La Voce 11

Costruzione concentrica, non avventurismo!

domenica 28 luglio 2002.
 

Alcuni compagni scalpitano: "Sono anni che dite che bisogna ricostruire il partito, che sostenete che solo la costituzione del partito ci permetterà di dare al nostro lavoro una impostazione di più lungo respiro e più sistematica, di condurlo su una scala più ampia e a un livello superiore all’attuale. Cosa aspettiamo a costituirlo?". Dall’altra da mesi Rossoperaio agita qua e là, soprattutto all’estero negli ambienti del MRI, la mascherina di un "Partito Comunista maoista" senza programma né statuto.

Abbiamo più volte criticato l’idea che è possibile costituire il partito solo quando "avremo riunito ’molti’ compagni" o addirittura quando "gruppi consistenti di operai dei più importanti settori produttivi del paese" saranno d’accordo a costituire il partito o, addirittura, quando si sarà nuovamente formato tra gli operai un movimento favorevole al comunismo. È una concezione che, nelle sue varie gradazioni, apertamente professata o sottintesa, ha grande influenza in alcune FSRS legali (Movimento per la Confederazione dei Comunisti, Rete dei Comunisti, Laboratorio Marxista, AsLO, Assalto al Cielo-Il Futuro, Linearossa) e clandestine (Cellula per la costituzione del PCC, nuove BR-PCC). Contro questa posizione, abbiamo detto e ripetiamo che nella nostra situazione concreta essa equivale a pretendere di nascere già grandi: in pratica a rifiutare di nascere. Chi sostiene tesi del genere non ha capito quanto profondo sia il guasto prodotto nel movimento comunista da decenni di prevalenza del revisionismo moderno nella sua direzione e la novità della situazione che si è formata. Crede che, per chi vuole ricostruire un vero partito comunista, si tratti solo di raccogliere quello che resta della distruzione e di cambiare qualcosa della struttura ideologica e organizzativa diretta fino a ieri dai revisionisti moderni. Le cose si presentavano così cinquanta anni fa, quando il revisionismo moderno è venuto alla luce. Allora il movimento comunista era nel complesso un organismo ancora sano. Si erano solo manifestate alcune cellule malate, indici di errori e limiti dell’organismo. Con una cura adeguata l’organismo avrebbe potuto liberarsene. Per vari motivi non è avvenuto così. C’è stata una metastasi e la nostra attività di ricostruzione è iniziata in una situazione diversa.

Non a caso sostengono l’idea che bisogna nascere già grandi, tutti i compagni che poca importanza danno, nelle lotte ideologiche e teoriche in corso, alla lotta contro il revisionismo moderno; quelli per i quali la prevalenza negli anni ’50 dei revisionisti moderni non è uno spartiacque nella storia del movimento comunista; quelli che vedono solo o quasi la continuità lungo tutto il periodo che va dal 1917 al 1990 e sottovalutano o proprio non vedono la rottura che si è prodotta negli anni ’50.

In realtà la lunga, lenta, subdola e capillare opera di corruzione e di distruzione compiuta a livello nazionale e internazionale dal revisionismo moderno, nei paesi imperialisti e nei paesi socialisti, è durata decine di anni che in parte sono coincisi con il periodo di ripresa dell’accumulazione del capitale e di espansione dell’attività economica (1945-1975) seguito alle immani distruzioni e ai grandi sconvolgimenti prodottisi durante la prima crisi generale del capitalismo. Essa era opera indiretta della borghesia ed è stata sistematicamente rafforzata dalla sua opera diretta di controrivoluzione preventiva. In definitiva ha creato una situazione di sfascio e di dispersione completa della forza rivoluzionaria della classe operaia, della sua capacità di esistere come forza politica autonoma dalla borghesia, della capacità che essa si era costruita di avere un suo processo di formazione e selezione dei suoi programmi e dei suoi dirigenti, della sua capacità di orientare, organizzare e dirigere. L’opera del revisionismo è stata completata dalla sconfitta subita, a causa del prevalere della deviazione militarista, dal grande movimento di critica contro il revisionismo moderno nato negli anni ’70, alla conclusione del periodo del "capitalismo dal volto umano". Noi comunisti abbiamo dovuto ripartire da una condizione in cui a livello nazionale e sostanzialmente anche a livello internazionale un movimento comunista come movimento cosciente e organizzato non esisteva quasi più.

