La Voce 4

Anche gli Innominati devono partecipare all’elaborazione del programma del nuovo partito comunista

mercoledì 8 marzo 2000.
 

Il dibattito attorno al Progetto di Manifesto Programma e alla proposta avanzata dalla CP si sta sviluppando. Non abbiamo mai pensato che sarebbe stato un pranzo di gala. Che tutti ci avrebbero dato ragione, tantomeno subito. Siamo anche disposti a riconoscere eventuali errori e limiti e saremo grati a chi ce li farà comprendere. Perfino quelli che attaccano la proposta nel suo complesso, danno un contributo e dobbiamo imparare a raccoglierlo. Un fiume in piena si alimenta di tutto quello che incontra e lo usa per aprirsi la sua strada: questo dobbiamo essere!

Può sembrare paradossale, ma le dimostrazioni più convincenti della assoluta necessità e urgenza che le FSRS italiane elaborino ora il programma sono date proprio da compagni che ufficialmente si oppongono all’elaborazione del programma. Come esempio di queste paradossali dimostrazioni indico ai lettori di La Voce l’opuscolo Dal "che fare?" al "come fare?" . Ne possiedo una copia purtroppo monca dell’ultima pagina e anche da ciò sgorga un appello a tutte le FSRS: mettete in vendita tutta la stampa clandestina! Oggi è la prima elementare forma di solidarietà con le organizzazioni clandestine: senza questa, mille dichiarazioni di solidarietà di fronte alla repressione borghese restano frasi di circostanza! La forma più dannosa di repressione per noi è il muro di silenzio che la borghesia cerca di creare attorno a noi!

L’opuscolo è stato redatto tra la fine del ‘98 e l’inizio del ‘99 da un gruppo di compagni che per nostra comodità chiameremo Innominati, visto che non si attribuiscono essi stessi un nome (almeno nella copia di cui dispongo). Si tratta, è detto nell’opuscolo, di un gruppo di compagni che ha iniziato a svolgere una “rinnovata esperienza organizzativa comunista” nel 1986. Quindi compagni che provengono in qualche modo dalle lotte degli anni ‘70. L’opuscolo si divide in due parti. Una parte comprende le pagine da 5 a 32: in queste 29 pagine gli Innominati espongono loro concezioni sul passato e sul presente. Una seconda parte comprende le restanti 16 pagine dell’opuscolo dove gli Innominati espongono e motivano la loro avversione all’elaborazione di un programma di partito e anche a costituire oggi il partito, benché poi avanzino una proposta che per quella parte che è realistica comporta entrambe le cose negate. Ma di quanto dicono nelle 16 pagine dedicate espressamente alla questione della costituzione del partito e dell’elaborazione del programma e alle proposte ce ne occupiamo in un altro articolo di questa rivista. Ai fini dell’elaborazione del programma, la parte più interessante sono le altre 29 pagine: infatti in esse senza volerlo gli stessi Innominati dimostrano quanto sia necessario, urgente e importante che le FSRS si impegnino ora nell’elaborazione del programma e quanto farà bene l’elaborazione del programma alle FSRS che vi si impegneranno.

