La Voce 29

03.03 - Il nostro compito principale: la propaganda del socialismo

La situazione politica e i nostri compiti
martedì 1 luglio 2008.
 

Per quanto riguarda il campo delle masse popolari, l’avvento del nuovo governo Berlusconi sanziona (con la residua precarietà propria di ogni fase politica al suo inizio) l’apertura di una nuova fase nella vita politica del nostro paese, nonostante la continuità del nuovo governo Berlusconi con il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti. La nuova fase consiste, principalmente e in sintesi, nei seguenti due movimenti contrastanti.

1. Una parte (più di 2 milioni di adulti) delle masse popolari più avanzate (di quelle che più risentono dell’eredità della prima ondata della rivoluzione proletaria) si è sottratta, almeno elettoralmente, alla egemonia della sinistra borghese e si è aggiunta a quella parte delle masse popolari che in una certa misura se ne era già liberata da tempo. L’egemonia della sinistra borghese sulle masse popolari si è ridotta e quindi maggiori sono gli spazi di manovra e più favorevoli le condizioni per l’azione di noi comunisti.

2. Una parte delle masse popolari più insofferenti del corso attuale delle cose (quindi potenzialmente nostre) sono momentaneamente reclutate dai fascisti e dalla Lega Nord per azioni squadristiche e concretizzano un nuovo livello della mobilitazione reazionaria delle masse popolari. Le forze politiche più reazionarie della borghesia imperialista hanno rafforzato la loro egemonia e la loro capacità di mobilitazione di una parte delle masse popolari e la loro arroganza è cresciuta.

La sintesi dei due movimenti contrapposti è che la corsa tra mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e mobilitazione reazionaria delle masse popolari si è accelerata, anche se la mobilitazione reazionaria trova dei limiti nella natura dell’attuale regime che resta un regime di controrivoluzione preventiva. (1)

Alcuni definiscono “nuovo fascismo” questa fase della vita politica del nostro paese. Tale definizione certo serve a capire che c’è l’inizio di una nuova fase e che in questa nuova fase la borghesia imperialista usa in modo qualitativamente nuovo (rispetto al passato periodo del regime DC e della sua putrefazione) i nostalgici, le propaggini e i residuati del fascismo di Mussolini. Ma tale definizione maschera la natura della nuova fase, rende più difficile capirne gli aspetti e definire le forme proprie di questa fase che deve assumere la nostra linea di rafforzamento e consolidamento del Partito, tramite il lavoro interno e il lavoro di massa sui quattro fronti del nostro PGL (Piano Generale di Lavoro). Quindi è una definizione sbagliata, fuorviante, da non usare.

Il regime del nostro paese resta un regime di controrivoluzione preventiva. Chi lo definisce “nuovo fascismo”, non fa un’analisi scientifica, fa della retorica e crea confusione sul lavoro da fare in questa fase. Come aspetto secondario, banalizza anche il fascismo che fu giustamente definito dalla prima Internazionale Comunista regime terroristico della parte più reazionaria della borghesia imperialista. Ma il difetto principale della definizione è che nasconde che il lavoro principale che dobbiamo compiere in questa nuova fase è il lavoro per conquistare lavoratori avanzati alla lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Probabilmente chi definisce questa fase “nuovo fascismo” pensa di mobilitare di più usando parole grosse, gridando: “Al lupo! Al lupo!”. Ma la mistificazione della realtà non ha mai giovato a noi comunisti. La nostra è una lotta seria, richiede un impegno serio. Le masse non si sono mai impegnate in una rivoluzione se non per ragioni di cui per mille vie constatavano la realtà. Sfido chi usa questa definizione seriamente, ad adottare le misure organizzative che adotterebbe se fossimo veramente in presenza di un regime fascista o nell’imminenza della sua instaurazione.