La continuità ideologica andava ristabilita eliminando con pazienza mille incrostazioni e sedimenti che avevano completamente coperto il quadro originario. Che per di più non poteva essere semplicemente riportato alla luce. Non era possibile ricominciare da dove i revisionisti avevano deviato. Occorreva anche capire e correggere gli errori e superare i limiti che avevano reso vana ogni resistenza al revisionismo e avevano permesso a questi di prendere il sopravvento. È quest’ultimo un lavoro che alcuni compagni (come i redattori di Scintilla , i redattori di Politica Comunista, i compagni di Iniziativa Comunista e altri) ancora oggi non capiscono. Essi si considerano depositari di una dottrina che si tratta semplicemente di ricominciare ad applicare. Perché non sia bastata a far vincere chi voleva sbarrare il passo al revisionismo moderno, è un problema che sembra non sfiorarli. Questo sul piano ideologico e teorico.

Sul piano organizzativo ogni continuità era rotta. Tutto quello che il movimento comunista aveva costruito, era stato distrutto o rivoltato contro il movimento comunista, era diventato istituzione di regime (le cooperative, i sindacati, le associazioni culturali e sportive, il partito stesso). Oramai solo la classe dominante e l’aristocrazia operaia disponevano dell’influenza e dell’autorità sociale e dei mezzi intellettuali, organizzativi ed economici necessari per svolgere un ruolo sociale su larga scala, per lanciare iniziative su grande scala e determinare un orientamento unificato su grande scala. Anche la resistenza dei lavoratori all’eliminazione delle loro conquiste per esprimersi doveva oramai appoggiarsi sostanzialmente sulle organizzazioni sindacali di regime e sui partiti della sinistra borghese.

Ogni proposito e tentativo di iniziare la ricostruzione di un vero partito comunista da raggruppamenti di forze relativamente grandi e facendo leva su importanti eredità organizzative del vecchio movimento comunista si è rivelato inconsistente. Basta studiare le vicende del Partito Comunista d’Italia- Nuova Unità e di Rifondazione Comunista. Le loro vicende non sono state casuali né solo il risultato di difetti individuali. Il motivo profondo fu che quei tentativi non attaccavano la malattia abbastanza in profondità, partivano recando in sé ancora una quantità tanto grande di cellule malate che lo sviluppo di un organismo sano diventava impossibile. Questo bilancio è ciò che ci permette di avere una relazione non settaria ma neanche condiscendente verso i protagonisti di questi tentativi falliti.

Nelle condizioni risultanti dallo sfascio provocato dal revisionismo moderno e dal militarismo, il partito si costruisce "dal centro" e "dall’alto". Partendo dai pochi compagni oggi esistenti che, assimilato il patrimonio ideologico e teorico del vecchio movimento comunista, passo dopo passo costruiscono i mezzi intellettuali (capacità di analisi e di sintesi necessaria per fare collettivamente il bilancio, definire il programma e la linea) e organizzativi necessari anzitutto per fondare il partito. È quello che si chiama anche "costruzione concentrica" del partito. È un processo che richiede tempo, che costringe a vincere l’impazienza di fronte all’urgenza suscitata dal procedere della crisi generale del capitalismo. È una corsa sul tempo col procedere della crisi generale del capitalismo e della mobilitazione reazionaria delle masse. Tuttavia è l’unico metodo di costruzione che, nella nostra situazione concreta, permette di avanzare con continuità (pur non escludendo discontinuità: salti all’indietro, deviazioni, crisi, balzi in avanti). Si tratta di unire tutte le forze disposte a trasformarsi e capaci di farlo, capaci di mettere in discussione, di sottoporre a verifica intellettuale e pratica le loro concezioni e di impegnarsi nel lavoro pratico di ricostruzione del partito. L’adesione morale e intellettuale, la buona volontà e le idee giuste aiutano, ma da sole non bastano. I compagni che restano a quel livello possono avere solo un ruolo ausiliario.

Storicamente tuttavia non è un processo nuovo. Anche in Russia il partito di Lenin venne costruito tra il 1884 e il 1912 senza poter contare su organizzazioni di massa della classe operaia già esistenti. Le poche organizzazioni di massa operaie esistenti erano anzi promosse da poliziotti (come Zubatov) o da preti (come Gapon). Abbiamo quindi un precedente importante di costruzione "dall’alto", di "costruzione concentrica" da cui possiamo attingere insegnamenti, ovviamente tenendo il debito conto anche delle grandi differenze nazionali e internazionali.