Non mi soffermo e credo sarebbe sbagliato soffermarsi a criticare le tesi che gli Innominati enunciano nelle 29 pagine sugli argomenti più svariati. Dico solo che varie di esse sono assolutamente erronee, in contrasto con la realtà; alcune addirittura in contrasto con “verità rivelate”, cioè con posizioni che il movimento comunista ha già acquisito ed espresso da tempo e che la sua esperienza ha confermato al di là di ogni ragionevole dubbio. Ma sarebbe sbagliato criticare una a una le singole tesi, per una ragione molto semplice. Gli Innominati dicono “di tutto un po’”. Discorrono a ruota libera un po’ di tutto. Se io o chiunque altro criticassimo una loro tesi su un argomento, sicuramente e sinceramente gli autori obietterebbero che “non era quello che noi volevamo dire, tanto vero che due pagine prima (o tre pagine dopo) abbiamo detto il contrario di quello che ci attribuisci o qualcosa che a fil di logica implica il contrario”. Cosa perfettamente vera. Quindi se facessi una critica delle singole tesi, trascinerei i lettori più pazienti in una inutile e interminabile discussione non sul reale stato delle cose, ma su “quello che gli Innominati realmente hanno detto sullo stato delle cose”. Con i malanimi, le animosità e i sospetti che inevitabilmente nascono quando ci si crede fraintesi e criticati per partito preso. Ma d’altra parte sfido chiunque a dire, dopo aver letto l’opuscolo, qual è la posizione degli autori sulle molte questioni politicamente importanti di cui tuttavia “parlano” nell’opuscolo. Come esempi indico le seguenti otto. 1. La contraddizione fondamentale della nostra epoca è quella tra capitale e lavoro o quella tra paesi imperialisti e paesi oppressi (gli Innominati la chiamano contraddizione Nord-Sud). 2. Le contraddizioni tra gruppi e Stati imperialisti si vanno acuendo e sono destinate a diventare antagoniste per leggi intrinseche o sono oramai sostanzialmente superate dalla costituzione di un unico sistema imperialista dominato dalla borghesia imperialista USA. 3. Quali sono i ruoli della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari rispetto alla lotta per il socialismo. 4. Le lotte rivendicative dei lavoratori dei paesi imperialisti e la difesa delle loro conquiste hanno un ruolo positivo nella lotta per il comunismo e quindi i comunisti devono appoggiarle e promuoverle o servono solo a rafforzare il sistema attuale. 5. Quale è il ruolo dei gruppi e partiti riformisti nel movimento politico attuale. 6. L’URSS e l’Internazionale Comunista hanno segnato un passo avanti nella marcia dell’umanità verso il comunismo e costituiscono per noi oggi un prezioso patrimonio di esperienze e di insegnamenti a cui attingere o sono state una deviazione dal movimento comunista. 7. Le lotte degli anni ‘70 sono un patrimonio di esperienze a cui attingere o una deviazione dal movimento comunista italiano. 8. Nella fase attuale è principale la crisi politica della borghesia imperialista (l’instabilità dei suoi regimi e del suo sistema di relazioni internazionali) o è una fase di stabilizzazione o addirittura di espansione del sistema capitalista. Potrei continuare, appunto perché gli Innominati nelle 29 pagine dicono “di tutto un po’”. Ma credo che le otto questioni citate come esempi bastino a chiarire quanto voglio dire.

Perché le 29 pagine sono una dimostrazione pratica della necessità e dell’urgenza che le FSRS elaborino il programma del futuro partito?

Anzitutto perché anche gli Innominati a loro modo affrontano le questioni teoriche che dobbiamo risolvere per elaborare il programma. Quindi confermano che ora è necessario trattare gli aspetti teorici della nostra attività, che la lotta teorica è attuale, che “tutti” avvertono il bisogno di fare chiarezza nella nostra concezione del mondo: chi siamo, per che cosa lottiamo e in quali condizioni si svolge la nostra lotta, come dobbiamo condurre la nostra lotta. Insomma che per motivi politici d’attualità dobbiamo ora elaborare il programma del partito.

In secondo luogo perché la discussione del progetto di programma, la discussione che ha come obiettivo l’elaborazione del programma del partito, ha un vantaggio enorme su una discussione a ruota libera in cui ognuno dice o scrive ora una cosa ora un’altra, parla e passa “liberamente” da un argomento ad un altro, da una tesi al suo contrario. La discussione del progetto educa, induce, obbliga ognuno che partecipa alla discussione di un argomento a elaborare sistematicamente la sua esperienza, le sue impressioni e le sue conoscenze, a farne una esposizione coerente e univoca ; la conclusione cui giunge viene “messa alla prova” della critica non solo dell’autore e dei suoi amici, ma anche degli altri partecipanti, perché in definitiva bisogna arrivare a mettere nero su bianco una concezione comune e chiara dello stato delle cose sull’argomento in questione, una concezione coerente con le concezioni adottate anch’esse “nero su bianco” per gli argomenti connessi e una concezione coerente con tutto l’insieme del programma, una concezione che sarà per tutti di guida per la nostra attività politica, per tutta la nostra attività pratica.