Il regime del nostro paese resta un regime di controrivoluzione preventiva, ma siamo entrati in una fase nuova, che dobbiamo distinguere dalla precedente. C’è stato un salto di qualità: un più favorevole e vasto terreno per la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e un passo avanti nella mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

Come ogni cosa, anche il passo avanti nella mobilitazione reazionaria ha un aspetto duplice: uno negativo e uno positivo. Negativo perché è la borghesia che ha preso l’iniziativa ed essa infligge molte sofferenze alle masse popolari (su vari terreni: dalla speculazione, al carovita, alla caccia all’immigrato, ecc.) e mobilita a un livello superiore forze reazionarie (squadre, ronde, polizie pubbliche, servizi segreti, polizie private). Positivo perché ci avvicina alla nostra metà: questa infatti può essere raggiunta solo attraverso la formazione di schieramenti contrapposti (mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e mobilitazione reazionaria delle masse popolari), lo scontro tra le due, il prevalere della prima sulla seconda. Tutto il Partito deve educarsi e deve educare il più possibile della carovana, delle organizzazioni e degli elementi avanzati a noi vicini ad adeguarsi ideologicamente, politicamente e organizzativamente a questo sviluppo delle cose. (2)

Per noi quello che è successo e sta succedendo non è una sorpresa. Se qualcuno di noi è sorpreso, costui deve onestamente e seriamente chiedersi perché non aveva assimilato la concezione del mondo del Partito di cui tuttavia è membro. Il nostro Partito per anni ha più e più volte e in più sedi dichiarato che dalla metà degli anni ’70 del secolo scorso siamo entrati in una situazione rivoluzionaria in sviluppo e che in definitiva solo due vie di uscita sono possibili: la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e la mobilitazione reazionaria delle masse popolari; che la sola via che la borghesia poteva imboccare per uscire dalla crisi era la mobilitazione reazionaria delle masse popolari; che nella borghesia era la destra ad avere il pallino in mano mentre la sinistra era ridotta ai margini; che il nostro futuro sarebbe stato deciso dallo scontro tra mobilitazione rivoluzionaria e mobilitazione reazionaria delle masse popolari; che noi dovevamo promuovere la mobilitazione rivoluzionaria; che i comunisti possono trasformare la mobilitazione reazionaria in mobilitazione rivoluzionaria.

Oggi per noi comunisti è indispensabile comprendere meglio le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe in questa nuova fase, per definire con precisione i lavori da compiere e la scala delle priorità, la loro giusta combinazione. Su questa base riusciremo certamente a imprimere uno slancio superiore alla rinascita del movimento comunista. Per questo è sbagliato definire “nuovo fascismo” questa fase: ci porta fuori strada.

“Il rivoluzionarismo volgare non comprende che la parola è anch’essa un’arma”. (3) Ci sono fasi in cui l’arma della critica colpisce l’ordinamento sociale mille volte più efficacemente della critica delle armi (benché strategicamente questa resti la critica risolutiva della lotta della classe operaia per emanciparsi dalla borghesia) e infinitamente più delle lotte rivendicative (benché queste siano una indispensabile scuola di comunismo (4)). Ogni cosa ne contiene un’altra e anche due e più. Le lotte rivendicative che nei prossimi mesi si scateneranno tra gli operai, i lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi, le donne, i giovani e i pensionati contro la speculazione, il carovita, l’attacco ai diritti, l’attacco al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, per la difesa del diritto di sciopero e di organizzazione sindacale, per la sicurezza sul lavoro, la salute e la difesa dell’ambiente, per la difesa del diritto di manifestazione e di protesta, le lotte e le proteste contro la repressione, la salutare risposta allo squadrismo fascista e leghista, la lotta per le autonomie e la democrazia (Val di Susa, Vicenza, Napoli e la Campania in testa): tutte queste iniziative devono essere inquadrate e permeate dalla propaganda che l’unica via di uscita dal marasma attuale è l’instaurazione del socialismo e che la lotta per instaurare il socialismo è il contesto necessario perché queste lotte si diffondano su larga scala, non siano riti e sfoghi all’indignazione per il corso delle cose, ma siano fertili di risultati.

Fare dell’Italia un nuovo paese socialista è la parola d’ordine principe di ogni lotta delle masse popolari.

Nella fase che si è aperta in questi mesi il fattore decisivo è la propaganda, più esattamente la propaganda del socialismo.

