La Voce 28 - marzo 2008

03.06 - Materialismo dialettico e bilancio della nostra attività

Problemi di metodo
mercoledì 5 marzo 2008.
 
Il fattore decisivo del consolidamento e rafforzamento del Partito è un livello superiore di assimilazione del materialismo dialettico come metodo per conoscere il mondo e come guida per trasformarlo

(versione riveduta sotto la responsabilità della redazione)

Introduzione: il “collo di bottiglia”

“Per sconfiggere il nemico innanzi tutto bisogna essere indipendenti ideologicamente da lui”: questo è uno dei principi fondamentali della politica rivoluzionaria.

Solo sulla base di questo principio ideologico è infatti possibile applicare i due importanti principi politico/militari: “Ogni classe fa la guerra a suo modo” e “Strategia ferma, tattica flessibile”.

Il materialismo dialettico (md) è la concezione del mondo dei comunisti e il metodo di conoscenza (teoria) e la guida per l’azione (pratica) dei comunisti. È la scienza più avanzata prodotta dall’umanità. È attraverso il md che il partito comunista costruisce la sua indipendenza ideologica dal nemico.

Come è stato ben illustrato nell’articolo “Elevare la qualità del nostro Partito per porre le basi del suo sano sviluppo quantitativo” ( La Voce n. 20), oggi l’assimilazione del md e la costruzione dell’unità ideologica dei comunisti organizzati nel (nuovo)PCI costituiscono il “collo di bottiglia” della lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

“Solita roba da rivoluzionari da salotto”, obietteranno sicuramente i “praticoni” movimentisti. È opportuno analizzare questa posizione, data la frequenza con cui essa ancora si manifesta nel movimento comunista del nostro paese (è il suo principale limite) e, soprattutto, per via della dimostrazione che la sua confutazione ci permette di fare.

La teoria è di fatto “roba da rivoluzionari da salotto” inutile ai fini rivoluzionari se è staccata dalla pratica, se non guida l’azione.

La classe dominante alimenta in seno alle masse popolari la divisione e la contrapposizione tra teoria e pratica, tra pensiero e azione. Per effettuare questo intervento impiega una quantità consistente di uomini, di mezzi e di risorse. Il lavoro di intossicazione, di confusione, di promozione dell’evasione dalla realtà (teoria) e della diversione dalla realtà (pratica) è infatti uno degli aspetti centrali del regime di controrivoluzione preventiva.

Perché?

La loro esperienza pratica mette le masse popolari in contraddizione con il capitalismo. Il nemico di classe deve quindi intervenire nel processo di elaborazione che le masse popolari fanno della loro esperienza pratica, per intossicarle, deviarle e confonderle. In altre parole: il nemico di classe lavora affinché il pensiero (la teoria) delle masse popolari non sia il ricavato scientifico (giusto, oggettivo) della loro esperienza pratica e, quindi, affinché la loro teoria non elevi la loro pratica.

La “filosofia per la filosofia”, la “teoria per la teoria” che eccita l’intelletto degli inconcludenti “rivoluzionari da salotto” è un’impostazione ideologica prodotta da questo operato del regime di controrivoluzione preventiva, finalizzato a dividere e contrapporre, in seno alle masse popolari, la teoria alla pratica, il pensiero all’azione.

I compagni “praticoni” hanno quindi ragione a rifiutare la “teoria per la teoria”. Questo è il loro aspetto positivo. Il loro aspetto negativo (ed è l’aspetto determinante: nel senso che determina la loro sterilità politica) è che rigettano in blocco la teoria, anziché rigettare la divisione e la contrapposizione tra teoria e pratica fomentata dal regime di controrivoluzione preventiva. In altre parole, questi compagni “buttano il bambino con l’acqua sporca”.

L’assenza di una giusta concezione (teoria) li porta ad una pratica errata. Il loro giusto rigetto dell’essere unilaterali (“solo teoria”) li porta ad essere unilaterali (“solo pratica”). Così facendo si riducono ad una pratica sterile e di fatto si trovano, come i “rivoluzionari da salotto”, al seguito della sinistra borghese (al di là delle forme con cui si presentano e dell’immagine che hanno di sé).

Emergono chiaramente due elementi:

- teoria e pratica sono legate tra loro,

- l’indipendenza ideologica dal nemico è fondamentale per riuscire a combinare nel giusto modo la teoria con la pratica.

