La settima discriminante - Quale partito comunista?

Sulla natura del nuovo partito comunista

Un partito che sia all’altezza del compito che il procedere della seconda crisi generale del capitalismo e la conseguente situazione rivoluzionaria in sviluppo pongono ad esso e che tenga pienamente conto dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria
giovedì 4 agosto 2005.
 

INDICE


 

Sulla natura del nuovo partito comunista

 

La classe operaia ha bisogno di un partito comunista che,

1. abbia una linea giusta, cioè una linea che raccolga e sintetizzi la tendenza positiva delle masse popolari nella fase attuale (la seconda crisi generale del capitalismo),

2. abbia una forma organizzativa adeguata alla attuazione della sua linea.

È sbagliato discutere della forma organizzativa prima e senza avere risolto il problema della linea. L’organizzazione nasce per attuare la linea.

L’organizzazione deve essere adeguata alla linea. È la linea che determina l’organizzazione, benché ovviamente l’organizzazione sia la condizione necessaria per attuare la linea. È la linea che decide di quale organizzazione abbiamo bisogno oggi, non viceversa.

La classe operaia ha bisogno di un partito comunista. Questa è la prima lezione che ci deve essere chiara e che deriva sia dall’esperienza storica sia dall’analisi della società capitalista. La classe operaia ha bisogno di un partito comunista perché il ruolo del partito comunista non può essere assolto dalla classe nel suo complesso. Solo l’avanguardia della classe operaia si organizza nel partito. La crisi della forma-partito di cui tanto parlano i sociologi e i politologi borghesi è la crisi dei partiti riformisti e borghesi del vecchio regime. Il riformismo è in crisi perché la crisi generale impedisce che le masse possano strappare nuove riforme se non in un movimento rivoluzionario per il quale i partiti riformisti sono inadatti: da qui la crisi dei partiti riformisti che hanno perso il terreno oggettivo (le riforme reali che nel periodo del capitalismo dal volto umano venivano effettivamente strappate) su cui erano costruite le loro fortune. I partiti del regime DC sono in crisi perché tutto il regime è in crisi. Esso era il regime della conciliazione degli interessi (25) ed è in crisi come in tutti i paesi imperialisti sono in crisi i regimi che avevano ben impersonato il dominio della borghesia nel periodo della ripresa e dello sviluppo, i regimi impostisi alla fine della Seconda guerra mondiale. Oggi sono all’ordine del giorno le forze borghesi che si candidano a promotrici della mobilitazione reazionaria delle masse, benché alle loro fortune si oppongano ancora sia l’arretratezza delle forze rivoluzionarie sia la paura che tutta la borghesia ha della mobilitazione reazionaria, avendo ripetutamente sperimentato che essa può trasformarsi in mobilitazione rivoluzionaria.

La linea generale del futuro partito comunista deriva dall’analisi della situazione che sopra abbiamo richiamato trattando della forma della rivoluzione proletaria e che nella rivista Rapporti Sociali è stata da più lati illustrata e che i CARC hanno ampiamente propagandato.(26) Essa può essere formulata nel modo seguente: “Unirsi strettamente e senza riserve alla resistenza che le masse popolari oppongono e opporranno al progredire della crisi, comprendere e applicare le leggi secondo cui questa resistenza si sviluppa, appoggiarla, promuoverla, organizzarla e far prevalere in essa la direzione della classe operaia fino a trasformarla in lotta per il socialismo, adottando come metodo principale di lavoro e di direzione la linea di massa”.(27)

Questa linea è stata formulata anni fa, la prima formulazione risale al 1992(28) e non ha finora incontrato serie obiezioni da parte di nessuna delle FSRS del nostro paese. Possiamo ritenere che sia universalmente accettata, o si tratta di uno di questi casi in cui si continua da una parte a dire che “bisogna fare un serio dibattito teorico e politico” mentre ci si guarda bene sia dal produrre qualcosa sia dall’entrare in merito a quanto da altri prodotto? È comunque certo che nessuna FSRS ha avanzato altre proposte di linea generale per il futuro partito comunista.

