Operai avanzati ed elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari, unitevi nel nuovo Partito comunista italiano!

Cacciamo il governo Berlusconi!
venerdì 14 novembre 2008.
 

(PNG) La banda Berlusconi se ne deve andare! Il piano di “rinascita democratica” di Licio Gelli guidava la banda Berlusconi e ha già dato la prova di sé! Non lasciamo che la banda Berlusconi abbia il tempo di attuare la linea della provocazione criminale dettata da Kossiga l’assassino!

 

Un governo di Blocco Popolare formato e sostenuto dalle organizzazioni operaie e dalle organizzazioni popolari sparse nel territorio deve prendere in mano il paese!

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Il testo del comunicato
in formato MSWord

 

Il nuovo governo deve anzitutto riorganizzare la produzione di beni e servizi e la loro distribuzione alle aziende e alle famiglie! Deve nazionalizzare senza indennizzo le banche e le società finanziarie di ogni genere! Deve espropriare tutti i ricchi e le loro associazioni! Deve salvaguardare i risparmi e le proprietà delle masse popolari!

 

Nessuna azienda deve essere chiusa! Nessun lavoratore deve essere licenziato!

Ad ogni azienda il nuovo governo deve assegnare il compito di produrre quei beni e servizi utili alla popolazione! Il nuovo governo deve organizzare la distribuzione dei beni e dei servizi a ogni azienda e a ogni famiglia secondo il bisogno e il lavoro svolto!

 

Gli operai organizzati e le masse popolari organizzate (sindacati, comitati di resistenza, ecc.) devono riorganizzare, con l’appoggio e l’aiuto del nuovo governo, tutti gli aspetti della vita sociale (scuole, servizi, sanità, cultura, ecc. ecc.) e le relazioni sociali in conformità alla nuova situazione!

 

Il nuovo governo deve stabilire relazioni di collaborazione con tutti i governi degli altri paesi disposti a collaborare e a far fronte con misure e mezzi straordinari alla paralisi economica e alla crisi del capitalismo!

 

La società in mano ai capitalisti è destinata alla paralisi, al caos, alla guerra, alla repressione, alla criminalità e al terrore. Gli operai e le masse popolari devono eliminare l’ordinamento sociale capitalista. Devono stroncare senza esitazione il boicottaggio, il sabotaggio, i complotti e ogni manovra con cui i capitalisti, i loro alleati e succubi cercheranno di impedire la riorganizzazione della società. Devono raccogliere, organizzare e dirigere l’attività di ogni persona onestamente disposta a collaborare a instaurare e far funzionare le nuove relazioni economiche e sociali!

 

È una cosa del tutto possibile! I padroni non possono fare a meno degli operai, ma gli operai organizzati e le masse popolari organizzate possono ben fare a meno dei padroni! Tutti gli operai e tutte le masse popolari hanno tutto da guadagnarci a fare a meno dei padroni!

 

Possiamo sconfiggere i mandatari del governo Berlusconi: il Vaticano, gli imperialisti USA, i gruppi sionisti, la Confindustria e le altre organizzazioni della borghesia italiana, le Organizzazioni Criminali. La crisi del capitalismo li indebolisce!

 

Le grandi aziende non devono più essere dei padroni! Le grandi aziende devono essere dei lavoratori e del loro nuovo Stato!

Alle piccole aziende bisogna affidare commesse perché producano quanto necessario e consegnare loro tutti i rifornimenti di cui hanno bisogno!

Le aziende non devono più produrre profitti! Devono produrre beni e servizi per chi lavora! Tutta la società deve essere riorganizzata in conformità con questa nuova base!

 

Nel nuovo contesto la classe operaia organizzata con il suo Partito comunista promuoverà  la lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, l’unica via d’uscita definitiva dal marasma attuale!

 

L’onda anomala del movimento studentesco e le giuste lotte dei lavoratori dell’Alitalia contro Berlusconi il reazionario e Colaninno lo speculatore indicano alle masse popolari la strada da seguire per uscire dal marasma economico, politico, sociale, intellettuale, morale e ambientale in cui la borghesia imperialista ci ha gettato e in cui ogni giorno più ci affonda!