Il materialismo dialettico (md) come concezione del mondo è l’espressione dell’indipendenza ideologica del partito comunista dal nemico e come metodo è lo strumento con cui il partito comunista costruisce la sua indipendenza ideologica dal nemico. Il md è la concezione del mondo dei comunisti e il metodo di conoscenza (teoria) e la guida per l’azione (pratica) dei comunisti. È la scienza più avanzata prodotta dall’umanità.

La realtà è la combinazione di numerose componenti. Per mezzo del md si riesce ad individuare queste diverse componenti, a comprendere le caratteristiche specifiche di ognuna, a comprendere i legami che uniscono ogni componente alle altre e a individuare per ognuna le diverse contrastanti tendenze che l’attraversano e la muovono. Il md è uno strumento potente che permette di comprendere e di trasformare la realtà.

La migliore guida alla conoscenza materialista dialettica della realtà (analisi e sintesi) è lo scritto di K. Marx, Il metodo dell’economia politica (Introduzione dei Lineamenti fondamentali , in Opere complete vol. 29, Editori Riuniti - Sito internet http://lavoce-npci.samizdat.net, sezione Classici del marxismo).

Analizzando attraverso il md la nostra attività, vediamo che la teoria e la pratica emergono come due poli di una contraddizione in continuo movimento. Lo studio scientifico di questa contraddizione e del suo movimento mostra che la giusta dialettica tra i due poli è: pratica-teoria-pratica superiore-teoria superiore. Ossia: elaborazione della teoria (scienza e linea) dalla pratica - applicazione della teoria in una pratica superiore (applicazione della linea e attuazione) - bilancio dell’esperienza ed elaborazione di una teoria (scienza e linea) superiore.

Il bilancio dell’esperienza ha un ruolo molto importante in questo processo. Senza un giusto bilancio dell’esperienza non si evidenziano, comprendono e assimilano gli insegnamenti e le scoperte che la dialettica teoria-pratica ha messo in luce e le prospettive che ha aperto. In altre parole, senza una giusta elaborazione (analisi e sintesi) materialista dialettica dell’esperienza (bilancio) non si può giungere alla conoscenza scientifica della realtà.

Oggi nella “carovana” del (nuovo)PCI c’è ancora la tendenza a confondere il bilancio dell’esperienza con il resoconto. La differenza tra i due è però molto profonda. Diversa è infatti la profondità con cui studiamo la realtà quando facciamo un resoconto e quando facciamo un bilancio.

Nel bilancio dell’esperienza studiamo la realtà prima dell’intervento dei comunisti (le sue diverse componenti, i legami che le uniscono, le diverse contrastanti tendenze che le attraversano), studiamo come avviene l’intervento dei comunisti, studiamo le dinamiche che esso ha prodotto. In tutto questo lavoro di analisi e di sintesi verifichiamo i criteri e i principi elaborati prima dell’intervento, da un lato e dall’altro cerchiamo di ricavarne dei nuovi, superiori.

Nel resoconto facciamo una descrizione più superficiale della realtà. Non è un limite: è la funzione del resoconto. I resoconti sono infatti strumenti di inchiesta, sono come delle foto (benché anche il resoconto implichi comunque già una concezione del mondo: quello che vediamo, dipende da quello che cerchiamo e da quello che sappiamo vedere). L’accumulazione quantitativa di informazioni porta a un salto di qualità nella comprensione della realtà: il bilancio dell’esperienza. Ad esempio, studiando diversi resoconti di iniziative promosse da una determinata FSRS si può giungere ad elaborare una conoscenza scientifica delle sue forze, delle sue caratteristiche, delle sue potenzialità, dei suoi limiti e a tracciare una superiore linea di intervento nei suoi confronti.

I bilanci e i resoconti sono due opposti legati dialetticamente tra loro, con delle funzioni diverse e specifiche. Le diverse caratteristiche, appena viste sia pure nelle loro linee generali, fanno si che, tra i due, sono i bilanci dell’esperienza che mettono in condizione di comprendere a fondo la situazione e tracciare linee per trasformarla. Il resoconto è principalmente o solo analisi, nel bilancio l’essenziale è la sintesi.

La confusione che ancora persiste nella “carovana” del (nuovo)PCI tra resoconti e bilanci riduce la possibilità di “raccogliere tutto quello che si semina”: in termini sia di forze che di esperienza.