Nel nostro processo di costruzione non dobbiamo cedere alla tendenza ad attendersi miracoli dalla proclamazione del partito. La proclamazione del partito non cambierà radicalmente le nostre forze. Costituirà la sanzione di un impegno morale dei compagni che vi prenderanno parte, sarà una decisione pratica di grande importanza che migliorerà l’impiego delle forze di cui disporremo, sarà un’assunzione di responsabilità che creerà condizioni più favorevoli per l’ulteriore lavoro. Ma non compirà miracoli: non moltiplicherà gli uomini e le donne, non cambierà di colpo quello che ognuno di essi sa fare, non cambierà di colpo le relazioni con noi degli operai avanzati e degli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari. "Non attenderti miracoli dalla proclamazione del partito, ma chiediti cosa tu puoi fare da subito per la ricostruzione del partito e fallo": questo oggi è per ogni compagno l’atteggiamento giusto.

Senza attese miracoliste, è tuttavia giusto non rinviare la fondazione del partito a quando avremo riunito forze che solo l’opera del partito col tempo ci consentirà di riunire. La ricostruzione del partito è un lavoro i cui protagonisti principali sono i comunisti già oggi esistenti nel nostro paese, non quelli che possiamo conquistare e che certamente conquisteremo al comunismo nel futuro proprio anche grazie al fatto che ci saremo costituiti in partito. Sta quindi solo a noi comunisti decidere quando fondare il partito.

Tuttavia questo non vuole dire che potevamo o possiamo procedere alla fondazione del partito in qualsiasi momento. Infatti occorre prima mobilitare tutte le forze e le risorse mobilitabili per la costruzione del partito, perché una volta fondato il partito, chi è membro del partito dovrà instaurare con chi non lo è rapporti diversi da quelli attuali. Quelle FSRS che si dichiarano a favore della ricostruzione del partito e che oggi consideriamo principalmente dal punto di vista della possibilità che contribuiscano alla ricostruzione, se rimangono fuori dal processo di ricostruzione, domani dovremo in una qualche misura considerarli come forze che si oppongono al rafforzamento del partito. Perché tali saranno diventate se la ricostruzione del partito è avvenuta secondo le leggi sue proprie, cioè mobilitando tutto quanto è mobilitabile. Una unità superiore genera anche una divisione superiore. Dovremo concepire e attuare una divisione del lavoro tra il partito e le organizzazioni delle varie classi delle masse popolari diversa da quella che si attua oggi. Una volta costituito il partito, l’allargamento delle sue fila avverrà di regola per adesione individuale. Anche le eventuali adesioni di gruppo, saranno adesioni alle forme che il partito si sarà dato e alle concezioni con cui il partito orienterà il suo lavoro. Persone o gruppi che si uniscono a un convoglio già in marcia. Non si tratterà più di una rimessa in discussione dell’impianto ideologico e organizzativo del partito nel confronto per così dire paritetico con l’impianto ideologico e organizzativo di chi aderisce.

La decisione di costituire il partito non è quindi una decisione che riguarda solo noi che la prendiamo. È al contrario una decisione che ci obbligherà a modificare i nostri rapporti con tutto il resto delle FSRS. Per questo dobbiamo prenderla solo quando abbiamo unito tutto quello che oggi può essere unito nel partito, dopo che abbiamo tentato tutto quanto necessario per mobilitare nella ricostruzione del partito le forze che in qualche misura sono comuniste.

A questo fine oggi in particolare dobbiamo combattere in noi stessi e in ogni raggruppamento (in ogni FSRS) lo spirito di gruppo. Lo spirito di gruppo è la forma di settarismo specifica della nostra situazione. Applica al gruppo, che non svolge i compiti e non assume verso le masse le responsabilità del partito, un atteggiamento che è giusto applicare al partito. Lo spirito di gruppo costituisce oggi un importante ostacolo alla ricostruzione del partito.