Abbiamo anche ripetutamente detto che nessuna FSRS, e in particolare nemmeno i CARC che questa linea hanno formulato e propagandano, erano in grado di attuare questa linea stante la qualità, la natura delle forze in questione (quindi a prescindere da fattori quantitativi che possono per un tempo più o meno lungo valere anche per il nuovo partito comunista). In cosa consiste la qualità che mancando alle FSRS impedisce loro di applicare la linea generale del futuro partito comunista se non in limiti ristretti e monchi? Non è la composizione di classe, perché il partito comunista lotterà per organizzare nelle sue file la parte d’avanguardia della classe operaia, ma la composizione di classe del partito alla sua fondazione avrà sicuramente dei limiti che solo con la lotta verranno superati.(29)

Noi riteniamo che la qualità che distingue il partito comunista dalle FSRS è un insieme di caratteristiche la principale delle quali consiste in questo: il partito comunista è un partito clandestino, ma non è una società segreta. Vedremo di spiegare nel seguito il senso e le ragioni di questa nostra tesi.

Il nuovo partito comunista ha il compito strategico di essere il centro dell’accumulazione delle forze rivoluzionarie: partito, fronte, esercito. Il suo compito è la raccolta e l’impiego delle forze proletarie nella corsa alla mobilitazione rivoluzionaria perché sopravanzi la mobilitazione reazionaria (o nella trasformazione della mobilitazione reazionaria in mobilitazione rivoluzionaria), nella guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, nella guerra civile che è la sintesi della lotta delle masse popolari contro la borghesia imperialista. La classe operaia per porsi come classe che lotta in proprio per il potere deve porsi come contendente, forza politica sul terreno della guerra civile (sia che la situazione che dovremo affrontare abbia per intero la forma di una guerra civile, sia che abbia anche la forma di una guerra tra gruppi e Stati imperialisti).(30)

Per condurre alla vittoria l’accumulazione delle forze rivoluzionarie abbiamo bisogno di un partito che sia fondato sulla classe operaia, che abbia come suo obiettivo l’instaurazione del potere della classe operaia e l’eliminazione di quello della borghesia imperialista, che subordini tutto a questo obiettivo, che selezioni e formi i suoi membri, i suoi dirigenti, le sue organizzazioni e le sue relazioni con le masse in funzione di questo obiettivo, che sia capace di resistere alla controrivoluzione preventiva e all’aggressione scatenati dalla borghesia, che faccia tesoro dell’esperienza dei 150 anni di storia del movimento comunista, che impari dai successi e dalle sconfitte della rivoluzione proletaria, che abbia quindi come teoria guida il marxismo-leninismo-maoismo.

Il partito deve quindi essere libero dal controllo della borghesia. Non può vivere e operare nei limiti che la borghesia consente, come un altro partito della società borghese. I rapporti tra i gruppi imperialisti (e tra le rispettive forze politiche) appartengono a una categoria diversa da quella a cui appartengono i rapporti tra le masse popolari (e la classe operaia che ne è la sola potenziale classe dirigente) e la borghesia imperialista: sono rapporti che si sviluppano secondo leggi diverse. Quelli che in un modo o in un altro si ostinano a considerare questi rapporti come rapporti dello stesso ordine, soggetti alle stesse leggi, o cadono nel politicantismo borghese (parlamentare o affine) o nel militarismo, infatti l’accordo alle spalle delle masse e la guerra imperialista sono le due forme alterne con cui i gruppi imperialisti trattano i rapporti tra loro.

Questo vuol dire che la classe operaia (e la sua espressione politica, il partito comunista) non è comunque condizionata dalla borghesia? No. Vuol dire che il partito comunista non poggia la sua possibilità di operare sulla tolleranza della borghesia, che il partito assicura la propria possibilità di esistere e operare nonostante la borghesia faccia ricorso alla controrivoluzione preventiva, che il partito, grazie alla sua analisi materialista-dialettica della situazione e ai suoi legami con le masse, precede le misure della controrivoluzione preventiva volgendole a proprio favore. Vuol dire che il partito è condizionato dalla borghesia come in una guerra ognuno dei contendenti è condizionato dall’altro e condizionato in ogni fase della guerra secondo il rapporto delle forze in quella fase (difensiva strategica, equilibrio strategico, offensiva strategica), ma non soggetto alle sue leggi e al suo Stato, come lo sono le masse in condizioni normali.

Fin dal suo inizio il movimento comunista(31) ha chiaramente indicato che la classe operaia avrebbe preso il potere solo tramite una rivoluzione.