Attraverso questo articolo vogliamo contribuire all’elevazione della concezione e del metodo con cui si effettuano i bilanci dell’esperienza e contribuire così al processo di assimilazione del md e di costruzione dell’unità ideologica dei comunisti organizzati nel (nuovo)PCI: unità ideologica che oggi è ancora il “collo di bottiglia” della lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

Quest’articolo è composto da una prima parte teorica e da una seconda parte pratica, sperimentale.

I tratti principali del materialismo dialettico relativi al bilancio dell’esperienza

I tratti del materialismo dialettico che ci interessano in questo contesto sono i seguenti.

1. In natura, nella società, nel pensiero niente resta fermo. Tutto è in continuo movimento (trasformazione).

2. Ogni cosa è legata ad altre, fa parte di un contesto. È una componente di una realtà più grande (spazio) e di un processo di sviluppo (tempo).

3. Ogni cosa è composta da cose minori (le sue componenti). Quindi ogni cosa è divisibile (analizzabile).

4. In ogni cosa vi sono molteplici contraddizioni. La loro combinazione costituisce la sua natura.

5. Nel movimento di ogni cosa si combinano e si succedono evoluzioni graduali (accumulazione quantitativa di trasformazioni minori, di trasformazioni delle sue componenti) e salti qualitativi (trasformazione) che ne cambiano la natura.

6. Per ogni cosa, il suo movimento (trasformazione) risulta dalle sue contraddizioni interne e dalle sue contraddizioni esterne (le sue condizioni esterne, le sue relazioni con le cose che compongono il suo contesto).

7. Le contraddizioni interne sono la base della sua trasformazione, le contraddizioni esterne le condizioni della sua trasformazione.

8. Le contraddizioni esterne agiscono sulla cosa tramite le sue contraddizioni interne.

9. Ogni cosa può trasformarsi in varie direzioni: dipende dallo sviluppo del rapporto di unità e lotta tra i due poli della sue contraddizioni interne. Questa dialettica tra i due poli determina infatti l’accumulazione quantitativa e quindi la trasformazione.

10. Le caratteristiche di ogni contraddizione sono determinate dai suoi due poli e dalla loro relazione di unità e lotta.

11. Nello sviluppo di ogni contraddizione, ogni polo si trasforma, ma in modo diverso: o prevale uno o prevale l’altro.

La migliore guida allo studio delle contraddizioni è l’opuscolo di Mao Tse-tung Sulla contraddizione (in Opere di Mao Tse-tung vol. 5, Edizioni Rapporti Sociali - Sito internet http://lavoce-npci.samizdat.net, sezione Classici del marxismo).

Dalla teoria alla pratica

Applichiamo i principi appena visti ad un esempio-tipo: prendiamo in considerazione un collettivo di comunisti che opera in un paese.

Il collettivo comunista costituisce un elemento della realtà; il resto del paese (campo delle masse popolari e campo della borghesia imperialista) rispetto al collettivo è l’insieme dei “fattori esterni” della sua trasformazione, il suo contesto. Per elaborare la linea che seguirà per trasformare il paese, il collettivo elabora una conoscenza materialista dialettica (analisi e sintesi) della realtà: individua la contraddizione interna al collettivo stesso (per semplicità ci limitiamo a considerare la principale), le contraddizioni interne ai principali “fattori esterni”, le contraddizioni tra i principali “fattori esterni”, le contraddizioni tra ognuno di essi e il collettivo.

Le caratteristiche della “contraddizione interna” del collettivo sono date dai suoi “due poli” (aspetti positivi e aspetti negativi del collettivo).

L’attività condotta dal collettivo per trasformare il paese coinvolge il collettivo stesso in una lotta e lo trasforma. A seconda di come il collettivo opera su se stesso e sui principali “fattori esterni”, sul contesto in cui è immerso, e valorizza le contraddizioni tra le classi che lo compongono e si scontrano o il collettivo trasforma i fattori esterni oppure i fattori esterni trasformano il collettivo. Tutto dipende dalla linea che il collettivo segue, dal dibattito e dalla lotta tra le due linee che attua al suo interno.

Solo attraverso una linea giusta è infatti possibile accumulare giorno dopo giorno quei tanti “piccoli successi” che permettono poi di innescare una trasformazione reale del contesto in cui il collettivo opera (accumulo quantitativo e salto qualitativo).

