A proposito delle Tesi programmatiche di Rossoperaio

Fare di ogni lotta di difesa e di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo
(da Resistenza n. 7-8/2000)

Allegato 3
sabato 12 maggio 2001.
 

-  Tanto tuonò ... che la montagna partorì un topolino

-  Allegato 1

-  Allegato 2

-  Allegato 3


Noi comunisti dobbiamo appoggiare ogni gruppo operai e ogni frazione delle masse popolari (per piccola che sia) che difende una qualche sua conquista dalla rapina della borghesia imperialista o si batte per strappare alla borghesia imperialista (al padrone o alle associazioni padronali e al loro Stato) qualche miglioramento delle proprie condizioni materiali o spirituali. Infatti la linea generale del nuovo partito comunista nel corso della attuale crisi generale del capitalismo è infatti “unirsi strettamente e senza riserve alla resistenza che le masse popolari oppongono e opporranno al progredire della crisi generale del sistema capitalista, comprendere e applicare le leggi secondo cui questa resistenza si sviluppa, appoggiarla, promuoverla, organizzarla e far prevalere in essa la direzione della classe operaia fino a trasformarla in lotta per il socialismo, adottando come metodo principale di lavoro e di direzione la linea di massa”.

Abbiamo denunciato e dobbiamo denunciare quelle FSRS che denigrano o trascurano le lotte rivendicative. Quelle FSRS che chiamano “aristocrazia operaia” i lavoratori dei paesi imperialisti perché grazie all’organizzazione e alle lotte hanno strappato alla borghesia imperialista condizioni di vita e di lavoro migliori di quelle a cui la borghesia imperialista sottopone i lavoratori dei paesi semicoloniali e dei paesi ex socialisti. Quelle FSRS che chiamano “aristocrazia operaia” i lavoratori che lavorano ancora nell’ambito di un Contratto Collettivo Nazionale di lavoro e dello Statuto dei lavoratori e che contrappongono ad essi i lavoratori del sommerso (circa 5 milioni e mezzo in Italia - dato Eurispes aprile 2000), i lavoratori dei contratti atipici e i disoccupati. Non è vero che attualmente la borghesia imperialista e le sue organizzazioni sindacali incitano i lavoratori a lottare per i loro interessi diretti e immediati per distoglierli dalla lotta rivoluzionaria. C’è stato un tempo in cui la borghesia imperialista dovette effettivamente ricorrere a questo. Erano gli anni subito dopo la seconda guerra mondiale, quando lo slancio rivoluzionario era forte tra gli operai e le masse popolari e l’economia capitalista era in ripresa. Poco fa, alla fine di aprile, D’Antoni e la sua banda ha celebrato il 50° anniversario della fondazione della CISL, un sindacato che il Vaticano e gli imperialisti USA crearono proprio a quello scopo. Ma erano altri tempi. Ora la crisi generale induce la borghesia imperialista a togliere tutto quello che può anche ai lavoratori dei paesi imperialisti. Non è vero che le lotte rivendicative sono il brodo di coltura o il veicolo della egemonia dei riformisti: in questa fase i sindacati di regime collaborano con la borghesia a togliere ai lavoratori; quando promuovono lotte rivendicative, lo fanno di malavoglia per non farsi sfuggire di mano i lavoratori.

I lavoratori che usufruiscono ancora di condizioni migliori perché finora sono riusciti a difendersi dall’assedio della borghesia imperialista sono un esempio e uno stimolo per i lavoratori che sono in condizioni peggiori e, quando lottano, per ciò stesso rafforzano anche i lavoratori che sono in condizioni peggiori. Le lotte rivendicative degli operai inoltre hanno anche un ruolo politico generale (sono di interesse generale) e sono importanti per la lotta per il comunismo: offrono mille possibilità per la formazione e la raccolta delle forze rivoluzionarie. Resistenza ha trattato diffusamente questi temi nei primi 5 numeri dell’anno ed essi sono affrontati anche in Rapporti Sociali n. 23/24 e n. 25.