Successivamente tutte le affermazioni dei socialisti e dei revisionisti sulla via pacifica, democratica, parlamentare al socialismo sono state nei fatti smentiti dalla borghesia stessa che, come F. Engels già nel 1895 aveva ben indicato, non ha avuto alcuno scrupolo a “sovvertire la sua legalità”, ogni volta che questa non assicurava la continuità del suo potere. La partecipazione alle elezioni e in generale a una serie di altre normali attività della società borghese, cui le organizzazioni operaie partecipano in quanto libere associazioni tra le altre, sono stati strumenti utili per affermare l’autonomia della classe operaia, ma da quando è iniziata l’epoca della rivoluzione proletaria si sono trasformati in catene controrivoluzionarie ogni volta che sono stati presi per strumenti per la conquista del potere.(32)

L’instaurazione della controrivoluzione preventiva come cuore dello Stato borghese moderno rende sistematico l’impegno della borghesia a prevenire e impedire lo sviluppo del movimento comunista, prima di doverne reprimere il successo. Che quindi la conquista del potere da parte della classe operaia debba realizzarsi per via rivoluzionaria, non è una novità. Ciò che è nuovo è che da quando la conquista del potere da parte della classe operaia è storicamente all’ordine del giorno, la direzione della sua lotta per il potere, cioè il partito comunista, deve essere una struttura libera dal controllo della borghesia e dei suoi sistemi di controrivoluzione preventiva, cioè deve essere un partito clandestino.

La classe operaia non può combattere vittoriosamente la borghesia imperialista, non può porsi come suo contendente nella lotta per il potere, non può condurre l’accumulazione delle forze rivoluzionarie fino a rovesciare l’attuale sfavorevole rapporto di forza con le forze della reazione, se ha una direzione che sottostà alle leggi e al potere della borghesia.

Non si tratta solo di avere un apparato illegale. Questo lo avevano già tutti i partiti della Terza internazionale: faceva parte delle condizioni per essere ammessi nell’Internazionale comunista, era la terza delle 21 condizioni, approvate dal II Congresso (17 luglio - 7 agosto 1920). Essa diceva: “In quasi tutti i paesi d’Europa e d’America la lotta di classe entra in un periodo di guerra civile. In queste condizioni i comunisti non possono fidarsi della legalità borghese. Essi devono creare ovunque, accanto all’organizzazione legale, un organismo clandestino, capace di assolvere nel momento decisivo al suo dovere verso la rivoluzione. In tutti i paesi in cui, a causa dello stato d’assedio o di leggi d’eccezione, i comunisti non possono svolgere legalmente tutto il loro lavoro, essi devono senza alcuna esitazione combinare l’attività legale con l’attività illegale”.

L’esperienza della rivoluzione proletaria durante la prima crisi generale del capitalismo (1910-1945) ha mostrato che i paesi in cui i partiti comunisti possono svolgere tutto il loro lavoro legalmente, se il loro lavoro ha successo nonostante la controrivoluzione preventiva, si trasformano in paesi in cui i partiti comunisti non possono svolgere il loro lavoro legalmente. Nei paesi dove la borghesia imperialista non aveva la forza per operare autonomamente questa trasformazione (ad es. la Francia degli anni ‘30), essa ha preferito l’aggressione e l’occupazione straniera purché questa trasformazione si attuasse. La lotta di classe è entrata in un periodo di guerra civile dovunque la classe operaia non ha rinunciato alla lotta per il potere, quindi essa deve condurre la sua lotta per il potere come una guerra civile e i partiti comunisti, dovunque vogliono restare tali, non possono e non devono “fidarsi della legalità borghese”. I partiti comunisti hanno potuto svolgere legalmente, alla luce del sole tutto il loro lavoro solo dove la classe operaia deteneva già il potere: nei paesi socialisti e nelle basi rosse.

L’esperienza ha mostrato che avere un organismo clandestino che entri in azione “nel momento decisivo” non basta a rendere i partiti comunisti capaci di dirigere con successo le masse e nemmeno a evitare la loro decapitazione e decimazione. L’accumulazione e la formazione delle forze rivoluzionarie deve avvenire “in seno alla società borghese”, ma per forza di cose avviene gradualmente. Essa quindi non può avvenire legalmente. Il partito deve evitare, con una conduzione tattica adeguata, di essere costretto a uno scontro decisivo finché le forze rivoluzionarie non sono state accumulate fino ad avere raggiunto la superiorità su quelle della borghesia imperialista. Non basta quindi creare un organismo clandestino “accanto all’organizzazione legale”. È il partito che deve essere clandestino, è l’organizzazione clandestina che deve dirigere l’organizzazione legale e assicurare comunque la continuità e la libertà d’azione del partito. Il partito comunista deve essere un partito clandestino e dalla clandestinità muovere tutti i movimenti legali che sono necessari e utili alla classe operaia, al proletariato e alle masse: questa è la lezione della prima ondata della rivoluzione proletaria.