Noi comunisti dobbiamo condurre una campagna di propaganda del socialismo vasta e intelligente: nel senso che dobbiamo scegliere di volta in volta le nostre parole e i nostri esempi sulla base dell’analisi concreta della situazione concreta in cui lavoriamo. Dobbiamo rivolgerci a quelli che si sono in una certa misura (almeno elettoralmente) scossi di dosso l’egemonia della sinistra borghese o sono sconcertati dal suo crollo e oggi sono alla ricerca di una strada. Dobbiamo convincerli (o almeno dare loro gli elementi necessari - che nessun altro oggi dà loro - perché domani o dopodomani si convincano) che l’unica via d’uscita dal marasma attuale è l’instaurazione del socialismo. Questa campagna è la premessa di ogni progresso. Senza questa campagna ogni progresso è impossibile o sterile. Ma questa campagna darebbe risultati precari e labili se non fosse accompagnata da una campagna di organizzazione. Dobbiamo creare nuove organizzazioni di massa (come i Comitati Popolari di Controllo, comitati elettorali, comitati di resistenza, ecc.) e arruolare nelle organizzazioni della carovana o contigue o influenzate, dobbiamo arruolare nel Partito e formare nuovi Comitati di Partito.

Il Partito ha messo a punto tutti gli strumenti teorici per condurre la campagna di propaganda del socialismo: in primo luogo il Manifesto Programma , ma anche gli opuscoli I primi paesi socialisti e Un futuro possibile .

La dimensione e l’efficacia di questa campagna è la misura delle effettive forze del Partito, della loro quantità e qualità: dello slancio rivoluzionario di ogni compagno e di ogni CdP, della capacità di ogni compagno e di ogni CdP.

Questa è la campagna congressuale del Partito!

Chi non contribuisce con tutte le sue forze e risorse a questa campagna è fuori dal Partito. Il Partito non è un’associazione a cui ci si iscrive, una unione ideale, di fede. È una forza combattente, animata da una coscienza, guidata da una linea e capace di tradurla in organizzazione di partito e in organizzazioni di massa.

 

Per condurre con successo questa campagna dobbiamo risolutamente adottare il principio di marciare su due gambe: una gamba è dirigente (il lavoro tra le masse popolari), l’altra è ausiliaria ma indispensabile (il lavoro tra quanto resta della sinistra borghese, i frammenti in libertà della sinistra borghese, le residue FSRS).

Vediamo alcune questioni relative a questi due distinti e connessi campi della nostra campagna di propaganda del socialismo e organizzazione. Per comodità di esposizione, incomincio dalla gamba ausiliaria.

 

1.

Bisogna non lasciare alcuno spazio all’influenza ideologica e politica della sinistra borghese in lacrime. Nello stesso tempo non dobbiamo essere settari, ma essere pronti a usare e recuperare quanto può servire.

Abbiamo da tempo, ben prima del crollo attuale, affermato che la sinistra borghese non era il nostro nemico principale. (5) Abbiamo sostenuto che non era essa l’ostacolo principale alla rinascita del movimento comunista: l’ostacolo principale erano i limiti ideologici di noi comunisti. Ora che la sinistra borghese è crollata, sfidiamo quelli che sostenevano che essa era l’ostacolo principale a verificare la loro tesi nella pratica: che vedano se i loro risultati si moltiplicano a misura del crollo della sinistra borghese!

Noi non solo non consideriamo la sinistra borghese il nemico principale, ma sosteniamo che dovremo al contrario recuperare quanto resta della sinistra borghese e persino oltre. È già avvenuto varie volte che la sinistra borghese aprisse la strada alla destra e ne restasse poi vittima. Noi dovremo offrire un posto di lotta a chiunque vuole onestamente lottare. Già oggi il Ministro del lavoro Maurizio Sacconi minaccia persino Epifani: “La CGIL faccia attenzione, perché rischia di fare la stessa fine della sinistra radicale”. E Berlusconi rincara “Se l’Italia non cresce, la colpa è della sinistra estrema che ha fatto delle proteste di minoranze organizzate un fatto di democrazia. Le decisioni della maggioranza invece devono essere attuate senza che le minoranze possano contrastarle. ... Occupare strade e aeroporti è una violenza contro lo Stato e lo Stato deve usare la forza per fare rispettare la legalità”. Basta quindi al governo dichiarare ogni paese, città e località “zona di interesse strategico”, per vietare ogni manifestazione e protesta. Se imbocca questa strada, dovremo incitare le masse a costringerlo a dichiarare tutto il paese “zona di interesse strategico”!

