’altra, rendono estremamente difficile (fra non molto bisognerà ormai dire: rendevano difficile) una manifestazione del malcontento politico diversa da quella che si esprime attraverso le università.

L’autore si scaglia poi contro i tentativi dei socialdemocratici di assumere un atteggiamento responsabile per ciò che concerne la differenza di gruppi politici tra gli studenti, di unire più strettamente i gruppi politici omogenei e di dividere ciò che politicamente è eterogeneo. Non che l’autore critichi l’erroneità dell’uno o dell’altro di questi tentativi: sarebbe ridicolo affermare che tutti questi tentativi sono sempre stati in tutto e per tutto felici. No, all’autore è affatto estranea la stessa idea che la differenza degli interessi di classe deve inevitabilmente riflettersi anche nella posizione politica; che gli studenti non possono rappresentare un’eccezione rispetto al resto della società, nonostante tutto il loro disinteresse, la purezza, l’idealità, ecc.; che il compito del socialista sta non già nel dissimulare questa differenza, ma, viceversa, nello spiegarla alle grandi masse, nel consolidarla in un’organizzazione politica. L’autore considera le cose sotto il profilo idealista del democratico borghese, non sotto quello materialista del socialdemocratico.

L’autore perciò non si vergogna di formulare e di ripetere per gli studenti rivoluzionari la parola d’ordine del “movimento politico generale”. Per lui il centro di gravità si trova proprio nel movimento politico generale, cioè democratico generale, che dev’essere unito. Quest’unità non dev’essere infranta dai “circoli puramente rivoluzionari”, che si devono raggruppare “parallelamente all’organizzazione generale degli studenti”. Dal lato degli interessi di questo largo e unico movimento democratico è, naturalmente, un delitto “imporre” etichette di partito e far violenza alla coscienza intellettuale dei compagni. Proprio così considerava le cose la democrazia borghese nel 1848 [in Europa], quando i tentativi di far vedere l’antagonismo tra gli interessi di classe della borghesia e quelli del proletariato attiravano su di sé la “generale” condanna delle persone perbene sui compagni “fanatici della divisione e della scissione”. Proprio così vede le cose la più recente variante della democrazia borghese: gli opportunisti e i revisionisti che anelano ad un unico grande partito democratico, che proceda pacificamente mediante le riforme, mediante la collaborazione delle classi. Tutti costoro sono sempre stati, e non possono non essere, nemici dei contrasti “di frazione” e fautori del movimento “politico generale”.

Lo vedete, i ragionamenti dei socialisti-rivoluzionari, assurdi e contraddittori fino al ridicolo dal punto di vista del socialista, diventano completamente comprensibili e coerenti dal punto di vista democratico borghese. Questo perché il partito dei socialisti-rivoluzionari non è in sostanza altro che una frazione della democrazia borghese, frazione prevalentemente intellettuale per la sua composizione, prevalentemente piccolo-borghese per il suo punto di vista e che, per quanto concerne la sua bandiera teorica, unisce ecletticamente il più recente opportunismo [inteso nel senso sopra illustrato: della critica del marxismo fatta da Bernstein e soci] al populismo dei nostri nonni.

La migliore confutazione della fraseologia unificatrice del democratico borghese è il corso stesso dello sviluppo politico e della lotta politica. E in Russia l’ascesa del movimento reale è già riuscita a portare questa confutazione. Mi riferisco al sorgere degli “accademici” come gruppo particolare degli studenti.

Finché non c’è stata vera lotta gli accademici non si sono distinti dalla massa “generale degli studenti” e l’“unità” di tutta la “parte pensante” degli studenti è sembrata infrangibile. Non appena si è passati all’azione, la separazione degli  elementi eterogenei è diventata inevitabile.*

* A dar credito a certe notizie, si sarebbe ultimamente manifestata un’ulteriore e sempre più profonda separazione degli elementi eterogenei esistenti tra gli studenti, e precisamente il distacco dei socialisti dai politici rivoluzionari, i quali non vogliono neanche sentir parlare di socialismo.

Si dice che tra gli studenti deportati in Siberia quest’ultima tendenza si sia fatta sentire molto chiaramente. Vedremo se queste notizie saranno o no confermate.

 

Al progresso del movimento politico e dell’attacco diretto contro l’autocrazia si è immediatamente accompagnata una progressiva chiarezza nello schieramento politico, nonostante tutti i vuoti discorsi sull’unificazione di tutti e di ciascuno. Che la separazione degli accademici dai politici sia un grande passo avanti ben difficilmente sarà messo in dubbio da qualcuno. Ma significa forse questa divisione che gli studenti socialdemocratici “romperanno” con gli accademici? La Revoliutsionnaia Rossía crede di sì (cfr. n. 17, p. 3).

Ma lo crede per effetto della confusione da noi messa in luce più sopra. Completa delimitazione delle tendenze politiche non significa affatto “rottura” delle associazioni professionali e scolastiche. Il socialdemocratico che si propone di lavorare tra gli studenti cercherà immancabilmente di penetrare personalmente o attraverso propri fiduciari nel più gran numero possibile di circoli “puramente studenteschi” e di autodidatti che siano il più possibile larghi, cercherà di ampliare l’orizzonte di chi esige soltanto la libertà accademica, cercherà di propagandare per l’appunto il programma socialdemocratico tra coloro che stanno ancora cercandosi un qualche programma.

 

Riassumiamo.

Una certa parte degli studenti vuole elaborarsi una concezione socialista determinata, coerente e comune. Fine ultimo di questo lavoro preparatorio può essere - per gli studenti che desiderano partecipare praticamente al movimento rivoluzionario - solo la scelta cosciente e irrevocabile di una delle due tendenze che si sono costituite attualmente nell’ambiente rivoluzionario. Chi protesta contro questa scelta in nome dell’unificazione ideale degli studenti, in nome della loro formazione rivoluzionaria in generale, ecc., offusca la coscienza socialista, predica in effetti solo la mancanza di idee.

Gli schieramenti politici degli studenti non possono non riflettere gli schieramenti politici di tutta la società e dovere di ogni socialista è di tendere alla delimitazione più cosciente e coerente possibile dei gruppi politicamente eterogenei. L’invito rivolto agli studenti dal partito dei socialisti-rivoluzionari - “proclamare la propria solidarietà col movimento politico generale ed estraniarsi completamente dai contrasti di frazione esistenti nel campo rivoluzionario” - altro non è, in sostanza, che un invito a tornare indietro, dalla concezione socialista a quella democratica borghese. E ciò non è affatto strano, giacché il “partito dei socialisti-rivoluzionari” non è che una frazione della democrazia borghese in Russia.

Rottura dello studente socialdemocratico con i rivoluzionari e i politici di tutte le altre tendenze non significa affatto rottura delle organizzazioni comuni a tutti gli studenti come quelle culturali; al contrario, solo tenendo fermo il punto di vista di un programma ben determinato si può e si deve lavorare tra gli strati più larghi degli studenti per ampliare il loro orizzonte oltre i limiti accademici e propagandare il socialismo scientifico, cioè il marxismo.

 

Da Lenin, Opere Complete, Editori Riuniti vol. 7, pagg. 35-48.

Traduzione rivista sull’originale. Le parti tra parentesi quadre sono interamente nostre.

Per altri scritti di Lenin vedere http://www.marxists.org/italiano/lenin. Attenzione però: la traduzione italiana è spesso raffazzonata al punto da travisare il senso del testo o comunque renderne difficile la comprensione.