Comunicato del 5 novembre 2008

La vittoria di Barack Obama alle elezioni presidenziali USA è un segnale eccellente per i comunisti, ...

... i progressisti e i democratici di tutto il mondo, per i popoli e le classi oppresse che in ogni angolo del mondo resistono alla guerra di sterminio non dichiarata condotta dalla borghesia imperialista e dai suoi agenti e complici!
mercoledì 5 novembre 2008.
 

(PNG) Avanti per instaurare il socialismo e fare dell’Italia un nuovo paese socialista!

 

La vittoria di Barack Hussein Obama alle elezioni presidenziali USA e la vittoria del Partito Democratico alle elezioni del Congresso e del Senato americani indicano che tra le masse popolari americane sono largamente diffuse la volontà di cambiare la propria vita e l’insofferenza per gli effetti che la dominazione della borghesia imperialista ha prodotto. Nel voto a Barack Obama si sono sommati e a volte combinati i voti contro la crisi economica, contro la guerra, contro la prepotenza poliziesca, contro la tortura, contro la discriminazione razziale, contro l’oppressione delle donne e delle minoranze nazionali, contro la persecuzione degli immigrati, contro gli sfratti e la confisca delle case, contro la mancanza di istruzione e di assistenza sanitaria, contro i mille aspetti del degrado delle condizioni economiche e culturali, morali e intellettuali, sociali e ambientali che le masse popolari americane hanno sperimentato negli ultimi 28 anni, dall’elezione di Ronald Reagan a presidente nel 1980 fino a oggi.

La vittoria di Barack Obama su John McCain, distintosi nella guerra contro il Vietnam come criminale di guerra e in queste elezioni campione dei conservatori, è quindi un buon segnale per noi comunisti, per i progressisti, per i democratici, per tutti quanti nel mondo resistono all’aggressione dell’imperialismo USA e dei suoi alleati, complici e servi, per tutti quanti nei paesi oppressi, negli ex paesi socialisti dell’Europa Orientale, dell’Unione Sovietica e dell’Asia o nei paesi imperialisti lottano per creare regimi di nuova democrazia o per instaurare il socialismo. Dice che la ribellione cova anche negli USA. Le masse popolari americane sono sempre più insofferenti alle condizioni in cui sono costrette. L’eroica resistenza e le gloriose lotte condotte da quanti dalla Palestina alla Colombia, dall’Iraq all’Afghanistan, dalle Filippine alla Somalia e in molti altri paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina resistono all’aggressione e alle ingerenze degli imperialisti USA e dei loro manutengoli sionisti, hanno fortemente indebolito l’egemonia culturale, ideologica e politica della borghesia imperialista USA sulle masse popolari americane.

La vittoria di Barack Obama smentisce le correnti e i personaggi che, in Italia come in altri paesi, attribuiscono alla natura, al carattere o ad altre caratteristiche metafisiche delle masse popolari americane la responsabilità delle operazioni criminali di sfruttamento e di aggressione svolte in ogni angolo del mondo dalle truppe, dagli agenti e dai complici della borghesia imperialista americana. Si tratta di panzane come quelle che attribuiscono al carattere degli italiani i misfatti orditi dai fascisti, al carattere dei tedeschi i misfatti orditi dai nazisti o al carattere degli ebrei i misfatti orditi dai sionisti. In realtà gli sfruttati e gli oppressi di tutto il mondo hanno degli alleati potenziali nelle masse popolari USA. Instaurare il socialismo è una necessità per le masse popolari USA come per il resto dell’umanità. Instaurare il socialismo negli USA è possibile. Se ancora non è cosa fatta, è principalmente perché noi comunisti non abbiamo ancora compreso a sufficienza le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe negli USA e quindi, nonostante gli sforzi eroici compiuti da tanti comunisti, lavoratori avanzati e rappresentanti delle minoranze oppresse degli Stati Uniti d’America, non abbiamo saputo mobilitare le masse popolari USA a percorrere la via necessaria per compiere l’opera storica che le attende. Ma esistono le premesse perché essa sia compiuta. Prima o poi il baluardo e gendarme della reazione nel mondo cadrà, come novanta anni fa è caduto il regime zarista che per quasi un secolo era stato il baluardo e il gendarme della reazione in Europa e in Asia.