Questo non vuole affatto dire essere accomodanti sul piano ideologico o politico con la sinistra borghese e tanto meno con Epifani e il resto della destra dell’aristocrazia operaia. Al contrario dobbiamo adottare una linea di unità e di lotta e far leva sulle masse popolari come gamba dirigente del nostro lavoro.

La sinistra borghese è rimasta esclusa dal Parlamento. Abituata a un lavoro quasi unicamente istituzionale, per essa la crisi sta nella perdita del suo ruolo istituzionale. Per questo la nuova maggioranza la minaccia con la riforma della legge elettorale per le prossime elezioni europee del 2009 e cerca di adescarla facendo balenare forme di recupero (riammissione all’attività e ai privilegi istituzionali di alcuni suoi esponenti, i più collaborativi, tramite le commissioni parlamentari o altro). In ogni modo la residua sinistra borghese ha un solo obiettivo: riconquistare tra le masse popolari voti, consenso, militanza.

Dobbiamo non avere alcuna pietà per i suoi argomenti. Non solo perché sono sbagliati, ma perché sono veicolo di influenza anche nelle nostre file e tra le masse popolari che si sono appena liberate dall’influenza della sinistra borghese.

Nei residui frammenti della sinistra borghese si va diffondendo l’opinione che bisogna ripartire dai movimenti, riimmergersi nelle masse popolari. Qualcuno è arrivato addirittura a lanciare parole d’ordine come “imparare dalla Lega Nord” che avrebbe fatto della buona amministrazione locale. Opportunamente trascurano, per non citare che due casi di “buon governo” della Lega Nord, il sistema sanitario lombardo e le speculazioni e i loschi traffici promossi dalla Lega Nord (Maroni, Calderoli e Giorgetti furono gli uomini di punta per conto di Bossi) tramite la Pontida Fin e la banca Eurocredinord, banca salvata dal fallimento e dallo scandalo da Gianpiero Fioroni (Banca Popolare di Lodi) e da Antonio Fazio (Banca d’Italia): in cambio del salvataggio la Lega Nord passò dal “Fazio si dimetta” dopo lo scandalo Parmalat al “governatorato a vita” (i loschi traffici sembra siano cessati dopo che Berlusconi, in seguito all’accordo personale con Bossi del 1999, ha assicurato il finanziamento della Lega Nord in cambio della fedeltà ad ogni costo). Secondo i residui della sinistra borghese la Lega Nord avrebbe addirittura il merito di aver organizzato un’istituzione democratica e popolare come il Parlamento Padano (opportunamente trascurano i finanziamenti di Berlusconi, Gnutti, ecc.). Come “imparare dalla Chiesa Cattolica” che si sarebbe messa a fare opere di beneficenza per riaggregare fedeli. Come “imparare dalle forze armate” che si sarebbero messe a fare interventi umanitari non solo in Iraq o in Afghanistan, ma anche a fronte di terremoti e altre calamità “naturali”, per superare il diffuso antimilitarismo. Altri dicono che bisogna partire dalle periferie e dalle lotte, partire dalla totale alternativa al PD, partire dall’antimperialismo americano ed europeo. Altri propongono di “lanciare la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare per istituire anche in Italia il salario minimo intercategoriale e il salario sociale”.

Sono alcune tra le varie terapie di cui in questi mesi si discute nella sinistra borghese. Come si vede, non sarebbe la sinistra borghese che è fuori strada. Sarebbero le masse che non hanno capito, è un problema di comunicazione! Al massimo la sinistra borghese avrebbe sbagliato nell’individuare la “rivendicazione unificante”, quella a cui tutti abboccano.

Che cosa la residua sinistra borghese voglia dai movimenti è chiaro: attivismo, consenso, voti. Gli esponenti della sinistra borghese non a caso sorvolano su che cosa la sinistra borghese può portare nei movimenti. Perché non può portare nulla: può solo promettere di fare la sponda istituzionale delle lotte rivendicative meglio di quanto lo ha fatto durante il governo PAB, di scegliere meglio le “rivendicazioni unificanti”, di insistere di più sul terrorismo escatologico dei Verdi (“l’umanità va incontro al disastro” - sottinteso: “quindi è superfluo instaurare il socialismo”) e su sogni individuali anarcoidi (“Viva la diversità! Ogni individuo è una realtà a se stante! Piccolo è bello!”, ecc. ecc.).