La discussione del progetto di programma condotta per stendere il programma del partito è quindi una scuola pratica di pensiero. Una scuola che insegna a tutti noi a studiare, a pensare, a elaborare l’esperienza, ad analizzare i problemi facendoci studiare, pensare, elaborare e analizzare. Una scuola che guarirà chi vi parteciperà dal pressappochismo e dalla confusione che sono inevitabilmente (lo si capisca o meno) subordinazione alla cultura borghese. Infatti dove le concezioni del movimento comunista non sono fortemente assimilate e non vi sono, su ogni nuovo problema di attualità, posizioni di principio chiare prevale la cultura dominante che è quella borghese. Chi pensa di avere un pensiero autonomo perché non ha una concezione del mondo definita, un partito preso, provate a analizzare per bene le sue posizioni e troverete che in realtà in tutte le questioni di una certa importanza segue (magari senza saperlo) le posizioni della cultura borghese. Solo i compagni che hanno una precisa, ben definita e fortemente posseduta concezione del mondo cessano, nelle condizioni attuali, di dibattersi nell’alternativa tra assecondare ogni azione estremista e violenta e condannare come avventurista ogni iniziativa rivoluzionaria, alternativa che ancora tormenta la mente e il cuore di molti compagni.

Certamente elaborare e adottare un buon programma di partito non basta per fare un buon partito comunista. La coerenza e la chiarezza con cui in campo teorico ci saremo attestati sul marxismo non garantiranno ancora automaticamente la coerenza della nostra azione pratica, delle nostre iniziative nel vasto e vario campo della lotta politica con quelle concezioni marxiste. Ma saranno un passo importante verso questa coerenza e una premessa indispensabile perché questa coerenza si affermi un po’ alla volta su scala sempre più vasta in tutti i campi della nostra azione.

Oggi le FSRS e i lavoratori avanzati sono politicamente quasi inesistenti, ma non perché la loro disponibilità in uomini e risorse è poca cosa, neanche perché la lotta del proletariato o delle masse popolari è arretrata. La loro debolezza politica deriva principalmente dalla confusione delle loro concezioni e dall’incoerenza tra concezioni e iniziative politiche. È qui la fonte della persistente dispersione delle loro forze e della “sordità delle masse” agli appelli delle FSRS. È questo il terreno su cui la borghesia imperialista può con facilità esercitare la sua influenza, condurre le sue provocazioni e diversioni e fomentare la frantumazione.

Certo, la dispersione e anche la pochezza delle forze facilitano a loro volta la confusione. Quante volte la difesa del prestigio della propria organizzazione e lo spirito di corpo si sono trasformate in ostacolo per una reale elaborazione dell’esperienza? Quante volte la difesa della propria particolare organizzazione è diventata anche difesa dei suoi peculiari pregiudizi ed errori? Quante volte la solidarietà personale e l’amicizia hanno preso il posto dell’analisi dell’esperienza, della riflessione sulla linea e della responsabilità, della solidarietà e dell’amore verso la classe operaia, le masse popolari e il movimento comunista? Quante volte stringersi a difesa della propria esistenza come organizzazione ha prodotto anche la difesa di errori e creato un muro ai ragionamenti proposti da altre organizzazioni? Se fossimo a priori uniti in un solo partito ma senza programma, come in un certo senso si trovarono nel 1921 i nostri predecessori fondatori del vecchio partito comunista italiano, il compito dell’elaborazione del programma si porrebbe diversamente da come si pone a noi concretamente oggi.

Anche la sfiducia e l’incertezza rispetto alla lotta per il comunismo prevalenti oggi negli stati d’animo non solo delle masse popolari ma anche degli operai si riflettono nelle FSRS e alimentano la loro confusione, la loro indecisione, le loro oscillazioni. Se la fiducia delle masse nella lotta per il comunismo e la loro mobilitazione fossero oggi quelle che erano negli anni immediatamente successivi alla vittoria della Rivoluzione d’Ottobre, o quelle che erano nei primi mesi dopo la vittoria della Resistenza, o anche solo quelle che erano negli anni ‘70, i nostri compiti si porrebbero in modo diverso da come si pongono concretamente oggi.

Nella pratica tutti i vari aspetti della realtà sono tra loro connessi e si alimentano a vicenda. Ciò che nel tempo è sorto come effetto a sua volta modifica o rafforza o fa estinguere la causa che lo ha prodotto, diventa cioè a sua volta causa e la causa assume il ruolo di effetto. È ciò che chiamiamo relazione dialettica tra le cose. Ma sempre, in ogni fase concreta, tra tutti gli aspetti della realtà legati l’uno all’altro come gli anelli di una catena, ve ne è uno afferrando il quale si mette in moto l’intera catena, vi è un anello che è l’anello principale della catena. Quale sia questo anello in ogni fase concreta è deciso non arbitrariamente da ogni attore, ma dall’insieme delle condizioni concrete. Gli attori devono scoprire qual è l’anello principale e afferrarlo con forza: il resto della catena si muoverà di conseguenza e solo di conseguenza. Nell’attuale nostra situazione “fare pulizia nelle nostre concezioni” è l’anello della catena che dobbiamo afferrare per muovere l’intera catena.