I comunisti possono condurre le masse popolari USA alla vittoria, a instaurare il socialismo perché esse ne hanno bisogno. Il voto di ieri è una manifestazione di questo bisogno anche se probabilmente la stragrande maggioranza di quelli che hanno votato Barack Obama non sa di cosa veramente ha bisogno e si illude ancora di sfuggire grazie a un miglior governo della borghesia imperialista, al marasma in cui quasi 30 anni di incontrastata politica reazionaria della borghesia imperialista li ha condotti.

 

In secondo luogo l’elezione di Barack Obama a presidente degli USA è un segno della debolezza della borghesia imperialista USA, dei gruppi sionisti, del Vaticano e di tutti gli altri alleati, soci e complici di cui la borghesia imperialista USA si avvale in tutto il mondo: dalla borghesia compradora dell’India, ai restauratori del capitalismo in Cina, fino alla banda Berlusconi da noi in Italia.

Eppure Barack Obama era uno dei due candidati a presidente che la borghesia imperialista USA aveva proposto agli elettori americani. Barack Obama non ha fatto la sua carriera, dall’ambiente modesto in cui è nato fino alla sua candidatura alla presidenza, nelle file di quanti negli USA lottano contro la borghesia imperialista e contro il suo sistema di oppressione e di discriminazione, nelle organizzazioni politiche o sindacali dei lavoratori avanzati o nelle organizzazioni di quanti negli USA lottano contro la discriminazione razziale, nazionale e di genere che appesta gli USA. Al contrario, egli ha compiuto la sua carriera salendo uno dopo l’altro i gradini del sistema politico della borghesia imperialista USA e mostrandosi abile e fedele all’ambiente in cui era ammesso: come un prete di umili origini che fa carriera nella Chiesa Cattolica fino a diventare cardinale e perfino papa.

Il Partito Democratico è uno dei due grandi partiti della borghesia imperialista USA. Scegliendo come proprio candidato alle presidenziali un senatore nero di umili origini ma che aveva dato per anni buona prova di affidabilità e di capacità nelle file del sistema politico USA, il Partito Democratico ha puntato ad arrestare e rovesciare la marea montante della lotta contro la dominazione della borghesia imperialista USA che sale in tutto il mondo e persino negli stessi USA. La borghesia imperialista USA userà in ogni modo la razza di Barack Obama e i suoi talenti per indebolire la resistenza dei popoli e delle classi oppresse, per attenuare la condanna e l’odio che ovunque la circonda per i suoi misfatti.

 

Riuscirà Barack Obama nel ruolo che la borghesia imperialista gli ha assegnato?

Barack Obama sarà anche un uomo di talento, l’uomo più adatto per il ruolo che il Partito Democratico gli ha assegnato. Ma non sono le sue doti e caratteristiche individuali che lo hanno portato alla presidenza degli USA. La borghesia imperialista USA va di male in peggio. Già aveva fatto ricorso a Colin Powell, a Condoleezza Rice e ad altri liberti di talento per sfuggire al suo destino. La borghesia ha una concezione individualista della società e della storia. È convinta che la storia la fanno gli individui e che se troverà i personaggi giusti riuscirà a invertire il suo destino. Di fronte ai risultati disastrosi della sua condotta criminale dettata dalla preservazione dei suoi interessi e privilegi, ha riversato personalmente la responsabilità su George Bush, ex alcolista e ignorante, che essa aveva messo alla testa del suo Stato. Ora cerca di trovare un’alternativa in Barack Obama, nelle sue doti intellettuali e umane, nelle illusioni che egli riesce a suscitare nelle masse popolari americane, nella sua razza. Il problema è che la condotta dello Stato americano e del suo governo, degli industriali, dei banchieri e speculatori USA e dei loro soci, alleati, agenti e concorrenti non è dettata che in infima misura dalle caratteristiche personali di un capo di governo. È dettata dagli interessi della borghesia imperialista USA e dalle sue relazioni pratiche con i suoi concorrenti, i gruppi della borghesia imperialista degli altri paesi e con le classi e i popoli oppressi degli USA e degli altri paesi del mondo. Il governo di un paese moderno di una qualche dimensione non è diretto da un singolo, ma da un gruppo dirigente di cui il capo è il portavoce, il coordinatore, in alcuni casi, come quello di Berlusconi, il padrone. Non è la borghesia imperialista USA che si adatterà a Barack Obama: sarà Barack Obama e il suo governo che faranno quello di cui la borghesia imperialista USA ha bisogno per conservare i suoi interessi e privilegi.

