Martin Lutero - Supplemento al n. 3 de La Voce

04 Il governo D’Alema e la costituzione del SIC (Stato Imperialista Corporativo)

Comunicato
giovedì 16 maggio 2002.
 

[I commenti e i chiarimenti aggiunti dal curatore nel testo sono tra parentesi quadre. La titolazione, i corsivi, i neretti e le note sono del curatore.]

 

[4. Il governo D’Alema e la costituzione del SIC (Stato Imperialista Corporativo)]

In questo senso Massimo D’Antona era una figura organica dell’Esecutivo D’Alema. Infatti un aspetto sostanziale del programma del governo D’Alema è l’aver assunto "la concertazione come metodo di governo". D’Alema e il gruppo della Quercia che ha incarichi nell’Esecutivo intendono far pesare molto nelle dinamiche parlamentari l’iniziativa politico-legislativa del governo, come mezzo per risolvere le contraddizioni interne alla maggioranza (e in particolare ai DS) e in generale come mezzo per superare le resistenze della rappresentanza parlamentare al cambiamento. Questa infatti incontra grosse difficoltà a pervenire a mediazioni politiche sufficienti e organiche, coerenti con le compatibilità economico-politiche dettate dalla centralità degli interessi della BI e dai suoi obiettivi di fase. Per svolgere questo maggiore ruolo politico-legislativo, l’Esecutivo si fa forte del consenso delle parti sociali e del loro diritto a pesare, nelle trasformazioni politico-giuridiche, in virtù delle materie in oggetto sulle quali si riconoscono loro facoltà autonome. Questa "autonomia", che per quanto riguarda il sindacato confederale è fondata sul peso politico storico del movimento operaio, diventa la giustificazione dell’accentuato intervento legislativo dell’Esecutivo anche su temi che non riguardano direttamente il rapporto capitale-lavoro, ma il modo di concepire il ruolo del "lavoro" nella società e le sue finalità e per le quali quindi occorrono decisioni legislative e anche costituzionali, che investono il Parlamento e perciò il ruolo della rappresentanza politica.

D’altra parte le istituzioni politiche hanno difficoltà a superare il quadro normativo che è ancora significativamente condizionato dal peso politico del proletariato. Infatti permane la contraddizione tra

1. da una parte i contenuti costituzionali che riflettono il peso che ha avuto nella stesura della attuale Costituzione (1946-1948) l’interesse politico autonomo del proletariato e il peso politico decisivo che tuttora ha il proletariato,

2. dall’altra gli attuali rapporti di forza generali tra proletariato e borghesia cui la dinamica politica si riferisce.

Questo ostacola l’attuazione dei nuovi indirizzi. Essi perciò devono affermarsi aggirando i vincoli costituzionali, ma il processo è frenato dalle contraddizioni generate dalla debolezza di questa pratica, in termini di disorganicità o inconcludenza dell’iniziativa legislativa parlamentare. L’Esecutivo si incarica appunto di forzare l’iniziativa legislativa parlamentare.

In un contesto [quello del periodo 1945-1990] di impiego della spesa pubblica per stimolare la produzione, l’azione politica dei partiti poteva essere tesa a una gestione delle risorse statali in funzione del consolidamento del loro consenso politico-elettorale. Questa impostazione tradizionale, a fronte delle odierne contraddizioni della crisi del capitale, si è dovuta modificare per adeguarsi alle istanze della BI. Ora l’azione politica dei partiti deve sostenere la funzione dello Stato in campo economico perseguendo linee di attivo di bilancio, di contenimento dell’inflazione, di contrazione dei costi diretti e indiretti di produzione, di definizione di meccanismi che stimolino la competizione [forse è un refuso per competitività, ndr] interna. Queste infatti sono condizioni irrinunciabili affinché il capitale a base nazionale conservi quote di mercato e perché la formazione economico-sociale non arretri nella scala gerarchica della catena imperialista. Le scelte politiche assumono un carattere più spiccatamente antiproletario, sia perché il dispiegamento di un’offensiva complessiva contro le posizioni e le condizioni della classe operaia è il presupposto per sostenere la funzione dello Stato in campo economico in questo contesto, sia perché strutturalmente alcuni interessi diventano non più compatibili o meno compatibili con altri. Il carattere antiproletario di queste scelte è stato sostenuto con l’adozione di un sistema elettorale sostanzialmente maggioritario, che corrisponde alla oggettiva riduzione del complesso degli interessi rappresentabili e conciliabili.