Considerate la nostra situazione. La dispersione delle forze esiste, è un risultato della storia che abbiamo alle spalle. Non la elimineremo perché un’organizzazione si sottometterà a un’altra: la realtà ci mostra che al contrario un’organizzazione unita si scinde per motivi futili, banali e secondari e che la borghesia imperialista in mille modi diretti e indiretti favorisce e fomenta queste divisioni. Le scissioni attorno a programmi inconciliabili sono un sano processo fisiologico di crescita: la crescita dei partiti comunisti e in generale dei partiti rivoluzionari è avvenuta in genere seguendo ad ogni importante svolta politica la legge che l’uno di divide in due. Grazie a queste scissioni la parte rivoluzionaria del partito, la sinistra, ha raccolto attorno a sé la sinistra delle masse in misura via via più ampia e tramite essa anche il centro, grazie alla sua azione vigorosa che la commistione con la destra avrebbe impedito. Ma non è questo il tipo di scissione che oggi predomina. Come possiamo fare delle scissioni uno strumento di crescita? Mettendo l’elaborazione del programma al centro della vita di ogni organizzazione finché non avremo risolto il problema, in modo che le scissioni siano sempre più scissioni sul programma, tra seguaci di programmi incompatibili.

Lo stato d’animo della classe operaia e delle masse popolari è stato determinato da processi pratici che hanno colpito capillarmente e in modo diffuso milioni e milioni di individui, con un’opera assidua che ricorda quella della “goccia che scava la roccia”. La propaganda della borghesia, i suoi mezzi di informazione e di disinformazione, la denigrazione sistematica del movimento comunista che essi conducono vi hanno certamente contribuito e vi contribuiscono. Ma non sono state il fattore principale né il fattore decisivo (al contrario di quello che espressamente sostiene l’autore della presentazione del pur pregevole n. 1 della rivista Teoria & Prassi del Circolo Lenin). Quando mai la borghesia non ha usato queste armi contro il movimento comunista? Quante volte professori e altri propagandisti della borghesia hanno dovuto concludere sconsolati che i loro dotti o brillanti ragionamenti non facevano presa sui lavoratori e sulle masse che “quindi” essi classificavano come rozze e stupide, ottuse, fanatiche, indottrinate, passate al lavaggio del cervello, “trinariciuti”, ecc.! Se oggi le parole e le immagini elaborate e diffuse dalla borghesia sono efficaci mentre lo erano state molto meno in altri tempi, è perché trovano un terreno facile nella demoralizzazione che l’esperienza pratica ha creato tra le masse. È del resto contrario ai fatti sostenere che i revisionisti moderni non diffondevano con dovizia di mezzi le loro parole e immagini che però la realtà smentiva. Ciò a cui nessun uomo può sottrarsi, a cui nessuna classe dominante per potente che sia può sottrarlo e che è una componente importante nella formazione della sua coscienza è la sua esperienza pratica. Noi non abbiamo i mezzi per competere con la borghesia imperialista in abbondanza di parole, immagini e suoni. Ma la stessa borghesia, nonostante la sua illimitata disponibilità di parole, immagini e suoni, non riesce a condurre le masse dove vuole. Può confondere, demoralizzare, storpiare spiritualmente e far impazzire milioni e milioni di individui, certo! Ma non può far scaturire da miliardi di uomini e donne quello sforzo creativo e concorde che solo corrisponde alle forze materiali e intellettuali e alle condizioni pratiche generali della nostra società e che quindi è il solo soggetto che può farle dare i frutti di cui è capace. Perché vi è una contraddizione insanabile tra gli interessi economici di cui la borghesia imperialista è espressione e agente e la leggi oggettive della società attuale. Il movimento comunista invece lo può fare, perché il marxismo è la concezione che corrisponde alle condizioni pratiche della società attuale. Ma lo possiamo realizzare affettivamente solo conducendo le masse attraverso un processo pratico nel corso del quale via via milioni di uomini e di donne si sottraggono finalmente all’oppressione, alla miseria materiale e spirituale, alla depravazione e all’abbrutimento dell’attuale società che è l’ultima erede di millenni di società basate su una umanità divisa in classi e sull’oppressione di classe; un processo pratico nel corso del quale via via milioni di uomini e di donne distruggono il loro presente e costruiscono nuovi rapporti sociali e nuove istituzioni sociali, una nuova società non più segnata dalla divisione in classi e dall’oppressione di classe. Per essere promotori e organizzatori di questo processo pratico, noi comunisti non abbiamo bisogno che ... il processo pratico sia già in corso (il codismo consiste esattamente in questo, limitarsi ad applaudire e a rincorrere quello che già è in corso). Abbiamo bisogno di comprendere e assimilare le leggi del suo sviluppo e di applicare queste leggi nella nostra attività, di organizzarci in modo da dispiegare il massimo delle nostre forze in questo lavoro, da non lasciarci arrestare, decimare, eliminare, deviare dalla borghesia. Quanto più un movimento pratico del genere si è sviluppato e dispiega la sua azione, tanto meno è efficace la propaganda della borghesia, nonostante la persistente potenza dei suoi mezzi. Noi oggi possiamo dare inizio a tutto questo all’unica condizione di “fare pulizia nelle nostre teste”. Elaborare il programma del nuovo partito comunista riassume questo lavoro: la liberazione delle nostre coscienze (non, si badi bene, delle coscienze delle masse, ma delle nostre) dall’egemonia della borghesia, l’assimilazione del patrimonio del movimento comunista, l’elaborazione, procedendo col metodo comunista di conoscenza e alla luce della concezione comunista del mondo, della nostra esperienza presente, quella che il movimento comunista non ha ancora elaborato.