 

La crisi finanziaria in corso si aggrava. Nonostante gli interventi di molti governi dei paesi imperialisti per salvare con soldi pubblici banchieri, speculatori, grandi affaristi e accoliti al seguito, i titoli in borsa continuano a scendere. La speculazione sui manufatti e sulle materie prime energetiche (petrolio, gas, ecc.), alimentari e altre continua, causa ribassi e rialzi al di fuori anche di ogni logica produttiva capitalista, sconvolge i rifornimenti, riduce il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, aumenta le difficoltà della vita quotidiana. La ricaduta della crisi finanziaria sull’economia reale si presenta in tutta la sua portata: calo dei consumi, calo della produzione, peggioramento dei prodotti, specie di quelli alimentari, delocalizzazione, cassa integrazione, licenziamenti, chiusura di aziende, taglio dei servizi pubblici, inquinamento e saccheggio del pianeta.

 

In verità il disastro finanziario e produttivo a cui stiamo andando incontro non è un fulmine a ciel sereno. Si tratta dell’impennata di un processo in corso da oltre 30 anni. È l’aggravamento e l’accelerazione della seconda crisi generale del sistema capitalista iniziata a metà degli anni ’70. Da quasi 30 anni l’economia capitalista sta in piedi solo grazie al crescere della speculazione, passa da una bolla speculativa a una più grossa. I capitalisti e gli speculatori hanno fatto fino ad oggi affari d’oro con le bolle speculative. Lo scoppio della bolla speculativa dei mutui fondiari USA ha causato uno sconquasso che è la conseguenza e il peggioramento della crisi generale, ha prodotto la fase acuta e finale della crisi generale.

 

In questa crisi non ci sono vie di mezzo: o approfittiamo della crisi e mettiamo definitivamente fine al capitalismo o subiamo la crisi con tutte le sue conseguenze di miseria, di guerre, di barbarie e di distruzioni!

La crisi finanziaria in corso comporta da una parte che la proprietà di titoli e azioni, la ricchezza in mano a speculatori, affaristi e capitalisti in genere si sposta da alcune mani ad altre, viene concentrata in un numero più ristretto di ricchi. Dall’altra parte si allarga la già immensa schiera di disoccupati, di lavoratori che non riescono ad arrivare a fine mese, di pensionati a cui non basta la pensione, di famiglie che non hanno mezzi per mandare i figli a scuola e per curarsi, di emarginati e di disperati. Inevitabilmente con la crisi crescono anche i gesti di disperazione e la criminalità spicciola, le violenze gratuite e senza senso, le mille attività criminali per arrangiarsi, le premesse e i corollari connessi. Ad essi i governi borghesi, che non possono eliminare la sorgente che li moltiplica, oppongono più repressione, più polizie, più arbitri, più controlli e più galere, di cui proprio i ricchi a loro volta approfittano per fare ancora meglio i loro porci comodi e affari.

Centinaia di grandi aziende riducono la produzione, delocalizzano più velocemente e più massicciamente di quanto già stavano facendo, licenziano centinaia di migliaia di lavoratori. Innumerevoli aziende più piccole (in particolare l’indotto delle grandi) chiudono i battenti.

 

La crisi finanziaria è una conseguenza inevitabile della speculazione. Si sapeva che sarebbe arrivata, ma nessun borghese si è dato veramente da fare per mettere fine alla speculazione, perché la borghesia non poteva e non può più vivere senza speculazione. Anche le aziende produttive sono implicate in larga misura nella speculazione. La più grande azienda industriale del mondo, la General Electric, ha ammesso che un terzo dei suoi utili vengono dall’attività finanziaria. Banche, società finanziarie, aziende produttive hanno i portafogli gonfi di titoli spazzatura. Con la crisi questi titoli non vanno più, ma per disfarsene ognuno deve rifilarli a qualcun altro. I capitalisti non possono annullare i titoli spazzatura. Chi più chi meno, quasi tutti i capitalisti, i ricchi, il clero, le chiese, il Vaticano, tutte le istituzioni borghesi perderebbero la loro fortuna. Una simile misura sconvolgerebbe egualmente tutta l’economia capitalista. Bisogna eliminare il capitalismo. Bisogna togliere ai capitalisti le aziende e il denaro, nazionalizzare le banche e chiudere le borse, riorganizzare senza di loro la produzione, la distribuzione e la circolazione dei beni e dei servizi. Solo così è possibile salvare le aziende, i posti di lavoro, i risparmi delle masse popolari, i beni e i servizi delle masse popolari. Per uscire dalla crisi bisogna creare un nuovo sistema di relazioni economiche e sociali.