Una volta stabilito che noi sosteniamo le lotte rivendicative di tutte le classi delle masse popolari (contro i padroni o contro il governo: in definitiva contro la borghesia imperialista), il passo successivo è definire la linea da seguire in queste lotte. Cioè la linea che seguiamo noi stessi e i lavoratori che aderiscono alla nostre indicazioni e la linea che propagandiamo.

Oggi tra le FSRS che intervengono attivamente nelle lotte rivendicative ci sono due linee di lavoro.

1. Una linea movimentista e anarcosindacalista (perché prescinde dall’esistenza del partito comunista e dalla lotta per il socialismo). Secondo questa linea la cosa principale è incitare con le parole e con l’esempio i lavoratori a trasformare ogni lotta rivendicativa in un problema di ordine pubblico: organizzazioni indipendenti dai sindacati di regime e metodi di lotta radicali. Ciò in generale significa che i comunisti e i lavoratori influenzati dai comunisti dovrebbero non inserirsi nelle organizzazioni di massa di fatto esistenti e che durante le lotte rivendicative dovrebbero incitare gli altri lavoratori a compiere azioni militanti e dare essi stessi l’esempio (spazzolate, picchetti duri, punizioni dei capi e dei crumiri, sabotaggi, barricate, scontri con la polizia, ecc.). Le lotte rivendicative avrebbero importanza per i comunisti solo se condotte con metodi “militanti”, solo se educano i lavoratori ad andare oltre i metodi di lotta normalmente praticati.

2. Una linea comunista (perché combina le lotte rivendicative con la lotta per il socialismo). Secondo questa linea la cosa principale è fare di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo. Cosa vuol dire più precisamente fare di ogni lotta rivendicativa dei lavoratori una scuola di comunismo? Significa che i membri del partito e i lavoratori che seguono le indicazioni del partito comunista

- devono appoggiare, promuovere, organizzare e dirigere ogni lotta rivendicativa, anche se l’obiettivo è modesto e anche se le forme di lotta sono legali. I comunisti devono sforzarsi di essere i combattenti più attivi e più capaci e i migliori dirigenti delle lotte rivendicative: “sostenere ogni gruppo di lavoratori, per piccolo che sia, che difende una sua conquista, quale essa sia, dalla rapina della borghesia imperialista”;

- devono fare in modo che in ogni lotta il numero più ampio possibile di lavoratori si educhi all’organizzazione indipendente dai sindacati e dai partiti di regime e dalla Chiesa, all’unità di classe contro i capitalisti, alla solidarietà tra le masse popolari contro la borghesia imperialista e il suo Stato, alla lotta intransigente contro i capitalisti e tutti i loro servi (favorire la mobilitazione, l’aggregazione e l’iniziativa delle masse); che si formino capi e organismi, si sviluppi la coscienza del numero più ampio possibile di lavoratori, si rafforzino i legami tra gli operai e il partito (nuovi simpatizzanti, nuovi seguaci, nuovi candidati, maggiore conoscenza del programma del partito comunista, dei suoi obiettivi e della sua analisi della situazione, maggiore prestigio del partito presso la massa degli operai e maggiore fiducia degli operai avanzati nel partito);