Quello che la sinistra borghese non può fare è una diagnosi giusta dei suoi mali. La diagnosi giusta è infatti che la sinistra borghese oggi non serve più a nessuno, né alla borghesia né alle masse popolari. Per le masse popolari l’unica uscita favorevole dal marasma in cui la borghesia le ha condotte e ogni giorno un po’ più le affonda è l’instaurazione del socialismo. Esattamente quello che è estraneo alla sinistra borghese che al contrario insiste nell’occultare o denigrare, in combutta con la destra borghese, le conquiste compiute dalle masse popolari durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, nei primi paesi socialisti durante la fase della loro costruzione prima che i revisionisti moderni ne prendessero la direzione, nella lotta contro il fascismo, il nazismo, il colonialismo.

Mentre la destra borghese dispiega il massimo di volontarismo, distrugge mezzo mondo e non rispetta niente per sgomberare il campo alle speculazioni e ai profitti, la sinistra borghese è rassegnata alla mondializzazione, rifugge da ogni politica volontarista, giacobina, aborre ogni violenza da parte degli oppressi, deplora (se va bene) la violenza degli oppressori e auspica che le cose vadano meglio. Le masse hanno un grande bisogno di dirigenti, ne mancano in maniera atroce: ma a chi servono simili partiti e personaggi?

Molti intellettuali dissertano sulle ragioni della sconfitta della sinistra borghese. Ma la ragione della sconfitta sono proprio loro stessi. Essi con la loro scienza e per la loro coscienza non hanno offerto e non presentano alle masse popolari una via d’uscita dal marasma attuale: né ideale (programmatica) né, ovviamente, pratica (politica, organizzativa). Sono integrati nel sistema, incapaci di mettere la testa fuori. Le loro idee, proposte, concezioni e visioni sono chiuse nell’orizzonte del modo di produzione capitalista. Ovviamente, chiusi in questa sfera non vedono altro che questa sfera e vanamente si arrabattano per avere condizioni diverse da quelle che ci sono in questa sfera.

Chi sono e dove sono gli intellettuali che in questi anni, dagli anni ’80 in qua (dalla fine di Lotta Continua e delle Brigate Rosse) hanno alimentato una concezione comunista del mondo e hanno partecipato all’organizzazione del movimento pratico, alla formazione dell’organizzazione politica per instaurare il socialismo in Italia: che hanno detto in che cosa consiste in Italia il socialismo e che cosa bisogna fare per instaurarlo e hanno cercato di tradurre e verificare le loro idee e proposte nell’organizzazione pratica? (6)

La stragrande maggioranza degli intellettuali, per non dire tutti, da buoni empiristi hanno concluso che siccome i primi paesi socialisti avevano deragliato, il socialismo era impossibile. Dal postulato che il socialismo è impossibile certo non ricaveranno mai la via per instaurarlo. Infatti non hanno mai proposto e non propongono altro che piattaforme rivendicative (certo più “unificanti”, certo con lotte più “militanti”!) o fughe nell’individuale, nella differenza, in sogni anarcoidi tipici del “pensiero debole”. Ancora oggi insistono con piattaforme rivendicative che lasciano il tempo che trovano, con lotte rituali e che servono solo a tacitare la sofferenza e dare uno sfogo alla dolorosa sensazione di impotenza a cui è condannato il proletario e il membro delle altre classi delle masse popolari quando è senza l’obiettivo di un nuovo ordine sociale e senza organizzazione.

 

2.

Venendo al campo d’azione costituito dalle masse popolari, dobbiamo aver chiaro

1. che la rinascita del movimento comunista dipende principalmente da noi. È sbagliato chiedere alle masse di fare esse quello che avrebbero già fatto se non avessero bisogno dei comunisti: in sintesi di una coscienza che nessuno da decenni porta loro, che non hanno gli strumenti per elaborare e che è quello che distingue i comunisti dagli altri proletari, come già precisavano Marx ed Engels nel Manifesto del partito comunista (1848).