Ora alcuni dei politici o dei notabili di regime propongono di regolamentare la speculazione, di “moralizzarla”, di controllarla. Ma è come pretendere che un avvoltoio faccia il passerotto o che uno stupratore faccia educazione sessuale. Sono imbrogli o illusioni. Su proposte di questo tipo infatti i capitalisti non troveranno mai un accordo: ognuno vuole le mani libere per sé, per speculare e sfruttare.

A causa dell’indebolimento subito dal movimento comunista nella seconda metà del secolo scorso, i borghesi e il clero si sono liberati dei lacci e laccioli che esso era riuscito ad imporre loro con la prima ondata della rivoluzione proletaria: le industrie e le aziende pubbliche, il sistema di sicurezza sociale, i servizi pubblici, i diritti democratici dei lavoratori e delle masse popolari, ecc. I borghesi e il clero cercano di tenersi ben stretta la libertà conquistata. Ognuno di loro opporrà mille ostacoli alla regolamentazione e alla moralizzazione dei suoi intrallazzi, in particolare quelli che con lo scoppio della bolla speculativa ci hanno guadagnato e quelli che contano di rifarsi o addirittura di arricchirsi.

La borghesia imperialista, i suoi governi, i notabili e il clero concordano tutti a proposito dei sussidi alle banche e ai banchieri. Gli aiuti degli Stati alle banche vogliono infatti dire più speculazione, nuovi affari, nuove manovre. Cioè vogliono dire rilancio su scala maggiore dell’attività criminale che ci ha portato in questa situazione. I capitalisti, i grandi prelati e gli altri ricchi litigano solo sulla spartizione del bottino. L’opposizione di alcuni agli alti compensi erogati agli speculatori è un’opposizione di facciata. Se passano i sussidi, i più scaltri speculatori, quelli che hanno fatto fare affari d’oro al loro mandanti, avranno le spalle ben coperte. La prova è che solo gli speculatori perdenti sono additati a vista. E in fondo il problema non sono gli alti compensi per gli speculatori, gli stipendi d’oro, ma la distruzione delle relazioni economiche e della vita della massa della popolazione.

I sussidi alle banche non faranno ripartire l’economia reale se le banche e le aziende restano in mano ai capitalisti. Anche i capitalisti e i loro uomini politici lo sanno bene. Sono gli aiuti e i sussidi per chi non ha più un lavoro, una casa, soldi per la propria famiglia, per curarsi, per studiare, per i pensionati e per i poveri in genere che farebbero aumentare i consumi e quindi farebbero riprendere l’economia reale capitalista, senza bisogno di guerre. Ma questi rimedi contrastano con gli interessi dei capitalisti, del clero e in generale dei ricchi. Loro vogliono far fruttare i loro soldi, aumentare i profitti. Infatti tutto il corso dell’economia capitalista degli ultimi 30 anni ha comportato in ogni paese la riduzione dei salari sul prodotto interno lordo. Ai lavoratori per vivere non bastano più i salari, hanno dovuto indebitarsi.

 

Il sistema capitalista è una contraddizione insolubile. Ha bisogno di aumentare i consumi a tutti i costi, a costo di inquinare e saccheggiare il pianeta. Ma d’altra parte deve ridurre il potere d’acquisto della massa della popolazione. In realtà sarebbe ragionevole aumentare i consumi di chi non ha nulla e ridurre i consumi, gli sprechi, lo sfarzo e il lusso di chi naviga nell’oro, dei ricchi, dei padroni, del Vaticano, degli alti prelati e degli sfruttatori. Cosa che potrebbe conciliarsi anche con la salvaguardia del pianeta e la bonifica dell’ambiente. Ma è quello che i capitalisti, il clero e gli altri ricchi non faranno mai, perché è incompatibile con il loro sistema di relazioni sociali, quindi anche con la loro mentalità.

Fino a ieri ogni padrone, ogni capitalista e con loro i dirigenti dei sindacati di regime si sgolavano a proporre la “collaborazione” tra gli operai e i padroni: “siamo tutti una grande famiglia”, dicevano; “gli interessi dell’azienda sono gli interessi di chiunque ci lavora”; per le pensioni, i lavoratori dovevano confidare i loro risparmi ai fondi pensione. Ma le balle hanno le gambe corte!

Per capirci, consideriamo l’industria automobilistica.

In queste settimane è venuta a galla, in modo eclatante, spinta dallo scoppio della bolla speculativa, la crisi delle imprese automobilistiche. I padroni delle più grandi fabbriche di auto del mondo vogliono lasciare a casa decine di migliaia di operai, mandando in rovina intere famiglie, che poi non hanno i soldi per pagare le rate dei mutui e devono ridurre tutti i consumi.