- devono in ogni lotta rivendicativa sostenere davanti agli altri lavoratori l’adozione dei metodi più adatti a condurre la lotta rivendicativa alla vittoria : Non in ogni occasione questi sono i metodi più radicali. I metodi di lotta più adatti per vincere vanno scoperti sulla base dell’esperienza, propagandati e verificati (vedi Resistenza , n. 4 di quest’anno, pag. 3, Le condizioni per vincere ). La parola d’ordine “Trasformare ogni lotta di difesa in un problema di ordine pubblico” è valida in generale come metodo per rendere vittoriosa una lotta rivendicativa nella fase attuale, come metodo per costringere le autorità pubbliche, depositarie degli interessi generali della borghesia imperialista, a intervenire a porre rimedio allo sfruttamento dei singoli capitalisti o gruppi di capitalisti. Sui n. 2 e 5 di Resistenza abbiamo parlato dei lavoratori della Goodyear di Cisterna (Latina). Ebbene, non sarebbero riusciti a ottenere neanche i risultati provvisori e aleatori che hanno strappato, se non avessero condotto una lotta lunga e intelligente che ha fatto della chiusura della fabbrica quello che effettivamente è: un problema politico, un problema di ordine pubblico. Così hanno costretto le autorità borghesi a scomodarsi. Ma non si può applicare meccanicamente questa parola d’ordine in ogni lotta rivendicativa. I metodi di lotta devono essere i più adatti a portare alla vittoria. In particolare devono essere adatti a mobilitare la partecipazione della massa degli operai, ad accrescere il loro slancio e a conseguire la vittoria. Noi comunisti non abbiamo riserve verso nessun metodo di lotta (non ci leghiamo le mani), non siamo legalitari. Ma non siamo neanche anarco-sindacalisti, autonomi, lottacontinuisti, ecc. Ci atteniamo rigorosamente al criterio che i membri del partito comunista e i lavoratori che seguono le indicazioni del partito propongono ogni metodo di lotta che ritengono utile, ma lo adottano effettivamente nella misura in cui la massa dei lavoratori è d’accordo a praticarli, cioè nella misura in cui la situazione complessiva è tale che, sulla base delle indicazioni e dell’esempio dei lavoratori membri del partito o seguaci del partito, quei metodi 1. saranno adottati dalla massa dei lavoratori e 2. li porteranno nel caso particolare al miglior risultato possibile. I metodi di lotta adottati in una lotta rivendicativa sono subordinati alla condizione di rendere vittoriosa quella lotta. Anche i metodi più radicali restano metodi per la lotta rivendicativa, tra gli altri. Il partito comunista non ha come suo compito quello di introdurre metodi di lotta radicali nelle lotte rivendicative, di “radicalizzare le lotte rivendicative”. Noi siamo favorevoli ai metodi radicali di lotta, ma non è un principio praticarli in ogni caso.

Bisogna fare di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo e aver chiaro che lo sviluppo delle lotte rivendicative è condizionato dallo sviluppo della lotta per il comunismo. Se questa non si sviluppa, anche le lotte rivendicative difficilmente si sviluppano su larga scala e in modo vittorioso. Se gli operai non hanno fiducia nella propria forza e nella propria capacità di combattere e vincere, anche lo slancio nelle lotte rivendicative non va oltre certi limiti. Il buon senso e l’esperienza inducono i lavoratori a non dare battaglie sicuramente perse, quali che siano le esortazioni, gli incitamenti e le “azioni esemplari e stimolanti” di volonterosi ma malorientati rivoluzionari. È una buona regola per una avanguardia rivoluzionaria quella di non farsi mettere con le spalle al muro e non ridursi a dover scegliere tra uno scontro onorevole ma senza speranza di successo e una resa vergognosa e demoralizzante.

Le lotte rivendicative sono uno dei terreni su cui si prepara la lotta per il comunismo (si raccolgono, si educano le forze rivoluzionarie), ma solo uno dei terreni e neanche sempre il principale. È fuori strada sia chi nega l’importanza delle lotte rivendicative o addirittura si associa alla borghesia denigrandole e combattendole, sia chi limita la lotta per il comunismo alle lotte rivendicative o concepisce la lotta per il comunismo come uno sbocco inevitabile e per così dire spontaneo delle lotte rivendicative. La lotta per il comunismo è una cosa diversa dalle lotte rivendicative, dalla estensione delle lotte rivendicative, dalla radicalizzazione delle lotte rivendicative e anche dalle lotte rivendicative condotte con mezzi militari. È la lotta della classe operaia per il potere, per prendersi tutto il potere, per assumere la direzione di tutte le masse popolari e guidarle a costruire la nuova società.

Compito del partito è fondere in una unica lotta di classe per il comunismo (il socialismo è la fase inferiore del comunismo) la lotta degli operai contro i capitalisti e la lotta di tutte le classi delle masse popolari contro l’attuale ordinamento della società per un nuovo superiore ordinamento della società che non è altro che il comunismo.