L’esperienza ha dimostrato che i partiti comunisti per adempiere con successo al loro compito devono “combinare l’attività legale con l’attività illegale” nel senso preciso che l’attività illegale dirige e è fondamento e direzione dell’attività legale, che l’attività illegale è principale e l’attività legale è ad essa subordinata, che l’attività illegale è assoluta e l’attività legale condizionata, relativa al rapporto delle forze tra classe operaia e borghesia imperialista, relativa alle decisioni che la classe dominante reputa convenienti per se stessa. L’esperienza ha altresì dimostrato che questo preciso genere di combinazione di attività illegale con l’attività legale non deve essere fatta dai partiti comunisti solo nei paesi in cui “a causa dello stato d’assedio o di leggi d’eccezione” la borghesia ha limitato l’attività legale, ma deve essere fatta in ogni paese, prima che la borghesia metta in atto stati d’assedio o leggi d’eccezione, prima che imponga all’attività politica del proletariato limiti legali più ristretti di quelli che impone ai singoli gruppi della classe dominante o comunque imponga limiti più ristretti di quelli vigenti. La borghesia imperialista impone in ogni caso all’attività politica della classe operaia, del proletariato, delle masse popolari limiti di fatto che i membri della classe dominante non hanno (limiti di tempo, di danaro, di spazi, di cultura, accesso alle armi, ecc.) e che fanno sì che per la stragrande maggioranza delle masse popolari anche i diritti riconosciuti legalmente restino una presa in giro, diritti sulla carta.

La terza delle 21 condizioni di ammissione alla Terza internazionale era stata formulata per avviare la trasformazione in partiti bolscevichi (bolscevizzazione) dei vecchi partiti socialisti che, come il PSI, avevano aderito all’Internazionale comunista perché così lo comportava il vento che tirava tra le masse, ma restavano assolutamente inadeguati a svolgere la funzione di direzione delle masse nel movimento rivoluzionario del loro paese.(33) Era stata introdotta per correggere la “insufficienza rivoluzionaria” dei vecchi partiti socialisti che facevano la fila per aderire alla Terza internazionale. Ma era stata formulata in termini concilianti, con concessioni alle resistenze presenti in questi partiti a trasformarsi in partiti adeguati ai compiti dell’epoca. In conclusione l’esperienza ha dimostrato che la terza condizione per l’ammissione alla Internazionale comunista era inadeguata. Nei paesi imperialisti i partiti comunisti che nacquero facendola propria si dimostrarono incapaci di far fronte ai propri compiti, anche per la concezione riduttiva, subordinata dell’azione clandestina che in essi permase e che la terza condizione recepisce.(34)

Ne segue che concepire l’azione del partito comunista come un’azione strategicamente legale, considerare la legalità come la regola e la clandestinità come l’eccezione che entra in azione nei momenti d’emergenza, non prevenire il momento in cui la borghesia cerca di stroncare il partito, non costruire il partito in vista e in funzione della guerra civile, è non conformarsi alle leggi della rivoluzione proletaria. I partiti comunisti che si sono comportati in questa maniera (da quello italiano a quello cinese,(35) tedesco, spagnolo, indonesiano, cileno, ecc. ecc.) hanno pagato dure lezioni.

La clandestinità non impedisce di sviluppare un’ampia azione legale nella misura in cui le condizioni lo comportano, anzi rende possibile ogni genere di azione legale, anche le attività meno “rivoluzionarie”, che diventano strumento per legare organizzativamente al campo della rivoluzione le parti più arretrate delle masse popolari e influenzarle . D’altra parte la clandestinità non si improvvisa e un partito costruito per l’attività legale o principalmente per l’attività legale e che subisce l’iniziativa della borghesia, difficilmente è in grado di reagire efficacemente all’azione della borghesia che lo mette fuori legge, che lo perseguita. Un partito legale non è inoltre in grado di resistere efficacemente alla persecuzione, all’infiltrazione, alla corruzione, all’intimidazione, ai ricatti, alle azioni terroristiche della controrivoluzione preventiva, della “guerra sporca”, della “guerra di bassa intensità” e del resto dell’arsenale di cui si è munita la borghesia imperialista per opporsi all’avanzata della rivoluzione proletaria. Un partito legale non è in grado di raccogliere e formare le forze rivoluzionarie che il movimento della società genera gradualmente e di impegnarle via via nella lotta per aprire l’ulteriore strada al processo rivoluzionario, in questo modo addestrandole e formandole.