Se di auto se ne sono vendute troppe e nessuno oggi le compra, vuol dire che gli operai ne dovevano fare meno o dovevano farle male, così duravano meno. Altro ché collaborazione! Se nessuno compra le auto perché i salari sono bassi, gli operai invece di “collaborare”, dovevano lottare di più per salari più alti, così oggi avrebbero i soldi per comprare le auto (che tra l’altro hanno costruito con le loro mani). Altro ché collaborazione! Se la crisi delle aziende di automobili è invece principalmente legata (molto più probabile) agli intrallazzi degli speculatori per cui i capitalisti, per non lasciar crollare il valore delle azioni delle loro aziende, devono licenziare gli operai, allora gli operai farebbero bene a gettare a mare i padroni zavorrati con gli speculatori, che sono entrambi la causa dei problemi loro e di tutte le masse popolari. Altro ché collaborazione!

Il sistema capitalista è decisamente un sistema che non funziona, da qualsiasi parte lo si osservi è una contraddizione irresolubile!

Sempre per stare nel campo delle automobili, in questi giorni possiamo ben vedere che la produzione di un bene e la vita di coloro che lo producono, non hanno nulla a che fare né con gli interessi di coloro che lo usano né con quelli di chi lo produce, ma sono invece condizionate dal capitale finanziario e, oggi più di ieri, dal capitale speculativo. Le azioni della Wolksvagen sono salite alle stelle in tre giorni. L’azienda è tale a quale a prima, non ha aggiunto macchinari, non ha aperto nuove officine, non ha assunto nuovi operai. Eppure il prezzo delle sue azioni in tre giorni si è alzato del 343%! La società imperialista è giunta a un punto tale che i dati reali di un’azienda (vendite, stime di crescita, qualità del prodotto, ecc.) non contano praticamente nulla. Quello che contano sono le operazioni speculative.

Cos’ha a che fare tutto questo con gli operai che ogni giorno versano il loro sudore e sempre più spesso il loro sangue sui macchinari per un salario da fame, che non basta loro nemmeno per pagarsi nell’arco di un’intera vita un appartamento in un quartiere popolare? Forse che gli operai della Wolksvagen possono ora dormire sonni più tranquilli dopo questa impennata? No di certo! È invece molto più probabile che al prossimo crollo di borsa dei titoli dell’azienda o comunque degli affari dei proprietari, gli operai si ritroveranno in cassa integrazione o licenziati, come sta avvenendo in quasi tutto il resto del mondo.

Questa è la situazione attuale. Questo è quello che la borghesia cerca di farci ingoiare.

 

La borghesia cerca di mostrare la situazione attuale da due punti di vista differenti ma complementari.

Da un punto di vista la crisi sarebbe nella “natura delle cose”, inevitabile e inarrestabile come lo sono gli uragani e i terremoti. Da un altro punto di vista la soluzione della crisi esiste, ma essa non potrebbe essere in altre mani che in quelle della borghesia, cioè della stessa classe che, dirigendo la società, ci ha portato alla crisi. Ovvero: la società capitalista, fatta anche di crisi, sarebbe la sola possibile, tanto quanto la classe che la dirige sarebbe l’unica classe a poterla dirigere.

Sono due punti di vista entrambi fatalisti, propinati alle masse popolari. Se passano, fanno dormire sonni tranquilli agli sfruttatori e agli speculatori che si sono ingrassati sulle spalle di milioni di proletari; lasciano alcune speranze agli sfruttatori e agli speculatori, a cui in questa occasione è andata male, di riuscire ad avere la meglio alla prossima occasione nella gara a chi strutta di più.  Una guerra tra ricchi. Non lasciano invece alcuna speranza e prospettiva agli sfruttati se non quella di riuscire a battere altri sfruttati e disperati a gomitate per avere la meglio nella lotta per ... essere sfruttati a condizioni più sfavorevoli delle attuali, anziché fare la fame o crepare. Una guerra tra poveri.

 

È un ben misero, triste e inaccettabile destino quello che la borghesia imperialista prospetta a noi proletari!

Possiamo accettarlo? Possiamo rassegnarci ad esso? No!

Abbiamo alternative? Sì! Il socialismo.