Il bilancio è la ricostruzione nella nostra testa delle seguenti tappe

L’elaborazione (a posteriori) del bilancio, è la ricostruzione delle fasi che, più o meno consapevolmente, il collettivo comunista ha percorso. Quindi la guida all’elaborazione del bilancio è anche guida per il collettivo comunista a compiere più consapevolmente, più scientificamente, la sua attività.

Nel fare il bilancio dell’attività del collettivo, innanzi tutto bisogna illustrare la fase dell’inchiesta: analisi del collettivo (aspetti positivi e negativi) e, successivamente, analisi del contesto in cui opera o “fattori esterni” (distinguendo tra masse popolari e borghesia imperialista che costituiscono i due poli della contraddizione principale che oppone tra loro i “fattori esterni”). Vedi più avanti il punto 1.

Poi si illustra la fase dell’elaborazione della linea: ossia la fase in cui il collettivo decide come sviluppare l’intervento del collettivo sui “fattori esterni”. Vedi punto 2.

Successivamente si illustra il modo con cui il collettivo è intervenuto sui fattori esterni, ossia l’“accumulo quantitativo” delle iniziative. Vedi punto 3.1

Poi si illustrano quali dinamiche ha prodotto l’intervento del collettivo. Quali reazioni sono state prodotte sia nella contraddizione interna che nelle contraddizioni dei fattori esterni? Vedi punto 3.2

Chi ha trasformato chi e come? Quali insegnamenti trarre da questa esperienza? Vedi punto 4.

1. Inchiesta

a - Condizioni soggettive di partenza

- nostri punti di forza (aspetti positivi)

- nostri punti deboli (aspetti negativi/limiti)

b - Condizioni oggettive di partenza (fattori esterni)

- nel campo delle masse popolari

- forze principali su cui il collettivo comunista può contare (aspetti positivi e aspetti negativi)

- forze secondarie (aspetti positivi e aspetti negativi)

- rapporto che intercorre tra le due

- nel campo della borghesia imperialista

- nemici principali (punti di forza e punti deboli)

- nemici secondari (punti di forza e punti deboli)

- rapporto che intercorre tra i due

2. Elaborazione della linea d’intervento

a - La nostra iniziativa (aspetto principale)

- come utilizzare al meglio i punti deboli del nemico?

- come valorizzare al meglio i nostri punti di forza e superare così i nostri punti deboli?

- come mobilitare le forze delle masse popolari su cui si può principalmente contare?

- come mobilitare le forze delle masse popolari su cui si può contare secondariamente?

- come isolare i nostri nemici secondari oppure come spingerli ad attaccare i nostri nemici principali?

b - Quale può essere la risposta del nemico? (aspetto secondario)

- in quali condizioni si trova il nemico una volta che cerca di rispondere (aspetti positivi e aspetti negativi)?

- su quali forze può contare principalmente per sferrare la risposta?

- quali nostri punti deboli può cercare di utilizzare?

- noi su quali aspetti positivi possiamo far leva per dargli un secondo colpo prima ancora che risponda? E dove colpirlo?

- su quali forze possiamo contare principalmente?

- su quali forze possiamo contare in modo secondario?

3.1. Attuazione della linea (descrizione delle iniziative che si realizzano)

3.2. Reazioni (dinamiche prodotte dall’intervento)

- sia al nostro interno

- sia nelle masse popolari (forze principali e forze secondarie)

- sia nel campo nemico (nemici principali e nemici secondari)

4. Conclusioni

a - fase uno

- in relazione all’inchiesta, quali sono i riscontri?

- in relazione all’elaborazione, quali sono gli aspetti positivi e quali quelli negativi?

- in relazione all’attuazione, quali sono gli aspetti positivi e quali quelli negativi?

- in relazione alle dinamiche prodotte, quali sono gli aspetti positivi e quali quelli negativi?

- quali nuove forze ha permesso di accumulare questa battaglia?

- in relazione all’obiettivo prefissatosi, quali sono in risultati (l’obiettivo è stato raggiunto o no)?

b - fase due

- quali sono i criteri e principi elaborati dalla “carovana” che questa esperienza conferma?

- quali nuovi criteri e principi ci ha permesso di scoprire?

- come valorizzare il risultato ottenuto e come utilizzare a questo fine i “vecchi” e i nuovi criteri e principi elaborati (linee di intervento, piani di lavoro, ecc.)

Claudio G.