2. che la gamba dirigente su cui deve marciare tutto il nostro lavoro, anche quello rivolto alla sinistra borghese, ai suoi frammenti e alle FSRS, è il lavoro con le masse popolari, più precisamente con i loro membri avanzati. Le masse popolari sono il tallone d’Achille della borghesia imperialista nel regime di controrivoluzione preventiva. Tutta l’intelligenza del nostro lavoro sta nel trovare il modo più efficace per parlare agli esponenti avanzati delle masse popolari.

La resistenza delle masse popolari è oggi più forte. Vi è meno soggezione alla sinistra borghese. Vi sono più comitati e altri organismi autonomi dalla sinistra borghese che la promuovono e l’organizzano, sia pure a un livello elementare e con una coscienza ancora embrionale, ma già vivace, del collegamento oggettivo tra i vari episodi di resistenza: Val di Susa, Vicenza e Chiaiano si sono già incontrati. Il governo Berlusconi senza volerlo rafforzerà la coscienza del legame, dichiarerà tutte le zone di resistenza “zone di interesse strategico”, le militarizzerà. La sua linea è che “la sinistra estrema ha fatto delle proteste di minoranze organizzate un fatto di democrazia. Le decisioni della maggioranza invece devono essere attuate senza che le minoranze possano contrastarle. ... Occupare strade e aeroporti è una violenza contro lo Stato e lo Stato deve usare la forza per fare rispettare la legalità”. Noi comunisti dobbiamo spingere avanti la resistenza, rafforzarla con la coscienza del suo ruolo storico e delle operazioni tattiche necessarie per strappare successi.

La sinistra sindacale interna ed esterna ai grandi sindacati di regime è più mobilitata, più coalizzata, più nettamente contrapposta alla destra sindacale. La destra sindacale è più isolata e collusa più apertamente con la classe dominante. Per reggere deve acuire la lotta contro la sinistra. Il recente direttivo CGIL è un caso da manuale. Il governo Berlusconi attaccherà i sindacati alternativi. La coscienza delle necessità di unirsi ha fatto passi avanti. Le parole d’ordine del rinnovamento del movimento sindacale hanno fatto passi avanti. Noi comunisti dobbiamo diventarne con più convinzione e abilità i propagandisti più determinati e organizzarne l’attuazione con tutte le operazioni per le quali la situazione offre appigli.

In sintesi il nostro compito è rafforzare la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari: quindi in primo luogo procedere nel consolidamento e rafforzamento del Partito, dirigere con chiarezza e fermezza crescenti la carovana e il lavoro sui quattro fronti e portare tra le masse popolari un orientamento giusto, chiaro e lungimirante, favorire in ogni modo e su ogni terreno il rafforzamento, l’allargamento e il giusto orientamento dei movimenti di resistenza, della sinistra sindacale (nei sindacati di regime e nei sindacati “alternativi” o “di base”), dei centri sociali e dei gruppi culturali, degli organismi di lotta alla repressione. Per questa via arriveremo a prendere noi l’iniziativa e strapparla dalle mani della borghesia che ancora l’ha avuta con la crisi di gennaio.

Questo implica che i membri del Partito, della CP e dei CdP, che lavorano in organizzazioni pubbliche, distinguano più nettamente il loro lavoro strettamente di Partito (CP e CdP), dal lavoro che compiono (come membri singoli, come CP e come CdP) nelle organizzazioni pubbliche. Ogni membro del Partito, della CP e di ogni CdP, deve dedicare una parte del suo tempo e delle rispettive risorse ed energie al lavoro strettamente di Partito (funzionamento dell’organismo di Partito, rapporto con il Centro del Partito, formazione, lavoro istituzionale dell’organismo del Partito, distinto da quella parte del lavoro istituzionale svolto tramite e nelle organizzazioni pubbliche). Non farlo, significa avere di fatto rinnegato o rinnegare di fatto la settima discriminante. Che sia anche solo il 10% del proprio lavoro, delle proprie risorse ed energie, ma deve essere nettamente distinto dal resto, benché influisca fortemente sul resto, decida del contenuto del resto. (7) Il rafforzamento del rapporto con il Centro (corrispondenza, contributi alla stampa, note di lettura del MP, dei Comunicati e di La Voce , osservazioni e proposte, fornitura al Centro di informazioni e di documentazione) è l’indice dell’adempimento di questa linea.