Per la borghesia i lavoratori sono carne da sfruttare per valorizzare il capitale ed esuberi da rottamare quando non servono a valorizzare il capitale. Per noi comunisti invece ogni azienda è una ricchezza di uomini, organizzazione, conoscenza, macchinari, ecc. Ad ogni azienda corrisponde un indotto che è anch’esso una ricchezza. Nessuna azienda deve essere chiusa! Quando una produzione non è più necessaria, si converte la produzione su altro di necessario o si riduce il tempo di lavoro senza che si riduca il livello di vita (perché la produzione di quanto necessario continua), anzi migliorando la qualità della vita.

Il socialismo è in fondo una cosa molto semplice. Realizzarlo è reso difficile, molto difficile dalla borghesia, per la quale il socialismo significa la scomparsa dei privilegi, del lusso e dello sfarzo per pochi pagato con il sangue di molti.

Quindi la strada per instaurare il socialismo è tortuosa e piena di insidie. È una strada lunga, come la guerra popolare rivoluzionaria che bisogna combattere per raggiungere la meta.

Ma lungo il percorso si possono e si devono combattere tante battaglie necessarie a vincere la guerra. Alcune di queste battaglie vanno combattute fin dall’inizio, qui, ora: sotto il regime capitalista. Combattere queste battaglie vuol dire forgiare i combattenti di tutta la guerra. Combattere queste battaglie vuol dire imparare a combattere nel corso di tutta la guerra. Combattere queste battaglie vuol dire accumulare forze rivoluzionarie.

 

Quali sono le battaglie che possiamo fin da ora combattere e come possiamo vincerle?

Il capitalismo è un ordinamento sociale, cioè un sistema in cui ogni cosa è connessa con le altre e scorre secondo sue proprie leggi. Questo significa che anche in questo ordinamento si possono realizzare degli scostamenti dalle leggi del sistema. Questi scostamenti per i capitalisti, per il clero e per gli altri ricchi sono un’imposizione, una violazione della loro libertà e dei loro diritti. Per i proletari sono la liberazione dal bisogno e dalla schiavitù, sono la possibilità di partecipare in modo più ampio alle attività specificamente umane.

Bisogna combattere contro il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, contro il taglio dei salari, delle pensioni e dei servizi. Bisogna combattere per ottenere di più dalla borghesia. La lotta per difendere quanto abbiamo strappato alla borghesia in passato quando il movimento comunista era forte e la lotta per strappare altre conquiste, sono lotte necessarie per raccogliere risorse e forgiare le forze che spazzeranno via per sempre la borghesia dal suo trono, per la rinascita del movimento comunista e per instaurare il socialismo.

“Non pagheremo noi la crisi del capitalismo!” è la giusta parola d’ordine che già viaggia nelle dimostrazioni di piazza di questi giorni. Bisogna fare di ogni lotta singola e immediata una scuola di comunismo.

 

Le crescenti mobilitazioni degli ultimi mesi mostrano che tra le masse popolari l’insofferenza è alta e la volontà di lottare pure. Le manifestazioni come quella del 17 ottobre organizzata dai sindacati autonomi, quella del 26 ottobre organizzata dal PD e dai sindacati di regime, quella degli studenti e dei professori del 28 ottobre, come le grandi mobilitazioni degli studenti, dei ricercatori e degli insegnanti in questi giorni, anche se per aspetti diversi dimostrano tutte che esiste un fermento crescente tra le masse popolari. È un fermento che noi comunisti dobbiamo promuovere, sostenere e allargare e da cui dobbiamo raccogliere forze rivoluzionarie.

La grande e giusta battaglia dei lavoratori dell’Alitalia contro le torbide manovre della banda Berlusconi e le speculazioni della banda Colaninno (che con Alitalia vuole fare il bis della speculazione Telecom combinata ai tempi del governo D’Alema) sta piegando l’arroganza dei padroni e del loro governo. Se condotta con fermezza fino alla vittoria darà nuova forza a tutti i lavoratori.

I propositi di lotta annunciati dalla FIOM hanno costretto a scendere sul sentiero di guerra perfino Epifani, l’uomo del regime che voleva costringere i lavoratori a consegnare il TFR agli speculatori dei fondi pensione.

 

I sindacati alternativi sono combattivi, ma non hanno un progetto strategico: non sanno dove andare a parare e sono spaventati dalla mobilitazione crescente.