Il partito comunista deve quindi essere una direzione clandestina, deve essere un partito che si costruisce dalla clandestinità e che dalla clandestinità tesse la sua “tela di ragno” e muove la sua azione di ogni genere in ogni campo. Deve essere un partito che è strategicamente clandestino (quindi ha sempre il suo retroterra strategico clandestino), ma destina una parte dei suoi membri a svolgere compiti nella lotta politica legale, nel lavoro legale di mobilitazione delle masse e crea tutte le strutture legali che la situazione consente di creare. Il rapporto numerico tra le due parti varia a secondo delle situazioni concrete; attualmente e per un tempo ancora indeterminato nel nostro paese sarà decisamente a favore della parte legale.

Il nuovo partito comunista italiano deve avere una direzione strategica clandestina, ma attualmente la classe operaia e le masse svolgono la stragrande maggioranza della loro attività politica, economica e culturale non clandestinamente e sono pochi i lavoratori disposti a impegnarsi in un lavoro clandestino. L’attività di difesa e di attacco dei lavoratori si svolge oggi in gran parte alla luce del sole, con attività legalmente tollerate dalla borghesia, scoraggiate e ostacolate ma non vietate. È del tutto inconsistente ogni tentativo (fatto con l’esempio e/o con la propaganda) di indurre gli operai e le masse popolari ad abbandonare questo terreno (in questo vano tentativo consistette la deviazione militarista delle Brigate Rosse). Ogni tentativo in questo senso porta solo a lasciare campo libero ai revisionisti, agli economicisti, ai borghesi. Solo man mano che la borghesia impedirà lo svolgimento legale delle attività politiche e culturali che le masse sono abituate a svolgere legalmente, metterà fuori legge, perseguiterà, ecc. (ed è sicuro che arriverà a tanto: basta vedere i “progressi” che già ha fatto su questa strada per quanto riguarda la libertà di sciopero, l’espressione del pensiero e la propaganda, la rappresentanza nelle assemblee elettive; la borghesia non ha altra strada, benché per esperienza ne conosca i pericoli e faccia mille sforzi per non imboccarla), solo man mano che i progressi dell’azione del partito comunista, della classe operaia e delle masse popolari, la loro resistenza organizzata al procedere della crisi e alla guerra di sterminio che la borghesia imperialista conduce contro di esse avrà suscitato una controrivoluzione potente alla quale però il partito saprà tener testa, solo allora, sulla base della loro esperienza, la classe operaia, il proletariato e le masse popolari sposteranno una parte crescente delle loro lotte e delle loro forze nella guerra, che solo allora diventerà la forma principale in cui esse potranno esprimersi e nella quale il partito sarà in grado di dirigerle vittoriosamente.

Il PCd’I nei primi anni venti aveva un apparato clandestino, ma non la direzione clandestina; nel 1926 subì la messa fuori legge; divenne clandestino perché costretto; perdette la direzione (Antonio Gramsci); ancora nel luglio ‘43 non approfittò del crollo del fascismo per costruire un esercito; si basò sull’alleanza con i partiti democratici per un passaggio pacifico dal fascismo ad un nuovo regime borghese; nel settembre ‘43 lasciò disperdere il grosso dell’esercito costituito da proletari in armi perché non era ancora in grado di dare ad essi una direzione concreta e non approfittò del vuoto di potere e del materiale militare che la fuga del re e di gran parte degli alti ufficiali aveva messo a disposizione di chi sapeva approfittarne. Solo nei mesi successivi metterà la guerra al primo posto, creerà le proprie formazioni armate antifasciste e antinaziste e costringerà a seguirlo su questo terreno tutte le altre forze politiche che non vogliono perdere i contatti con le masse e vogliono avere un ruolo nel dopoguerra.

Il KPD (Partito comunista tedesco) nel corso degli anni ‘20 tentò varie insurrezioni (non casualmente fallite) e nel 1933 lasciò arrestare la direzione (Ernst Thaelmann); mantenne organizzazioni clandestine, ma non riuscì a mobilitare sul piano della guerra né gli operai comunisti (benché il KPD avesse avuto 5 milioni di voti alle ultime elezioni nel 1933), né gli operai socialdemocratici, né gli ebrei e le altre parti della popolazione che pure erano perseguitati a morte dai nazisti.