È spirito di gruppo interessarsi delle esperienze e delle opinioni solo dei compagni del proprio gruppo, condurre il dibattito solo con i compagni del proprio gruppo, mirare in ogni contingenza principalmente al rafforzamento del proprio gruppo. Oggi l’obiettivo è la fondazione del partito: è questo l’orizzonte in cui ogni compagno e ogni gruppo deve lavorare. La differenza tra la fase attuale e quella che inizierà quando avremo fondato il partito, consiste anche in questo. Dopo la costituzione del partito, sarà un dovere per ogni membro difendere a spada tratta il partito e mirare in ogni occasione principalmente al rafforzamento del partito. Non può essere ammessa alcuna incertezza in merito e dovremo combattere ogni debolezza su questo fronte. È vero che il partito sarà in funzione della rivoluzione socialista, sarà uno strumento per fare la rivoluzione, ma non sarà mai ammessa alcuna divergenza di interessi tra la causa del partito e la causa della rivoluzione socialista. Se una divergenza di questo genere dovesse manifestarsi, vorrà dire che il partito deve correggere un qualche aspetto di sé, deve passare attraverso una rettifica. Ma a parte questo, la causa della vittoria della rivoluzione socialista si identifica con la causa del rafforzamento del partito. Solo rafforzando il partito ed estendendo la sua capacità di comprendere, elaborare, organizzare, unire, orientare, influenzare e dirigere, serviremo la causa della rivoluzione socialista.

Oggi ogni gruppo di compagni, ogni FSRS, deve avere verso se stesso un atteggiamento diverso da quello che avremo verso il partito. Ogni gruppo sa di essere parziale. Oggi il compito è far sviluppare e rafforzare la sinistra in ogni gruppo e la sinistra nel campo di quanti lavorano alla ricostruzione del partito presi nel loro insieme, contribuire alla ricostruzione del partito. Oggi per ogni gruppo esiste un patriottismo che supera quello di gruppo, a cui il patriottismo di gruppo deve subordinarsi. Domani, dopo la fondazione del partito, questo cesserà. Nessun patriottismo sarà superiore a quello del partito di cui faremo parte.

È spirito di gruppo fingere di ignorare che esistono altre FSRS o, peggio ancora, ignorarlo davvero. Vi sono gruppi che non parlano mai degli altri gruppi, del loro lavoro, delle concezioni che lo guidano. Oppure che, quando ne parlano, sentenziano e da quello che dicono traspare la loro ignoranza di quello su cui sentenziano. Nessuna inchiesta, nessuno sforzo di capire, di analizzare, di mostrare la contraddizione dove esiste, di mettere in luce errori e limiti dove si vedono, di valorizzare e assimilare gli aspetti positivi, di imparare e di insegnare. Come se si trattasse non di gruppi parziali che concorrono a costruire lo stesso comune risultato, ma di gruppi in sé già completi concorrenti in un mercato chiuso: se uno si ingrandisce, l’altro di altrettanto si riduce. È interesse di ogni gruppo che lavora con spirito di partito che ogni altro gruppo migliori. Nella lotta tra FSRS occorre "combattere la malattia per salvare l’ammalato".

È spirito di gruppo mantenere riservato e rinchiuso nel proprio gruppo il lavoro che si viene compiendo, mantenere le proprie concezioni, le proprie linee e i propri metodi nella cerchia dei propri membri. E questo non per vigilanza rivoluzionaria: il colmo della situazione infatti è che la polizia politica sa di alcuni gruppi più di quanto ne sappiano le altre FSRS e spesso anche più di quanto ne sappia ogni singolo membro dello stesso gruppo. A questo fine è interessante leggere gli Atti delle inchieste giudiziarie contro FSRS. Alcuni gruppi si comportano come se pensassero di non poter far valere la giustezza delle loro idee e dell’impostazione che intendono dare al lavoro, se le proclamassero apertamente. Ma come potete pensare che le vostre concezioni non resisteranno alla prova dei fatti se sono sottoposti alla critica delle altre FSRS, quando è certo che esse saranno per forza di cosa, se mai avranno un qualche sviluppo e rilievo pratici, sottoposti alla critica più malevola e più sottile da parte della borghesia? Il movimento comunista non è un movimento di idee, è un movimento pratico; ma è un movimento pratico di natura tale che si afferma solo grazie a una teoria rivoluzionaria, a delle idee giuste che ne illuminano e dirigono lo sviluppo. Senza idee giuste, il movimento comunista non può svilupparsi. E le idee giuste si affermano nella lotta aperta contro le idee sbagliate.

È spirito di gruppo escludere i propri membri dal dibattito e dal confronto con i compagni degli altri gruppi, ostacolare la circolazione delle esperienze e delle proposte, ostacolare anziché favorire la lettura delle pubblicazioni delle altre FSRS. Al contrario, per lottare per la ricostruzione del partito, occorre che ogni gruppo favorisca tra i suoi membri la circolazione delle esperienze e delle proposte, la organizzi. Il Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista è sostanzialmente questo. Ogni compagno lavora nel suo gruppo perché esso lotta per la ricostruzione del partito e trasforma i suoi tratti specifici proprio in funzione della ricostruzione. Rafforza quanto è conforme al processo di costruzione, lo propone e diffonde. Combatte ed elimina quello che vi si oppone.