La sinistra borghese non ha le idee chiare su cosa farsene di questa mobilitazione. Non ha proposte politiche alternative al governo Berlusconi e tanto meno alternative alla nuova destra borghese di Veltroni e soci. La sinistra borghese dopo il suo crollo alle elezioni di aprile 2008, non può nemmeno svolgere il ruolo di sponda politica delle lotte dei lavoratori e delle masse popolari. Per fortuna, non può quindi neanche smorzare la mobilitazione popolare con proposte di commissioni e con chiacchiere parlamentari, come fece nel 2001 il PRC dopo il massacro del G8 a Genova.

La nuova destra borghese del PD ha un progetto per la mobilitazione delle masse: usarle come massa di manovra, approfittare della crisi in corso e dei suoi effetti per dimostrare ai capitalisti, a Confindustria, al Vaticano e agli imperialisti USA e ai gruppi sionisti di essere più capace della banda Berlusconi di tenere a bada le masse, specialmente gli operai e i lavoratori che si trovano e si troveranno colpiti in modo particolare dalla crisi. Ma ha paura di mobilitare le masse popolari per cacciare subito la banda Berlusconi. Ha paura che le masse popolari si rendano conto della propria forza e poi la usino anche contro Veltroni e soci.

La vecchia destra borghese e il suo governo di fascisti, mafiosi, criminali capeggiati da Berlusconi, ha sempre più difficoltà a tenere a bada le masse popolari. Dopo il fallimento del “Patto con gli italiani” stipulato con Confindustria (presidente Antonio D’Amato), CISL e UIL durante il secondo governo Berlusconi, ora deve rassicurare i suoi mandatari (il Vaticano, le Organizzazioni Criminali e la borghesia imperialista in Italia, gli imperialisti USA e i gruppi sionisti all’estero) di essere in grado di garantire l’ordine in fabbrica e nelle piazze: senza quest’ordine gli affari vanno male. A questo sono legate le pressioni fatte sulla CGIL (che vuol dire soprattutto FIOM) affinché firmi gli accordi su cui governo Berlusconi, Confindustria (presidente Marcegaglia), CISL, UIL e UGL sono già d’accordo.

La destra della CGIL è in difficoltà perché la sinistra della CGIL e i sindacati alternativi spingono per il sostegno e la promozione della mobilitazione e delle lotte contro gli accordi alle spalle dei lavoratori, contro gli effetti della crisi, contro il governo e contro la collusione con la nuova destra borghese.

Nessuna di queste forze politiche ha una risposta chiara e risolutiva dei problemi delle masse popolari che, con l’accelerazione della crisi, vanno moltiplicandosi.

 

La mobilitazione delle masse popolari aumenterà. Noi comunisti dobbiamo promuoverla, sostenerla, favorirne l’orientamento verso l’instaurazione di un nuovo governo di Blocco Popolare, formato dagli operai e dalle masse popolari organizzate, raccogliere al suo interno le forze rivoluzionarie, organizzarle e formarle. Dobbiamo lottare per la formazione di un governo capace di guidare le masse popolari a far fronte alla crisi del capitalismo, un governo di Blocco Popolare.

Per quanto la nuova destra borghese speri di convogliare periodicamente le masse popolari in mobilitazioni controllate, in valvole di sfogo, in bagni di folla per il suo leader Veltroni, essa non potrà evitare che questa mobilitazione chieda sempre più insistentemente il conto, che pretenda i risultati concreti che la forza delle masse popolari potrebbe portare se fosse diretta a questo fine.

La destra borghese non può nemmeno evitare che parallelamente e fuori dal suo controllo si sviluppi una mobilitazione spontanea e alternativa. Tanto meno può impedire che il movimento comunista approfitti anche della mobilitazione “controllata” per fare propaganda del socialismo come unica via per uscire dal marasma attuale e che raccolga forze e risorse per la lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuire così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.

La mobilitazione delle masse popolari contro il procedere della crisi aumenterà nonostante le minacce fasciste di Berlusconi e dei suoi soci. Gli studenti feriti a Milano, quelli dell’università di Napoli aggrediti il 28 ottobre, quelli aggrediti dai fascisti in piazza Navona hanno certamente contribuito, contrariamente ai propositi dei picchiatori fascisti mandati da Berlusconi, ad alimentare ed incoraggiare ulteriormente le manifestazioni e le occupazioni in corso.

Ora che la seconda crisi generale del sistema capitalista sta subendo una forte accelerazione dopo lo scoppio della bolla speculativa dei mutui fondiari USA e ora che la sinistra borghese ha perso gran parte della sua influenza sulle masse popolari e sui lavoratori, lo scontro di classe si alza di livello, diventa più acuto.