Il PCF (Partito comunista francese) nel 1939 (il governo francese dichiarò guerra alla Germania il 1° settembre) si trovò in condizioni tali che migliaia di suoi membri vennero arrestati dal governo francese assieme a migliaia di altri antifascisti e l’organizzazione del partito saltò quasi interamente. M. Thorez, segretario del PCF, rispose alla chiamata alle armi! All’inizio del giugno 1940 il PCF “chiese” al governo Reynaud di armare il popolo contro le armate naziste che dal 10 maggio dilagavano in Francia e ovviamente la risposta fu il decreto del governo “francese” che intimava a ogni “francese” che possedeva armi da fuoco di consegnarle ai commissariati. Solo dal luglio 1940 in avanti, dopo che i contrasti tra i gruppi imperialisti francesi erano sfociati in guerra civile tra essi (il Proclama di De Gaulle da Londra è del 18 giugno 1940), il PCF ricostruirà con eroismo e tenacia la sua organizzazione e solo a partire dal 1941 un po’ alla volta assumerà la guerra rivoluzionaria come forma principale di attività.

Da tutta questa esperienza storica, che lezione dobbiamo trarre? Che oggi dobbiamo costruire il nuovo partito comunista a partire dalla clandestinità. La clandestinità è una questione strategica, non tattica. È una decisione che dobbiamo prendere oggi per essere in grado di far fronte ai nostri compiti di oggi e a quelli di domani. La guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata è la strategia del nostro movimento comunista e oggi è l’aspetto dirigente della nostra attività. Le lotte pacifiche sono un aspetto della tattica del movimento comunista e oggi sono l’aspetto più diffuso dell’attività delle masse. Non dobbiamo subire l’iniziativa della borghesia, né aspettare che la mobilitazione delle masse ci abbia preceduto. Dobbiamo prendere l’iniziativa, precedere la borghesia e predisporre le nostre attuali piccole forze in modo che siano in grado di accogliere, organizzare e dirigere alla lotta le forze che il corso della crisi generale del capitalismo produce di per sé tra le masse, ma con fertilità che sarà accresciuta dalla giusta attività del partito comunista.

Lenin creò un centro stabile e inattaccabile dalla polizia zarista per l’attività del partito nell’impero russo, venendo in Europa quando ancora poteva viaggiare. Non attese di essere costretto alla clandestinità dall’avversario. Dal punto di vista operativo, è meno difficile impiantarsi nella clandestinità quando si è ancora legali, che quando si ha già la polizia alle calcagna e si è stati sorpresi dall’iniziativa dell’avversario.

Dobbiamo iniziare dall’esempio del grande Lenin di cui la storia ha confermato la giustezza e adattarlo alla nostra condizione.

 