Nel lavoro di massa (sui quattro fronti) il principale è l’orientamento ideologico e politico che dobbiamo portare a ogni livello, in modo differenziato, facendo analisi concreta di ogni situazione concreta (usando il Materialismo Dialettico) e seguendo la “linea di massa”. Sul piano pratico ed organizzativo bisogna in particolare

1. favorire ogni forma di organizzazione della difesa e di esercizio della difesa dagli attacchi delle squadre fasciste e delle ronde leghiste - tenendo conto però della possibilità di rivoltare le une contro le altre, di rivoltarne alcune spostandole dal fronte reazionario al fronte rivoluzionario. Bossi e Berlusconi non manterranno le promesse che hanno fatto a quella parte delle masse popolari insofferenti del corso attuale delle cose (quindi potenzialmente nostre) che essi hanno reclutato e reclutano né realizzeranno gli obiettivi che hanno fatto balenare ai loro occhi. Questo aspetto è molto importante ed è completamente trascurato e persino osteggiato dalle FSRS affette da economicismo, estremismo, idealismo (cioè aventi una concezione del mondo a cui è estranea la comprensione della lotta di classe come fattore principale del movimento della società) o dogmatismo. Dobbiamo contrastare la tendenza a ridurre il lavoro solo all’aspetto militare. Nell’immediato dobbiamo non accettare che l’aspetto militare sia il principale. Ci porremmo in condizioni in cui il nemico è più forte di noi. Da parte nostra oggi l’aspetto militare deve essere una componente minore del tutto, la cui parte principale deve essere la propaganda del socialismo, la denuncia e la mobilitazione popolare.

2. riempire con il contenuto del Blocco Popolare (Comitati Popolari di Controllo e Liste di Blocco Popolare) proposte e iniziative tipo “Parlamento dei lavoratori per i lavoratori” che prese a sé sono proposte e iniziative senza avvenire, ma raccolgono (deformandole) le tendenze alla costituzione del Nuovo Potere e rispondono alla necessità della sua costituzione (ma ridurre il Nuovo Potere al Parlamento o principalmente al Parlamento è una deformazione della cosa). Il Blocco Popolare è nello stesso tempo realistico, praticamente realizzabile e limitato nelle sue funzioni: non si presenta come il Nuovo Potere, ma solo come una componente del NP. Non a caso Ferrando nella sua proposta si riallaccia al “Parlamento della Padania”: come se il campo delle masse popolari potesse adottare le forme organizzative del campo della borghesia imperialista (l’Antiparlamento Gramsci lo propose in condizioni ben precise e del tutto inesistenti oggi. Lo propose dopo l’assassinio Matteotti che determinò una spaccatura a livello parlamentare tra i partiti borghesi: era un mezzo per realizzare la direzione del PCI sulla parte dei partiti borghesi che era uscita dal parlamento dominato dai fascisti e dai loro stretti collaboratori).

Si tratta di dire ai membri e simpatizzanti del PCL: in pratica bisogna fare questo e quello (CPC e Liste di BP, cioè il Blocco Popolare). La proposta di Ferrando è una proposta solo propagandista (e noi ne salviamo il nocciolo positivo facendone una proposta pratica ) e come proposta propagandista riveste di abiti rivoluzionari una concezione parlamentare della lotta di classe (e noi ne salviamo il nocciolo positivo facendone una proposta pratica di “azione sul 2° fronte”). Ogni iniziativa, se è realizzata , diventa quello che il contesto reale (oggettivo e soggettivo) la fa essere: spesso diventa una cosa del tutto o molto diversa da quella che i suoi promotori avevano concepito (se essi non tenevano giustamente conto (ed è il caso) del contesto e delle sue leggi di sviluppo): se arate e concimate un campo, vi crescerà non quello che voi sperate, ma quello che vi viene seminato da chiunque semina.