 

In questo contesto anche lo scontro tra gruppi imperialisti fa un salto di qualità.

I gruppi della borghesia di destra spingono per una repressione più dura, decisa, aperta della mobilitazione delle masse e soprattutto per bruciare il terreno attorno ai comunisti. Ma anche al suo interno la destra borghese è divisa e sconvolta dalla lotta tra gruppi ognuno dei quali vuole trarre vantaggio dalla crisi e lotta per imporre il proprio interesse come quello principale, quello di cui tutta la nazione deve occuparsi.

I gruppi della borghesia di sinistra vorrebbero procedere mantenendo una parvenza democratica, assicurandosi il massimo consenso possibile da parte dei sinceri democratici e delle masse popolari, al peggio calcando un po’ di più la mano.

Ci sono tutte le premesse per operazioni terroristiche da parte del governo Berlusconi, come suggerito dal vecchio stratega della criminalità, Kossiga: “giustificherebbero” la borghesia di destra nell’uso della mano pesante e metterebbero l’anima in pace alla borghesia di sinistra. Non bisogna farsi incastrare in questa trappola, non bisogna permettere che la banda di assassini, fascisti, mafiosi, sfruttatori, papi e cardinali che ci governa si erga a difensore degli “interessi nazionali”.

 

Non bisogna farsi spaventare dalla situazione in corso dall’acuirsi delle contraddizioni della lotta di classe.

Gli studenti che stanno lottando con tenacia e coraggio hanno adottato il motto “io non ho paura!”: un termine adatto a contrastare il tentativo terroristico della borghesia di seminare il panico e scoraggiare le lotte delle masse popolari. Noi comunisti siamo con loro! Bando al panico! Avanti nella lotta! Altro ché movimento apolitico, come lo vorrebbe dipingere una parte della sinistra borghese, nella speranza di tenerlo sotto controllo.

La borghesia spera che di fronte alle difficoltà crescenti e al marasma (in cui essa stessa ci infogna) del suo ordinamento sociale, le masse si rifugino sotto l’ala del più forte, cerchino la protezione di un governo reazionario e autoritario che trascini il paese fuori dalla melma, a qualsiasi costo. Ma questa strada la borghesia italiana l’ha già tentata con il fascismo e le è andata male, ha rischiato che l’Italia si trasformasse in un nuovo paese socialista. Le sue titubanze attuali sono frutto del bilancio che ha tirato da quell’esperienza.

 

In questa situazione bisogna promuovere con forza e accelerare la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato e soprattutto consolidare e rafforzare il nuovo Partito comunista italiano che è il promotore e il risultato principale della rinascita del movimento comunista nel nostro paese. Questo è il ruolo che devono svolgere gli elementi più avanzati, i comunisti.

Bisogna conquistare al comunismo gli operai avanzati e gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari. Bisogna promuovere l’organizzazione di massa a ogni livello, rafforzando ideologicamente e politicamente la sinistra dei sindacati di regime e i sindacati alternativi e promuovendo il coordinamento della loro azione (rinnovamento del movimento sindacale), rafforzando e moltiplicando i comitati di resistenza, moltiplicando i comitati popolari di controllo che irrompono nel teatrino della politica borghese, coordinando gli organismi culturali, sportivi, ricreativi, rafforzando gli organismi di lotta contro la repressione. L’attuale debolezza del movimento comunista incoraggia la borghesia ad approfittarne prima che il movimento comunista si rafforzi, a “soffocare il bambino fin che è nella culla”. La persecuzione contro i comunisti e in particolare contro il (nuovo)Partito comunista italiano ne sono la conferma.

Le masse popolari e in particolare i lavoratori non possono più continuare a vivere come prima e i segnali dell’insofferenza si fanno sentire più frequenti, più estesi e più intensi. La crisi politica, conseguenza della crisi economica, si manifesta anche nella difficoltà dei regimi e dei governi borghesi a far fronte alla crescente protesta di strati sempre più larghi delle masse popolari. È una difficoltà a farvi fronte pacificamente, senza ricorrere, come sempre più spesso accade, all’uso della forza e della violenza. Tutto questo esige la rinascita del movimento comunista e crea condizioni favorevoli alla rinascita. Occorre che ogni individuo che comprende questo, si lanci con forza e fiducia nell’attività. La quantità fa qualità. Ogni individuo e gruppo che lavora nella direzione giusta, porta il suo contributo a un processo che travolgerà l’attuale regime e costruirà il nuovo mondo: il socialismo.