 

Riuscirà Barack Obama e l’amministrazione che egli metterà in piedi, assecondato dal nuovo Congresso e dal Senato dove i suoi mandatari hanno consolidato la loro maggioranza, a far prevalere negli USA e nel mondo gli interessi di quelli che lo hanno mandato al potere? Riuscirà a tener buone almeno per alcuni anni le masse popolari USA, a nutrirle di promesse, di illusioni, di piccole concessioni ora agli uni ora agli altri? Riuscirà a sconfiggere quanti da un capo all’altro del mondo lottano per liberarsi dall’aggressione, dall’ingerenza e dallo sfruttamento della borghesia imperialista USA? Può la borghesia imperialista USA rinunciare al suo impero mondiale senza perdere il potere anche negli USA?

Queste sono le questioni da cui in realtà dipendono il ruolo e il destino del nuovo presidente USA!

 

Da circa 30 anni a questa parte il sistema capitalista mondiale è corroso da una nuova crisi generale. Da alcuni decenni l’economia capitalista per stare in piedi deve ricorrere sempre più alla speculazione finanziaria. Passa da una bolla speculativa a un’altra, ognuna più grande della precedente. La bolla speculativa dei prestiti immobiliari USA era tanto grande che il suo scoppio ha fatto traballare tutto il castello del capitale. Al punto che è molto difficile che la borghesia imperialista esca dalla crisi attuale con pezze di carattere ordinario, spostando più in là (nel tempo o nello spazio, cioè da un paese a un altro) la crisi, come ha fatto dagli anni ’70 in qua. Oramai l’implicazione del capitale produttivo nel capitale speculativo (attraverso il capitale finanziario) è in fase avanzata e la crisi riguarda tutto il mondo. La General Electric, la più grande azienda industriale capitalista del mondo, annunciava che un terzo dei suoi utili proveniva non dallo sfruttamento diretto dei suoi dipendenti né dai prezzi di monopolio a cui vendeva i suoi prodotti e faceva i suoi acquisti, ma da operazioni finanziarie (rendite di azioni e obbligazioni, plusvalenze da compravendite di titoli finanziari, speculazioni sui cambi, emissione e vendita di titoli spazzatura, ecc.). In generale le altre aziende del capitale produttivo non sono da meno. Lo scoppio della bolla immobiliare USA coinvolge non solo fondi (speculativi, pensioni, assicurativi, gestionari di patrimoni), società finanziarie e banche, ma anche e direttamente le aziende produttive. Quindi tutta l’economia reale. Chiunque ha le mani in pasta sa che quasi ogni grande azienda poggia in misura determinante su un capitale fittizio fatto di titoli spazzatura e di crediti che non potrà mai riscuotere, che ha debiti di cui altri capitalisti gli possono chiedere la restituzione da un momento all’altro e a cui non ha alcuna intenzione di far fronte. I soldi liquidi sono una quantità enorme, una quantità tale che, se messi tutti in circolazione, i prezzi salirebbero alle stelle; ma sono al sicuro altrove: ogni ricco si è premunito, i paradisi fiscali rigurgitano di soldi, il Vaticano ed altri enti simili hanno ammassato enormi ricchezze, il mercato dei beni di lusso non è mai stato così fiorente. Ognuno degli amministratori di aziende, banche e fondi sa come si trova lui e gli è facile capire come si trovano gli altri suoi simili. Quindi nessun capitalista si fida più degli altri capitalisti: niente credito e niente vendite a credito. Riduzione degli affari, dei redditi dei lavoratori, dei consumi, delle entrate pubbliche. Può essere che qua e là qualche gruppo borghese riesca a imporsi agli altri, a sacrificare gli interessi degli altri e rimettere in moto la macchina. Ma sarà una lotta a coltello. Le rivendicazioni, l’insofferenza e le rivolte dei lavoratori acuiranno la lotta tra i gruppi borghesi.