Quanto abbiamo fin qui detto dovrebbe bastare a tracciare chiaramente la discriminante tra da una parte l’impresa a cui lavoriamo e a cui chiamiamo tutte le FSRS a lavorare e dall’altra tutti i progetti di “partiti rivoluzionari nei limiti della legge”. Dovrebbe bastare anche a tracciare una discriminante tra questa impresa e le varie società segrete che vivono e operano nel nostro paese. Vale tuttavia la pena aggiungere qualche parola su questo argomento. Dopo le sconfitte subite dalle Brigate Rosse all’inizio degli anni ‘80, la linea della “ritirata strategica” non ha portato alla autocritica della deviazione militarista che aveva generato la sconfitta e alla raccolta delle forze per la ricostruzione del partito comunista,(36) ma alla nascita di un certo numero di “società segrete”. In quell’epoca la borghesia cercava di consolidare la sua vittoria e la destra del movimento, che ne rappresenta gli interessi, era per la liquidazione dell’organizzazione rivoluzionaria e il ritorno alla “lotta legale”. Ciò che la borghesia cercava di ottenere con le persecuzioni, con le torture, con il regime carcerario speciale e con i premi a delatori (“pentiti” o “dissociati”), la destra lo rafforzava con la linea della liquidazione. Va dato atto ai compagni che hanno costituito le società segrete di essersi opposti alla destra e alla liquidazione dell’organizzazione rivoluzionaria. Questo è il lato positivo della loro azione. Il lato negativo è denunciato dalla generale sterilità della loro attività e sta nel fatto che il movimento comunista ha bisogno del partito comunista, non della società segreta. Già Marx ed Engels negli anni ‘40 del secolo scorso avevano affrontato e risolto questo problema su cui ora bisogna tornare. La critica di Marx ed Engels alla società segreta come forma organizzativa è riassunta nella conclusione del Manifesto del partito comunista: “I comunisti disdegnano di nascondere le loro opinioni. Essi dichiarano apertamente che i loro scopi non possono essere raggiunti che con l’abbattimento violento di ogni ordinamento sociale esistente”. I tratti caratteristici e distintivi della società segreta sono che la sua esistenza è nota solo ai membri, che i membri stessi sono iniziati per livelli (livelli di iniziazione) alla conoscenza degli obiettivi, delle concezioni, dei metodi, della struttura e della direzione della società. Una struttura di questo genere è stata ed è adatta ad aggregare attorno a un capo o a un gruppo ristretto una cerchia di persone ognuna delle quali ha un interesse personale alla protezione e in generale ai vantaggi che la società segreta offre ai suoi membri. Che una struttura del genere fosse adatta alla borghesia per la concorrenza cui deve partecipare e che fosse adeguata anche alla protezione degli addetti ad alcuni mestieri finché restavano un gruppo ristretto i cui membri si assicuravano mutua protezione, è un dato dell’esperienza storica oltre che un risultato a cui si può pervenire riflettendo sui rapporti sociali reali nelle due situazioni indicate. È però altrettanto evidente che non è una forma adatta a raccogliere e formare le forze rivoluzionarie che si conteranno, e si dovranno contare, a milioni e a sollevare alla lotta politica una classe che i correnti rapporti sociali escludono dalla attività politica. Marx ed Engels entrarono nella Lega dei Giusti (che poi divenne Lega dei Comunisti) all’inizio del 1847 dopo che i suoi membri si convinsero ad eliminare i tratti della società segreta. La lotta contro le società segrete è stata una costante di Marx ed Engels anche negli anni successivi. Nella lettera a F. Bolte del 23 novembre 1871, nel pieno della lotta contro la società segreta fondata da Bakunin nell’Internazionale, Marx arriva ad affermare “L’Internazionale fu fondata per mettere al posto delle sette socialiste o semisocialiste, la vera organizzazione di lotta della classe operaia. ... Lo sviluppo delle sette socialiste e quello del vero movimento operaio sono sempre in proporzione inversa. Sino a che le sette hanno una giustificazione (storica), la classe operaia non è ancora matura per un movimento storico indipendente. Non appena essa giunge a questa maturità, tutte le sette diventano essenzialmente reazionarie. ... La storia dell’Internazionale è stata una costante lotta del Consiglio generale contro le sette ...”. La struttura della società segreta è inconciliabile con la raccolta ampia delle forze della classe operaia, del proletariato, delle masse popolari attorno al partito, è inconciliabile con il centralismo democratico come principio organizzativo del partito. Il partito comunista è vitalmente interessato a far conoscere alle masse più ampie possibile la sua esistenza, il suo programma, il suo statuto, i suoi orientamenti, le sue linee particolari: esso non lotta per prendere in mano il potere esso stesso, lotta perché la classe operaia prenda il potere e per costruire uno Stato “in via di estinzione”, cioè in cui il governo delle masse da parte delle masse popolari stesse abbia la massima estensione possibile. Nel libro Che fare? Lenin difende la necessità di un partito clandestino di cui i rivoluzionari di professione sono una componente essenziale: ma il progetto che egli delinea non ha nulla a che vedere con una società segreta. Noi possiamo riconoscere i meriti che le società segrete hanno avuto negli anni ‘80 come raccolta provvisoria di compagni che la sconfitta aveva lasciato senza orientamento e in condizioni organizzativamente molto deboli. Ma proprio la mancanza di risultati di rilievo dell’attività da esse svolta da allora a questa parte crediamo debba confermare a ogni compagno l’incompatibilità delle società segrete con il movimento comunista e, quello che più ci importa chiarire, la differenza tra il partito comunista clandestino e una qualunque società segreta. Quale è la fonte principale delle forze di un partito comunista? Le masse. E come possono le masse conferire la loro forza a un partito di cui ignorano non solo il programma e gli orientamenti, ma addirittura l’esistenza? La concezione del partito come società segreta deriva da una concezione del mondo che sottovaluta le potenzialità rivoluzionarie delle masse e sopravvaluta la forza della borghesia. La società segreta deriva da una concezione che, come quella militarista, pone la tecnica al primo posto; essa porta quindi i rivoluzionari a scontrarsi con la borghesia sul suo terreno (le tecniche delle operazioni segrete, i complotti, ecc.) su cui essa è più forte di noi anziché a legarsi alle masse e a costringere la borghesia a scontrarsi su un terreno che a noi è favorevole. Di conseguenza alla lunga porta i rivoluzionari alla sconfitta. La società segreta è insomma figlia di una concezione del mondo interclassista, come il militarismo. Questa concezione interclassista consiste in questo: la tecnica è la tecnica, è la stessa per ogni classe. La guerra tutte le classi la fanno alla stessa maniera, dicono i militaristi; la cospirazione e le operazioni clandestine tutte le classi le fanno alla stessa maniera, dicono i seguaci delle società segrete. Noi invece riteniamo che ogni classe combatte alla propria maniera, se vuole vincere e la classe d’avanguardia, la classe operaia può costringere la classe reazionaria, la borghesia imperialista a misurarsi sul suo terreno perché nella guerra popolare rivoluzionaria non si tratta di un gruppo imperialista che vuole strappare qualche ricchezza a un altro gruppo imperialista, ma si tratta di conquistare la direzione delle masse popolari, conquistandone il cuore.

