Cristoforo Colombo

    Conclusioni

Capitolo 1° - Il movimento economico della società
martedì 15 agosto 2006.
 

Pippo Assan

Cristoforo Colombo

-  Capitolo 1° - Il movimento economico della società


Conclusioni

Gli anni 70 sono il punto d’arrivo di una fase, iniziata alla fine della 2° Guerra Mondiale, di accumulazione del capitale e di sviluppo economico: l’equivalente della a cavallo dei due secoli e il punto di inizio di una nuova fase di crisi: l’equivalente della prima metà del secolo XX. Quindi è finito il periodo di sostanziale pace sociale nei paesi imperialisti. I contrasti tra le classi sono destinati ad acuirsi. Il terreno per la nostra azione è ampio e fecondo. Possiamo comprendere dove le effettive forze motrici spingeranno le classi della società borghese solo dall’analisi dei movimenti concreti e in parte possiamo determinarlo con un’azione soggettiva adeguata alle tendenze oggettive. La tesi della crisi di sovrapproduzione generale di capitale non è il nuovo talismano cui attaccarsi per coltivare l’ozio del proprio cervello. Ma è il contesto e la chiave di lettura per comprendere i singoli episodi della vita economica e politica e per decidere la nostra linea d’azione in essi, dando per scontato che il ruolo (e quindi il significato) di ogni singolo episodio è definito solo all’interno del contesto cui appartiene e che ogni singolo episodio quasi mai esprime apertamente e direttamente la tendenza generale del contesto.

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Sostenere la tesi che gli anni 70 costituiscono un ciclo chiuso, a parte l’uso poliziesco della tesi da parte del trio Curcio-Moretti-Balzerani, vuol dire basarsi sull’osservazione e considerazione dei soli movimenti politici e culturali, posti come fenomeni che si sviluppano autonomamente dalle condizioni materiali. Chi si basa sull’analisi del movimento economico delle società borghesi e lo assume come elemento principale e originario, che fonda e determina anche il movimento politico e culturale della società, non può non mettere in primo piano la continuità tra gli anni attuali e gli anni 70 come parti della stessa fase: la fase della nuova crisi per sovrapproduzione generale di capitale. Per quanto riguarda il movimento rivendicativo e il movimento politico delle masse in ogni fase del ciclo economico si hanno momenti assolutamente differenti, nel tempo e da paese a paese (basta pensare per farsene un’idea al periodo 1914-1945): il movimento politico e culturale di una società non è mai univocamente determinato dal suo movimento economico, se non nella testa dei meccanicisti, come abbiamo spiegato nelle pagine precedenti. Salvo che nelle ricostruzioni dei soggettivisti, la divisione del movimento della società in fasi non è arbitraria, ma è un fatto obiettivo che solo l’interesse e l’incomprensione portano ad alterare (qualcuno può dividere la storia del mondo in prima di Goria e dopo Goria, ma resta il fatto che Goria non ha lasciato traccia nella storia del mondo). Ogni fase è caratterizzata e definita da processi oggettivi, quindi è un fenomeno oggettivo. Le fasi non si inventano, si scoprono.

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La comprensione della crisi economica attuale, dei suoi vari e contradittori passaggi (ad es. le successive ondate di valorizzazione monetaria del capitale che come in certe malattie fisiche introducono momenti di vigore e di euforica salute nell’organismo malato debilitandolo in definitiva maggiormente), delle sue svariate manifestazioni concrete, delle sue espressioni politiche e culturali nel proletariato, nelle masse popolari, nelle classi dominanti, è una parte fondamentale e fondante dell’esistenza del partito comunista, della sua attività e dell’assolvimento del suo compito storico. La tendenza a procedere prescindendo da questa comprensione, a relegare questa comprensione tra le cose inutili o di contorno, a dedicare ad essa solo risorse marginali e da tempo libero: questo è l’idealismo nelle nostre file e che dobbiamo eliminare. Non possiamo mettere mano efficacemente e con un ruolo dirigente in un meccanismo di cui non conosciamo il funzionamento. La tendenza a farlo funzionare come pare a noi, non conformandoci alla sua natura è il soggettivismo. I compiti delle forze rivoluzionarie nei paesi imperialisti, la controversia tra la tesi del fronte antimperialista e la tesi del partito del proletariato, il ruolo del movimento rivendicativo nei paesi imperialisti, il ruolo del partito nel movimento di massa, cioè tutte le divergenze di linea politica nel movimento rivoluzionario possono essere affrontate in modo costruttivo solo sulla base della comprensione del movimento economico della società, delle potenzialità politiche e culturali insite in esso, delle vie di azione politica che esso apre. Se si prescinde da questo, allora si confrontano e si fanno scontrare pregiudizi e frasi fatte: cosa sterile e senza fine.

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