Alcuni gruppi amministrano con gelosia il piccolo patrimonio di cui ognuno è in possesso. Tipico Rossoperaio e la sua relazione con il MRI. Ma se il MRI resterà legato, paese per paese, a gruppi settari che hanno paura di condurre tra le FSRS la lotta per il partito anche se da avventuristi proclamano un partito al giorno, in conclusione il MRI avrà svolto un ruolo più negativo che positivo per la rinascita del movimento comunista e i gruppi nazionali aderenti saranno stati più di ostacolo che di aiuto alla ricostruzione di veri partiti comunisti.

Alcune FSRS sono talmente   .25pt'>ancorate al settarismo che fingono di ignorare che si sta comunque svolgendo un lavoro comune. Una tipica espressione di settarismo è il muro di silenzio mantenuto da varie FSRS sul Progetto di Manifesto Programma pubblicato nel ‘98 dalla SN dei CARC. Nonostante il settarismo, il lavoro per l’elaborazione del programma del futuro partito sta facendo la sua strada, ma è evidente il vantaggio che ne avrebbe la causa della ricostruzione del partito comunista se ogni FSRS tenesse conto del lavoro delle altre, si appropriasse dei risultati positivi del lavoro delle altre e li valorizzasse nel proprio lavoro e a sua volta proponesse alle altre i propri contributi.

Il "piano in due punti per la costituzione del partito" che abbiamo proposto nel n. 3 (novembre 1999, pag. 17) e riformulato nel n. 6 (novembre 2000 pag. 11) di La Voce a nostro parere consente di condurre il lavoro per la ricostruzione avendo pienamente l’iniziativa in mano, senza subordinare chi è più avanzato a chi è arretrato, ma nello stesso tempo senza spirito di gruppo e senza avventurismo.

Infatti la definizione del programma è un processo aperto, a cui tutti possono partecipare. Non richiede lo scioglimento di nessun gruppo né l’adesione individuale ad un gruppo. Tutti gli individui e gli organismi capaci di contribuirvi lo possono fare. Chi aveva o ha programmi da proporre lo ha potuto e lo può fare. Chi aveva critiche da esprimere sui programmi proposti dagli altri lo ha potuto e lo può fare. Chi vuole ed è capace di partecipare ad un dibattito, ha potuto e lo può fare. Tutto questo avviene sotto gli occhi di tutti e tutti lo possono verificare.

Quanto alla costruzione delle organizzazioni di partito, si tratta di una cosa non separata dalla definizione del programma. L’unità tra i due compiti consiste nel fatto che sono organizzazioni di partito solo quelle che collaborano alla definizione del Manifesto Programma e che il congresso di fondazione si riunirà quando attraverso la ricerca, il dibattito, la critica e l’autocritica le organizzazioni di partito avranno realizzato una larga convergenza su una proposta di programma e di statuto e ridotto le eventuali residue divergenze a pochi punti chiaramente definiti. Chi partecipa alla definizione del programma, se unisce la teoria e la pratica (e questa è una condizione indispensabile per essere membro di un vero partito comunista), fa anche, nella misura delle forze e con i limiti delle condizioni attuali, quello che il programma che condivide comporta. In questo modo la definizione del programma non è un lavoro puramente intellettuale di elaborazione, riservato a chi ha gli strumenti necessari, ma comprende la raccolta delle esperienze anche di lavoratori che non vi partecipano direttamente, la verifica nella pratica sociale delle indicazioni in esso contenute, la raccolta delle forze e delle risorse oggi disponibili. La definizione del programma (intesa come combinazione di elaborazione, raccolta di esperienze e verifica), è l’asse attorno al quale in questa fase del nostro lavoro si costruiscono organizzazioni di partito.

Il nostro lavoro è così concepito e per questo c’è spazio per tutti, quali che siano le attitudini e capacità personali di ogni compagno, a condizione che voglia parteciparvi unendo teoria e pratica. Questa concezione esclude lo spirito di gruppo, perché ogni gruppo, ogni FSRS lavora principalmente alla costruzione di un obiettivo comune, il partito.