Gli elementi naturali e materiali che rappresentano (esprimono) storicamente la necessità pratica, e non solo teorica, di un passaggio ad una nuova fase della lotta contro il sistema di sfruttamento capitalista”, passaggio che è la costituzione del partito, ci sono e sono le FSRS e i lavoratori avanzati del nostro paese. L’elaborazione del programma del partito è una scuola necessaria per le FSRS. Senza frequentare questa scuola sono inevitabili il proliferare di vuote, vaghe e confuse elaborazioni teoriche (e già proliferano), tutte ampiamente influenzate dalla borghesia e la dispersione delle forze in azioni senza capo né coda.

Ecco i motivi politici per cui l’elaborazione del programma oggi è e deve essere il centro dell’attività di ogni FSRS e dei lavoratori avanzati. Certamente quindi è un’attività collettiva, a cui ogni compagno contribuisce dalla sua posizione, secondo le sue capacità e i suoi mezzi; a cui ogni FSRS contribuisce secondo le sue capacità e i suoi mezzi. Chi oggi a priori esclude da questa attività qualcuno che vi vuole partecipare sbaglia. Per questo sbagliano i compagni che dicono: “Solo i membri del partito partecipano all’elaborazione del programma”. In concreto vorrebbe dire che il partito non si fonda sul programma, che l’elaborazione del programma non è la nostra prima attività di partito, il punto da cui le FSRS e i lavoratori avanzati storicamente determinati dalla storia che abbiamo alle spalle partono per costituire il partito e che in un primo tempo definirà anche l’appartenenza o meno al futuro partito o il legame con esso. Vorrebbe dire che il partito si costituisce su qualcosa di diverso dal programma, dall’elaborazione del programma, dall’adesione al programma. Qualcosa che non per caso quei critici non hanno mai precisato: è la forza delle cose che li impedisce dal farlo. L’elaborazione del programma è una attività specifica. Il programma non compare mentre in realtà ci dedichiamo ad altro (alla “lotta contro la guerra”, alla “difesa delle conquiste”, al “sostegno alla resistenza che le masse oppongono al procedere della crisi”, alla “lotta contro la repressione”, alla “lotta antimperialista”, alle “azioni militanti”, ecc. ecc.), come effetto collaterale di queste altre attività. Ma non avviene nel vuoto di queste attività, perché è anche elaborazione dell’esperienza presente e quindi ha bisogno di questa esperienza, ha bisogno dell’inchiesta, della raccolta più vasta e attenta possibile dell’esperienza presente per elaborarla.

Nicola P.