 

Stiamo andando verso una situazione drammatica, ma foriera di grandi sviluppi. Bisogna saperli cogliere. Dobbiamo imparare a coglierli. Non abbiamo ricette già pronte nei dettagli per ogni situazione, ma abbiamo una linea generale giusta, elaborata dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e confermata dalla nostra stessa esperienza attuale. Da questo deriva la nostra sicurezza nel lanciare la battaglia e la nostra certezza che quello che non sappiamo fare lo impareremo facendo.

Ogni individuo non ancora completamente abbrutito dall’influenza della borghesia e del clero, dalla dipendenza materiale, intellettuale e morale, non ancora rassegnato a lasciarsi cadere lungo la china rovinosa in cui la borghesia e il clero ci spingono, può e deve unire le sue forze a quelle agli altri proletari nel movimento comunista, può e deve contribuire all’allargamento dell’organizzazione di massa, può unirsi a noi nel (n)PCI.

Le masse popolari, i lavoratori e gli operai, se non sono organizzati, sono nelle mani dei padroni, che hanno mezzi, conoscenza e risorse per organizzare la vita dei proletari in funzione degli interessi del capitale, dei padroni, dei ricchi. Senza organizzazione, senza un Partito all’altezza del suo ruolo, i proletari sono nelle mani degli avvoltoi come Bush, Berlusconi, Ratzinger e dei loro simili.

Con il Partito comunista all’altezza del suo ruolo possiamo combattere con successo le battaglie di oggi e di domani, possiamo resistere agli attacchi della borghesia e trasformarli in nuove fonti di sviluppo della mobilitazione rivoluzionaria e del Partito stesso.

Organizzati e uniti siamo una forza che si moltiplica irresistibilmente. Ad ogni colpo subito, grazie alla giusta strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata che ci guida, accumuliamo nuove forze per la rivoluzione.

L’unità nel Partito comunista è una forza che difende i proletari dalla crisi e combatte e vince la classe che ne è la causa.

Con il Partito comunista la classe operaia può dirigere il resto delle masse popolari a prendere il destino nelle proprie mani, spazzare via dalla storia le canaglie che hanno sguazzato per secoli nel sangue degli sfruttati e costruire una società che funziona per gli interessi di tutti i proletari.

 

Il (n)PCI ha fatto il bilancio dell’esperienza del movimento comunista. Ha compreso i motivi della sconfitta subita nella seconda metà del secolo scorso e ha identificato i modi per porvi rimedio. Possiamo rimontare la china. Il sentiero non è più sdrucciolevole come quello che percorsero i nostri nonni e i nostri padri. Le masse popolari hanno bisogno, oggi come allora, di una soluzione ai crescenti problemi che la direzione borghese della società fa gravare sulle loro spalle. La borghesia imperialista, oggi come allora, non ha soluzioni pacifiche alla crisi del suo ordinamento. Ad ogni tentativo di tenersi a galla sprofonda sempre più, come nelle sabbie mobili, ma trascina con se le masse popolari di tutto il mondo. L’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria è una ricchezza per il movimento comunista attuale che il vecchio movimento comunista ci ha lasciato in eredità: possiamo e dobbiamo usarla! Le premesse per l’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti ci sono tutte.

Dobbiamo aver fiducia nei fatti e nella coscienza della classe operaia, che saprà prendere in mano la situazione come ha già dimostrato in passato. Noi come comunisti dobbiamo fare la nostra parte fino in fondo, svolgere il nostro ruolo senza titubanze.

Il Partito ha lanciato una campagna di propaganda del socialismo e lancerà una campagna di organizzazione nella quale impegnerà i suoi organi Centrali e i suoi Comitati di Partito.

 

La situazione è favorevole, grande è la confusione. Solo il Nuovo Potere della classe operaia porrà fine al marasma attuale!

 

Compagni, operai, proletari, donne e giovani: unitevi nel (nuovo)Partito comunista italiano!

 

Partecipate e fate partecipare i vostri compagni di lavoro alla campagna di propaganda del socialismo, allo studio e al dibattito sul Manifesto Programma del (n)PCI!

 

Partecipate alla campagna di organizzazione del Partito costituendo in ogni azienda, in ogni zona e in ogni organizzazione di massa un Comitato di Partito!