 

La crisi politica, economica, culturale e ambientale prodotta dal capitalismo si aggrava di giorno in giorno. La borghesia imperialista affonda ogni giorno più gli operai e le altre classi delle masse popolari in una situazione da incubo. In questa situazione noi comunisti dobbiamo

- illustrare con forza e chiarezza alle masse in che cosa consiste l’ordinamento sociale che esse devono instaurare al posto dell’attuale;

- mostrare alle masse che questo nuovo ordinamento sociale risolve o crea le condizioni che rendono possibile risolvere tutti i problemi con cui oggi l’umanità si scontra e che non riesce a risolvere nell’ambito dell’ordinamento sociale capitalista;

- dimostrare alle masse che esse sono in grado di instaurare questo nuovo ordinamento sociale che è all’ordine del giorno se si considera l’evoluzione storica che l’umanità ha compiuto nei secoli;

- illustrare alle masse i limiti di comprensione della realtà e di linea che hanno impedito al movimento comunista di instaurare il socialismo nei paesi imperialisti nel secolo scorso durante la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e che anzi hanno portato alla rovina anche i primi paesi socialisti e i partiti della prima Internazionale Comunista;

- spiegare alle masse che cosa occorre fare oggi e come ogni persona di buona volontà può oggi contribuire per instaurare il nuovo ordinamento sociale;

- mettere in campo gli strumenti politici e organizzativi necessari per accumulare le forze rivoluzionarie.

Quanto più la crisi del capitalismo si aggrava, tanto più la lotta per instaurare il socialismo è anche la condizione necessaria per sviluppare su grande scala e con qualche successo le lotte rivendicative degli operai e delle altre classi delle masse popolari, che costituiscono una eccellente e indispensabile scuola di comunismo.

La lotta senza quartiere contro il dogmatismo e l’economicismo, nelle nostre file e all’esterno, sono quindi una parte essenziale del lavoro in questa fase.

Rosa L.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

1. A proposito della natura e della storia del regime di controrivoluzione preventiva, vedere Manifesto Programma, cap. 1.3.3. pag. 46-56.

 

2. Dal Manifesto Programma , pag. 175: “Per la classe operaia, per i proletari e per il resto delle masse popolari la sola via d’uscita dalla crisi attuale è la mobilitazione rivoluzionaria, la rivoluzione socialista e l’instaurazione della dittatura del proletariato. Ogni proposito di instaurare il socialismo senza una rivoluzione e senza sconfiggere la resistenza accanita e furibonda della borghesia (in altre parole: senza guerra civile) è un’illusione o un imbroglio. La classe operaia e il resto delle masse popolari devono essere decisi a schiacciare la resistenza della borghesia. Il partito comunista li deve educare a questa determinazione rivoluzionaria. Solo se hanno questa determinazione possono uscire dal marasma in cui la borghesia li ha cacciati e in cui li affonda ogni giorno più. Quando le masse popolari instaurano il loro potere politico per creare un nuovo ordinamento sociale, o loro stroncano senza esitazione ogni opposizione politica della borghesia o la borghesia schiaccia le masse popolari. Dalla Comune di Parigi (1871), al Biennio Rosso (1919-20), alla Spagna (1936-39), all’Indonesia (1964), al Cile (1973) al Nicaragua (1979-89) la storia ci ha dimostrato più volte questa verità. Il corso delle cose oggi la conferma.”

 

3. Lenin, Due linee della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica (luglio 1905), Opere complete , vol. 9 pag. 61.

 

4. Il significato di scuola di comunismo è illustrato nel Manifesto Programma, nota 30 pag. 262.

 

5. Vedere in proposito Manifesto Programma, pag. 139-140 e pag. 174.

 

6. I promotori della carovana del (nuovo)PCI conoscono per esperienza personale l’isolamento in cui dovettero lavorare per anni e il boicottaggio cui furono sistematicamente sottoposti dagli intellettuali della sinistra borghese ( il Manifesto arrivò fino a rifiutare le inserzioni a pagamento delle nostre iniziative culturali e delle nostre pubblicazioni) che ora piangono sul proprio ritardo o sentenziano sul ritardo altrui in tema di progetto di società nuova che la sinistra borghese ovviamente non può avere.

 

7. Il contenuto del lavoro legale deve adattarsi al lavoro illegale, ci ha insegnato Lenin. Si veda in proposito Lenin, Partito illegale e lavoro legale (1912), in Opere complete , vol. 18, reperibile sul sito Internet del Partito.