 

Ci resta da affrontare un’ultima obiezione: è possibile costituire un partito clandestino?

Noi siamo convinti che la costituzione di un partito comunista clandestino è necessaria e possibile. La classe operaia ha avuto nel passato partiti clandestini in varie circostanze: nella Russia zarista, nella Cina nazionalista, nell’Italia fascista e in molti altri paesi. I revisionisti moderni hanno alimentato e alimentano l’immagine terroristica della borghesia onnipotente quando hanno voluto togliere alla classe operaia uno strumento indispensabile per la sua lotta rivoluzionaria. “Dio è dappertutto”, “Dio vede tutto”, “Dio può tutto” dicono i preti; i portavoce della borghesia e i revisionisti hanno sostituito queste vecchie frasi minatorie dei preti con “La CIA vede tutto, è dappertutto, può tutto”, “Non si muove foglia che la CIA non voglia” e hanno promosso uno scalcinato carrozzone di assassini, di spioni e di mercenari assetati di denaro e di carriera al ruolo di Dio onnipotente! Se i movimenti rivoluzionari negli USA non sono riusciti a svilupparsi, secondo loro la colpa è della CIA e della FBI. Se le Brigate Rosse sono state sconfitte, è “merito dello Stato che a un certo punto ha incominciato a combatterle sul serio”. E così via. L’onnipotenza della classe dominante è stato sempre un tema della propaganda terroristica della stessa classe dominante e una giustificazione sia degli opportunisti sia degli sconfitti che non vogliono riconoscere i propri errori e fare autocritica. Se la ferocia e l’intelligenza delle classi dominanti potessero fermare il movimento di emancipazione delle classi oppresse, la storia sarebbe ancora ferma allo schiavismo. La società borghese è ricca di contraddizioni, ha in sé tanti fattori di instabilità, il suo funzionamento è costituito da un numero illimitato di traffici e di movimenti e per il suo funzionamento la borghesia è costretta ad avvalersi delle masse che nello stesso tempo calpesta: insomma è una società che più delle precedenti società di classe presenta lati favorevoli all’attività delle classi oppresse, che siano decise a battersi. La possibilità per un partito comunista di costituirsi e operare clandestinamente dipende in definitiva dal suo legame con le masse e questo a sua volta dipende dalla linea politica del partito, se essa è o no conforme alle reali condizioni concrete dello scontro che le masse stanno vivendo (pur avendone esse una coscienza limitata): questa è la chiave del successo o della sconfitta di un partito comunista. Per quanto feroce e capillare sia la controrivoluzione preventiva, essa non è mai riuscita a impedire la vita e l’attività di un partito comunista che aveva una linea giusta e sulla base di questa linea attingeva all’inesauribile serbatoio di energie e di risorse di ogni genere costituito dalla classe operaia, dal proletariato e dalle masse popolari. È quello che con tutte le nostre forze cercheremo che sia anche il nuovo partito comunista italiano.

INDICE