Questo piano in due punti implica però che ogni FSRS prenda una decisione circa la questione della clandestinità del futuro partito. Se il futuro partito deve essere clandestino, anche le organizzazioni di partito che oggi si creano per preparare il congresso di fondazione e parteciparvi devono essere clandestine. Ognuna di esse deve, nella misura maggiore possibile, fin da subito, stabilire con le organizzazioni legali, pubbliche, il rapporto che vi sarà domani tra le organizzazioni del partito e le molteplici organizzazioni pubbliche delle masse.

Non stiamo qui a ripetere gli argomenti per cui noi riteniamo che la clandestinità sia un aspetto essenziale per l’autonomia organizzativa e quindi anche per l’autonomia ideologica e politica del futuro partito (e quindi della classe operaia) dalla borghesia. Li abbiamo ripetutamente esposti, più sistematicamente che altrove nei n. 1, 5, 9 e 10 di La Voce a cui rimandiamo. Questo impone che ogni FSRS conduca a sua maniera, nelle forme che sono proprie alla sua natura, un dibattito sull’argomento. Anche su questo argomento finora molte FSRS hanno opposto il silenzio. È comprensibile che chi è d’accordo che il futuro partito comunista deve essere clandestino, trovi difficoltà ad esporre le sue ragioni e convinzioni su una pubblicazione legale e in un dibattito pubblico e debba ricorrere a forme semilegali e servirsi delle poche possibilità offerte dalla stampa clandestina. Ma chi pensa che il futuro partito comunista deve essere pubblico e legale, non dovrebbe avere alcuna difficoltà a spiegare sulla stampa legale e in assemblee pubbliche cosa lo induce a ritenere che nella concreta situazione del nostro paese è possibile che un partito legale prepari la rivoluzione socialista. Se non lo fa, è per spirito di gruppo: non gli interessa combattere le idee chhe ritiene sbaglate. Se non lo fa perché reputa impraticabile un dibattito del genere sulla stampa legale, questa sarebbe una dimostrazione pratica che per trattare gli argomenti che un partito deve trattare occorre fin da subito una stampa clandestina e un’organizzazione che la elabori e produca, ovviamente clandestina. Noi, sia ben chiaro, non proponiamo oggi a tutti i membri delle FSRS di far parte di organizzazioni clandestine. Non corrisponderebbe alle condizioni attuali. L’adesione ad un’organizzazione clandestina deve essere individuale, assolutamente volontaria e consona alle condizioni pratiche di ogni compagno. Nel n. 1 di La Voce abbiamo anche detto quale sarà nel futuro prossimo, secondo noi, l’importante ruolo delle FSRS pubbliche, rispetto al partito. Le masse popolari del nostro paese hanno bisogno di organizzazioni pubbliche di ogni genere. Ma tutte le organizzazioni pubbliche che vogliono lavorare per la rivoluzione socialista, una volta costituito il partito comunista, dovranno appoggiare, ognuna alla sua maniera, il rafforzamento del partito, cioè la sua attività. Ora è ovvio che le FSRS che sono tanto contrarie ai principi fondamentali su cui il partito si costituisce da contrastarne la costituzione (e chi è convinto che il partito deve essere legale contrasterà certamente la costituzione del partito dalla clandestinità), si opporrà al suo rafforzamento e alla sua attività e quindi il partito lotterà contro di esse.

In conclusione ci pare che il "piano in due punti" riassume il lavoro da fare oggi. La realizzazione di questo piano ci dà un criterio oggettivo per capire quando è il momento giusto per fondare il partito. Questo rende la "corsa al partito" non una gara tra gruppi a chi è più soggettivista e avventurista, ma un appassionante e unitario lavoro di costruzione.

La "corsa al partito" intesa e praticata come è indicato nel "piano in due punti" non è una gara ad escludere gli altri, ma una gara a chi dà il maggior contributo alla costruzione del partito. Una gara per spingere tutti in avanti, per mobilitare e unire tutto quello che può essere unito, condotta però nell’assoluto rispetto delle "regole" dettate dalla natura stessa della gara. Essa combina in ogni gruppo e in ogni compagno la difesa intransigente delle posizioni giuste, che sono soggette alla verifica della pratica ma non alla trattativa "diplomatica", con la raccolta e la ricerca di tutti i contributi che ogni gruppo ha costruito ed è capace di conferire all’opera comune. Noi non difendiamo principalmente il nostro gruppo, ma il movimento comunista e la causa della rivoluzione socialista. A questo subordiniamo tutto. Questo è il metro comune. In questo modo marciamo a passo spedito verso la costituzione del (nuovo)Partito comunista italiano.

Tonia N.