La borghesia imperialista USA ha guidato la danza della speculazione e dello sfruttamento della borghesia e dei ricchi di tutto il mondo. La fase acuta della crisi generale mette in gioco il suo ruolo mondiale. Le forze armate, l’aggressione, la guerra, i complotti sono strumenti per difenderlo. Dalla grande crisi degli anni ’20 del secolo scorso la borghesia imperialista non è uscita grazie alle misure del New Deal di Roosevelt, ma grazie alle immani distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. Guerra o rivoluzione sono probabilmente le vie su cui l’umanità dovrà incamminarsi nei prossimi anni. O con la rivoluzione preveniamo e impediamo la guerra o dovremo cercare di trasformare la guerra in rivoluzione.

 

Barack Obama sarà una buona scelta per la borghesia imperialista USA? Noi non siamo in grado di dirlo. Di certo non cambierà il suo destino. Di certo il favore con cui le masse popolari americane hanno accolto le sue promesse di un futuro migliore e le illusioni di un rivolgimento generale della situazione, indicano che neanche le masse popolari americane vogliono più continuare a vivere come ora stanno vivendo. Di certo la resistenza e la lotta che da ogni paese si alzano sempre più forti contro la borghesia imperialista USA, i suoi agenti, complici e manutengoli, rafforzerà l’opposizione delle masse popolari americane, le renderà ancora più insofferenti degli effetti della dominazione della borghesia imperialista e creerà condizioni più favorevoli per la rinascita del movimento comunista anche negli USA: che però in definitiva dipenderà dai comunisti stessi.

Su questo possiamo e dobbiamo far leva anche noi comunisti italiani. Il nostro compito è instaurare il socialismo in Italia, fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuire così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.

L’esito delle elezioni americane è un buon segnale per noi.

La borghesia imperialista USA sta in piedi facendo promesse che non può mantenere, facendo intravedere un futuro ben diverso da quello che in effetti prepara. È un’operazione analoga a quella che ha fatto la banda Berlusconi in Italia. Le lotte di questi giorni sono il risultato del suo successo nelle elezioni di aprile e il mezzo per superare quel risultato e rovesciare la banda Berlusconi, il governo che essa ha formato, i suoi mandatari (il Vaticano, la borghesia imperialista USA, i gruppi sionisti, le Organizzazioni Criminali, la Confindustria, la Confcommercio, l’Associazione Bancaria Italiana) e instaurare un potere progressista costituito dai lavoratori organizzati e dalle masse popolari organizzate.

La fase acuta della crisi in cui siamo entrati non è solo una tragedia. È una tragedia ed è anche una possibilità, un’occasione. Subire la tragedia o afferrare l’occasione? Se consideriamo l’unico percorso progressista aperto all’umanità, la fase acuta della crisi è principalmente il contesto e la premessa dell’instaurazione del socialismo, avvicina la fine del tormento oramai arrivato a un livello tale da soffocare l’umanità: dobbiamo approfittare dell’occasione.