Questi fattori nel loro insieme rendono tendenzialmente più fragile il dominio politico-economico della borghesia.

La risposta a ciò si attua per due vie.

1. Da una parte incrementare le misure repressive generali, rafforzare organici e strumentazioni degli apparati di polizia (vedi pacchetto anticriminalità Diliberto-Jervolino), [PA] inasprire le sanzioni antisciopero, estendere le campagne di criminalizzazione e la pratica dell’incriminazione delle lotte di settori che non accettano la subordinazione agli interessi della BI, ma anche, in alternativa, assorbire e svilire l’opposizione di settori di proletariato.

2. Dall’altra parte dare maggiore legittimazione all’azione dello Stato affiancando al canale di legittimazione istituzionale, politico-rappresentativo, quello negoziale con le parti sociali. Questo tende a controbilanciare gli effetti negativi, in termini di governabilità, del maggiore peso assunto dall’Esecutivo che gli odierni indirizzi politico-economici, rispondenti alle istanze della classe dominante, rendono necessario in sede di ridefinizione dei ruoli delle istituzioni nell’ordinamento politico-istituzionale.

Questa manovra ha però il limite di far assumere al sindacato confederale un ruolo politico troppo aperto e troppo importante e di acuire la crisi di legittimazione reale che lo investe. L’assestamento in senso neocorporativo della dinamica politica e sociale è il progetto politico che tiene coeso l’equilibrio politico dominante [EPD].

Questo equilibrio a sua volta è la risultante dei processi di trasformazione e di selezione delle forze dell’arco costituzionale anche in base al loro rapporto organico con il sindacato confederale. Questi processi hanno investito la società capitalista negli anni ’80 e ’90 e selezionano i candidati a rappresentare gli interessi della BI nel nuovo corso in base alla loro capacità di effettuare la trasformazione necessaria e nel contempo garantire la coesione e il consenso sociale necessari a governare, pur senza poter adottare i tradizionali strumenti della spesa pubblica per creare consenso.

Questo equilibrio si basa sulla negoziazione neocorporativa. Questa a sua volta ha come principi fondanti la negazione degli interessi generali del proletariato e la composizione forzata di interessi sociali particolari e transitori (immediati) intorno agli interessi generali della frazione dominante di BI ed è indirizzata

1. a completare il processo di riforma economico-sociale per sostenere il ruolo del capitale monopolistico nella competizione e nel quadro dell’integrazione europea,

2. a strutturarsi come modalità di governo delle contraddizioni di classe sostanziando lo Stato Imperialista Corporativo (SIC), che cerca di ingabbiare le contraddizioni sociali in modo funzionale anche alla sua assunzione di un ruolo maggiore nelle politiche centrali dell’imperialismo.

La composizione neocorporativa delle contraddizioni sociali non è solo un modo di affrontare le contraddizioni sviluppate dalla crisi del capitale nell’ambito nazionale. È anche condizione politica interna per affrontare il manifestarsi delle stesse sul piano internazionale; è condizione del sostegno alla BI che lo Stato può espletare nelle sue funzioni di dominio non solo all’interno, ma anche all’estero, per spezzare le resistenze opposte alla penetrazione imperialista e alla oppressione imperialista su altri paesi.

Dentro questo quadro generale si colloca l’intervento dell’Esecutivo e delle parti sociali rivolto, come linea di fondo, a ridurre e a rendere più flessibile il costo del lavoro, per far fronte al rapporto concorrenziale con altre aree economiche, incrementato dall’UEM (Unione Europea Monetaria) e dalla crisi capitalista. Questa linea cerca di combinare la necessità del capitale di essere competitivo e la risposta alla crisi occupazionale. Nel concreto prevede una condizione di lavoro priva delle garanzie fondamentali, selettiva su basi meritocratiche o produttivistiche e di controllo sociale e mediamente impoverita come condizione salariale e di sussistenza in genere.