Questo è l’aspetto principale su cui noi comunisti dobbiamo regolare la nostra condotta e che noi comunisti dobbiamo presentare e illustrare alle masse. Noi dobbiamo usare la fase acuta della crisi in cui la borghesia ci ha gettato, principalmente come contesto favorevole alla rivoluzione socialista. Non dobbiamo favorire nelle masse popolari la disperazione e la rassegnazione, il “si salvi chi può” che è inevitabile e logico di fronte a un disastro senza rimedio. Dobbiamo al contrario incitare alla lotta e organizzare la lotta. Come tutte le grandi tragedie (a livello individuale come a livello collettivo), anche questa spezzerà e abbrutirà qualcuno, ma anche rafforzerà e porterà a eroiche imprese altri. Noi dobbiamo con tutte le nostre forze far prevalere questo secondo effetto della fase acuta della crisi in cui i capitalisti ci hanno gettato.

Chi non concepisce l’instaurazione del socialismo come evento possibile, concreto, del prossimo avvenire, chi non concepisce l’instaurazione del socialismo come l’unica, possibile e realistica via di uscita dell’umanità dal marasma in cui la borghesia ci ha gettato e ogni giorno più ci affonda, chi non lavora giorno dopo giorno con convinzione e coscienza per instaurare il socialismo, vede nella fase acuta della crisi del capitalismo solo una immane tragedia che si abbatte sulle masse popolari, non concepisce altro esito possibile della crisi attuale che una grande disgrazia per le masse popolari. All’Assemblea dei delegati FIOM dello scorso 31 ottobre a Roma Guglielmo Epifani, a proposito dello stesso avvenimento, proclama già che “sarà la più grande redistribuzione negativa contro le giovani generazioni”. Non sa vedere altro che una disgrazia che dovremmo subire, cercando di soffrirne il meno possibile, di limitare i danni! È la solita politica del “meno peggio” che divide i lavoratori, li mette l’uno contro l’altro, li getta tutti nelle mani della borghesia e del Vaticano!

Al contrario, chi lotta per organizzare la rivoluzione socialista vede in questo avvenimento due cose: 1. una immane tragedia che porterà sciagure senza fine alle masse popolari se le masse popolari la subiscono, 2. il contesto tragico che crea per le masse popolari le condizioni favorevoli all’emancipazione definitiva e completa dal capitalismo e dal marasma in cui esso ci ha condotto.

L’uno si dividerà in due. Quale dei due prevarrà? Questo è il vero problema!

I portatori (a vari gradi, in varie forme e con differenti ruoli sociali) della coscienza della classe dominante ignorano e cercano di far ignorare che due sono le possibilità.

La coscienza abitudinaria e servile delle classi oppresse “spontaneamente” coglie solo il primo aspetto: vi soggiace, se ne lagna, vi si ribella.

La coscienza comunista vede i due aspetti e mobilita e guida le masse popolari per far prevalere il secondo.

 

Contro la crisi, promuovere l’organizzazione tra i lavoratori, tra gli studenti, tra tutte le classi e gli strati delle masse popolari, conquistare i lavoratori avanzati al comunismo, reclutare i lavoratori avanzati nel Partito comunista!

 

Facciamo appello a ogni lavoratore avanzato, alle donne più generose, ai giovani più coraggiosi perché si uniscano a noi per realizzare questo compito!

 

Uniamoci sempre più profondamente ai popoli che da un capo all’altro del mondo resistono alla guerra di sterminio non dichiarata perpetrata dalla borghesia imperialista e dalle altre forze reazionarie!

 

La vittoria della rivoluzione democratica in Nepal indica la strada possibile e necessaria!

 

La crisi mostra che i lavoratori e i popoli oppressi di tutto il mondo hanno lo stesso nemico!

 

Che i lavoratori, le donne, i giovani più avanzati si arruolino nelle fila del Partito comunista, degli organismi della resistenza e delle organizzazioni di massa e contribuiscano alla rinascita del movimento comunista!

 

Rafforzare la struttura clandestina centrale del (nuovo)Partito comunista italiano, moltiplicare il numero dei Comitati di Partito clandestini e migliorare il loro funzionamento, sviluppare il lavoro sui quattro fronti indicati dal Piano Generale di Lavoro!

 

Costruire in ogni azienda, in ogni zona d’abitazione, in ogni organizzazione di massa un comitato clandestino del (n)PCI!

 

Viva il (nuovo)Partito comunista italiano!